domenica 31 marzo 2013

Filosofia e politica


Intanto sarebbe il caso di precisare che il termine "filosofia" è un generico e improprio modo di unificare opinioni diverse tra loro, diverse fino al mordersi vicendevole dato dal contrasto feroce, espresse da chi ha una qualche vaga attrazione verso un conoscere che ha flebili legami qualitativi con la realtà dei fatti. La politica, dovendo fare i conti con le intelligenze da imbrogliare, si appoggia alle filosofie considerate di volta in volta più opportune, allo scopo di giustificare le decisioni prese. Il grave difetto della politica è implicito nel fatto che essa si considera il modo migliore che c'è per garantire a ogni uomo il benessere materiale e, di conseguenza, anche quello spirituale, però inteso come dovesse essere la comodità data dal non stare fra quelli che la politica opprime. In realtà la politica è il modo più lontano tra quelli che favoriscono il miglioramento, interiore perché individuale, la cui somma è in grado di migliorare la qualità di una collettività. Collettività che, non dimentichiamolo, rappresenta una realtà di ordine quantitativo essendo il risultato di una semplice moltiplicazione di individui e, in quanto tale, incapace di entrare nella sfera delle intenzioni che qualifica ogni persona, allo scopo di modificarla. Al contrario è la persona che entra nella sfera collettiva, tramando e ordendo allo scopo di fare i propri interessi. Da questo agire solo in pochi si salvano, e sono quei pochi che hanno un sogno che è il bersaglio preferito dei molti che imbracciano l'odio... credendolo una inderogabile necessità che ha il bene quando vuole imporsi.

sabato 30 marzo 2013

Cosa è la saggezza


Se un saggio dichiarasse di essere un saggio sarebbe da tutti considerato un folle. Questo costringe i saggi a camuffarsi da folli, perché la saggezza vera non è amata dalle persone che non sono sagge. In tutte le tradizioni dei popoli del pianeta il saggio, che è anche necessariamente un santo, assume le apparenze di un mendicante, non certo perché la povertà o la ricchezza abbiano a che fare con la perfezione di un essere, ma a causa della necessità di nascondersi tra il volgo. È quest'ultimo strato sociale che sa conservare la tradizione, attraverso la capacità di memorizzare ciò che non comprende nella sua essenza, senza apportare degradanti variazioni, come farebbe chi credesse di aver compreso, nella loro interezza, le verità dette dal saggio. È chiaro che dovrebbero essere i molti a imparare dal saggio, non il contrario, perché il saggio impara dal Cielo, non dalle miserie umane. Che significa imparare dal Cielo? Significa poter comunicare col Centro di sé, che dà la Certezza dei princìpi universali che sono norma dell'esistenza. Princìpi dai quali la logica che rifiuta la contraddizione sa considerare le conseguenze dirette e indirette. I rari individui che hanno, per volontà dell'Assoluto, accesso a questo conoscere non mediato dalla mente sono chiamati dalle tradizioni dei popoli: Illuminati. Per diretta conseguenza l'illuminazione interiore è la realtà più falsificata, perché meno compresa, che c'è.

Dubbio, certezza e apprendimento


Se c'è il dubbio si è sicuri debba esserci anche la certezza, perché al sotto corrisponde sempre un sopra. Dagli altri si impara a dubitare, dalla propria intelligenza, invece, l'importanza del saper riconoscere la verità.

L'imperfezione del male

L'esistenza è vera, e nel suo esser vera è anche falsa, perché ogni falsità è una "vera" falsità. L'esistenza è vera nel suo esserci, ed è falsa in ciò che assegna a questo suo essere delle ragioni sbagliate. Lo scopo dell'esistere è nella consapevolezza della propria possibilità di perfezione che dovrà essere attuata, e questo essere consapevoli è da considerarsi un bene, così come lo è il doverlo attuare. Tutto ciò che è contrario a questa consapevolezza è un male. Il bene cerca la perfezione, il male la rifiuta. La verità è un bene perfetto, ma quando non è perfetta può trasformarsi in un male. Una verità si mostra per ciò che essa è solo quando il farlo non genera il male, per questo la verità sa attendere, perché essa è compassionevole. L'esistenza si fonda sulla verità, e raggiunge il suo massimo grado possibile di perfezione relativa quando è considerata nella sua totalità, perché la perfezione di ogni totalità relativa è costituita dalla somma delle imperfezioni particolari di cui è composta. Al contrario e per analogia inversa, l'imperfezione di ogni totalità relativa sta nella sottrazione di tutte le verità che non le appartengono. Si deve dire che quando una verità si complica in tutte le ramificazioni del suo essere, in questa complicazione essa si perfeziona, avvicinandosi alla totalità del suo essere. Inversamente la menzogna, nel suo complicarsi, si avvicina alla massima imperfezione raggiungibile, che non sarà mai una perfezione dell'imperfezione, perché la perfezione non è raggiungibile da ciò che nega la perfezione. Poiché l'alto si inverte nel basso, capovolgendosi nel suo riflettersi, alla verità che tende alla perfezione si opporrà la menzogna che tende all'imperfezione. Quando si mente si è costretti a mentire sempre di più per riuscire a giustificare la prima menzogna detta, e questo dover mentire si complica fino a diventare insostenibile perché contraddittorio. Inversamente, quando si dice la verità, si deve procedere fino alle estreme conseguenze alle quali la verità conduce, nel suo essere priva di contraddizioni. È per questa ragione che la verità è più forte della menzogna, perché la verità è analoga a una piramide con la base larga che conduce, attraverso la verticale, al proprio unico vertice di luce, mentre la menzogna, procedendo dalla caricatura ostentata da un falso vertice… segue a sua volta la stessa verticale, e allargandosi diventa instabile, fino a dover crollare su se stessa. La "perfezione" di un delitto, o di una qualsiasi altra menzogna, non esiste, ed è insensato il credere comune che attribuisce perfezione al fatto che un delitto o una menzogna non siano stati ancora scoperti, perché il piano di realtà dove il male opera non è sovrapponibile alla realtà in tutti i suoi piani d'espressione.

venerdì 29 marzo 2013

Dove le giustificazioni crescono rigogliose


Quanto dev'essere dura vivere dovendo tenere a freno i propri impulsi giustizialisti io lo so bene, come so che quando si ha una personalità tesa al bene e alla generosità, dopo che quest'ultima, come spessissimo avviene, è delusa, lascia il posto alla rabbia che deve essere tenuta a freno, altrimenti il tradimento dei propri valori sarebbe attuato con un solo piccolo scarto laterale, là dove crescono rigogliose le giustificazioni, attraverso le quali il male opera nella finzione di essere un bene.

giovedì 28 marzo 2013

Tra le cose del mondo


Qualcuno privo di buon senso (Cartesio) scrisse che il buon senso è, fra le cose del mondo, quella più equamente distribuita. In realtà il senso è la direzione e il buon senso corrisponde alla giusta direzione. Ma cos'è una giusta direzione? È la via da seguire per giungere alla maturazione delle proprie migliori possibilità di essere. Le migliori possibilità di essere sono racchiuse dalla perfezione del proprio essere, perfezione data dalla perfetta consapevolezza attuata nelle proprie azioni. Da questo si deduce che il buon senso è, fra le cose del mondo, quella che brilla della luce più rara.

L'amore a volte non ama


Il domandare e il chiedere sono due cose che l'amore non ama, perché la natura dell'amore è nel donarsi. L'amore non si accende a comando né ha un pulsante per spegnersi, perché se così fosse noi avremmo cessato d'esistere prima ancora di esserci.

Dove la Verità è di casa


Vivere nel continuo miracolo che è la vita, annoiandosi, è un errore che si paga col cercare di sostituire la stupidità che motiva la noia... con l'eccitazione data dall'avvelenarsi l'esistenza spingendola sull'orlo di un baratro. Quando si trovano sul bordo franoso di quell'orlo, poche persone hanno il coraggio di domandarsi cosa abbia potuto spingerle fin lì, e il saper trovare la giusta risposta, dopo esserselo chiesto, è l'unico modo che si ha per sottrarsi al dover precipitare nel buio… dove la verità è di casa. Aver capito le ragioni dei propri errori dà la possibilità di tornare sui propri passi, e questo ritorno avvicinerà alla luce… dove la verità è di casa.

La generosità dell'esistenza è a termine

Chi ha detto che errare è umano, ma perseverare è diabolico, sapeva quel che diceva e conosceva l'essere umano in profondità. Ci sono individui, e credo siano la maggior parte, che perseverano nell'errore perché ritengono la vita essere governata dal caso, dal momento sia impensabile che un'esistenza governata dall'intelligenza abbia potuto lasciare nelle loro tasche ancora delle ricchezze, nonostante la vita dissoluta che hanno condotto. Così questi individui arrivano a convincersi che l'esistenza, essendo stupida, può essere ancora imbrogliata, allo stesso modo in cui hanno sempre fatto. Non sanno che la vita, essendo intelligente e generosa, ha lasciato loro la possibilità di redimersi rifiutandosi di annegarli definitivamente nelle loro menzogne. Un'altra cosa che ignorano dell'esistenza è che quest'ultima non può essere generosa e benevola per sempre.

venerdì 22 marzo 2013

Ragioni analogamente invertite tra loro


"Nella storia e nella vita pare talvolta di discernere una legge feroce, che suona «a chi ha, sarà dato; a chi non ha, a quello sarà tolto»."
Primo Levi

La realtà relativa che conosciamo (si fa per dire) per essere quella in cui siamo vivi, costituisce il riflesso capovolto della Realtà vera che non ha estensione né durata ed è superiore all'essere in quanto causa dell'essere. In quanto capovolgimento agiscono leggi che fanno sembrare piccolo il grande e grande il piccolo. Sempre a causa di questa inversione il punto geometrico è detto essere privo di forma e di estensione e l'istante è immediatezza priva di durata. Dalla distanza infinitesimale tra due punti senza dimensione nasce il segmento dal quale si ottiene il piano che diventa il solido a tre dimensioni che siamo e che si chiede come mai l'istante senza tempo, moltiplicandosi sempre in diversi altri istanti analoghi, riesca a generare il tempo. Come si vede il mondo formale affonda le sue radici in quello informale. Dall'indefinitamente piccolo nasce, in una relazione analogica di corrispondenza, l'indefinitamente grande, dal sottile lo spesso, dall'unicità la molteplicità, dal microcosmo il macrocosmo che obbedisce alle leggi del piccolo perché è costituito dall'insieme di piccoli. L'alto si inverte nel basso e il dentro nel fuori. In queste inversioni analogiche e speculari che riflettono la legge universale della riflessione, il dare a chi già ha e il togliere a chi non ha acuisce le condizioni che mettono alla prova le possibilità che ha ogni essere di esperire l'esistenza attraverso le sue estreme conseguenze, e questo sperimentare imprime con forza la sua inversa capacità di reagire. Reazione attraverso la quale ci si rafforza migliorandosi, oppure ci si indebolisce peggiorandosi. Il senso della giustizia umana non corrisponde a quello della Trascendenza proprio a causa della visione capovolta che inverte le ragioni che appartengono alla vita, opponendole a quelle che abbiamo noi per vivere.

Gli stati molteplici dell'essere per la metafisica


Ci dev'essere qualcosa in tutti noi che tiene memoria di ciò che siamo, mantenendola viva anche nell'istante eterno al di sopra del tempo. Questa specie di memoria costituirà l'eredità che il nostro aver vissuto lascerà alla centralità spirituale, identica per tutti gli esseri, ma con questa memoria in sé che è diversa per ognuno, la quale vivrà altri stati dell'essere nel suo inseguire la perfezione. Non mi riferisco alla teoria reincarnazionistica, che è solo la trasposizione popolare e superficiale della pluralità degli stati che un essere attraversa, nel suo sempre diverso bisogno di manifestarsi ciclicamente, fino a quando gli sarà possibile identificarsi a ciò che è in realtà e che il suo vivere gli fa scordare. Ogni essere è identico a se stesso per una sola volta, ma essendo ognuno la manifestazione differenziata del Sé assoluto, identico per tutti, si esprimerà in ogni nuova manifestazione di sé, in altri stati diversi da quello che è stato lasciato morendo, avendo inclinazioni personali dipendenti dalla memoria interna del Sé che porta traccia dell'ultima esistenza vissuta con i risultati ottenuti. In realtà è sempre lo stesso Assoluto che si riflette in ogni esistenza particolare, e vi si riflette seguendo la sua legge che impone la diversità a ogni nuova nascita. Ogni nuova nascita sarà diversa da tutte le altre della storia, e ognuno di noi avrà una sorta di erede che a propria volta avrà altri eredi diversi, che nasceranno in chissà quale piano di realtà, diverso da quello che ognuno ha sperimentato vivendo, perché nulla si ripete. Sempre tutto sarà rinnovato attraverso la diversità, ma lo sarà in conseguenza di quello che si è riusciti a essere ogni nuova volta che si è vissuti. 

giovedì 21 marzo 2013

Sulle ragione del mio scrivere


Sono ormai sei anni che scrivo, prima di allora avevo altro da fare e se un banale salto da un muro, troppo alto per le mie ali, non mi avesse costretto a stare più di quattro mesi coi talloni blu all'aria, ora continuerei a fare quello che faccio, ma non scriverei di certo. Non mi è mai passato per la testa che lo scrivere sia un qualcosa di particolarmente pregevole, perché so di sicuro che nessuna conoscenza importante può essere trasmessa a parole. Naturalmente non mi riferisco al tipo di conoscenza che illustra come spelare un filo elettrico senza morire fulminati. La principale ragione per la quale scrivo nei primi tempi era rappresentata dal mio dover stare sdraiato e a gambe all'aria, con davanti il ventaglio di possibilità che la vita mi proponeva per quella posizione, e che andava dal non riuscire a grattarmi la schiena, alla rivista dei pensieri autocommiseranti, fino allo scrivere qualcosa che riuscisse a migliorarmi l'umore. In quei momenti di sconforto, con la moto da enduro che scalpitava desolata in giardino, non mi sfiorava nemmeno il pensiero di poter scrivere qualcosa di serio che fissasse su carta riflessioni e conoscenze che avrebbero avuto una qualche utilità solo in un futuro bisogno di sapere con esattezza quale fosse la qualità dei miei passati pensieri. Io scrivo essenzialmente per me stesso, perché le storielle che mi racconto, non essendo immaginate in anticipo, ma buttate sul foglio improvvisando, mi divertono, mentre le considerazioni dell'esistenza e le sue ragioni d'essere mi inducono, trattandosi di pensieri in qualche misura complessi e difficili da esporre con chiarezza, mi inducono, dicevo, ad affinare le mie capacità espositive che sono piuttosto rozze, per via degli studi alle mie spalle quasi esclusivamente rivolti agli effetti stupefacenti degli allucinogeni. Ho avuto il colpo di culo di non dover perder tempo per liberarmi da condizionamenti culturali ai quali mi sono sempre sottratto, anche se non posso dire di essere partito proprio da zero dopo essermi perso e ritrovato, per una ventina di anni, in oltre un migliaio di viaggi psichedelici, che non mi hanno dato orizzonti certi né insegnato alcuna verità stabile nel tempo, ma hanno messo davanti alla mia intelligenza il risultato dell'azione di leggi fisse delle quali ancora mi sfuggivano le modalità di funzionamento, perché il mio intuire superiore ancora non era stato vivificato dal Mistero assoluto. Non scrivo nella speranza di riuscire a dire di questo Mistero, anche se nessuno dei miei scritti contraddice le Sue leggi fisse, e spesso descrivo le conseguenze di questi princìpi, che sono detti universali perché valgono per tutto l'esistente, ma l'Essenza di questo conoscere, identica per tutti coloro in grado di vedere nell'immediatezza della vista interiore, non essendo relativa non è in alcun modo descrivibile. Non so per quanto tempo ancora scriverò di metafisica, ma certamente i raccontini continueranno a voler riempire le pause che punteggiano il lato serio del mio esserci.

martedì 19 marzo 2013

Due conseguenze date dal conoscere


La prima conseguenza del vero conoscere è data dalla conoscenza di sé, la seconda lo è dal non essere riconosciuti come conoscitori.

Tai Chi

Ci sono cose che possono essere insegnate e altre che non si prestano all'insegnamento. Diverso è il mettersi in una condizione di apertura verso l'apprendimento, rinunciando ad avere pregiudizi e, di conseguenza, prima di giudicare a priori la qualità della fonte di un insegnamento… voler considerare l'aderenza di quell'insegnamento ai princìpi che si conosce essere senza alcun dubbio giusti. Per non avere dubbi sulla giustezza dei princìpi occorrerà dividere la qualità della quale essi sono rappresentanti. Così dei princìpi orientati all'altruismo, che necessita del sacrificio di sé, saranno da considerare preferibili ad altri che promulgano il sacrificio del prossimo a favore della propria convenienza. Una persona intelligente sceglierà di essere aperta a qualsiasi segno che la vita le invia, da chiunque abbia avuto il compito di dover mostrare quel segno, anche se fosse un neonato o un moribondo e persino un insetto o un refolo di vento, al fine di stabilire la qualità dell'insegnamento ricevuto attraverso l'analogia che lega il tutto a ogni sua piccola parte. Non ci possono essere altre ragioni che inducano a questa disponibilità un individuo che vuole capire quale possa essere il Fato che gli è stato assegnato dall'esistenza. Ma qui siamo ancora sul piano nel quale tutti gli esseri interagiscono tra loro nella speranza di poter, un giorno, riconoscere la strada contorta al termine della quale brilla la felicità. Ma allora, se tutti siamo nella situazione appena descritta, quale sarà l'altra? Quella dove non la felicità è il fine della propria esistenza? La felicità è lo stato d'animo che, insieme alla sofferenza, crea le condizioni attraverso le quali ogni passo felice ha necessità di muovere un altro passo verso l'infelicità che consenta al corpo che cammina di reggersi in un equilibrio che deve il proprio essere all'instabilità. Ma quale sarà il fine che il camminare dovrà poter raggiungere? Quale sarà l'equilibrio, finalmente stabile, di una stabilità che non ha più bisogno di muoversi per riaffermarsi? La risposta non è nella vittoria o nella sconfitta, entrambe precarie; la risposta è nella conoscenza priva del dubbio, perché anche il conoscere si muove come la felicità avendo bisogno di dubitare della giustezza di ogni passo fatto. La conoscenza deve quindi essere perfetta e rappresentare l'asse fisso, il Tai Chi attorno al quale ruota la ciclicità degli eventi. Questa conoscenza perfetta non può essere insegnata né da un bambino e neppure da un vecchio, né dal migliore Maestro che ha raggiunto l'immobilità mobile della Perfezione assoluta. È il Cielo a decidere l'apertura interiore che cambierà la natura dell'intelligenza la quale… da individuale che era si trasformerà in universale, in grado di vedere la Verità dei princìpi universali che sono norma dell'esistenza, e di vederla in modo assoluto quindi esente dal dubbio. Questa apertura è il primo passo verso la Perfezione del proprio essere che si muove verso il fine dato dall'identificazione con l'Assoluto del Quale siamo figli. Assoluto che è in ognuno di noi, tanto quanto noi siamo in Lui. Non ho scritto questo per insegnare qualcosa, l'ho già detto che sono verità che non possono essere insegnate, ma un modo per disporsi al poterle comprendere c'è, e qual è posso dirlo: aderire alle verità che si riconoscono essere vere. Se ci si dovesse sbagliare saranno le stesse verità a mostrare i propri limiti, e a portare l'essere di fronte ad altre verità, migliori o peggiori di quelle, da dover considerare essendo disposti all'apertura dalla quale ogni verità passa. L'Assoluto che è in noi e fuori di noi farà il resto.

domenica 17 marzo 2013

Un Papa più che deludente


Il Papa dice che la misericordia è il messaggio di Cristo. Non è così, perché la misericordia divina non è quella degli uomini a causa del fatto che è rivolta a tutti gli uomini, nessuno escluso, mentre la misericordia umana si rivolge a coloro che sono diversi da colui che prova misericordia e, dunque, è compassione per chi è in errore. La misericordia alla quale il Papa si riferisce è l'equivalente della tolleranza aggravata dalla compassione che si nutre per chi è diverso e inferiore. È un Papa che ignora i princìpi universali cristiani basati sull'amore universale capace anche di amare i propri nemici. Questo Papa che usurpa il nome del santo di Assisi è impegnato, con brutale evidenza, a dover giustificare il santo nome di Francesco che si è attribuito prima di esserselo meritato.

giovedì 14 marzo 2013

Se volessi definire il bello e il brutto...


Se volessi definire il bello direi che esso è il contorno armonico che si dà ogni menzogna, e se volessi definire il brutto direi che è il particolare dissonante che rivela, all'interno del bello, la menzogna.

Dolore e piacere


Il dolore dice molte cose che il piacere fa dimenticare presto. Ricorda che a ogni equilibrio spezzato l'universo sente dolore, e che quel male può essere evitato soltanto dalla perfezione. Il dolore ha il suo lato chiaro dato dalla necessità della sua presenza nel riaggiustare i danni. Il piacere, per inversione analogica, ha il suo lato oscuro, ed è il piacere che si può provare quando è conseguenza del dispiacere provato da persone detestabili. In realtà dolore e piacere sono la stessa realtà considerata da visuali tra loro opposte, e sono percepiti e interpretati come dolore o piacere in dipendenza del nostro dover dividere in due la stessa unica realtà, alla quale dolore e piacere appartengono, a causa della relatività che è necessità esistenziale.

Oggetto d'invidia


L'invidia è un sentimento sempre ingiusto, nel suo non poter essere motivato da altro che sia diverso dalla non conoscenza delle disgrazie altrui. Nel mio caso, però, si può fare un'eccezione, perché a me parrebbe di piacere al Cielo. In fondo alla ventinovesima frattura ha smesso d'importunarmi, e s'accontenta di gioire cambiando le condizioni atmosferiche, dopo avermi trasformato in un barometro vivente che al posto dei gradi Celsius ha quelli Richter...

Non si preoccupi, non è una ciste...


Sembrava una ciste, ma il medico, guardandomi con studiata noncuranza, mi disse:— Non si preoccupi, è un tumore, ed è in un brutto punto, se lo tocchiamo rischia la paralisi di mezza faccia con la perdita dell'occhio, dell'olfatto, dell'udito, del gusto e difficoltà a deglutire. Una fistola perenne sul collo che spurgherà pus, dolori di testa e scatti nervosi alla bocca che prenderà una piega sardonica— Lui era afflitto da un'evidente deformazione alle dita delle mani data da un'artrite deformante piuttosto grave, nonostante quella seria limitazione mi disse:— L'intervento è delicatissimo, se vuole la opererò io...— gli risposi con un largo sorriso:— Ma certo dottore!— e non mi feci più vedere. Oggi mi curo col digiuno totale, bevendo soltanto, che dura due mesi di fila, e lo faccio due volte all'anno, allo scopo di prolungarmi la vita affamando, oltre al mio organismo, anche il tumore che così resta piccolo senza uccidermi il nervo facciale. Mi danno tutti del pazzo, e forse hanno ragione, ma chi vivrà vedrà (ecco che sono ancora ricascato in questa battuta del cazzo!)...

Un sorriso mi guarda


Spesso sono tristemente afflitto da pensieri violenti che mi dicono di reagire con rabbia alle ingiustizie di cui sono vittima. Questi pensieri disturbano il mio sonno e il mio cuore, ma c'è qualcosa in me, e c'è da sempre, che m'impedisce di far del male. Ho dovuto scegliere tutte le volte che il male ha scalpitato per convincermi di essere dalla parte del bene, e avrei scelto le sue pessime ragioni se non ci fosse stata questa mia inclinazione a impedirmelo. Non so da dove essa proviene, anche se intuisco sia la voce del muto ed eterno sorriso che sta al centro di me, che prova pena per ciò che ancora non sono riuscito a essere.

La vigliaccheria


La vigliaccheria è forse la dimensione più diffusa in cui stanno moltitudini di individui che hanno rinunciato ad avere meriti nella vita pur di stare tranquilli. In cambio la vita continua a dar loro torto punzecchiandoli per provocare la loro viltà.

mercoledì 13 marzo 2013

Contraddizioni nascoste, ma non troppo...


Mi auguro che tutti quelli che dicono non esista una Verità assoluta, perché tutte le verità sono relative, si possano accorgere che così dicendo dicono anche che la loro affermazione non può essere, a propria volta, una verità assoluta, dunque anch'essa necessariamente sarà una verità relativa, quindi opinabile perché non assolutamente vera. Questo indica che il loro assunto di partenza che afferma non esserci una verità assoluta è contraddittorio e, di conseguenza, anche falso.

martedì 12 marzo 2013

Come potrei non amare?


Come potrei non amare un mondo che mi dà l'opportunità di lottare per ciò in cui vedo l'amore per la verità splendere, di combattere per difendere i diritti dei più deboli, di contrastare la prepotenza dei vili, di mostrare a me stesso di avere il coraggio necessario per migliorare, in modo da poter consegnare le chiavi del mio essere alla verità, quella che mi lascia vivere perché si aspetta che io riesca a vederla anche nei suoi lati nascosti perché minuti? Come potrei non amare le difficoltà della vita, dopo che la vita continua ad amare me, come se già facessi parte della verità che non conosco?

Cosa la democrazia è veramente...

La democrazia è quel sistema politico che assegna a un valore quantitativo, come è quello di ogni maggioranza, il dominio sulla qualità dei valori espressi da qualsiasi minoranza, non volendo considerare che il metro di misura della qualità è il senso dato dalla direzione degli intenti, e non dalla quantità di persone, indipendentemente dalle intenzioni che hanno.

Il costo del male


C'è una giustizia sottilmente sarcastica, nell'ordine naturale in cui gli eventi si accatastano dalla parte del male, per la quale le persone ladre, bugiarde e malvagie, pagano un elevato prezzo per le scelte fatte. Un prezzo che le vede privarsi dell'intelligenza e della capacità di poter amare e di essere amate... costrette alla tristezza perpetua di chi rifiuta di guardarsi dentro nell'ossessione che tutti siano come sono loro, per doverne uscire, dal confronto, come assoluti vincitori.

domenica 10 marzo 2013

L'inversione dei poli di una stessa realtà


Che i poli in opposizione tra loro si scambino di posto al completamento di ogni ciclo è legge nota a molti, anche se non nel modo in cui funziona, lo è almeno nei risultati che questo capovolgersi degli estremi porta con sé. Un cane abbandonato in autostrada o muore investito e cambia di stato, o è soccorso da persone bene intenzionate nei suoi confronti che lo faranno vivere negli agi. Così la disgrazia può dare sia il colpo di grazia finale della trasformazione di stato, che riportare alla vita, posizionando il disgraziato nelle sue aspettative più rosee. Analogamente a quanto avviene nella realtà relativa anche nella matematica algebrica il meno al suo estremo diventa un più, che a propria volta tornerà a trasformarsi di nuovo in un meno al compimento del proprio ciclo. In metafisica a questo mutare di polarità è stato dato il nome di "Mistero dell'inversione dei poli", ed è considerato un mistero non perché accade, ma per il fatto che l'inversione si attua al di sopra dello scorrere del tempo, nell'istante che è eterno perché non sottomesso alla durata temporale, di modo che l'inversione è sempre simultanea e impossibile da sezionare nella sua modalità attuativa.

La gioia dietro alla disperazione


Non bisogna disperarsi per quanto male vadano le cose, per le stesse ragioni per le quali un genitore non deve chiudere in una teca di cristallo il proprio bambino per timore che possa farsi male vivendo. Le cicatrici che si imprimono per il nostro dover onorare il dono dell'esistenza si ammorbidiranno col tempo, mentre per loro merito s'indurirà la nostra capacità di sopportare il peso degli eventi. È in questa forza che la gioia di essere si nasconde, ed è nella stessa gioia che le nostre speranze di miglioramento crescono. 

sabato 9 marzo 2013

La vera intelligenza


La vera intelligenza mostra di essere figlia prediletta dell'Assoluto per la sua possibilità di conoscere tutto senza potersi contraddire.

Il non sapere di Socrate


Ogni individuo intelligente, al contrario di uno stupido, vede i limiti della propria intelligenza ogni volta che quest'ultima è costretta a formulare ipotesi attorno alle ragioni d'essere delle realtà considerate, perché ogni ipotesi ha la sua ragione d'essere nella non conoscenza della verità la quale, quando è conosciuta nella sua intima essenza, rende superfluo ogni ipotizzare. Chi vede la verità nell'immediatezza dell'intuizione, diretta perché spirituale, non ha più idee che può considerare proprie, perché quando un'idea si identifica nella verità… in quella identificazione cessa di essere un'idea personale nel suo essere universale. È per questo che chi vede la verità nuda dice di non possedere alcun sapere.

giovedì 7 marzo 2013

L'evoluzione vista dalla scienza


I seguaci dell'evoluzione sono persone singolari, almeno quanto riesce a essere singolare una massa composta da qualche miliardo di individui. Costoro credono che la scienza possa dare spiegazioni attorno a ciò che è fuori dal dominio scientifico, che sarebbe come se un topo spiccasse il volo verso il sole. La scienza percorre a ritroso quelle che sono state, per lei, le tappe evolutive dell'essere umano, e non ha timore di farlo passare attraverso i più fantasiosi stati dell'essere, adducendo quelle che secondo lei costituiscono prove inconfutabili. Queste prove le individua nelle fasi percorse dall'embrione umano nei suoi diversi stadi di crescita. Questi stadi, percorrendo i quali l'embrione diventa un feto, lo rivestono di molteplici forme che ricordano animali di diverse specie, ma la scienza non ha mai considerato la possibilità che l'uomo racchiuda in sé, essendo al vertice delle varietà animali, tutte le loro forme come fossero un sovrappiù della propria, allo stesso modo di quanto nel dieci convivano tutti gli altri numeri al dieci inferiori. Andando a ritroso nel processo della manifestazione della realtà relativa si arriva necessariamente a un punto finale, sull'origine del quale la scienza non sa dare spiegazioni, neppure ipotetiche, perché la sfera compressa che, secondo gli scienziati fautori dell'evoluzione, sarebbe deflagrata nel big bang, non può essere scaturita dal nulla. Così la scienza diffonde una serie di arbitrarie supposizioni che non riescono a chiudere il cerchio che la logica ha bisogno di esaurire, e nonostante questo insiste a spacciare per vere le sue teorie, che includono il concetto di evoluzione associandone il meccanismo alla direzione rettilinea seguita da una freccia, scoccata verso il bersaglio dato dalla perfezione. L'evoluzione di un essere, invece, è attuazione di tutte le possibilità di perfezionamento implicite allo stesso essere, ma non è lineare, perché la realtà è modulata ciclicamente e questa ciclicità comprende sempre la possibilità di un'involuzione che è degenerazione e decadenza. L'aver rassicurato l'umanità, che le cose sono certamente destinate a un miglioramento automatico, sta convincendo il pianeta che sia il caso di liberarsi di un fastidioso parassita chiamato uomo, che ama circondare il suo esserci del termine umanità, così ammantando di sensibilità ogni sua deprecabile azione.

mercoledì 6 marzo 2013

Lo splendore dell'amicizia


Lo splendore dell'amicizia 
non è la mano tesa né il sorriso gentile
né la gioia della compagnia: 
è l'ispirazione spirituale quando
scopriamo che qualcuno crede in noi 
ed è disposto a fidarsi di noi. 
R.W. Emerson

Sì, ma se non si dice cos'è l'ispirazione spirituale non si dice altro che il niente, perché essendo lo Spirito assoluto, e trascendendo la realtà relativa, non può essere definito per quello che esso veramente è. Non è noto a molti che l'Assoluto può essere definito solo dicendo ciò che esso non è, dunque attraverso una negazione. Qualsiasi altro tentativo costituirebbe un'affermazione e, di conseguenza, anche una limitazione che l'Assoluto non può avere, perché è infinito ed eterno. Infinito significa privo di limiti, ed eterno indica privo di durata. Sono queste delle negazioni, così come lo è il termine assoluto che vuol dire privo di parti in relazione tra loro, non diviso dunque e, per questo, anche unico, quindi senza alcunché fuori da sé. Quando, come è questo il caso, si rende necessario descrivere lo spirito in ciò che è il suo riflesso nella manifestazione della realtà relativa, si deve ragionare attraverso un'analogia. Ciò che lega lo Spirito assoluto al suo riflesso manifestato è il senso, che è direzione delle intenzioni. È per questo legame che quando una manifestazione di piazza è pacifista si dice che essa ha uno spirito pacifista. Il senso indica la direzione verso la quale l'intenzione è rivolta. La direzione è anche, di conseguenza, il modo di definire la qualità. Spaghetti e zucchero sono composti dalle stesse molecole di carboidrati e la loro differenza è data dalla disposizione spaziale, dal modo diverso di essere orientate tra loro, di quelle stesse molecole. Analogamente, due individui che perseguono uno stesso obbiettivo, ma con intenzioni in opposizione tra loro, otterranno magari lo stesso risultato, ma essendo state le intenzioni contrarie l'una all'altra, quegli stessi risultati avranno dei valori uno in opposizione all'altro. Una persona può agire per unire un popolo al fine di fare la guerra e un'altra persona può unirlo per fare la pace. Ecco di cosa si sta parlando quando si descrive l'amicizia e l'amore tra due persone: si parla dell'intenzione che lega quelle persone, che per essere spirituale deve essere disposizione al sacrificio di sé in favore dell'altro. Sacrificio che, per obbedire alle leggi dello Spirito universale, deve sempre essere fatto per onorare la Verità la quale, da unica e assoluta, si è riflessa nelle tante verità relative dovendosi sacrificare alla possibilità del male, allo scopo superiore di concedere la libertà a tutti gli esseri. Libertà di decidere la qualità delle proprie intenzioni.

martedì 5 marzo 2013

Mi danno spesso del troll


Sono stato accusato molte volte di essere un troll, perché quando le persone non hanno la capacità di argomentare allo scopo di contraddire la mia logica, rigorosamente in aderenza ai princìpi universali che regolano l'esistenza di ogni cosa… l'unica via di fuga percorribile resta quella dell'accusarmi di essere un provocatore, come se la verità provocasse dei disastri o, che è anche peggio, li evocasse attirandoli a sé. In effetti, se si volesse andare più a fondo nel considerare la vita, da una particolare visuale questa sarebbe davvero un disastro annunciato con troppo anticipo. Non è, però, quello che faccio io né è nelle mie intenzioni provocare alcunché di sgradevole, quando analizzo il pensato altrui. Le mie analisi sono sempre rivolte alla sintesi che soddisfi la ricerca del vero che è, quando non si proceda da princìpi certi, sfuggente. Di solito i responsabili amministratori dei blog intellettuali (si dice per dire) si limitano a cacciarmi via senza ragioni diverse dalla salvaguardia della loro onorabile mente, ma nell'ultimo caso, mi riferisco a quanto accadutomi nel blog di Wu Ming, si è toccata la farsa perché sono stato cacciato dopo essermene andato dal disgusto per un intervento dell'amministratore che mi aveva minacciato per essere, secondo lui, andato fuori tema. Sono stato così messo nella condizione di non poter replicare alle accuse rivoltemi le quali sentenziavano che io fossi uno dei più terribili troll che il web conosce. La cosa ridicola è data dal fatto che l'amministratore mi ha accusato perché gli è stato riferito, da blog a lui vicini, che io ero un troll pericoloso, e pare gli abbiano pure fornito le prove. Ora chi visitasse i due miei blog - http://metafisica-vajmax.blogspot.it/ - http://microstoriemacroscopiche.blogspot.it/ si renderebbe immediatamente conto di cosa rientri nei miei interessi e quali siano i princìpi dai quali il mio ragionare procede - http://metafisica-vajmax.blogspot.it/2010/08/cosa-si-deve-intendere-per-principi.html. Non devo aggiungere altro a mia difesa, perché molti utenti del blog di Wu Ming da quel giorno leggono ciò che scrivo, perché l'intelligenza non obbedisce alle ragioni altrui, dovendosi fidare solo delle proprie.

Crudelmente candida


Diciannovesimo giorno di digiuno e le cose vanno splendidamente bene, a parte il fatto che non mi riesce di bere acqua; è come se ingoiassi un sasso gelido, così succhio le fette di arancia per ovviare all'inconveniente. Qui sta arrivando la primavera che, sui monti, è particolarmente bella nel suo far arretrare la neve. Sono contento di essere al mondo e di sapere che, anche se non sembra, è la giustizia a dettare le regole del nostro soffrire, quella stessa giustizia per la quale la verità ha tutti i colori nel suo essere crudelmente candida.

lunedì 4 marzo 2013

Sulle possibilità di cambiamento che ha un essere


Ovviamente si può essere solo ciò che rientra nelle possibilità date dal proprio essere, ma esiste un'eccezione che deve essere considerata, perché è possibile che qualcuno ti trasformi in una spia attraverso la tortura, anche se tu una spia non lo sei mai stata e mai lo vorresti essere. Ogni uomo ha una centralità spirituale che è la sua causa universale, e questa centralità, identica a se stessa per tutti gli uomini, è immutabile, ma è anche costretta dalle sue proprie leggi universali a determinare le diversità che caratterizzano ogni cosa esistente. Così ogni uomo, nel proprio essere una unicità, è caratterizzato da inclinazioni personali che, però, non è obbligato a seguire. La libertà relativa gli consente di poterle ignorare. È per questa ragione che ogni uomo può anche diventare quello che non gli conviene essere. La cosa essenziale per l'uomo è riuscire a identificarsi col suo Centro interiore, e tutto il resto che riesce a essere o sarà costretto a essere è soltanto accessorio alla sua esigenza di perfezione data dal posizionare la propria consapevolezza al centro di sé. Nelle possibilità che sono proprie all'essere uomini il ventaglio delle opportunità non è limitato a ciò che conviene essere ad ognuno, oppure a quelle che costituiscono le sue personali inclinazioni. C'è, come in tutte le cose di questo mondo, una serie di gradazioni e di sfumature che dal centro di sé si allontanano da ognuno... pur restando sempre nel raggio di azione di ognuno. Un individuo non potrà trasformarsi in una belva sanguinaria se è fondamentalmente buono d'animo, ma potrà, se oggetto di un'atroce ingiustizia, diventare anche molto cattivo. In realtà, ciò che si è realmente è proprio quel Centro universale, rispetto al quale tutto il resto è contingenza necessaria.

L'economia dell'universo


La realtà relativa è data dalla perfezione totale in divenire. Alla Perfezione, quella assoluta e indivisa, la realtà relativa deve il suo esserci, e a questa tende nel dover perfezionare tutte le relative imperfezioni della somma delle quali, il suo equilibrio generale è il risultato. Il fine primo della realtà relativa non è quello di ristabilire equilibri perduti comminando pene da scontare, ma piuttosto quello di perfezionare le coscienze individuali per dare loro modo di avvicinarsi alla perfezione del loro stato. Per essere perfette devono riuscire a identificarsi alla Perfezione assoluta. Dunque, a questo supremo fine, anche il dover scontare delle pene può essere utile, ma non è sempre e assolutamente necessario. La vita è molto più complessa della ricerca di equilibri stabili, perché la stessa esistenza vive attraverso il movimento causato dalla rottura di equilibri. Se l'esistenza fosse perfettamente equilibrata anche nelle sue componenti essa cesserebbe di essere perché l'equilibrio perfetto è immobile. Quando agendo si creano nuove e diverse condizioni, si possono rompere armonie o ripristinare, migliorandoli, equilibri che erano stati spezzati. Certamente a ogni rottura corrisponderanno conseguenze e ripercussioni, che possono anche essere considerate delle pene, da dover scontare al fine di riparare ai danni fatti, ma in vista della finalità suprema della vita, che è il raggiungimento della perfezione totale delle proprie possibilità di essere, la pena può mostrarsi superflua e già scontata tutte le volte che, in seguito a un pentimento profondo, l'essere che ha sbagliato si propone di riparare, e agisce per farlo per quanto è possibile fare, di riparare, dicevo, i danni causati, e li riparerà sacrificando se stesso alla verità della quale, finalmente, ha riconosciuto la sacralità inviolabile.

Una grave ingiustizia commessa da persone che si credono intellettuali



Saramago ignora che il termine religio indica, prima di ogni altra cosa, l'auspicabile connessione dell'uomo col Sacro. La qualità delle relazioni che ha un individuo con gli altri uomini da quella connessione sarà decisa. Dunque se l'uomo in questione non si accosta alle esigenze della sacralità trascendente non riuscirà nemmeno a stabilire un corretto rapporto col resto dell'umanità. Sacro che è radice di sacrificio, perché la manifestazione dell'esistenza è al sacrificio del sacro che deve il suo essere. Gli esseri sono considerati lacrime del Cielo. Il sacrificio di un uomo è rivolto alla rinuncia dei propri aspetti marginali e superficiali e deve essere orientato alla centralità spirituale che è ragione d'essere di ognuno. Dunque sacrificio del proprio egoismo e disponibilità a donare sacrificandosi. Il fatto che in questa necessità di donare si innestino moltitudini di preti con gli occhi iniettati di sangue e l'acquolina in bocca, intenzionati a guadagnarci utilizzando il sacro per giustificare i propri crimini... nulla toglie alle intenzioni intrinseche alle religioni monoteiste. Saramago è a questi falsi rappresentanti religiosi che deve rivolgere le sue accuse, altrimenti, dicendo quello che ha detto, si trova nella condizione di accusare la verità di essere stata pronunciata da un bugiardo.