venerdì 28 marzo 2014

Dieci risposte a dieci domande

Normalmente le grandi domande sull’esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo, che cos’è per lei la felicità?

Uno stato emotivo che trova la sua completa realizzazione quando accompagna la consapevolezza di essere identici alla generosità priva di secondi fini.

Cos’è per lei l’amore?

La prima ragione d'essere dell'esistenza

Come spiega l’esistenza della sofferenza in ogni sua forma?

La sofferenza, allo stesso modo della gioia, è una necessità legata alla libertà di scelta, data agli esseri dalla Libertà assoluta che non può contraddire se stessa.

Cos’è per lei la morte?

L'agente necessario al capovolgimento dei poli che un'apparente opposizione deve avere per iniziare un nuovo ciclo di esistenza alla ricerca della perfezione che non è stata ancora realizzata.

Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo e che in questo spazio temporale viviamo costruendoci un percorso, per alcuni consapevolmente per altri no, quali sono i suoi obiettivi nella vita e cosa fa per concretizzarli?

L'obiettivo è la Perfezione assoluta, e i mezzi per essere realizzata sono dati dall'esistenza.

Abbiamo tutti un progetto esistenziale da compiere?

Ognuno ha il proprio che è commisurato a ciò che ogni individuo è nello stato dell'essere in cui si trova.

Siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in un’epoca dove l’individualismo viene sempre più esaltato e questo sembra determinare una involuzione culturale, cosa ne pensa?

L'uno, prima di moltiplicarsi nei molti è un uno, e la moltiplicazione che determina la molteplicità sociale, aspetto quantitativo degli esseri, è un processo quantitativo che non tocca la qualità data dall'essere un uno diverso da tutti gli altri. L'individualismo è negazione delle proprie qualità quando è esaltazione di sé, ma diventa strumento di crescita interiore quando sacrifica i propri interessi esteriori al fine di aiutare gli altri. Prima di aiutare occorre essere e coltivare quelle qualità che servono per aiutare gli altri.

Il bene, il male, come possiamo riconoscerli?

Il bene e il male spesso si trasformano l'uno nell'altro, ma in generale si può dire che è bene ciò che non nuoce a nessuno e male quando nuoce a qualcuno.

L’uomo, dalla sua nascita ad oggi è sempre stato angosciato e terrorizzato dall’ignoto, in suo aiuto sono arrivate prima le religioni e poi, con la filosofia, la ragione, cosa ha aiutato lei?

Mi ha aiutato il Mistero assoluto, dandomi la possibilità di vivere in aderenza ai princìpi universali che ha mostrato e mostra alla mia coscienza la quale, in seguito a quel trascendente intervento, è diventata consapevolezza spirituale.

Quale è per lei il senso della vita?


Il senso principale è dato dall'identificazione alla stessa fonte che ha generato l'esistenza.

Alcune risposte ad alcune domande

Ho letto e riletto il tuo scritto ma ci sono parecchi concetti che avrebbero necessità di venire delucidati 
e non solo definiti tramite altri concetti altrettanto non delucidati.
Quale sarebbe la realtà assoluta? Puoi presentarla, illustrarla in un concetto? La percepisci? 
Tramite quali sensi la percepisci?
In base a cosa asserisci che la psiche con lo spirito non ha nulla in comune? 
Cosa intendi con spirito e cosa con psiche?
Esiste una interpretazione che non sia personale? Qual è? E da dove giungerebbe?
Esistono valori indiscutibili che non concernono la realtà umana?
Cosa intendi con “Verità”?
In relazione al precedente scritto cosa intendi con “centro spirituale di sé”? 

Ovvero.. temo che non mi sia affatto chiaro cosa intendi con spiritualità..

La Realtà assoluta è la causa della realtà relativa, ed è assoluta essendo unica, indivisa, priva di relazioni in sé e di dualità. Non è l'opposto della realtà relativa, perché nessun effetto potrebbe opporsi alla propria causa, ma la realtà relativa è il risultato del suo riflettersi, attraverso il capovolgimento della propria unità la quale, nel relativo, è vista nella divisione dei poli che da un lato vedono l'unicità di ogni elemento, e dall'altro lato la molteplicità degli elementi come degli esseri.
La Realtà assoluta non è percepibile dai sensi, ma è concepibile dalla ragione quando questa non si accontenta dei propri limiti. Una ragione che si compiace di sé è quella che attribuisce al Big Bang la nascita dell'universo, e lo fa non volendo rispondere al quesito dato dalla supposta presenza di una sfera di materia compressa, sull'origine della quale non potrebbe dire, e, allo stesso modo di un geometra che deve progettare una casa, misura il terreno senza chiedersi da dove provenga la terra che gli servirà da appoggio.

La psiche è il dominio della mente e delle emozioni, mentre ciò che rappresenta meglio la misteriosa Realtà spirituale è l'intelligenza pura, quella detta universale perché capace di vedere i princìpi che sono applicabili universalmente, e senza distinzioni di carattere morale e sentimentale.
Lo Spirito è assoluto ed è un mistero perché infinito, ma la Certezza data all'uomo che "vede" attraverso la comunicazione attiva e consapevole col Centro di sé, che è identico allo Spirito perché dato dalla sua presenza in ogni essere, questa Certezza, dicevo, è assoluta, e poiché lo Spirito è senza limiti la Certezza assoluta non lo può esaurire. Per questo pur essendo assoluta non corrispondere al conoscere tutto, ma è sulla Via dove l'errore è esclusivamente volontario, e lo è perché l'Assoluto non priva nessuno della libertà di scegliere.

L'interpretazione è sempre di un ordine individuale, sia esso personale o collettivo. La vista del Vero non è frutto di un'interpretazione, ed è la stessa per tutti coloro in grado di "vedere" i princìpi attraverso i quali il Vero opera. Per questo la verità della dottrina metafisica è detta essere "non umana" e neppure appartenente a qualsiasi altro essere.
La vista interiore è aperta dall'Assoluto e non è sottomessa alla durata temporale.

I valori indiscutibili sono quelli conseguenti ai princìpi universali e, necessariamente, essendo universali, concernono tutto l'universo e tutti gli esseri dell'universo, oltre all'universo stesso.

La Verità è la Realtà in tutte le sue manifestazioni e nelle sue "non possibilità" di manifestazione, in tutto ciò che, pure essendo non è suscettibile di essere manifestato, in tutto quello che ancora non è manifestato, ma lo sarà, in tutto quanto è superiore sia al Non essere che all'essere. La verità è Assoluta quando è totale e relativa nel suo essere divisa dal suo degradare dato dal doversi manifestare attraverso il capovolgimento della Verità assoluta. Vera, anche se a minor grado di verità, è anche tutta la realtà relativa, e persino una menzogna è vera, nel suo essere una "vera" menzogna. Vere sono le allucinazioni, veri i sogni e le fantasie, le aspirazioni e le speranze, ognuna di queste vera nel suo proprio dominio di realtà.

Il Centro spirituale di sé è l'immagine senza volto dello Spirito senza nome che è assoluto.
Esso è identico in tutti gli esseri, perché il tutto si manifesta mantenendo le leggi che dallo Spirito assoluto derivano. L'Assoluto eterno e infinito non ha un luogo, perché è ovunque essendo al di sopra dell'estensione e del tempo, ed è presente al nostro centro come noi siamo presenti nel suo.

Infine, quelli che sono chiamati princìpi dalla scienza, altro non sono che la trasposizione dei princìpi universali, dunque loro conseguenza, all'interno della sfera di realtà indagabile dalla stessa scienza sperimentale.

Sul calcolare


Il calcolare è una delle applicazioni della logica matematica o di quella, che le è analoga, geometrica, ed entrambe queste scienze forniscono simbologia utile a capire che i princìpi del calcolo non sono arbitrari, e hanno il loro aspetto qualitativo appunto nella simbologia. Pur nella relativa perfezione, implicita al calcolare, che obbedisce ai princìpi di queste due scienze, il calcolare non può esaurire tutte le possibilità della realtà relativa, perché la realtà non ha in sé le proprie sufficienti ragioni d'essere, e queste ultime le sono esterne perché nessuna causa, anche all'interno della realtà relativa, partecipa ai suoi effetti né da questi può essere modificata.

Su intelligenza, intuito ed emozione

La percezione sensibile non è il sentimento; quest'ultimo è, propriamente, la realtà appartenente alla sfera emozionale, mentre la percezione dei sensi è il modo attraverso cui si è collegati all'ambiente, e con noi stessi, attraverso il corpo. Io sento il suono e il rumore del mondo, e quello da me generato, attraverso l'udito o le sue immagini con la vista, e tocco questo mondo, ma anche me stesso col tatto, e lo assaporo col gusto, sentendone il profumo o gli odori con l'olfatto, sia quelli del mondo che i miei. Il sentimento, invece, riguarda i moti dell'emotività, gli stati d'animo, sia quelli conseguenti alle sensazioni ottenute dalle informazioni sensoriali, che derivate dalle decifrazioni date dall'intelligenza, che è sensibilità e, spesso, anche crudeltà, come d'altronde riesce a essere feroce anche l'emotività selvaggiamente liberata.
Il sentire, come è in uso dire "a pelle", è di natura istintiva e occupa il piano percettivo, e inferiore rispetto all'intelligenza, dell'essere umano. L'intuizione è il suo correlativo verso l'alto, ed è di natura intellettiva.
Quanto tu hai scritto è da questo intuire che proviene, non dalla tua istintualità. 
Se ti fossi fatto consigliare da quest'ultima, se è lecito dire, avresti imboccato il sentiero del bosco, quello che porta a predare o a essere predati… 
Quando l'intuire individuale, che è quello dal quale nascono ispirazioni e idee che ancora sono informali, quando questo intuire intellettuale, stavo dicendo, supera l'individualità ed entra nell'universalità propria alla spiritualità del Mistero assoluto, prende il nome di Ispirazione spirituale ed è quella di chi è stato illuminato, attraverso l'iniziazione, per volontà dell'Assoluto, che trasmette il proprio influsso tramite un maestro che a sua volta l'ha ricevuto da un altro maestro in una catena ininterrotta di trasmissioni che è al di sopra della durata temporale. L'illuminazione appena detta non è il Nirvana identificativo al Mistero, ma costituisce l'entrata nella sfera della Certezza assoluta, per la quale si conoscono le intenzioni, proprie e altrui, in modo esente dal dubbio.
La ragione umana, che si esprime attraverso la logica consequenziale attraverso cui l'intelligenza individuale opera, è il mezzo utilizzato dall'intelligenza per penetrare le ragioni d'essere della realtà, e di ogni elemento di cui quest'ultima è composta.
L'Intuire superiore non è la ragione, così come la ragione non è l'intelligenza. La ragione è il procedere dell'intelligenza che approfondisce il suo conoscere attraverso il dipanare logico, attraverso l'esercizio del pensiero, delle questioni che l'intelligenza affronta nella ricerca delle loro ragioni d'essere.

Nel rarissimo caso in cui l'intelligenza non sia più quella individuale, ma sia universale, la ragione resta sempre lo stesso strumento che era prima di questa trasformazione dell'intelligenza, soltanto che ora essa procede da princìpi assolutamente certi, e dunque non più ipotetici. L'essere che è stato iniziato conosce nella Certezza assoluta, non più mediata dalla mente, perché l'Intuizione spirituale è il risultato della comunicazione, diretta e consapevole, col Centro spirituale di sé, dicevo che questo essere "vede" nell'immediatezza intuitiva i princìpi di ordine universale che sono norma e modulo dell'esistenza, e li vede nel loro preciso senso, che è ordinato gerarchicamente, in relazione alla centralità della quale i princìpi, che sono leggi fisse in rapporto alla rotazione del tutto, sono la diretta emanazione. Per questo "vedere" interno la ragione diviene sovra-razionale, perché in grado di spingere la logica razionale alle sue estreme conseguenze. Però l'Assoluto, che è Libertà assoluta, non può ferire, contraddicendosi, la libertà di ognuno di decidere scegliendo, e l'essenza non relativa della Verità, vista da un illuminato, non può essere comunicata. Non può esserlo non perché il segreto iniziatico costituisca un'imposizione, ma perché esso, non essendo relativo, è Verità che si difende da sé.

Su intelligenza e sentimento

Non c'è un'opposizione di principio, dunque obbligatoria anche se risolvibile su un piano più elevato di realtà, tra l'intelligenza e il sentimento, perché per esserci entrambe le dimensioni dovrebbero coesistere sullo stesso piano di realtà, e occupare la stessa sfera entro la quale lottare alla ricerca dell'equilibrio dato dalla loro complementarità che farà ritrovare, ai due poli dell'opposizione considerata, l'unità che li ha generati. Intelligenza e sentimento hanno, invece, i loro regni su due diversi piani dell'essere, che si trovano a differenti gradi di prossimità nei confronti della centralità di un essere, della quale rappresentano caratteristiche diverse su piani diversi della realtà che vive lo stesso essere. L'intelligenza è più vicina al centro spirituale di quanto non lo sia il sentimento, e questa sua contiguità è ciò che la rende analoga alla spiritualità che ordina, manifestandola, la realtà relativa. Il sentire emotivo è più vicino al corpo di quanto non lo sia l'intelligenza, ed è più labile di quest'ultima perché più legata alle variazioni di equilibrio che hanno le condizioni fisiche. L'opposizione, di natura qualitativa, c'è tra una cattiva intelligenza e una buona intelligenza, o tra un'emotività armonica e una disarmonica; tra intelligenza e stupidità, o tra amore e odio.
Se, però, intelligenza e sentimento lottano tra loro, si può parlare di una relativa opposizione che dovrà essere conciliata, ma è un'opposizione analoga a quella che ci può essere tra la qualità e la quantità, che sono due princìpi universali a sé stanti, ognuno di essi caratterizzato da una propria opposizione, che si attua nella sfera di realtà che è, propriamente, il dominio che lo riguarda. Anche qualità e quantità, su un piano meno elevato perché più distante dalla loro perfezione, la quale sussiste prima che esse interagiscano tra loro nella realtà relativa, possono rappresentare una relativa opposizione, nella quale all'aumentare dell'una si avrà una corrispondente diminuzione dell'altra. In questo loro contrapporsi, però, non c'è un'effettiva misurabile variazione dell'una o dell'altra, così come non c'è tra l'intelligenza e il sentimento. Se si disponesse di un solo chilo di zucchero, a questo si darebbe più valore che se ne avessimo cento, ma il peso e la qualità di quel chilo di zucchero in realtà non varierebbe. Allo stesso modo se la capacità di provare emozioni aumentasse, l'intelligenza non diminuirebbe di conseguenza, e se l'intelligenza dovesse svilupparsi molto, non si avrebbe una corrispondente diminuzione della capacità di amare o di odiare.

L'accordo che dev'essere trovato, tra l'intelligenza di un essere e il suo sentire emotivo, è necessario a stabilire un'armonia di intenti che non ostacoli la volontà nel suo compito attuativo, e questo necessario equilibrio deve essere trovato non attraverso una riduzione di uno dei due aspetti, quello intellettivo e l'altro emotivo, ma come conseguenza dell'affinarsi qualitativo di entrambi.

Assoluto ed estensione


È chiamato "luogo" l'estensione, che, come è per il tempo, è una delle condizioni alle quali l'essere, e con lui tutta la manifestazione della realtà relativa, è sottomesso. L'Assoluto non è un essere, non potrebbe esserlo a causa del suo non essere determinato. Quando un essere è identificato all'Assoluto, significa che quell'essere non è più un essere, anche se è ancora in vita ed è soggetto al dover morire, perché il morire è un'altra delle condizioni alla quale l'essere è soggetto. Naturalmente l'Assoluto, non avendo limitazioni di alcuna natura, può esprimersi attraverso l'essere anche perché esso è la causa dell'essere. Questo significa che l'Assoluto è considerabile anche come un Essere, dal punto di vista dell'essere e, in quel caso, l'Assoluto sarebbe considerabile come l'Essere primo. Questo "Essere" assoluto, inteso come prima causa dell'essere, non parteciperà ai suoi effetti e, di conseguenza, non potrà rientrare nella dimensione esistenziale nella quale l'essere è costretto, ma sarà ancora parte del "Non essere", che contiene le possibilità di essere in principio e, quindi, come potenzialità attuabile. Ma Assoluto significa indiviso, e atto e potenza sono, in esso, un'unica realtà, per questo il solo fatto di poter creare diviene creazione. L'Assoluto non crea per gioco o per necessità, crea perché è Libertà di fare, così come è Libertà di riassorbire in Sé la creazione, nel pulsare del respiro cosmico che crea e poi trasforma rigenerando, attraverso quella che noi chiamiamo "morte". La realtà è ciclica nel suo ruotare rinnovandosi, ma ogni ciclicità ha necessariamente una centralità che è fissa rispetto alla rotazione. Fissa non significa assoluta, perché quella fissità sussisterà fino a quando sussisteranno le condizioni per la sua esistenza. I princìpi universali non sono assoluti, nessuna molteplicità può esserlo, ma costituiscono gli assi, ognuno riferito al proprio dominio, attorno ai quali la realtà, considerata attraverso la chiave interpretativa relativa a uno specifico dominio, ruota. L'Assoluto genera la Verità e la Verità genera la logica umana, dunque la logica, pur sostenendo la Verità quando procede da princìpi veri, non può, essendo compresa, comprendere l'Assoluto a propria volta, ma è in grado di concepire la sua necessità, che è anche logica. La vista interna, il terzo occhio degli induisti, per intenderci, o il satori dei buddhisti, è logica portata alle sue estreme conseguenze razionali, ed è anche in grado di superare le limitazioni implicite alla razionalità, perché quest'ultima è chiusa in una sfera che non comprende il tutto nella sua totalità, per questo la conoscenza iniziatica è anche detto sia sovra-razionale. È quella della quale sto mostrandovi frammenti, attraverso il mio scrivere, che non esprime idee mie, né ipotesi personali di qualsiasi altro uomo, o essere dell'universo. La metafisica la si può vedere, anche descrivere razionalmente per ciò che di essa è comunicabile, ma mai può essere frutto di invenzioni o ipotesi, né individuali e neppure collettive.

L'Assoluto

Necessariamente la Realtà che chiamiamo Dio è assoluta e l'Assoluto è unico, se fossero due o più si negherebbero a vicenda perché ognuno costituirebbe il limite dell'altro, o degli altri. Occorre dire che, essendo assoluto, lo Spirito o Dio o Buddha o Allah o Jahvé o Brahma, o in qualsiasi altro modo lo si voglia artificiosamente, o convenzionalmente chiamare, resta lo stesso Assoluto, lo stesso Dio, Allah, etc. etc. 

Essendo al di là dell'essere, perché assoluto, Dio non ha luogo e, per questo, è ovunque. Non possiede e, per questo, ogni cosa è sua, ci lascia liberi di scegliere, perché sa che altrimenti non potremmo dare valore alle nostre scelte. L'amore lo muove perché l'Assoluto è Amore assoluto, e per amore lascia che noi possiamo odiare. Dio non gioisce e non soffre, perché è al di sopra delle opposizioni, non ha morale, perché le morali lottano tra loro, dipendendo dal sentimentalismo, che storpia i princìpi trascendenti, dovuto al credere a mezze verità e a mezze falsità. Sempre il credere e il non credere si trascinano appresso il falso, perché le intelligenze che hanno bisogno di fidarsi ne hanno necessità, a causa del non essere in grado di riconoscere, nella Certezza, la verità. Dio non dice la verità, ma non la nasconde, perché la realtà relativa è falsa e vera allo stesso tempo, ma non la dice perché è compassionevole, e la dice perché è vero e giusto. Noi, per vedere la verità, dobbiamo essere compassionevoli, sinceri e giusti. La verità non si deve ridurre per essere alla nostra portata di comprensione, siamo noi che abbiamo il dovere di crescere per comprenderne i princìpi e i valori. L'Assoluto è misterioso perché noi siamo limitati, e i nostri limiti non possono immaginare né contenere ciò che è privo di limiti, ma possiamo guardare attorno a noi e in noi la traccia che l'Assoluto lascia in ogni cosa, in ogni accadimento, in ogni coincidenza vera o falsa che sia. In ogni respiro c'è l'Assoluto, ed è un esserci che è come non ci fosse, e lo è perché dobbiamo essere liberi di respirare o di trattenere il respiro. Ci lascia persino liberi di uccidere noi stessi, rinunciando al dono della vita, ma non ci lascia liberi di non nascere. Noi non possiamo decidere di non esserci... perché non siamo assolutamente perfetti. Umani non significa, come ci piace dire, essere deboli; umani significa appartenere a una specie tra le tante dell'universo, le quali danno all'Assoluto altri nomi pur sapendo, come sappiamo noi umani, che l'Assoluto non può stare in nessun nome come in nessun essere. Sono gli esseri che stanno nell'Assoluto, anche quando a loro manca tutto.

mercoledì 26 marzo 2014

Ipotizzando, non a caso, sul caso

Ipotizziamo che la realtà relativa sia iniziata dall'esplosione chiamata Big Bang dalla scienza. Prima di andare oltre è necessario soffermarsi su alcune considerazioni, quali sono quelle riferite al porsi la questione del cosa sia potuto esplodere. La scienza dice trattarsi di una sfera estremamente compressa, ma non può dare risposte, e nemmeno fare ipotesi, sulla provenienza di questa sfera materiale. La stessa esplosione necessariamente costituisce la polarità opposta all'implosione, perché la realtà manifestata ha polarità contrapposte che cercano di risolversi, attraverso la loro complementarità, nell'unità generatrice. Fingiamo che sia il caso ad aver costituito questo principio primo generatore: l'esplosione dovrebbe obbedire al caso, nel suo espandersi indefinitamente, ma il caso non è che caotico nel suo disordinato procedere, e questo significherebbe che alcuni elementi della deflagrazione potrebbero avere una direzione che non segue la raggiera tipica delle esplosioni e, dunque, essendo casuale, l'esplosione potrebbe avere in sé parti che non sarebbero costrette a seguire le altre, finendo col cozzare tra loro in un dividersi esponenziale. A questo disordine totale, essendo il caso a governare, non si opporrebbe la possibilità che si stabilisca un ordine diverso da quello caotico, ma in questa confusione è sempre possibile, non essendoci regole né leggi diverse dal caso, è sempre possibile, dicevo, che un ordine del tipo consequenziale che conosciamo, ordine stabilito tra cause e loro effetti, si formi accidentalmente. Da questa formazione, essendo il caso a comandare, si dovrebbe tornare al caos, ma ipotizziamo che non sia stato così, e che quella consequenziale formazione si sia indefinitamente ampliata, obbedendo a se stessa e alle proprie nuove leggi, invece che al caso. Sarebbe possibile, perché il caso, non essendo propriamente una legge, potrebbe sottomettersi a una legge che gli si è mostrata accidentalmente superiore. In questa eventualità il nuovo ordine, subentrato a sostituire il caotico caso, è quello che conosciamo, mentre il caso, al quale sarebbe impossibile assegnare un ordine prestabilito, dovremmo chiamarlo Principio primo, o Dio misterioso come tuttora si fa, con la differenza che si tratterebbe di un Dio che ha abdicato in favore di una scimmia la quale, battendo casualmente sui tasti costruiti coi legnetti di una macchina da scrivere, trovata per un colpo di culo in mezzo al disordine, ha scritto la Divina Commedia (solo la prima strofa, perché le altre sono state scritte dai suoi discendenti i quali, per puro caso, non erano delfini).

Questa mia dissertazione è più intelligente di quella attraverso cui la scienza ha fatto innamorare di sé l'intera, stupida, umanità, che ancora si chiede le ragioni del non aver capito la trama che l'esistenza ha ordito, al puro fine di dover contrariare un'umanità… decisamente più intelligente del caso al quale dovrebbe la vita...

Il richiamo della libertà

Tanta fatica spesa a erigere muri in pietra per poi ritrovarsi a fissare, perdutamente incantati, il vuoto libero che sta oltre la finestra...

martedì 25 marzo 2014

Il materialista

Esistenza è termine che deriva dal latino "Ex-stare", e indica il non avere in sé le proprie essenziali ragioni di essere. Il materialista pensa che esista solo ciò che è misurabile, dunque il pensiero, le emozioni, le illusioni, le allucinazioni, i sogni, la fantasia, l'immaginazione e tutto quello che c'è, ma non è possibile metterlo su una bilancia... semplicemente ancora non esiste... Invece, ognuna delle realtà enumerate esiste, nella propria sfera di realtà. Il materialista pensa anche che, o una realtà esiste e ha un peso proprio, oppure, non esistendo nei modi che il materialista immagina, è sulla strada di combinare dei guai, nella deprecabile eventualità dovesse, un giorno nefasto per la materialità, apparire nel suo aspetto solido... Il materialista è convinto che il proprio cervello sia la propria intelligenza, e che la donna sia stupida a causa dei cinque grammi che mancano, rispetto al cervello maschile, alla sua massa cerebrale. Il materialista attribuisce alla quantità il dominio sulla qualità, e ne va fiero...

Intelligenza e caso


Se l'intelligenza umana, e la mente che è suo strumento d'espressione, fosse generata dal caso, lo stesso caso ne costituirebbe il principio, e quando questa intelligenza dovesse contraddirlo, dicendo cose sensate e consequenziali, il caso la riporterebbe nel caos al quale l'intelligenza si è ribellata. Questo perché la causa è sempre superiore agli effetti che genera.

sabato 22 marzo 2014

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Meglio di così non avrebbe potuto fare neppure se fosse stato insensibile al dolore. 
In quei momenti tragici il tempo sembra rallentare, per dar modo alla coscienza di registrare, con precisione, tutti gli spasmi di sofferenza. Conosceva le ragioni per stare su una croce che pareva volerlo avvicinare al Cielo, e dove sarebbe stato dopo, lui, cuore dell'universo che mostrava, col suo sacrificio, la legge eterna che offre la vita.
Sapeva di dover patire più di quanto lo stesso dolore avrebbe mai supposto di poter infliggere, e giunto sul bordo della disperazione, sentì la solitudine come fosse una voragine senza fondo.

"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"

Il terribile peso dei peccati dell'umanità in quel momento tentò di soffocare tra i suoi artigli l'amore che li avrebbe redenti, quello stesso amore che, donando la libertà all'uomo, gli dà anche la possibilità di scegliere per il male, ma persino la malvagità deve lasciare la sua stretta, quando capisce di essere un effetto della Causa che vorrebbe cancellare.


Dove si trova Dio?


Dal punto di vista umano l'Assoluto è al centro di ogni suo effetto, ma dalla visuale centrale che irradia la manifestazione della realtà relativa tutto l'universo è nell'assoluto. Entrambe le visuali hanno la loro ragione d'essere, ma risulta essere evidente che il regno dei limiti, l'universo, non potrebbe contenere la Realtà illimitata, così come il meno non può contenere il più. Se si vuole essere aderenti ai princìpi universali è necessario dire che il rapporto tra contenente e contenuto ha un valore esclusivamente analogico, perché è ristretto alla nozione di estensione, mentre l'Assoluto non è sottomesso ad alcun limite o condizione. La stessa questione, con un'analoga risposta, è data dal chiedersi se l'Assoluto è nell'uomo o è l'uomo a essere nell'Assoluto. 

Il perché della creazione


La centralità della quale siamo espressione relativa è eterna, ed è identica a se stessa in ogni essere del quale è il centro, ma la Perfezione assoluta, in quanto assoluta perché priva di polarità e divisioni, è Potenza e Atto nello stesso eterno istante, dunque il solo poter fare si tramuta in attualità. L'Assoluto crea perché nulla impedisce di creare, perché è libero di farlo essendo Libertà assoluta, e questo creare è amore che si realizza nello stesso modo attraverso il quale una madre abbraccia il bimbo che ha partorito.

Lo scopo dell'esistenza

Per conoscere lo scopo, che è il fine ultimo dell'esistenza, occorre chiedersi quale possa essere la ragione iniziale che ne motiva l'essere, e poiché l'esistenza è costituita da limiti e imperfezioni di ogni suo componente, è facile arguire che sia la Perfezione assoluta la ragione essenziale d'essere della realtà relativa ai limiti. Naturalmente la Perfezione riguarderà ogni aspetto dell'esistere, e anche di ciò che all'esistere è superiore. Per sapere, in una ipotetica gerarchia, quale possa essere l'elemento più elevato di questa scala è necessario prima essere in grado di stabilire una scala gerarchica, che sia ordinata in modo qualitativo, e il solo fatto di dover conoscerne il modo suggerisce che è la conoscenza l'elemento più pregiato dell'esserci. Dunque il fine ultimo è anche la prima ragione d'essere, ed è la Conoscenza consapevole dei princìpi dai quali essa dipana l'ignoranza illuminando il buio, sapendo anche che c'è un Buio, superiore perché primigenio, chiamato Caos, che contiene in principio la possibilità di essere illuminato e ordinato.

Il Mistero assoluto non è il buio, né la luce che lo illumina creando ombre, ma è la Causa di entrambi, una Causa non agente e onnipresente che attua attraverso princìpi che ordinano modulando ogni suo effetto. Una Causa che tutto possiede perché a nulla ambisce di diverso dalla Perfezione che dona, attraverso la libertà di essere, data a tutti i suoi figli. Perfezione assoluta la quale, per essere, non può rinunciare alle possibilità di imperfezione che noi chiamiamo il "male". In ultima istanza anche il male è funzionale al bene, ed entrambi sono aspetti dell'Unità che ama la Libertà perché non può contraddirla.

domenica 16 marzo 2014

Le difficoltà date dal vivere

Vivere è difficile per tutti, intelligenti e stupidi, poveri e ricchi, perché la verità nulla lascia di intentato per dimostrare di essere vera appena la si snatura attraverso le parole o le azioni. Più si conosce della verità e maggiori diventano i problemi dati dallo starle vicini, meno si conosce della verità e più grandi saranno i dubbi che consideriamo essere i nostri invincibili padroni.

sabato 15 marzo 2014

Spirali

La spirale del tempo ruota lentamente, nel suo ciclico iniziare a consumare lo spazio. Proseguendo nella sua corsa, l'accelerazione col tempo aumenta, e con esso quella degli esseri che rincorrono l'istante che appare immobile, nel suo sorridere alla loro follia. Un volto del tempo è costante, nel suo essere lo stesso istante senza durata seduto davanti al nostro affannoso ruggire, mentre dietro a quel volto è nascosta la qualità della durata, che varia in dipendenza dell'attenzione che sappiamo rivolgerle. 
Alcuni momenti rifiutano di andarsene, tornando a chiamarci con la stessa pazienza delle cose senza tempo, altri istanti fuggono lontano, spaventati dal nostro essere distratti.
Intanto il tempo consuma altro tempo, nel tentativo di divorare spazi che hanno orizzonti troppo lontani per essere raggiunti, nel suo continuo desiderio di correre il tempo riduce se stesso a un unico e ultimo istante, dove la morte non ha più vite da spegnere e deve morire. Quell'ultimo istante è al di sopra della ruota che gira, al di là della spirale, immobile regna dove il movimento cambia di polarità per riprendere, senza soluzione di continuità, a scorrere in nuovi cicli, in nuove esistenze, in nuove morti, in nuove nascite. La morte è l'ultima a morire e la seconda a dover nascere dopo la vita che appare insieme al tempo, nella spirale percorsa dagli esseri, come dalle galassie.

L'era della velocità

La nostra è l'era della velocità, nella quale tutto scorre davanti all'ansia, generata dalla perdita della capacità di soffermarsi a scrutarne i dettagli, quelli che conservano le tracce del senso seguito da tutte le cose che accadono attorno a noi. Poi ci lamentiamo che la realtà è oscura quanto il nostro soffrirla, e che il sacro si è dissolto, lasciando libero l'altare che è stato occupato da un tostapane cromato che brucia, velocemente e senza pietà, le nostre speranze di pace.

venerdì 14 marzo 2014

Genesi

All'inizio fu il Verbo, poi seguito dal predicato che a propria volta divenne oggetto di successive maledizioni, a causa della sua discutibile inclinazione al razzolare male...


L'illusione del credere comune

Il credere comune




L'ordine gerarchico naturale

Quando la conoscenza è nozionistica e sincretica l'esperienza la può confutare a ragione, ma la vera conoscenza è la consapevolezza dei princìpi che sono norma universale dell'esistenza, e se l'esperienza nega, non riconoscendo il valore, che è senso, della loro aderenza al vero e della qualità dei loro effetti, significa che quell'esperienza è stata male interpretata in ragione di aspettative insensate che ne hanno deviato l'orientamento. Quante sono le persone che sono consapevoli in modo assoluto, dunque privo del dubbio, dei princìpi universali che sono assi fissi della rotazione universale? Talmente rari che l'umanità ne tiene conto solo per negare la loro assoluta certezza. La consapevolezza dei princìpi è analoga a quella dei princìpi del calcolo ma, diversamente da quest'ultima che è specificamente quantitativa, è riferita alla totalità, sia quantitativa che qualitativa, data dall'interazione di esistenza e di Non esistenza. La figura sopra assegna la priorità all'esperienza nei confronti della conoscenza, ma senza conoscenza la qualità dell'agire si abbassa al livello in cui si trova la vana agitazione - nel migliore dei casi - o nel genocidio razziale, nel peggiore. Senza princìpi condivisibili da tutti, in ragione della loro universalità che è priva di caratteristiche morali, tipiche dell'intrusione del sentimentalismo originato dalla latitudine culturale, senza questi princìpi, dicevo, quale direzione qualitativa potrebbe avere l'azione? Il legame della seconda figura non è in grado di determinare la gerarchia qualitativa in cui si trovano a essere, nei loro rapporti, le varie e diverse realtà che si incontrano vivendo. Gerarchia di valori che solo la conoscenza è capace di riconoscere. Infine faccio notare che le figure sopra sono la schematizzazione del peggiore materialismo che sta portando l'umanità alla rovina. La conoscenza, in realtà, non è soggetta all'obbligo della ripetizione sperimentale e agli schematismi che quest'ultima giustifica, nel suo sostituire un tostapane cromato alla sacralità del sacrificio di sé. Sempre l'esperienza assume il significato in relazione alla qualità della conoscenza a disposizione di chi sperimenta.

giovedì 13 marzo 2014

La rigidità della pazienza

L'esistenza non guarda in faccia nessuno, e procede imperterrita nel suo vorticare, nonostante tutti le sparlino dietro. Alla fine avrà ragione su tutti i pettegolezzi che l'uomo fa per screditare i suoi valori, usando la morte per tacere ogni controversia. Morte che non è la fine dell'esistenza, ma solo quella del vano chiacchiericcio. Solo l'assoluta Perfezione che è assoluta Libertà, sfugge al dover morire, ed è proprio ciò che l'uomo deve darsi come obiettivo.

lunedì 10 marzo 2014

Non piangete

Quando una persona muore non se ne va in un "altro luogo" lontano da dove ha vissuto, non va a sorriderci da una stella. Chi muore percorre a ritroso la via che l'ha portato a nascere: il corpo è il primo a morire perché è stato l'ultimo a prendere forma, di seguito cesseranno di essere quegli attributi della mente che erano strettamente legati al corpo fisico e, infine, l'essenza della persona deceduta si ritirerà nell'embrione che è frutto del sé interiore, che è centrale e non ha una casa diversa da sé. In quello stato che è assimilabile al "Non essere", perché è il "Non essere" che contiene l'essere in potenza, ed è nello stato di "Non manifestazione", che attende maturino le proprie nuove e diverse possibilità di manifestarsi nuovamente, in stati dell'essere diversi da quello umano già vissuto, perché nell'universo nulla si ripete. La strada verso il raggiungimento della Perfezione è lunga e difficile, ma ciò che è stato non può fare a meno di essere ancora e ancora, sempre in modi diversi e nuovi, perché nulla andrà perduto di ciò che è stato. L'esistenza non è un contenitore che ha il rubinetto aperto verso un altro universo dove sono scaricati i gusci vuoti delle esistenze finite. C'è un solo e unico universo, nel quale convivono dimensioni comunicanti che si esprimono su diversi piani successivi uno all'altro, che si dispiegano verso l'alto e verso il basso delle possibilità di essere, ogni piano legato a quelli successivi dalla verticale che attraversa la centralità di ognuno. Non piangete i vostri cari defunti, perché essi sono in attesa di essere ancora, per la ragione che vuole ogni componente del tutto essere indispensabile all'equilibrio generale dell'insieme. Le ragioni che ci hanno legato nel passato ai nostri cari sussisteranno anche nel futuro, quello che vedrà le nuove vite pulsare, le quali non rinunceranno agli affetti dai quali sono state, un tempo andato, abbracciate.

La verità non può essere un'invenzione


Non mi sono chiare le ragioni che inducono innumerevoli scrittori ad assegnare tanta importanza allo scrivere. In fondo si tratta di mettere, nero su bianco, alcuni rivoli del grande fiume di pensieri che inonda la mente, il più delle volte incapace di nuotare. Il pensiero, contrariamente a quanto è convinzione comune, è il mezzo attraverso il quale dare forma alle proprie intuizioni. Il fatto che il pensiero stesso non sappia da dove vengano queste ispirazioni, che lo invogliano a scavare incessantemente alla ricerca della pepita d'oro, la stessa che l'orefice assicurerà essere della volgare pirite, il non conoscere la fonte delle proprie ispirazioni, dicevo, impedisce alla mente di congratularsi con se stessa, a causa dell'incapacità di potersi assicurare la paternità delle creazioni così ottenute. Occorrerebbe dire, anzi, che tanto più i pensieri dalla mente formulati saranno delle creazioni personali, e tanto meno saranno da considerare sovrapponibili alla verità, perché la verità precede ogni altra realtà che alla verità deve appoggiarsi per essere, e questo significa che la verità non può essere inventata di nuovo, ma la si potrà solamente esprimere con parole diverse senza che il loro significato cambi.

venerdì 7 marzo 2014

La Libertà assoluta non può contraddirsi

Non c'è una "Volontà" che ci ride dietro o piange per noi, ma c'è una Volontà che ci lascia liberi di decidere per noi stessi e per gli altri. La libertà è così preziosa da poter offendere la vita e pure la Volontà stessa che l'ha voluta. È così perché la Volontà che è causa del tutto è assoluta, dunque è anche Libertà assoluta, che nel suo non poter contraddirsi deve lasciarci liberi, nei confini della realtà relativa, di essere anche dei crudeli imbecilli.

Responsabilità individuali

La vita non prende mai in giro gli esseri che vivono, ma sono questi esseri che si mettono, o sono messi, in situazioni ridicole. Allo stesso modo gli esseri sono responsabili degli equilibri che spezzano e del male che fanno anche se, spesso, la colpa se la prende la vita e la Realtà assoluta che l'ha generata.

giovedì 6 marzo 2014

Creatività

Dal nulla nulla si crea, dunque si deve ammettere una causa la quale, essendo causa dell'esistenza, all'esistenza è superiore quindi, a rigore, dev'essere oltre all'essere per precedere l'essere. Il dire "precedere" non sarebbe corretto, perché implicherebbe le dimensioni di spazio e tempo, le quali costituiscono le condizioni necessarie alla manifestazione della realtà relativa. La causa delle cause, dovendo essere assoluta, non può appartenere alla sfera relativa, dove si gioca la contrapposizione di opposti e complementari che si risolvono ciclicamente nell'Unità che li ha generati. Questo danzare ha per fine la Perfezione, obiettivo che l'Assoluto non ha perché, non essendo, non è nemmeno limitato dalla dualità rappresentata dalla perfezione e dall'imperfezione. Gli effetti di ogni causa non possono modificare la propria causa né, questa, partecipa al loro danzare a causa del fatto che è indivisa, e non sottomessa al cambiamento. Il Mistero assoluto è indeterminato, nel suo essere oltre sia all'essere che al Non essere, ed è solo per le limitazioni implicite alla consequenzialità del linguaggio che si deve dire che il Mistero "sia" oltre i suoi effetti. Di fatto, quando noi creiamo pensieri dalle idee che ci vengono, non sappiamo da dove le idee provengano, perché esse sono prive di forma, prima che venga loro assegnata dal pensiero. È come se noi pescassimo le idee dal Mistero infinito che nulla esclude, e usassimo, per catturarle, la lenza e l'amo che ricaviamo dalle associazioni o dai processi cognitivi, induttivi o deduttivi, appoggiandoci alle analogie che notiamo essere l'intelaiatura che lega il piccolo al grande, nella totalità della realtà. Questo indica che noi tutti abbiamo accesso al Mistero, ognuno in dipendenza di ciò che esso è, secondo il grado della propria consapevolezza, la quale è in relazione con l'intelligenza individuale, ombra di quella universale dalla quale è contenuta. Non c'è opposizione tra il contenente e ciò che esso contiene, in quanto proprio effetto, soggetto alle particolari condizioni che sono legate ai limiti che distinguono ognuno degli esseri intelligenti. L'Intelligenza universale è l'obiettivo di quella individuale, ma quando questo obiettivo è stato raggiunto il suo orizzonte non è la totalità di ciò che c'è da conoscere, ma soltanto l'inizio di una nuova consapevolezza, che sta all'interno della Certezza esente dal dubbio. Consapevolezza che necessita, per crescere, di mettere alla prova il conoscere di ordine principiale al quale ha avuto accesso, in modo da poter superare le limitazioni implicite all'essere, per condividere l'infinità creativa che non ha bisogno di usare lenza e amo per catturare se stessa.

Verità e pensiero

Il pensiero continua a correre anche dopo che ha visto la Verità dei princìpi universali, perché la Verità non è vista dal pensiero, ma dall'intuizione spirituale, diretta e immediata, che al pensiero concede solamente il tentativo di degradarla attraverso le parole.

mercoledì 5 marzo 2014

Contemplazione e azione

Ogni azione è staccata dalle conseguenze che avrà, solo la conoscenza ha, in sé, il proprio guadagno. La conoscenza è superiore all'agire il quale, privo della conoscenza sarebbe un vano agitarsi, ma senza l'attuazione la conoscenza resterebbe una sterile teoria, di poco superiore all'essere agitati.

La sacralità del sacrificio di sé

Qualsiasi cosa si muova essa toccherà dei punti, nel suo muoversi, che sono considerabili essere degli obiettivi relativi, i quali concorreranno al possibile raggiungimento di un fine che coronerà la fatica data dal doversi muovere. Dalla qualità della persona dipenderà la qualità del fine che essa potrà raggiungere, ma la migliore qualità possibile, per una persona e per il suo obiettivo, sta nella capacità di sacrificare tutto quello che non è amore per gli altri esseri.

martedì 4 marzo 2014

I motivi per essere generosi sono troppi per essere ricordati

Quando penso agli anni della mia giovinezza mi viene la pelle d'oca, e mi riesce difficile ricordare quali potessero essere le ragioni che inclinavano il mio agire alla generosità. Passati troppi anni da allora oggi sono ancora generoso con gli altri, soprattutto quando sono degli sconosciuti, e lo sono per gli stessi motivi che trovavo giusti a quei tempi come sono ancora giusti oggi, anche se, a ben guardare, non ricordo più quali siano stati allora e quali siano ora.

lunedì 3 marzo 2014

Facile da capire


La prova che la felicità sia solo uno stato d'animo, volubile quando non è conseguenza della consapevolezza delle essenziali ragioni d'essere dell'esistenza, è data dal fatto che una infelicità, della quale siano conosciute le ragioni, sia preferibile a una felicità della quale si ignorino le cause.

domenica 2 marzo 2014

Cos'è, per me, la poesia

La poesia è il modo in cui ognuno tenta di raccontare ciò che intuisce del Mistero, lo stesso che dà sapore alle lacrime e colore ai sorrisi, nei quali l'esistenza nasconde le proprie essenziali ragioni d'essere.

Realtà e numero


Il credere che tutta la realtà sia riconducibile al poter essere ridotta a termini numerici induce a pensare che essa sia schematizzabile, come lo sono tutte le formule matematiche, perché la ciclicità dalla quale ogni esistenza è regolata appare essere ripetitiva. In realtà non di ripetizione si tratta, perché la ciclicità ha in sé l'eccezione che impedisce la formulazione di schemi i quali, affidandosi alla prevedibilità, sono negati dalla presenza dell'imprevisto che caratterizza ogni eccezione. Il numero, normalmente rivolto alla determinazione quantitativa della realtà, ha anche un significato qualitativo dato dal senso simbolico al quale si presta e che stabilisce relazioni analogiche tra il rapporto che i numeri hanno tra loro e la realtà che li contiene. La discontinuità numerica, quando è vista sul piano qualitativo, simbolico e analogico rispetto alla realtà considerata, si trasforma in qualità continua.

L'altruismo

Chi è generoso e altruista, senza avere secondi fini, deve aspettarsi di essere messo al centro del biasimo di tutti coloro che considerano l'altruismo... essere la peggiore forma di ipocrisia.

Il fan

Il fan è un individuo il quale, avendo voluto essere al posto della persona che fanaticamente ammira, le conferisce tutte le qualità che avrebbe voluto possedere, più altre che ancora non è in grado di immaginare... Il fan è livido di una fanatica invidia, e quando al centro dell'ammirazione c'è Dio… si criticano i diversi credendo di essere Dio.

Cosa davvero è quella orribile cosa chiamata "autostima"

Quando ci si chiedesse se, essendo qualcun altro, ci si potrebbe innamorare della persona che si è, e la risposta fosse legata al provare pietosa comprensione per ciò che si è, ci si dovrebbe soffermare sul fatto che la compassione non è l'amore, ma è la condivisione di una sofferenza.

L'ingenuità del credere e del non credere


Il credere, allo stesso modo del non credere e diversamente dal conoscere, implica ingenuità, ma è pur vero che quella ingenuità è necessaria per dar modo alle altre persone di rivelare le proprie reali intenzioni. L'ingenuità diviene pericolosa quando, conosciute le altrui intenzioni, si persiste nel voler ignorare quali saranno le loro conseguenze.

Fortuna e sfortuna

Per me la fortuna è quell'insieme di accidenti che la vita manda per preparare le persone alla comprensione della sfortuna che seguirà.
La sfortuna, al contrario, è data dall'insieme di accidenti che disporranno alla meraviglia quando si saranno rivelati fortunosi.
In realtà fortuna e sfortuna sono entrambe funzionali alla comprensione delle leggi universali, le quali sono perfette anche quando sembrano essere frutto dell'accidentale incontro determinato da cause che rimarranno ignote.

Cosa di poco conto

Io mi sento protetto, so di esserlo per le cose che mi hanno sfiorato senza potermi far del male, e sono tante. Nonostante questa consapevolezza riesco a lamentarmi di questa vita, che lascio scivolar via dalle mie mani come fosse cosa di poco conto, come se dovessi vendicarmi di lei. Se dovessimo scambiarci i ruoli io lascerei scivolar via me, perché mi considererei cosa di poco conto, ma per fortuna la vita non sono io.

sabato 1 marzo 2014

Attorno al "caso"...

Un evento, quando ha cause che sono ignorate, è detto essere "casuale", anche quando è evidente che senza una causa nessun accadimento può realizzarsi. Quando si crede al caso, dunque all'assenza di una consequenzialità che leghi ogni effetto alla propria causa, si è costretti a dover ammettere che il proprio credere sia il frutto dell'assenza di una sua propria causa, la quale corrisponderebbe alla propria ragione d'essere, il che significa che la propria intelligenza non ha alcuna ragione per essere. Questo significa anche che essa non è, propriamente, meritevole di essere definita un'intelligenza; è solo in quest'ultimo caso che chi crede al caso non può essere smentito...