lunedì 29 settembre 2014

Cosa resterà di noi?

Cosa potrà restare di noi, della nostra vita?
I ricordi che lasceremo, forse? 
E per quanto tempo resteranno? 
I manufatti? E per quanto tempo?
I nostri pensieri migliori?
E per quanto tempo si manterranno veri?
Durerà, più di tutto questo, la nostra cenere
che nutrirà ancora la vita della vegetazione.
Ma per quanto tempo ancora?

Ciò che lasceremo al mondo è soltanto
il nostro aver amato senza volerne fare
il possesso privato del nostro egoismo
Sarà l'essere stati amati da chi non ci ha 
voluto possedere nemmeno per gelosia
Sarà il nostro aver rispettato la verità
che il Cielo ci ha mostrato essere vera
sarà il nostro modo di lasciare il mondo
e tutto questo lo lasceremo dentro di noi.

Il Centro di sé

L'Intelligenza infinita che ha l'universo in sé, come possibilità in divenire attualizzata nella realtà che conosciamo, è una Intelligenza assoluta e perfetta, libera e impossibilitata a contraddirsi. Potendo tutto tranne che andare contro se stessa ci lascia liberi di scegliere, ma non di rifiutarci di essere. Ogni essere esiste perché la propria esistenza è stata possibile. Esistiamo, ed è un fatto, e siamo liberi entro i confini disegnati dalle possibilità inerenti alla nostra natura, natura decisa dalle possibilità che si sono trasformate in atto. L'Assoluto è privo di polarità in relazione tra loro, perché non è relativo, dunque la sua totalità che nulla esclude è potenza e nello stesso tempo anche atto. Ciò che è possibile diviene in aderenza alle qualità della sua possibilità di essere. L'esistenza di ognuno di noi è necessaria tanto quanto contingente; necessaria perché in relazione col principio del quale la totalità dell'esistente è l'espressione, e contingente perché nei confronti della Realtà assoluta siamo considerabili degli accidenti relativi nei quali Essa manifesta la sua superficie e nasconde la sua centralità. 
La nostra intelligenza personale dell'Intelligenza universale è la rappresentazione individuale e limitata, ma derivando da quella di quella conserva la traccia e la possibilità di accedervi. Gli uomini illuminati sono detti tali perché vedono la realtà attraverso l'Intelligenza universale alla quale hanno avuto accesso per volontà dell'Assoluto. Essi devono vivere in conformità ai princìpi universali che vedono in modo assoluto e immediato, direttamente, e li conoscono perché è l'Intelligenza universale a consentire loro di "vedere" in modo assoluto, essendo quest'ultima assoluta. La consapevolezza degli individui che vedono, non è suscettibile di poter essere comunicata a causa della sua non relatività, e questo mette al riparo la Verità che si difende da sé. È per questa incomunicabilità che la conoscenza sovra temporale e sovra individuale è chiamata "mistero iniziatico". Essa è un sapere che deve essere realizzato nella vita di coloro che conoscono il vero, non è una teoria speculativa né è filosofia, perché non è invenzione, idea o ipotesi umana e neppure di altri esseri. È ciò che è perché essa è la Verità assoluta. Non sarebbe possibile per l'uomo avere accesso a questo conoscere sovra razionale se nell'essere umano non ci fosse una centralità assoluta che lo consentisse; è attraverso questa centralità, chiamata sé e assoluta riflessione del Mistero che si conosce, nell'immediatezza dell'intuizione spirituale, la via personale che condurrà al Centro di sé.

Che ogni essere si senta un io, e che questo io sia l'identico sentire di ognuno, sarebbe contraddittorio se ogni essere non fosse l'espressione della stessa identica centralità, in ognuno, dello stesso Sé assoluto, che si manifesta esteriormente nelle proprie, infinite, possibilità attuative.

Dio si è fatto ciò che noi siamo, per renderci ciò che Egli è. (sant'Ireneo)


Il Cielo è divenuto terra, affinché la terra divenga Cielo.

martedì 16 settembre 2014

So che questo scritto potrà essere compreso appieno solo da chi non ha bisogno di leggerne il contenuto.

L'esistenza è caratterizzata da una totalità incompleta, perché ci sono realtà che sono, pur non essendo soggette ad alcuna forma di manifestazione di sé. Altre realtà si mostrano attraverso i loro effetti, ma non sono visibili ai sensi. Quando non hanno forma le realtà sono dette "informali", e a queste appartengono sia le idee che le intenzioni, prima che esse siano rivestite dal pensiero e dalle azioni. Ma quello che rende incompleta la manifestazione della realtà relativa non è l'assenza di una forma, ma delle sue essenziali ragioni d'essere. Esistere deriva dal latino "Ex_stare" che indica proprio quella assenza. Per questo il pensiero consequenziale,  detto razionale, non può chiudere il cerchio nel quale la logica si dichiara soddisfatta di sé, perché per chiudere un cerchio occorre che la realtà dove quel cerchio è inscritto sia fissa, e non in perenne movimento come in effetti essa è. Dove tutto si muove ogni cerchio si trasforma in una spirale e non può essere chiuso. La legge universale che impone all'esistente il movimento è, in quanto causa del muoversi, superiore ai suoi effetti, dunque in questa sua superiorità non è soggetta al doversi muovere a propria volta. È per questo che i suoi effetti vivono nella relativa tranquillità data dal non potersi fermare. Eppure è proprio nel fermare la propria corsa che la logica avrà soddisfazione. Per fermarsi la logica deve superare se stessa, e per superarsi deve riconoscere la Verità assoluta dalla quale essa è superata. La logica è conseguenza della Verità e dalla Verità totale e assoluta è compresa. Per questo la logica non è in grado di comprendere nella sua totalità ciò da cui essa è compresa. Nessun contenuto può comprendere totalmente il proprio contenitore. La logica è superata dall'intuito spirituale che è dato dall'intelligenza universale, la quale è causa di quella individuale. L'Intelligenza universale è quella alla quale si ha accesso quando si è stati risvegliati dall'Assoluto attraverso la mediazione di un maestro che è stato a propria volta illuminato dall'Assoluto da un altro maestro, in una catena ininterrotta di maestri che ha le proprie radici al disopra della durata temporale. La consapevolezza iniziatica che si ha dopo l'iniziazione ai misteri dello spirito è conoscenza interiore dei principi universali, che sono normativi delle realtà manifestata, ed è la stessa per ognuno che vi ha avuto accesso per volontà dell'Assoluto. È una conoscenza della quale si può comunicare soltanto la superficie, dovendo di essa necessariamente tralasciare la sua essenza che, non essendo relativa, costituisce il segreto iniziatico, che è segreto solo perché non si presta alla comunicazione di sé. Chi conosce questo segreto conosce se stesso e i principi dell'intero universo, ma questa superiore conoscenza non gli appartiene, perché può solo vederla, e mai può modificarne il senso. Potrà svolgerne aspetti particolari o generali da angolazioni nuove, ma senza che queste visuali contraddicano le altre di pari dignità, viste da punti differenti che guardano, considerandone aspetti diversi, lo stesso perché unico Centro al quale ogni visuale deve la propria essenziale ragione d'essere.

lunedì 15 settembre 2014

La Fonte eterna


Un flebile "Mioddio!" le sfuggì, con lo stesso suono che hanno i sospiri quando si accorse che, forse, la sua sofferenza non sarebbe cessata col morire.
La sua coscienza stava scivolando dietro al suo ultimo fiato, spogliata del peso inferto da un organismo che l'aveva tenuta addormentata dai suoi bisogni futili.
Da quell'ultimo sibilo di arrendevolezza le cose non sarebbero state più le stesse, e la memoria non sarebbe più stata intralciata dai desideri che i mille miliardi di cellule del suo corpo anelavano dovessero essere soddisfatti a tutti i costi. 
Qui, dove l'istante immobile non imbroglia attraverso lo scorrere del tempo, dove lo spazio è solo interiore, vasto come solo sanno essere le verdi praterie, qui si fanno i conti con l'oste che, fino a questo tragico momento, è sempre stato in cucina a preparare una lista che non può essere messa in discussione, perché quell'oste è la fonte universale di ogni coscienza individuale.
Così, quella che ancora era una individualità cominciò a correre di nuovo sui prati verdi dell'attesa, senza che gli zoccoli del suo dover attendere potessero calpestare alcunché. Ci sarebbe stato altro tempo a imbrogliare l'orizzonte da dover raggiungere, e ora si trattava soltanto di aspettare il segno dato dal fato con l'apertura di una fessura nuova, che precipita verso l'ignoto di una nuova esistenza, nella quale un altro e diverso essere avrebbe continuato la sua corsa terrena, sentendosi di nuovo lo stesso io che replica se stesso indefinitamente, trascinandosi appresso le cose da aggiustare pur non essendo responsabile di averle rotte. È così che l'esistenza si fa pagare, quando dà la possibilità a ogni essere di avventurarsi nella grande sfida della vita. Innumerevoli ego pulsano della voglia di essere diversi uno dall'altro, nell'imbroglio senza tempo nel quale l'unico Sé eterno esprime le proprie infinite possibilità di essere sempre unico e diverso, sempre generoso, e sempre libero nell'obbligo di sentirsi un io che cerca la Libertà totale, la stessa alla quale ogni ego rinuncia, col nascere al mondo dove il desiderio regna, disturbato da un futuro che si lascia guardare soltanto da chi ha rinunciato al desiderio.

domenica 14 settembre 2014

Deluso dalla propria intelligenza

Io sono stato deluso dalla mia intelligenza, molto deluso, perché si è rivelata essere inadeguata ai compiti che ogni intelligenza deve darsi: quello di dover capire la realtà, che è verità. I primi trenta anni della mia vita sono stati un maldestro tentativo di capirla, e i risultati non ci sono stati, ma si è trattato di qualcosa di peggio: io non me ne ero accorto. 
Un giorno la vicinanza della morte mi ha costretto a conoscere un medico per essere curato, era una dottoressa ed era anche una maestra che ascoltava i segni che il Mistero le dava. Tra quei segni ce n'era uno che mi riguardava, e lei agì. Non accontentandosi di avermi guarito, a mia insaputa scostò il velo che mi proteggeva il cuore e io conobbi la mia morte, necessaria al vedere con gli occhi di un'intelligenza che non era più mia. La mia intelligenza ora è l'inabile segretaria di quella universale, che non mi appartiene. È una segretaria morta, e qualsiasi cosa lei scriva, le ricorda di essere morta.

mercoledì 10 settembre 2014

Quello che abbiamo dimenticato di essere

Da ragazzo rincorrevo con la mente tutto ciò che non capivo, cercando di ordinare il tutto delle mie esperienze in modo da trovare una risposta univoca che fossa priva di contraddizioni al suo interno. Il cerchio aperto dalle questioni irrisolte non riuscivo a chiuderlo, facendo combaciare il suo inizio con la sua fine. Non ci riuscivo perché sia l'inizio di tutti gli inizi, che la fine di tutte le fini non sono di questo mondo. La mente può solamente mordersi la coda, stando confinata nel dominio che le appartiene. Non è la mente che può conoscere la verità dell'inizio e della fine, perché essa non può indagare fuori dal mondo. Lo può fare soltanto l'intuito superiore, quello capace di comunicare con la Realtà assoluta, che è presente in ognuno di noi, costituendo la nostra centralità spirituale.
In questo modo l'Assoluto ci parla silenziosamente, mostrando al nostro intelletto, al cuore e alla nostra volontà, i princìpi normativi dell'esistenza. È solo l'inizio di una lunga e complessa avventura verso la Libertà, assoluta perché priva di costrizioni, l'unica per cui vale la pena di vivere, l'unica per cui vale la pena di morire.
Il sacrificio di sé è la chiave che apre al Mistero, e non è un dissolversi nel nulla, ma un espandere il nostro centro al di là di ogni confine, per ritornare a essere quello che abbiamo scordato di essere sempre stati.

domenica 7 settembre 2014

La gara del mondo

Più o meno, e in diverse misure, tutti mentiamo almeno un poco, il mondo stesso mente e, con esso, la natura, che si guarda bene dallo svelare le ragioni del suo esserci. In questo comune desiderio di abbellire una realtà, contaminata dalla verità, la menzogna si dà un gran daffare per correggere quelli che, per chi mente, sono limiti superabili con una bella mano di vernice. La parola, e con essa il linguaggio, pare si sia data lo stesso fine che ha il pennello di un pittore che deve vendere il proprio quadro. Questa competizione vede allineata, sulla linea di partenza, l'intera umanità. Tesa verso il traguardo dell'ipocrisia la voglia di apparire corre, suda, sgomita e sputa veleno contro tutti, nella volontà di esaudire i propri desideri. In questa gara, orientata verso il guadagno materiale, gli ultimi saranno i primi ad arrivare nello spirito che ha voluto il mondo, e non occorrerà spiegare il perché.

mercoledì 3 settembre 2014

Breve dissertazione su alcuni errori commessi dal credere comune, anche definito "buon senso"...

Il termine "Assoluto" indica unità e anche unicità data dal comprendere, in potenza e in principio, tutto ciò che è. La Realtà assoluta può essere descritta definendola solo attraverso ciò che essa non è, perché l'Assoluto è la ragione d'essere dell'esistenza e, in quanto causa, non partecipa ai suoi stessi effetti, come d'altronde fanno tutte le cause, anche quando sono relative. Per Assoluto si deve intendere la Realtà senza divisioni al suo interno, dunque priva di parti in relazione tra loro. L'Assoluto è quindi sia infinito che eterno, cioè non circoscritto da limiti e non sottomesso alla durata. Non possono esserci due assoluti, perché l'uno costituirebbe il limite dell'altro. Di riflesso, e per la stessa ragione, due universi, pur non essendo l'universo assoluto, non possono coesistere, perché universo significa che tutto comprende in sé, e più universi sarebbero necessariamente compresi dallo stesso e unico universo, che è unico come lo è la sua Causa. Pur avendo, le parole, una loro pura accezione di significato, spesso sono usate lateralmente al senso preciso che esprimono; in questo modo per assolute sono intese tutte le realtà relative che si pensa non possano essere messe in discussione. L'utilizzo improprio delle parole genera, però, confusione, e sovente si dice sia infinita una realtà relativa che è soltanto indefinita, o eterna una realtà che è perpetua. L'indefinito è ciò che, pur avendo dei limiti, non può essere misurato per inadeguatezza dei mezzi atti a farlo, mentre perpetuo si dice di quanto, pur essendo relativo, è sottomesso alla ciclicità destinata a esaurirsi.

Persino nella matematica, che si fregia di essere esatta, sono ipotizzati diversi insiemi che sono detti essere infiniti. Anche una mente semplice può agevolmente comprendere che se infinito significa privo di inizio e di fine non può essere rinchiuso in un insieme isolato da altri insiemi altrettanto infiniti, perché un insieme deve essere caratterizzato da qualità che gli altri insiemi non hanno, e questo gli darebbe dei limiti che l'Infinito non potrebbe avere. Il simbolo dell'infinito matematico è un otto disteso, simbolo che indica ciclicità, e non può esprimere la superiorità che l'Infinito ha verso l'estensione. Alla stessa stregua, e riproponendo lo stesso tipo di errore, il calcolo infinitesimale, in matematica, è definito come fosse infinito, sia al suo polo positivo che a quello negativo.

La Verità e il ricercatore

La Verità assoluta è sempre superiore ai limiti intellettivi che ha chi cerca di comprenderla. Questo significa che il ricercatore non può avere l'opportunità di impossessarsene. Significa anche che sarà la Verità a rivelarsi, sia a colui che la cerca che a chi crede che la Verità assoluta non esista, e lo farà concedendosi a chi ha le qualificazioni interiori per non restare accecato guardandola. A volte, e senza nemmeno sospettarlo, anche chi non crede alla Verità la sta cercando, perché il suo non credere indica che si è posto il problema, e l'esserselo posto lo ha reso un obiettivo nel mirino della Verità.

Cita un detto Sufi:
La Certezza assoluta, attraverso la quale la Verità assoluta si rivela, condivide la stessa infinità interna del Mistero assoluto, la quale non può esaurirLo.

La Verità si svela dando modo di conoscere i princìpi universali attraverso i quali essa manifesta l'esistenza. È solo l'inizio dell'avventura della vita vissuta all'interno della Certezza priva del dubbio, ed è ancora poca cosa nei confronti dell'obiettivo finale dato dalla Libertà che è assenza di costrizioni. La chiave di volta di questo unico Cielo è il sacrificio di sé, ed è per questo che la Verità pare essere irraggiungibile. Per la stessa ragione il principe del mondo, e delle tenebre, dice che non nutrire dubbi sia la cosa più stupida che un essere può fare, e lo dice come se avere o non avere dubbi sia la conseguenza del fare, e non dell'Intelligenza che da individuale è divenuta universale.

lunedì 1 settembre 2014

Sulla responsabilità

Essere responsabili significa operare al meglio, ma indica anche l'essere disposti a riconoscere i propri errori, e a pagarne le conseguenze.

La libertà relativa della quale godiamo ci rende responsabili in dipendenza delle nostre intenzioni che motivano l'agire, ma la libertà, in sé, non è responsabile. Semmai lo sarà l'Intelligenza che ce l'ha data insieme alla vita. La questione, addentrandosi nelle ragioni d'essere della nostra libertà, si complica assai, perché l'Intelligenza trascendente che elargisce l'esistenza la dona nella libertà, perché la trascendenza è Libertà assoluta che non può contraddirsi. Non potendo contraddirsi negando la libertà agli esseri… non può nemmeno essere ritenuta responsabile degli errori commessi dagli stessi esseri che sono liberi di scegliere come agire e quando farlo. Gli esseri umani, invece, essendo relativi possono contraddirsi e, per questo, divengono responsabili delle loro azioni. La Verità pure, nella sua essenza assoluta, identica dunque alla Libertà nel suo essere assoluta, per le stesse ragioni non è responsabile della realtà, e di conseguenza sarà responsabile solo chi afferma o nega qualsiasi verità relativa. Per questo il bestemmiare contro l'Assoluto non ha alcun senso. Inoltre l'Assoluto non crea nulla, perché nulla è fuori da Sé, è l'Essere primo - prima affermazione dell'Assoluto - che genera tutti gli esseri e la realtà relativa che li circonda. Essere primo che chiamiamo Dio e che, in quanto causa, non partecipa ai suoi propri effetti, e rientra ancora in ciò che si è convenuto chiamare il "Non essere", perché contiene l'Essere che non può manifestarsi senza degradare sul piano di realtà relativo. Nemmeno Dio può essere considerato responsabile, perché è realtà trascendente che attua le possibilità implicite all'Assoluto. Concludendo questa breve dissertazione appare evidente - almeno a me - che la responsabilità della realtà relativa sia conseguente alla divisione in polarità di tutto ciò che è, divisione asservita alla possibilità di scegliere che è libertà relativa. Responsabilità che qualifica le azioni di ognuno in relazione alle intenzioni che anticipano le azioni. Azioni le quali, quando fossero private della loro conseguente responsabilità, sarebbero prive della qualità che ognuno di noi assegna loro agendo… in un agire che lo qualificherà a propria volta.

lunedì 25 agosto 2014

La perfezione del proprio stato

È una vita che mi lamento di tutto, e nella stessa vita non vedo l'ora che accada qualcosa che, quando accade, mi trova lì, che do le spalle come fanno i traditori, mentre aspetto la maturazione di altri avvenimenti, spesso meno importanti di quello appena tradito.
Un giorno la vita si è stancata di me, e mi ha preparato una sorpresa inaspettata: mi ha aperto gli occhi su chi sono. Di peggio poteva soltanto richiudermeli, ma quando lo sguardo interno si apre non può più essere richiuso, perché non è la tua volontà che sta lì, a guardare la verità, ma è una intelligenza a farlo che non è la tua, e mai lo sarà, perché è di tutti e di nessuno. La mia ormai vecchia intelligenza è la stessa cogliona che è sempre stata, ma di colpo è stata costretta a fare i conti con quella nuova. Le ha dovuto cedere il passo, e limitarsi a raccontare quello che dell'intelligenza universale l'intelligenza individuale può dire.
Poco quindi, e male.

Continuo, per inerzia, a non veder l'ora che accada qualcosa che è già accaduta, quando in realtà quella cosa dovrei soltanto ingrandirla, in modo che riempia la mia vita di ciò che la vita vuole essere riempita: la perfezione del proprio stato.

giovedì 21 agosto 2014

L'amore puro non è condivisione


Condividere l'amore significa metterlo a disposizione di altri, ma chi ama gli altri non mette il proprio amore a loro disposizione, perché donare non è dire all'altro: il mio amore è qui e lo puoi prendere se vuoi. Non si condivide un abbraccio quando si abbraccia qualcuno. Il verbo condividere ha in sé un duplice senso, perché quando si condivide un sentimento, o anche un ideale, si è in più persone a dividere quel possedere, ma l'amore non lo si possiede, come non si possiede nessun dono che ci è stato fatto perché sia successivamente donato ad altri. Un amore è condiviso quando diviene vicendevole, ma in sé esso è puro quando è dato senza aspettarsi nulla in cambio. Ogni realtà, quella dell'amore compresa, ha i suoi gradi e le sue sfumature, ma quando si afferma che l'amore è nella condivisione si è già oltre la generosità che caratterizza l'amore puro.

Punto di vista e verità

Quando si considera una verità la si osserva da particolari e specifiche angolature chiamate "punti di vista", ognuno dei quali vede, di quella verità, un solo aspetto. Così due punti di vista che stiano su una circonferenza, uno di fronte all'altro, vedranno uno la coda della verità e l'altro la proboscide e litigheranno tra loro attorno alla natura della verità vista. Un altro punto di vista avrà visto un fianco diverso dall'altro fianco visto dal punto di vista a quello opposto e litigheranno tra loro sulla direzione che hanno le grandi orecchie viste e la disposizione delle cicatrici osservate su orecchie diverse tra loro. Nessuno dei punti di vista ha la possibilità di vedere quella verità nella sua totalità. Dunque non è alla visuale limitata che ci si deve rivolgere per conoscere la verità totale. Eppure... eppure un punto per vederla c'è, ma non è, propriamente, un punto di vista, perché esso si trova al centro della verità considerata, e da quella posizione può vedere sia l'interno di quella stessa verità, che il suo esterno, il quale è il risultato della somma di ciò che hanno visto tutti i punti di vista che si trovano sulla circonferenza. Questo è quanto vedono coloro che conoscono, in modo assoluto e privo del dubbio, l'essenza centrale della Verità.

I punti di vista sono indefiniti e numerosi come i punti privi di forma ed estensione di una circonferenza. Non c'è dunque la possibilità di assumerli tutti come fossero propri, nella speranza di poter trarre da essi una forma finale. Questo significa che l'analisi, per sua natura, divide e spezzetta la realtà perdendosi nella moltitudine dei suoi particolari. La sintesi, al contrario, unisce al posto di dividere, per questo essa è centrale alla verità e non sulla sua superficie.


Resta ancora una importante considerazione da fare: i punti di vista dell'esempio simbolico da me citato sono tutti, ognuno a suo modo e coi propri limiti, considerabili come relativamente veri, ma non tutte le visuali che si ottengono dai punti di vista sono frammenti di verità, questo perché c'è sempre la possibilità che tutti i punti di vista possano trovarsi sulla circonferenza disegnata dal male. Si pensi al punto di vista razzista dal quale un uomo bianco veda l'uomo nero come inferiore, e poi ci si sposti sul punto di vista opposto dal quale l'uomo nero vede quello bianco come inferiore. Entrambe quella visuali sono errate, perché stanno sulla circonferenza che interpreta l'esistenza come fosse la conseguenza di un'arena, dove è il più forte ad avere ragione, oppure sono i più numerosi ad arrogarsela.

La trappola del capovolgimento

— La calma— si disse...
— La calma consente di osservare l'agitarsi dell'universo—

Non era il tipo d'uomo incline a considerazioni di questo genere, ma ora le cose avevano preso un piega tanto diversa da quella che aveva scompigliato la sua vita, una piega che aveva tutta l'aria di volergliela riordinare.
Lui stava morendo, e una strana calma gli stava ordinando i pensieri, consentendo loro di percorrere, a ritroso, un agitato passato che li aveva visti indagare sul perché di un'esistenza che non poteva accontentarsi di essere al solo scopo di essere.
— La calma mostra i volti delle cose che le si specchiano dentro
— E in quel riflettersi essi vedono la loro essenza capovolgersi nella forma nata dalla calma
— Una forma che imbroglia chi la osserva senza riuscire ad accorgersi del capovolgimento che si è operato—

Era troppo tardi per respirare ancora un po' di quel dolore, e il suo essere stava deponendo la voglia di resistere. 
Strinse la mano alla gioia di aver compreso il senso dell'imbroglio in cui era caduto, e si lasciò andare senza sorridere.
Come avrebbe potuto compiacersi, avendo finalmente capito di essere stato catturato una volta ancora dalla trappola?

Attorno alla sua stessa centralità, di cui il suo essere in questa vita era stato l'espressione individuale, si sarebbe avvolto un altro essere, diverso da lui, in altre dimensioni e chissà in quale galassia, all'interno dello stesso istante senza tempo, e il vortice della vita avrebbe ripreso a girare, attorno alla stessa calma di quell'eterno Centro, nella speranza di poterlo ringraziare, donandosi con calma.

lunedì 18 agosto 2014

La trappola del capovolgimento

— La calma— si disse...
— La calma consente di osservare l'agitarsi dell'universo—

Non era il tipo d'uomo incline a considerazioni di questo genere, ma ora le cose avevano preso un piega tanto diversa da quella che aveva scompigliato la sua vita, una piega che aveva tutta l'aria di volergliela riordinare.
Lui stava morendo, e una strana calma gli stava ordinando i pensieri, consentendo loro di percorrere, a ritroso, un agitato passato che li aveva visti indagare sul perché di un'esistenza che non poteva accontentarsi di essere al solo scopo di essere.
— La calma mostra i volti delle cose che le si specchiano dentro
— E in quel riflettersi essi vedono la loro essenza capovolgersi nella forma nata dalla calma
— Una forma che imbroglia chi la osserva senza riuscire ad accorgersi del capovolgimento che si è operato—

Era troppo tardi per respirare ancora un po' di quel dolore, e il suo essere stava deponendo la voglia di resistere. 
Strinse la mano alla gioia di aver compreso il senso dell'imbroglio in cui era caduto, e si lasciò andare senza sorridere.
Come avrebbe potuto compiacersi, avendo finalmente capito di essere stato catturato una volta ancora dalla trappola?

Attorno alla sua stessa centralità, di cui il suo essere in questa vita era stato l'espressione individuale, si sarebbe avvolto un altro essere, diverso da lui, in altre dimensioni e chissà in quale galassia, all'interno dello stesso istante senza tempo, e il vortice della vita avrebbe ripreso a girare, attorno alla stessa calma di quell'eterno Centro, nella speranza di poterlo ringraziare, donandosi con calma.

venerdì 27 giugno 2014

A muso duro

Due modi distinti di conoscenza si fronteggiano, a muso duro il primo... contro la rassegnazione paziente del secondo: Il primo, perché largamente diffuso, considera la realtà come fosse una conseguenza della legge del CASO che, a dirla tutta, è la negazione di ogni legge consequenziale, mentre l'altro, essendosi accorto che ogni effetto ha una sua causa, crede che debba esserci una causa per ogni cosa, compresa la causa delle cause di tutto ciò che è.
Chi crede sia del CASO la responsabilità del costo dell'affitto di casa spera che non sia da pagare tutti i mesi, mentre chi conosce la ragione d'essere di ogni evento sa che se salti un mese poi ti chiedono gli interessi.
Chi crede al caso coltiva un sacco d'interessi perché conta che, sui grandi numeri, qualcosa in cui trovare soddisfazione prima o dopo accadrà. Chi sa che sono le cause a spadroneggiare di interessi ne ha di meno, perché meno sono e meno delusioni seguiranno.
Anche la disposizione d'animo delle due radicalmente diverse opinioni subisce delle ripercussioni allineate alle differenti credulità: chi si prostra davanti al caso non bazzica le parrocchie, ed è l'unica cosa che non fa per caso, mentre chi si immagina tutto sia ordinato dalle cause in chiesa ci va, a occhieggiare come sono vestiti quelli che credono in Dio.
I credenti in Dio credono sia in Dio che al caso: in Dio quando gli chiedono favori, e al caso quando Dio non glieli fa.

L'idea che l'umanità si è fatta del maestro spirituale


Barba bianca o grigia, la cui lunghezza indica gli anni vissuti nella dolorosa saggezza. Sguardo rivolto verso l'alto, come si comunicasse col Cielo invece di contare gli aerei che passano. Posizione jeratica degli arti, anche di quelli dolenti per la periartrite data dalla pigrizia. Mani che si muovono raramente, e solo per accennare a una benedizione con pollice, medio e anulare leggermente alzati, come quando si ordinano tre pizze a un cameriere lontano. Voce pacata, perché le baggianate dette è sempre preferibile non siano colte da qualcuno distante che potrebbe saperne di più. Leggera tristezza nello sguardo, camuffata da un sorriso sulle labbra, conseguente allo stato d'animo della propria coscienza che si è rassegnata a dover guardare un ego dalle chiappe tanto larghe... da averla scalzata dal seggiolone.


Gli esseri di fuoco chiamati demoni, e appartenenti alla realtà formale detta psichica, hanno molti volti, ma uno tra i più comuni è quello dei falsi maestri attraverso i quali camuffano la verità. Questi maestri fasulli non sono demoni, perché un diavolo non può nemmeno pronunciare il nome delle realtà spirituali che esso nega, ma sono individui che, più o meno consapevolmente, si prestano a essere strumenti del male, perché al sacrificio di sé antepongono quello della consapevolezza possibile di chi li ascolta.

domenica 22 giugno 2014

L'Ispirazione in prima linea

Mille miliardi di cellule stavano facendosi, come d'abitudine, i cazzi loro, quando il fastidioso strillare della luce rossa catturò l'attenzione di tutti, persino delle cellule intestinali, inchiodandola alle proprie, faticose, responsabilità.

— L'Ispirazione è sulla linea di partenza! Tutti si preparino alle manovre di lancio!—

La reazione fu immediata, perché quando il corpo sotto allarme è quello di uno scrittore… ogni distretto cellulare è stato allenato all'imprevisto da una moltitudine di esercitazioni. Chi scrive lancia quotidianamente allarmi fasulli che avvisano di prepararsi all'arrivo di un'ispirazione che, contrariando le aspettative di tutti, arriva quando pare a lei. Così, i mille miliardi di cellule, escluse quelle del distretto intestinale che in quei frangenti devono faticare a chiudere il boccaporto, si ritirano deluse dedicandosi alla loro principale occupazione, pulsare noia comunicandola all'intero organismo.

— Questa non è un'esercitazione! 
— Ripeto: questa non è un'esercitazione!—

A queste ultime parole persino il cervello dovette rassegnarsi ad alzarsi dal suo giaciglio, distogliendo la sua attenzione da apprensioni talmente dannose, da sembrare previsioni giustificate.

L'Ispirazione, intanto, si faceva massaggiare i muscoli dal pensiero, che sempre rispetta le idee dalle quali è messo in movimento, perché non le comprende mai del tutto.

Finalmente calda e matura l'intuizione scattò improvvisa, presentandosi in tutto il suo splendore inatteso di fronte all'attonito pensiero che, col suo esercito di neuroni solitamente dediti alla soddisfazione di sé, si trovò nella stessa condizione di un generale al comando di un plotone di boy-scout destati da un urlo alle tre del mattino.
La mente, arma impropria dell'intelligenza individuale, quando deve decodificare attraverso l'Intuire interiore i tentativi fatti dall'Intelligenza universale di trasmettere l'inconoscibile, trema d'inettitudine, e finisce con l'assegnare alle intuizioni avute gli unici significati che le maglie strappate della sua rete riescono a catturare, nell'oceano senza limiti del Mistero assoluto.

Dire che risultato di tutto quel lavorio corrispondesse alla flebile ombra dell'intuizione avuta, sarebbe equivalente al puro ottimismo capace di assegnare il massimo del punteggio a uno spettatore caduto in acqua durante una competizione olimpionica di tuffi, eseguiti dal trampolino più alto della piscina.


L'orizzonte squallido della propria delusione


Strano e magnifico è il mentire a se stessi, perché costringe a godere di una caricatura di libertà, nella quale ogni mentitore è libero di cambiare la versione che dà di sé quando crede gli convenga. La parodia dell'indecente spettacolo dato dagli individui, sguinzagliati dalle proprie intenzioni maligne, regala sorrisi di compiacenza e consigli tesi a convincere che nulla al mondo ha una ragione d'essere, e che quella è la vera libertà: la stessa che annichilisce i deboli nella convinzione che la natura favorisca i più forti. La natura, da parte sua, è una trappola ben congegnata, e come tutte le trappole attira col desiderio coloro che giurano di essere generosi. Magnifico universo quello che non ci mostra i suoi confini, che sono gli stessi di quelli che si aprono all'interno di ogni essere. Meraviglioso tranello quello che attira gli ignobili verso il successo di tutto ciò che non conta. Ogni istante della nostra vita è condensato in una parola scritta, che il dito puntato a caso sopra la pagina di qualsiasi libro ha trovato. Tutto è a nostra misura senza che la nostra tanto celebrata razionalità possa solo sognare di riuscire a comprendere. L'universo è... perché ognuno di noi è il fine dell'universo. Inutile ribellarsi alle leggi che fissano il sopra e il sotto, il dentro e il fuori, la qualità e la quantità di ogni cosa. Il movimento danza insieme a ogni danzatore, stringendogli i fianchi nella morsa mortale che questi ignora gli sia amica, in un frastuono battuto dal rinnovarsi di vite diverse, pulsanti in dimensioni differenti tra loro perché lontane l'una dall'altra, dove come asini al basto della Libertà gli esseri insegnano agli altri esseri cosa è il bene e cosa il male. Male che è l'unica realtà della quale i confini, presto e mai troppo tardi, si delineano all'orizzonte squallido della propria delusione.

venerdì 20 giugno 2014

Ancora sulla poesia


La poesia può rivelare l'intenzione di chi l'ha scritta, e molto altro ancora sul grado della sua intelligenza, ma non è quella la sua primaria finalità. Quest'ultima è la condivisione di un vissuto che dà conferme tante quante spera di riceverne in cambio. Più raramente cerca di riempire vuoti inspiegabili chiamati solitudine. Eccezionalmente essa è rivolta al Cielo, lo stesso che nel silenzio compone le strofe nelle quali la Possibilità universale luccica di lacrime.

Le parole


Si vive anche attraverso le parole, ma a correre non sono mai le scarpe

Sul regalare conoscenza


La conoscenza non può essere regalata, perché per essere una conoscenza vera deve essere vissuta veramente.

Dopo essere morti


Nessuno si aspetti, dopo morti, di avere delle indicazioni da parte della morte diverse dal sapere di non essere più in vita. La morte non ha personalità ed è solo la vita che si spegne per trasformarsi, una vita consapevole che nessun tifoso cambierebbe la sua squadra del cuore solo perché un angelo glielo ha consigliato...

Contraddizioni non evidenti


Il paradiso immaginato da chi crede di non credere sta nell'avere la Certezza assoluta che la Verità assoluta non esista. Si contraddicono in questo negare l'assolutezza della propria certezza, senza rendersi conto che quando un'affermazione nega se stessa... in questo contraddirsi nega anche l'assunto di partenza, quello che dice che la Verità assoluta non possa esistere.

Da non crederci...


Chi crede che la legge ordinatrice dell'universo sia il CASO pensa che il proprio credere non abbia ragioni di essere.

mercoledì 18 giugno 2014

Un dono che non ti appartiene


Prova solo a immaginare cosa faresti se, improvvisamente (più o meno), tu ti accorgessi di conoscere i modi che la verità usa per non essere falsa. Avendo ricevuto un dono inestimabile proveresti a donarlo ad altri, ma ti accorgeresti che il non relativo all'interno del relativo non entra, e che ogni tuo sforzo non riuscirà a spingere il più all'interno del meno. Quel più non ti appartiene, è un dono che ti è stato fatto per sempre proprio perché è al di sopra del tempo e non puoi privartene, come non puoi evitare di doverne portare il peso.

Il Palcoscenico

Non passa molto tempo, da quando si nasce, per scoprire come gira il mondo, palcoscenico di stupefacente bellezza con un solo difetto: gli attori.
Sembra proprio che tanta bellezza sia lì, a rimproverare chi bello non è e lo dovrà diventare.
L'Intelligenza che ha generato tutto questo è maledetta a ogni respiro da chi avrebbe voluto essere perfetto senza avere alcun merito, infischiandosene che è dal merito che la gioia nasce.
L'umanità, che recita sul palco sconnesso della vita, è stata impegnata per millenni nel tentativo di scovare quale fosse il difetto di questa Intelligenza universale, perché chi, come l'uomo, è il risultato di una somma di disarmonie, è certo che il tutto gli somigli e, di conseguenza, un difetto, anche piccolo, ma nell'intelletto che questo tutto ha voluto avrebbe dovuto pur esserci, una sottile fessura dalla quale l'infelicità che decora la bellezza non abbia modo di uscire, per inseguire la felicità che l'uomo è riuscito a sottrarre all'intelligenza che lo voleva sofferente, e perennemente dedito alla preghiera.
Nessuno potrebbe ricordare il momento preciso nel quale la specie umana seppe riconoscere quel difetto, perché le cose accadono in una continuità che non è facile sezionare, ma quella scoperta si sa essere stata la conseguenza dell'avvento dell'era informatica.
Nessuno prima di allora avrebbe potuto immaginare la forma della chiave che avrebbe socchiuso la porta della cassaforte del Mistero, perché quella forma è quella del comune accordo tra gli umani. Le nuove frontiere della comunicazione globale quell'accordo avevano lentamente preparato, e la diffusione capillare dei computer aveva portato in ogni cuore il canto che si sarebbe elevato, verso il Cielo dei contrasti infiniti, per spezzarne l'intento. 
Finalmente la Perfezione non sarebbe più stata una meta irraggiungibile, perché sarebbe bastato volerla tutti insieme.
Nessuno avrebbe più potuto essere infelice, all'interno del nuovo accordo mondiale, e la felicità sarebbe stata generale, occorreva solo mettersi a cantare, ognuno intonando la propria nota celestiale, guardando dritto negli occhi il Cielo pretenzioso.
Le prime cellule di questo progetto iniziarono presto a costituirsi, aggregandosi nei siti organizzati al fine di preparare gli animi all'esigenza che ha l'armonia di essere totale.
Gruppi di donne e uomini furono costituiti attorno all'unica armonia che a tutti piaceva: quella poetica.
Il segreto di questa iniziale armonia stava chiuso e protetto nel bisogno di complimentarsi l'uno con l'altro, in una tensione disposta al sacrificio di ciò che si pensava veramente dell'altro, così da intrecciare un ordito stabile, poco importava che fosse convenzionale, dentro e fuori dal quale le sensibilità poetiche individuali avrebbero ricamato la veste che il grande Canto finale avrebbe indossato per accedere al Cielo che, una volta per tutte, si sarebbe inginocchiato di fronte alla Perfezione delle perfezioni, quella intrecciata dall'amore umano.
La Verità, intanto, messa in un angolo dalla Convenzione generale, osservava attenta, cercando in quella Convenzione un difetto, una sottile fessura nella quale introdursi, per riprendersi ciò che le era stato sottratto.
Le bastava soltanto che una sola persona smettesse di fingere.

Dentro di sé qualcosa le diceva che non avrebbe dovuto attendere molto...

Ciclico spavento

È terribile questa attesa 
al di sopra del tempo 
dove la realtà delle cose possibili 
è gravida 
del desiderio che la vita 
alla quale ancora essa non partecipa 
termini il suo ciclo nell'altra realtà 
quella che è manifesta e viva 
spaventata dal dover un giorno attendere 
quando il suo ciclo vitale si sarà concluso 
che l'irruzione della nuova realtà 
abbia esaurito 
a propria volta 

il suo ciclico spavento

lunedì 16 giugno 2014

La Verità è immortale

Ogni atto di verità ha in sé la propria, sacra, efficacia, perché la verità è immortale. Infatti, anche quando è ferita a morte, essa annulla l'indecisione della morte, rendendola vera.

Accuse affondate

Forse a molti sembrerà strano, ma più uno scrivere è sofisticato e più mi sta sulle balle.  Sono in molti a credere che io scriva bizantinismi, in stile barocco con svolazzoli da psicofarmaco, ma a pensarlo sono quelli che, non intendendo il senso di uno scrivere che ha necessità di essere esposto in termini appropriati alla sfera metafisica, dunque poco inclini a essere fraintesi, non intendendo quel senso, dicevo, si attaccano alla grondaia della propria incomprensione... incolpando me della faticaccia che fanno a starci appesi.

Ginocchio


Articolazione analoga a quella del pensiero, ideata dallo stesso Architetto, e progettata per tremare ogni volta che si tenti di contare le stelle...

venerdì 13 giugno 2014

Le difficoltà del vivere

Ogni giorno i campi del mondo si riempiono d'insetti, che rischiano la loro vita a ogni passo, a ogni battito d'ali, e di animali dal futuro tanto incerto da avere, come unica certezza, la difficoltà data dal dover arrivare a un domani. Questa è l'esistenza, ed è difficile per tutti, ma in questo perenne dover lottare contro tutti e contro di sé, l'amore ricuce gli strappi aperti dal dolore e tutti, il giorno dopo, saranno contenti di avercela fatta. Quelli che dalla vita sono stati trasformati, passando attraverso la morte, avranno altre occasioni di lotta e di amore su altri piani dell'essere, perché il nulla, nell'esistenza, non trova posto.

Al Centro dell'Amore


Noi siamo sempre al centro di un amore che non ha eguali, perché è unico, ed è quello al quale dobbiamo il nostro esserci. Non importa il nome che gli diamo, né l'angolazione dalla quale consideriamo il Mistero, ma l'amore che ci è dato provare per gli altri esseri e per noi stessi da quel Mistero nasce e non ci lascia mai soli. Le persone che ti hanno amato e non sono più qui erano espressione dello stesso Mistero, esattamente come lo sono tutti. Quando si prega sarebbe meglio farlo per aiutare altri diversi da noi, ma se si prega perché si ha necessità di aiuto l'aiuto arriverà, e se pare non arrivare è perché quell'assenza ci aiuterà meglio di qualsiasi altra presenza.

giovedì 12 giugno 2014

Tutto e il contrario di tutto

La ragione non sta nel tutto e neppure nel contrario di tutto, perché è possibile dire di tutto sbagliando tutto, e dire il contrario di quel tutto sbagliato, senza che quel contrariare appartenga alla verità, perché mai la verità è il risultato della contrapposizione di due menzogne che lottano tra loro per affermarsi come assolutamente vere. Ogni menzogna è sempre una "vera" menzogna, ed è l'unico punto che essa ha in comune con la verità. In un senso generale l'opposto della menzogna è certamente la verità, ma dev'essere una totale verità che trova opposizione in un'altra totale falsità, e questo non può accadere nella contrapposizione tra bugie che contengono una parte di vero, e verità che includono un parte di falsità, come è il caso di tutte le realtà, vere o false, manifestate nella realtà relativa.
In definitiva si può dire che una verità, che si trovi a essere al suo grado maggiore di purezza, sia riconoscibile in ragione della sua prossimità al principio universale col quale essa è in una stretta relazione causale, mentre una falsità sarà tanto più falsa quanto maggiore sarà la distanza che la separa dallo stesso principio dal quale si è allontanata.
Farò un esempio: è una verità che tutto l'universo debba muoversi per continuare a esistere, ed è falsità che esso possa arrestarsi senza che la vita in esso cessi di vivere.
In questo caso verità e falsità sono contrapposte tra loro, e solo una delle due potrebbe, forse, essere assolutamente vera, e da questa assolutezza la falsità sarebbe totalmente esclusa.
Anche se quello riportato sopra è un esempio limite, non costituisce la pura e totale verità come parrebbe che sia, perché il respiro dell'universo è ciclico e la morte costituisce una trasformazione che è cambiamento di stato. Questo significa che l'universo non si fermerà finché sussisteranno le condizioni per restare attivo, ma tutto ciò che è ha avuto un inizio che include una fine. L'universo è manifestazione della Possibilità universale che si attua perché l'Assoluto è indiviso e possibilità e atto, per l'Assoluto, sono la stessa identica cosa. Allo stesso modo il respirare del Mistero è composto dall'espirazione che manifesta la realtà relativa possibile e dall'inspirazione che la riporta nel Non essere. Essere e Non essere sono la prima riflessione del Mistero assoluto, che, però, non rappresenta un'opposizione a causa del fatto che il Non essere comprende l'essere in principio e un contenitore non è mai in opposizione al proprio contenuto. La Verità totale è un contenitore identico al proprio contenuto perché, in realtà, contenitore e contenuto sono frutto di una nostra divisione arbitraria. Dunque anche il rientro ciclico della Possibilità di manifestazione nel proprio principio non è la morte del tutto, ma solo un rientro nel Non essere che " è " al di là della durata e dell'estensione. Significa che la contrapposizione fatta all'inizio del mio esempio, non può dare una risposta che sia assoluta. 

Anche in un caso così estremo come quello da me portato a esempio, la contrapposizione indica assenza di assolutezza, che non può dare un risultato che sia assoluto perché l'Assoluto non potrebbe stare nel relativo, come il più non può stare dentro al meno.

L'importanza dell'essere ricordati


Non è importante essere ricordati per il bene fatto, ma lo è per il male che si è voluto evitare.

La fiducia


Fidarsi implica non saper riconoscere, e questo non è bene. Bene è saper capire in anticipo le intenzioni altrui. Fidarsi di Dio è bene, ma è verso di sé che la fiducia dovrebbe traballare...

Lo scivolar via del tempo

Il tempo sembra scorrere, ma la realtà è che siamo fermi con lo stesso istante sotto i piedi, ed è la vita che ci scorre davanti, come fa il nastro mobile degli aeroporti sul quale la nostra valigia non compare mai...

mercoledì 11 giugno 2014

Il miracolo dell'intelligenza

Una conoscenza che ridicolizzi i miracoli, nel contempo ridicolizza se stessa, perché mostra di non essere adatta a meravigliare le altre intelligenze...

Intuito e pensiero


Il pensiero è prodotto dalla mente, la quale ha l'ardire di trasformare in parole l'intuizione che ha generato significati, e l'intuito è di gran lunga superiore alla mente, tanto quanto lo è l'amore nei confronti delle persone che amano.

martedì 10 giugno 2014

Ogni volta che ce n'è bisogno

La perfezione dell'intero universo riposa, in un relativo disagio, sulle imperfezioni che ha ogni sua singola parte le quali, tutte insieme concorrono, attraverso la loro somma, alla stabilità relativa dell'insieme. Se fosse il caso a governare il tutto… i sistemi stellari, e con loro quelli planetari, si comporterebbero come la pallina di un flipper manovrato da un ubriacone, che sta premendo i tasti, rotolandosi a terra nel suo vomito. La conseguente relativa stabilità, derivata dal vibrare dei cicli rotatori ubbidienti alla perfezione generale non è tranquillizzante, perché la perfezione generale del cosmo è sì equilibrata, ma anche perfettibile. Questa sua perfettibilità costringe le piccole imperfezioni - sono microscopiche per l'universo, ma grandi e insopportabili per noi - le costringe, dicevo, a perfezionarsi, e lo fa in tutti i modi possibili che la divina immaginazione può escogitare badando a non interferire con la libertà, anche questa relativa, che ci è concessa solo perché l'Assoluto, che è anche Libertà assoluta, non può permettersi il lusso di contraddire le sue proprie leggi universali. In questo non poter interferire con la nostra libertà l'Assoluto è costretto a doverci mettere in un'apprensione pressoché continua, per farci capire che siamo imperfetti, e usa gli esseri angelici, quelli scuri e demoniaci che si sono ribellati al suo ordine totale, preferendo scorrazzare nei disordini particolari. Questi diavoli hanno limitazioni gravose, nel loro agire contro l'ordine generale, date dal fatto di essere, pure loro, parte di questo ordine, e si può dire, senza timore di sbagliare, che sia anche la parte più disordinata tra tutte. Ciò costringe i demoni a muoversi indirettamente, attraverso il dare ragioni ad altri esseri per agire contro ogni nostro atto benefico, che ai demoni pare favorire l'ordine universale che tanto odiano. Gli esseri angelici decaduti non hanno accesso alla sfera spirituale perché è da loro negata, e sono esseri informali che, però, possono assumere le forme che vogliono, in ragione della loro consistenza che appartiene alla stessa natura del dominio riservato alle energie psichiche. L'uomo può vedere questi esseri solo quando si trova in uno stato di consapevolezza speciale, superiore perché spirituale, e li vede quando questi demoni cercano di ricondurlo alla vita che tutti quanti definiscono "normale", oppure consueta.
Ma poco importa questo, rispetto a quanto sto per scrivere e che mi preme dire…
Il minuscolo angolo di universo che noi esseri umani occupiamo è soggetto, in quanto parte analoga al tutto, alle stesse leggi universali che sono normative per l'universo intero. Ogni parte del tutto obbedisce a queste leggi fisse, come fa lo stesso tutto che segue necessariamente gli stessi moduli che ordinano ogni sua parte, perché il grande è l'insieme dei piccoli dai quali è formato. Le leggi di natura sono l'effetto dei princìpi regolatori dell'universo all'interno del dominio appartenente alla natura, e noi con essa siamo costretti a non poterci defilare, sottraendoci alla necessità di doverci migliorare. Ogni accadimento della nostra esistenza ha, per scopo, la nostra perfezione, e ce l'ha anche se noi siamo convenzionalmente e follemente soddisfatti di essere imperfetti. Le malattie, le disgrazie, la salute e le gioie… tutto questo e altro ancora concorre a guidarci verso l'obiettivo centrale che ci ha fatto nascere, e che ci vuole morti. In realtà sarebbe più appropriato scrivere "rinati alla consapevolezza interiore" che non "morti", se non fosse che la perfezione passa attraverso il decadimento di ciò che si è rivelato inadeguato a reggere la fatica di esistere.
La sintesi alla quale volevo giungere è questa: ogni cosa che ci accade ha la sua precisa ragione d'essere e quella ragione è la nostra, tanto agognata quanto rifiutata, perfezione che ci fissa importuna, e anche una martellata sul dito concorre a questo nostro bisogno di equilibrio stabile; anche un virus, e persino mia suocera - credo di aver detto tutto, mettendoci dentro anche lei -…
Tutte le nostre reazioni che sono in aperta disarmonia con la necessità di perfezione saranno sanzionate, e lo saranno in modo commisurato alla gravità delle nostre azioni. 

Sanzionate dalla necessità di perfezione che si accanisce ogni volta che ne intuisce il bisogno.

La magia della diversità


Si nasce tutti manifestando la propria diversità, e si impazzisce non capendo di essere tutti uguali solo in quell'essere diversi. Soltanto la nostra centralità è la stessa per tutti, e ognuno sa di essere unico perché lo sa nello stesso identico modo in cui lo sanno gli altri.

domenica 8 giugno 2014

Sull'amore...


L'amore è l'arcano che la vita usa per affidare, a chi è capace di sacrificarsi per amore, il compito di conoscere al fine di comprendere che il sacrificio di sé... è la chiave di volta che regge la Volta celeste.

La magia delle parole...


Assolutamente: avverbio che ingenera diverbio...

Non sempre il silenzio tace perché è silenzioso


A volte il silenzio è un modo per non dire cose talmente dolorose da non poter essere sopportate, ed è un silenzio che apre la porta alla paura di dover ascoltare.

Il valore del valore


Il valore mai dipende da quanto è costata la sua acquisizione, ma da quanto si deve faticare per mantenerlo intatto.

Conseguenze del mistero del capovolgimento dei poli


L'esistenza è ciclica, e quando una realtà raggiunge il suo punto massimo di espressione... essa subisce l'inversione data dal capovolgersi delle sue polarità. Per questo doversi capovolgere nessuna sfortuna, come nessuna fortuna, possono essere elementi decisivi nel raggiungimento della centralità nella quale riposa impaziente il destino di ognuno di noi.

La Verità non è sistematica


Ogni ideologia nasce da un sistema di pensiero che, per essere sistema, è sistematico escludere tutto ciò che a quel sistema non appartiene. La realtà, invece, tutto comprende, persino l'eccezione, ed esclude soltanto l'impossibilità data dalla contraddizione. Per questo la metafisica non è una dottrina sistematica, proprio perché la sua esigenza di universalità non lo potrebbe tollerare. Per questo ogni ideologia, ogni filosofia e ogni sistema di pensiero, è nell'errore prima ancora di essere.

sabato 7 giugno 2014

La vera morte

C'è una morte che ha effetti superiori, e ben più tragici di quelli che libera il morire del corpo, perché questa morte costringe a morire anche l'intelligenza individuale, abituata a formulare ipotesi attorno alle ragioni che motivano l'esistenza. La morte che accomuna tutti premendone il futuro contro lo stesso destino, invece, lascia viva l'intelligenza usuale, la quale non cambia se non nella consapevolezza dell'avvenuta morte del corpo fisico. Quella che tutti attende non è una morte chiacchierona, lo sa che non potrebbe convincere sulle verità che le intelligenze non hanno avuto, nemmeno in mezzo alle turbolenze della vita, la capacità di comprendere.

L'intelligenza individuale è costretta a morire per il suo aver cambiato il piano di realtà, che da individuale è divenuto universale. L'intelligenza universale non formula più ipotesi, non ha più idee che le appartengano, e non inventa la verità perché essa "vede" direttamente la verità senza la mediazione della mente e del pensiero analitico, attraverso l'identificazione e l'assimilazione in una sovrapposizione interiore che annulla la distanza che separa il conoscente dalla realtà conosciuta. Chi è morto da vivo è ancora in un corpo vivo, ma la sua esistenza, sempre che lo voglia, non sarà più la stessa di prima, perché chi vede la Verità nella Certezza assoluta ne conosce i princìpi in modo assoluto. Questa morte è chiamata "Opera al nero" dagli alchimisti, è la morte iniziatica, ed è la vera morte per la quale all'egoismo cominciano a tremare le ginocchia.

mercoledì 4 giugno 2014

Riflettendo sulla riflessione

Il termine riflessione si presenta come fosse una via breve, capace di condurre il pensiero analitico verso la comprensione del senso profondo che le diverse realtà si guardano bene dal rivelare a chi non sa riflettere a fondo. In realtà è un imbroglio legato al fatto che ogni riflessione genera un capovolgimento, e non solo dell'immagine che si riflette in uno specchio, ma anche del pensiero che, analizzando, scompone la realtà sezionandola, così come ha fatto mio nonno col suo motorino sputafuoco (mia nonna lo chiamava, sarcasticamente, sparagandulin) che è rimasto per sempre sdraiato a pezzi su un lenzuolo in cantina, ed è ancora lì, allo stesso modo della verità dissanguata stesa sul tavolo dell'obitorio che chiamiamo, invasati d'orgoglio intellettuale... la nostra "mente".

martedì 3 giugno 2014

Cosa è il destino

Cos'è il destino? Più facile a dirsi che a farsi: ci sono due destini, uno, quello individuale, è la destinazione verso la quale le nostre inclinazioni naturali tendono, l'altro, quello universale, è lo stesso per tutti, ed è la destinazione centrale che ha determinato il nostro ciclico esserci, nonostante tutto gliel'avesse dapprima sconsigliato... Dunque si deve dire che il destino è il vento che gonfia le vele del nostro libero arbitrio, e il libero arbitrio è quello che appena ha innalzato una vela gliene si accartoccia un'altra.

Il più piccolo quark impedisce che l'intero universo si inclini su un fianco

Nessun essere è inutile, ma è inutile cercar di capire dove e come potrebbe essere utile...

Sul dubbio

Più ci si allontana dal Principio, che è Causa del tutto, e più il dubbio si ingrandisce, perché la Certezza è nel Principio.

Il limite della serietà intellettuale

Il dover essere una persona seria ha un limite, che è tracciato dal volersi inoltrare nella incomunicabile profondità dove è celato il regno delle cause, perché in quel dominio si può essere seguiti solo dall'altrui sarcasmo che difende, inconsapevolmente, la libertà che ognuno deve conservare per scoprire da sé il vero senso di ogni verità. Per questo chi volesse accennare alle cause essenziali dell'essere, dovrebbe farlo con la leggerezza di chi si ride addosso.

Una ovvietà difficile da considerare vera

La Libertà non fa prigionieri, e chi si sentisse costretto da essa è libero senza saperlo...

Un altro giorno difficile

Un altro giorno difficile sembra non volermi guardare, pur riguardandomi, e io sono stanco di sopravvivere senza capire il perché. Ogni giorno cerco di aggiungere un mattoncino di deduzioni nuove a questa costruzione traballante di pensieri, per rinforzarla, per renderla stabile, per fare in modo che non mi crolli addosso con la massa della sua vanità.
Ho cominciato da piccolo a esercitarmi, per colpa di un cielo insieme nero e sfavillante.
Lo osservavo spesso la sera, incantato e con la testa piegata all'indietro, dalla staia sotto casa mentre accarezzavo Alì, il cane del cortile che mi amava senza che gli avessi mai dato un boccone e che mi si appoggiava pesante e caldo, come se volesse consolarmi, dicendomi che anche lui non capiva.
A quel tempo la mia costruzione era appoggiata solo alle domande che non trovavano risposta ed era bassa, larga e stabile, nella sua bruttezza.
Crescendo, la vita si è insinuata tra le fessure di quel chiedersi e le ha apparentemente chiuse, con l'appiccicarsi di desideri sempre nuovi e più grandi, mai soddisfatti davvero. Sembrava che tutto fosse una realtà provvisoria che attendeva qualcosa di meglio per essere vera, e che anche quel meglio aspettasse di meglio.
Poi la mia testa si è abbassata a contare le pietre che non si lasciavano contare, per decidere dove appoggiare i miei piedi senza più il timore delle distanze, perché ovunque andassi la mia costruzione mi seguiva, aumentando di peso.
Tanti sono stati i passi, tanta la frenesia nel dolore, ma quando alzo la testa al cielo, ridivento bambino.
Per questo ho deciso di abbattere tutto e di ricominciare dal primo mattone, senza pregiudizi e pronto a perderci se il risultato lo vorrà. 
Posso ricominciare solo grazie agli errori fatti, e da bambino mai avrei potuto decidere quello che è possibile oggi.
Alzo la testa, guardo il cielo come se fosse la prima volta e sento che questo sentirmi piccolo non mi fermerà più, perché il grande che vedo è l'insieme di tanti piccoli.
Per questo ogni cosa che lo compone è proporzionata a tutte le altre, perché ogni cosa si complica causandone altre che si complicheranno a loro volta, in un continuo vibrare sia crescente che decrescente.
Decido allora di tornare indietro col pensiero, per cercare la cosa più semplice che ha cominciato a complicarsi. 
Un granellino di sabbia non può essere, perché mi pare ovvio che se qualcosa si estende in una forma deve essere divisibile, anche se ancora non si possiedono gli strumenti per farlo. 
Devo cercare più in là, prima che la forma si compia.
Prima della forma c'è il punto ipotetico che, in fondo, è solo l'idea dello spazio senza estensione.
Un po’ mi viene da ridere, perché lo spazio è l’estensione.
Ma il punto senza forma ha bisogno di un altro punto per definire una forma, la quale sarà determinata dalla distanza infinitesimale che separa i due punti informali.
Per esserci e avere una forma, la distanza ha bisogno della possibilità di estendersi, occorre quindi che ci sia l'estensione.
Poiché l'estensione è una conseguenza del punto dal quale trae origine, non sarà l'estensione a spaventarmi, perché non è lei che cerco.
Io devo guardare oltre.
Fino a quando non avrò capito cos'è il punto non potrò spingere il pensiero, sempre che sia il pensiero a poter guardare la luce, e mi sembra evidente che il cielo non è un gigantesco punto. 
È solo costellato di punti.
Cosa è questo punto, allora?
Se il punto non ha forma e da lì deriva il tutto delle forme, quel tutto proviene dalla possibilità che non ha ancora forma.
Allo stesso modo del tempo che nasce dall’istante, privo di durata, che si replica continuamente, creando la durata.
Quindi ci deve essere una realtà senza forma che viene prima di quella caratterizzata da una forma, e che si mostra attraverso idee ancora prive di forma, cioè il punto e l'istante.
Ma se il punto è inconsistente, la Realtà essenziale che gli si nasconde dietro dovrebbe potersi vedere, perché è senza riparo.
Quella realtà quindi, non si vede perché, anche lei come il punto, non è nella dimensione dell'essere.
Questo significa che ci deve essere una realtà che non appartiene all’esistente e che deve "essere", con evidenza, causa dell'essere.
Una Causa che "Non è".
Un “Non essere” che è più che l’essere perché lo contiene in principio come potenzialità inespressa.
Ciò che è nasce, quindi, da ciò che Non è.
Ciò che Non è, palesemente, è superiore a ciò che è.
Ho davanti al mio pensiero due realtà: una che Non è, e l'altra che è.
Quella che Non è contiene, necessariamente per precedenza logica e successivamente anche per quella temporale, l'altra che è.
Quindi le è maggiore e deve contenere anche ciò che non è manifestato ancora, ma si manifesterà, insieme a quello che non è suscettibile di manifestarsi. Solo l'impossibile ne è escluso, perché contraddittorio, e la contraddizione non è partecipe della Verità.
Ne deriva che il “Non essere” e l’essere costituiscono, nel loro complesso, l’interezza della Possibilità universale.
Poiché quella che è sta dentro a quella che Non è... non può, a propria volta, contenerla e comprenderla.
A questo punto mi sento un po' meno imbecille, ma non lascio la presa.
Cos'è, quindi, la realtà che non è?
Più che l'essere di sicuro, altrimenti l'essere non sarebbe sua conseguenza.
Si deve ancora dire che la Possibilità universale è infinita e si esprime con l'insieme di "Non essere" e di "Essere", che rappresentano la prima divisione dell'Infinito, che in Sé non può essere relativo e diviso, ma che è causa prima del riflesso speculare, capovolto e relativo che da Essa zampilla, prima nel "Non essere" e poi nell'Essere. 
Se relativo indica l’avere dei limiti, ciò che gli è superiore e lo contiene in principio… non deve avere limiti. 
Deve essere oltre l’essere: Assoluto, Infinito ed Eterno.
Chiedersi se Dio "esiste" è, quindi, contraddittorio, perché se esistesse dovrebbe essere, in quanto Causa dell'esistenza, esteriore all'esistenza, come lo sono tutte le cause nei confronti dei loro effetti, le quali non possono, da questi effetti, essere modificate.
Ciò che non ha limiti non può essere circoscritto da definizioni, anche se è tradito dal punto e dall’istante immobile, suoi riflessi che ne denunciano l'Essenza.
Sento che stavolta i mattoncini del mio pensiero sono più stabili. 
Nella loro trasparenza, ma stabili.
Meglio che consistenti e instabili.
Poiché il "Non essere" e l' "Essere" sono due realtà conseguenti, nessuna delle due può dirsi assoluta.
Non essere ed Essere non costituiscono una opposizione, e non sono complementari tra loro, perché il Non essere contiene l'Essere in principio e nessun contenitore può opporsi al proprio contenuto.
Non c'è modo di concepire una Realtà inespressa, ed è per questa ragione che la chiamo Non essere, ma in realtà essa non è la negazione dell'Essere, ma è la sua fonte.
Ciò significa che l'idea di Dio che mi hanno rifilato da piccolo non corrisponde al vero, perché Dio, che è il primo Essere, in quanto causa dell'essere non può partecipare all'essere e, quindi, alla stessa esistenza. 
Cavolo!
Non si può nemmeno avere un'idea di Dio senza che questa si trasformi in una falsità.
È per questo che il Sacro sfugge?
È per questa ragione che ciò che è Sacro può rivelarsi solo attraverso il sacrificio di sé? 
Per questo l’amore è la forma sacra che ha il sacrificio?

Rialzo la testa al cielo, e mi tremano ancora le ginocchia.
E non c'è nemmeno Alì al quale appoggiarmi.

Resta il Mistero a guardarmi in silenzio, e capisco che il mio esserci sarà davvero prezioso solo quando sarà identico alla verità così difficile da conoscere. 

Analisi e sintesi


Il pensare è analitico, nello svolgere la funzione principale che la mente ha, e l'analisi, pur avendo in vista la sintesi, le volte che la raggiunge non è mai soddisfatta del risultato, perché quella raggiunta non è la vera sintesi, le manca sempre la ragione essenziale d'essere delle cose, che non è relativa. La vera sintesi, infatti, non è ottenibile dall'analisi, ma è consapevolezza immediata data dalla conoscenza assoluta dei princìpi universali, quelli che ordinano l'esistenza modulandone il dispiegamento e il raccoglimento. L'essere atei costituisce il non credere e ha, come correlativo, il credere, non il conoscere. La Verità sintetica, contenendo la logica, necessariamente ne supera i confini, non negandola. La consapevolezza delle persone che sono state illuminate dall'Assoluto è, per questa ragione, detta essere sovra-razionale, che non significa affatto irrazionale. Colui che conosce direttamente la Verità, perché conosce attraverso l'immediatezza dell'intuire per mezzo dell'Intelligenza universale, madre di quella individuale, non è un "credente", perché il suo essere consapevole non è frutto dell'interpretazione, ma della vista interiore, e chiunque abbia accesso alla Verità unica "vede" la stessa, perché unica, Verità.

domenica 1 giugno 2014

Sembrerebbe un paradosso, ma non lo è


Un cervello acuto penetra all'interno della verità grazie alla propria ampiezza di vedute...

Ragioni per scrivere


Io scrivo per diverse ragioni: la prima è quella di potere, attraverso la memoria di ciò che ho scritto, misurare se qualcosa di me ha subito l'onta di un miglioramento. La seconda è quella di insegnare il poco che conosco al di sopra del dubbio, e la terza è data dal divertimento che provo quando mi dicono che chi non ha dubbi è un cretino.

Simulazioni difficili


Niente più del sorriso fatica a simulare la verità, perché la verità è più vicina al pianto.

La preziosità della perla


La perla nasce dal fastidio che l'ostrica prova per l'intrusione di una incomprensibile verità nel mondo che credeva fosse tutto di sua proprietà. Nel tentativo di nascondere quella verità intrusa l'ostrica la avvolge di bellezza superficiale, il cui vero valore è nella verità che occupa il suo centro.

L'utilità del libro


Anche se si potesse scovare la saggezza nei libri, occorrerebbe essere saggi per saperla riconoscere...

venerdì 30 maggio 2014

Unità anticipata


Due polarità in opposizione tra loro in effetti, su un piano più elevato di osservazione, sono una complementarità destinata a risolversi nell'unità della quale rappresentano la divisione nata per riflesso. In amore le cose non cambiano, ma le due persone che si amano profondamente sono già un'unità, prima ancora di risolvere definitivamente i problemi che hanno stando insieme

La conoscenza di sé


La conoscenza di sé è perfetta soltanto quando il proprio sé è perfetto e, per questa perfezione, non cambia più. Altrimenti è un conoscersi in divenire che insegue una verità che si sposta. Conoscersi significa conoscere la verità che ci riguarda, e non solo quella che ci fa comodo conoscere. Vuol dire rifiutarsi di mentire a se stessi, ed essere disposti a guardare nell'intimo delle proprie reali intenzioni. È un conoscere la Verità in un ambito, quello personale e interiore, dove la verità si sente più a disagio nell'essere conosciuta.

L'amore vero


L'amore vero non ama per essere riamato, ama perché è il suo modo di essere sacro...

Illudersi


Per me illudersi significa preferire il sogno alla realtà, ed è facile esserne preda, perché lo scopo del sogno è quello di riempire i vuoti incolmabili che la realtà non riesce a lasciarsi dietro.

Caso e accidente


Il caso è un nome dato dall'uomo a ragioni che pensa di non poter riuscire a riconoscere, mentre dell'accidente le ragioni le conosce, ma in ritardo sui fatti accaduti. Da una prospettiva generale l'esistenza è considerabile come un insieme di accidentalità.

mercoledì 28 maggio 2014

Apparenze ingannevoli

La natura sembra favorire i mascalzoni... ma lo fa per poterli abbandonare nel deserto quando la strada per tornare indietro sarà divenuta troppo lunga.

La mente

La mente è solo il mezzo che dà forma alle proprie intenzioni, e le intenzioni sono forgiate dalla personalità, la quale misura la distanza che separa lo spirito centrale, del quale siamo espressione, dalla superficie di ciò che abbiamo scelto di essere.

domenica 25 maggio 2014

Felicità bisognose

Tutte le persone felici sono nel contempo anche insoddisfatte, se non lo fossero la loro felicità non potrebbe rinnovarsi, e appassirebbe nella consuetudine. La realizzazione di un essere è superiore alla felicità, perché non contempla l'infelicità.

Dissimilitudini

Il male va dove c'è del bene da combattere, e non va dove c'è altro male, perché il sovraffollamento gli impedirebbe di trovare una sdraio libera...

sabato 24 maggio 2014

Incomunicabilità del Mistero

Quando si riceve un dono ci si sente in dovere di condividerlo, ma se quel dono è la consapevolezza dei princìpi il condividere diventa impossibile, ed è anche sconsigliabile ogni tentativo di comunicare ciò che di esso è comunicabile. Lo so da quando quella grazia mi ha investito come un treno al passaggio di livello alzato, eppure continuo a scrivergli attorno, pur non entrando troppo nella mia storia personale. Mi dico che anche se un solo individuo potesse cogliere la rigorosità logica della conoscenza universale, non sarà stata fatica sprecata l'aver mostrato qualche riflesso del Mistero, ma persone capaci di accorgersi anche di un solo bagliore non ne ho mai incontrate in ben più di trenta anni.
In fondo io stesso, negli anni della mia giovinezza trascorsi a cercar di comprendere la vita, avrei considerato folle chiunque avesse scritto le cose che scrivo.

giovedì 22 maggio 2014

Non era più lo stesso...

Qualcosa di inusuale doveva essere accaduto alla sua coscienza, perché la passeggiata fatta era la stessa di sempre, come lo era la panchina dalla quale fissava i monti, il lago e il cielo, ma lo stava facendo dall'alto di una consapevolezza diversa.
Ogni cosa che riempiva quel mattino era insolita, oppure era il suo modo di guardare che non era più lo stesso. I suoi pensieri, in compenso, erano confusi come sempre, perché rigettavano il modo nuovo di considerare la realtà che gli si imponeva, come se, non appartenendogli, stesse ordinandogli di aprire gli occhi. Temette potesse trattarsi del primo sintomo di un'imminente emorragia cerebrale, ma non provava nausea se non verso se stesso, e sapeva di meritarsela. Nessun giramento di testa, né vertigini gli stavano modificando la vista, ma le immagini che aveva attorno comunicavano attraverso significati che la loro esteriorità non nascondeva più.
Era come si fosse modificata da sé la qualità del fluire di pensieri che, invece di appartenergli e sgorgare dall'ignoto come da sempre facevano, avessero iniziato a procedere da un nuovo ordine interiore, attraverso una consequenzialità che, fino a quel momento, gli era stata preclusa.
Era accaduto tutto in un attimo, tanto lungo da mostrare l'illusione nella quale il tempo accumula debiti.
Tutto questo diverso vedere non poteva essere nato spontaneamente dal niente che stava dentro di lui, doveva essere stato lui a nascere dentro di esso, fecondato da qualcosa che gli era stata estranea fino a quel momento, oppure era il risultato di un fermento vitale, sempre presente in lui come possibilità di essere, che aveva maturato un seme che ora sbocciava riempiendolo di meraviglia.
Questo nuovo considerare la vita valutava tutte le direzioni possibili che la sua sete di conoscere osava percorrere, anche quelle che dirigevano i loro raggi all'interno di sé, e utilizzava la lotta per realizzare la pace.
A ogni pensiero se ne opponeva un altro, che gli contrapponeva una visione diversa generata da cause differenti che avevano altre ragioni di essere, e lui doveva osservare quel contrapporsi di forze dal centro di sé, ogni volta riconoscendo la natura delle verità che erano state offese, allo scopo di poterle guarire attraverso la loro comprensione prima, e i propri atti poi.
Gli sembrava di essere ritornato al tempo nel quale i bambini assillano gli adulti di domande, solo che ora l'adulto non era lì, presente, perché era lui stesso a doverlo diventare per poter rispondere a se stesso.

La conoscenza ha in sé il proprio guadagno, aveva letto da qualche parte, scritto da chi si guardò bene dall'aggiungere che quel guadagno, in soldoni, consisteva nella perdita del proprio egoismo...

mercoledì 21 maggio 2014

Senza il clangore delle armi

— Padre… sono stanco di lottare per vivere, ho bisogno di pace non della guerra
— Per questo ho deciso di chiederle quando potrò entrare nel Monastero, per liberarmi dalle costrizioni date dalla guerra perpetua—
— Vedi figliolo… la guerra è la via più breve per raggiungere la pace e, per inversione analogica, la pace è la via più lunga per arrivare alla guerra
— Ma prima o dopo ti ci conduce
— A meno che…
— La ascolto, Padre…—
— A meno che tu non decida di vincere la guerra che angeli e demoni combattono dentro di te
— Perché tutte le guerre dell'universo hanno inizio all'interno dell'essere, ed è lì che devono essere pacificate
— Il centro di ogni realtà particolare è a immagine del Centro che ha generato il tutto
— E ogni centralità individuale vuole essere il centro di tutto
— Per questo combatte le altre centralità
— Per smettere di lottare il nostro centro deve sovrapporsi al Centro universale
— E la sovrapposizione si attua solamente nella perfezione di sé
— Se è la perfezione che cerchi dovrai lottare contro le tue imperfezioni
— E il rifuggire la lotta non ti aiuterà—
— Capisco, Padre santo, dunque il Monastero è un campo di battaglia?—

— Sì figliolo, una battaglia senza il clangore delle armi, dove sono le lacrime a scorrere, non il sangue—

L'aforisma

L'aforisma è la sintesi di un pensiero lungo e arzigogolato che, alla fine, ritrovatosi in un punto imprevisto dal quale è stupito, decide di cancellare la strada fatta per arrivare fin lì... e di rivelare solo quello che si vorrebbe fosse un traguardo. Sovente quel traguardo è quello raggiungibile solo dalla pura imbecillità.

martedì 20 maggio 2014

Cosa l'Intelligenza è


L'intelligenza è la capacità che ha un essere di indagare e approfondire la conoscenza delle cause che determinano i loro effetti. L'intelligenza ha molti lati dai quali poter essere considerata, e non tutti sono egualmente sviluppati, ma essa procede da una propria causa, così si deve dire che ogni intelligenza individuale e soggettiva è il risultato personale di un'Intelligenza più grande che l'ha prodotta, e della quale la nostra intelligenza è figlia. Il modo personale di vedere le cose è chiamato "punto di vista", perché sulla circonferenza della realtà, intesa simbolicamente come fosse un cerchio, il modo di vedere le cose si trova a essere in un punto che ha, necessariamente, un punto opposto altrettanto vero che guarda la stessa realtà centrale, vedendola però in aspetti che la nostra limitata visuale non può cogliere, ma ignora quelli che vediamo noi. C'è un punto, però, che non è propriamente un punto di vista, perché vede la realtà non dalla circonferenza superficiale, ma dalla sua profonda centralità. Ecco il punto nel quale si trova l'Intelligenza universale che è madre di quella individuale. Dovere e compito di ogni intelligenza individuale è quello di sovrapporsi al centro della realtà, così da poterla osservare, dal suo interno, nelle sue ragioni essenziali d'essere che costituiscono anche i suoi princìpi universalmente applicabili, i quali sono le leggi fisse della realtà manifestata. Gi uomini che sono in grado di vedere la verità dal suo centro sono chiamati prima "risvegliati", e dopo tanta fatica e sacrificio... possono diventare quelli che l'umanità chiama "Illuminati" dallo Spirito che è assoluto.

La morale elegante


La vera eleganza morale consiste nel saper riconoscere che ogni morale è intrisa di sentimentalismo e non merita che disapprovazione, perché la conoscenza è essenzialmente intellettuale e al sentimento può essere concesso di giudicare soltanto quando la sua natura è incline al sacrificio di sé.

La vera libertà


Se c'è la costrizione, e c'è, le sue ragioni di essere stanno nella libertà che a propria volta è una possibilità, la quale deve essere portata a maturazione attraverso la conoscenza perfetta che l'intelligenza ha il compito di affinare. La vera libertà è assenza di costrizioni, ed è raggiungibile da chi è tanto giusto e veritiero da sfuggire alla persecuzione della vita.

Il peccato

Per essere un vero peccato deve offendere i princìpi di verità, quelli che convengono a tutti e non nuocciono a nessuno. Non di rado le molteplici morali umane, originate dall'intrusione del sentimentalismo nei princìpi di verità, assegnano le caratteristiche del peccato a ciò che peccato non è. Solo la pura intelligenza è in grado di riconoscere la verità e l'intelligenza, per essere pura, ha sempre bisogno di essere in armonia con la generosità di un animo puro.

L'Intelligenza universale

L'intelligenza, per sua natura, dà certezze solo quando non ci appartiene, perché la Verità non appartiene a nessuno e ci precede tutti sia logicamente che temporalmente. Qual'è quella Intelligenza che è possibile avere senza che ci appartenga? È l'Intelligenza concessaci dal Cielo, quella che "vede" la verità dei princìpi universali senza bisogno di ipotizzare o interpretare con il pensiero. Colui che "vede" la verità nell'immediatezza dell'Intuizione spirituale la vede, ma non la possiede, perché la Verità non la si può inventare. Costui è nella Certezza che ha la stessa infinità del Mistero assoluto, la quale non può esaurirlo.

lunedì 19 maggio 2014

Il vero amore

Il vero amore non lascia dubbi, perché ogni volta che si guarda la persona amata di quella persona si intuisce la sacralità interiore, che si manifesta lasciandosi amare per ciò che essa è: pura generosità disinteressata.

domenica 18 maggio 2014

Uomini giusti

Nessuno che sia giusto può essere inconsapevole della verità che rispetta, ma quando si sa di essere giusti si tende a nasconderlo, perché mortificare chi non lo è... non sarebbe giusto.

sabato 17 maggio 2014

La morte ci è amica


La morte ci è amica, e non avrebbe senso una sua sconfitta, perché essa non agisce, ma aspetta che sia la vita ad andarsene.