mercoledì 31 luglio 2013

Sogni

C'è solo un modo perché un sogno si realizzi davvero: quando si spegne nell'accendere un sogno più grande.


La complicità

Ci si associa al male solo attraverso la complicità, mai la ragione del condividere una stessa finalità malvagia è data dalla condivisione di un valore, perché per il male l'unico valore che si presta al tradimento è, appunto, la complicità.

L'ipocrisia del male

Il male deve sempre travestirsi perché la realtà deve le proprie ragioni d'essere al sacrificio di una volontà sacra che ha donato se stessa a fin di bene.
Per questo chi si schiera dalla parte del male dovrà sempre giustificare la propria scelta additando il male altrui verso il quale, a fin di un supposto bene, tenterebbe di difendersi proteggendosi dietro allo stesso male.

Contrasti

È tanta la cattiveria nel mondo, quanta è la sabbia di una spiaggia che stringe nella sua morsa la piccola preziosa conchiglia che protegge la poca bontà sopravvissuta. Ciò nonostante è per merito della piccola conchiglia che è possibile sapere che il resto è rovente sabbia.

martedì 30 luglio 2013

Si va...

Si va, tutti nello stesso istante che pare muoversi solo perché noi ci muoviamo, ognuno per la sua strada che c'è solo perché è quella riservata a ognuno, apparentemente diversa dalle altre come lo sono gli istanti tra loro, ma con lo stesso obiettivo da raggiungere: la perfezione. Si va, accontentandosi di non sapere il perché, ognuno con molti dubbi e anche qualche certezza pronta a ridiventare un dubbio. Si va, convinti di poter scovare la felicità nascosta dietro a ogni angolo. Si va, proprio perché non si è felici. Se si fosse felici ci si fermerebbe, ma dove... che tutto quanto si muove?

Che non ci sia un dove né un quando, ma solo un come dato dal perché?

Esistenza

L'esistenza deve il suo esserci alla verità delle ragioni che esigono quell'esserci, e tra queste ragioni c'è anche la necessità del contrasto che stabilisce relazioni. È per questo che esiste anche la falsità la quale, per la verità, costituisce una "vera" falsità. Dunque siamo immersi in una sfida che mette alla prova chi siamo nei confronti di chi potremmo essere, ed è una lotta che non risparmia nessuno, perché ricchi o poveri, belli o brutti, buoni o cattivi ognuno di noi è libertà imprigionata che deve spezzare i propri legami, per essere ciò che si è dimenticata di essere all'origine della propria centralità che sta sepolta, ma non è morta perché è immortale.

domenica 28 luglio 2013

Per essere soddisfatti della propria vita...


C'è solo un tipo di soddisfazione che può essere concessa dalla vita, ed è dato dallo sforzo necessario per essere coraggiosi nel riuscire a difendere la verità che si sa essere vera.

sabato 27 luglio 2013

Riconoscere il vero


È sempre riservata all'intelligenza la capacità di riconoscere il senso profondo di una bugia o di una verità. Chi ha bisogno di prove è colui che non ha un'intelligenza sviluppata a sufficienza.

venerdì 26 luglio 2013

Paradossi non così evidenti...


C'è un detto che dice: "Chi sa tace!", ma chi lo ha detto per dirlo ha dovuto parlare e, di conseguenza, ha dimostrato di non sapere. In effetti colui che conosce, nella Certezza assoluta perché priva di dubbi, i princìpi ordinatori dell'intero universo, che sono le leggi universali dalle quali il tutto degli eventi prende avvio, sarebbe meglio tacesse per molteplici ragioni, la prima delle quali è in relazione all'incomunicabilità della verità nella sua essenza. Si possono dire, della verità, solo le cose che non sono assolute e questo pone quel dire sul piano relativo dove, come volpi affamate, scorrazzano le falsità. Un altro detto, usato molto in questa epoca materialista, cita: "La verità assoluta non esiste", non notando che affermare questo significa contraddirsi, perché il dirlo ammette di potersi sbagliare dal momento che si vorrebbe spacciare una verità relativa come fosse a propria volta assoluta. Chi conosce i princìpi è necessariamente libero di scegliere se parlarne oppure no, perché la libertà di scelta mai è negata dalla conoscenza perfetta. La verità si difende da sé attraverso la propria incomunicabilità, perché non essendo relativa non si presta a essere trasformata, senza subire una conseguente riduzione, che rappresenta un degradare, corrompendosi nella consequenzialità che è relativa. Tuttavia è possibile parlarne perché potrebbe essere utile come preparazione, sempre relegata alla scadente elevazione del piano culturale, preparazione utile a colui che è capace di scansare il proprio ego di lato, spostandolo dietro alla propria voglia di conoscere.

giovedì 25 luglio 2013

Pace interiore e saggezza


L'unica pace interiore è data dalla conoscenza che sa esprimersi attraverso la gentilezza. Credere che i rapporti gerarchici che ordinano la manifestazione della realtà relativa debbano essere capovolti partendo, nel proprio lavoro interiore, dalla superficie di sé è appunto un credere il quale non ha punti di contatto con la realtà del conoscere. Prima si deve realizzare la conoscenza che attira il giusto modo di essere il quale, a propria volta, aumenterà la conoscenza che a sua volta aumenterà il suo essere gentile e rispettosa dell'altro da sé in una cascata che si fonderà col mare della gentile consapevolezza dell'universale. Solo chi può pensare che sia possibile imparare a nuotare in assenza di acqua può credere di imparare a essere saggio cancellando la necessità del pensiero. Il pensiero deve essere ordinato nei modi che solo la saggezza conosce.

Sul "controllo della propria mente"


La padronanza della propria mente, ribelle,
capricciosa e vagabonda, è la via verso la felicità.
Il saggio osserva continuamente i propri pensieri,
che sono sottili, elusivi ed erranti.
Questa è la via verso la felicità.
Come può una mente agitata comprendere la legge eterna?
Se la serenità della mente è turbata, la saggezza non può manifestarsi.
Fai della tua mente una fortezza e combatti le tentazioni
con l’arma della saggezza.
Nessuno, neppure il tuo peggior nemico
può nuocerti quanto una mente indisciplinata.
Ma una mente disciplinata
è un’alleata preziosa.


Dhammapada, La via del Buddha


In questo discorso, che è fondamentalmente corretto, c'è un serio errore ed è riferito alla finalità che è attribuita al controllo che deve essere esercitato sui propri pensieri. È indicata essere la felicità quel fine, ed è qui che si nasconde l'errore. Come si potrebbe essere felici senza la consapevolezza data dalla conoscenza? Controllare i propri pensieri non è conoscenza, ma è l'azione successiva al conoscere. Non si può indicare un mezzo di realizzazione di sé, quale è l'esercizio del controllo libero del proprio pensiero, senza illustrare le ragioni intime di questo dover controllare. Senza una perfetta conoscenza di queste ragioni ogni controllo può assumere il significato di una coercizione, e diverrà impossibile discernere ciò che è segno dell'esercizio della libertà… da quanto è conseguenza di paure. Gli errori, nell'analisi riferita alla supposta "Via del Buddha", non si fermano all'aver identificato la felicità come il supremo obiettivo dell'esistenza, errore facile a vedersi quando ci si chiedesse se si potrebbe essere felici senza essere perfettamente consapevoli, ma è esteso all'aver voluto identificare una via, quella del Buddha, alla moltitudine di vie possibili; ognuna di esse deve essere adatta alla caratteristiche individuali di chi cerca la perfezione del proprio stato, caratteristiche uniche come unici sono tutti gli esseri in ciò che li differenzia l'uno dall'altro. Come potrebbe convenire a tutti indistintamente una stessa e unica via che non tenesse conto delle differenziazioni personali? Resta vero che il controllo sul proprio pensiero è auspicabile e necessario, a causa del fatto che il pensiero costituisce il mezzo attraverso il quale si traduce in linguaggio consequenziale e logico ogni intuire di cui l'essere umano è capace, ma il credere che dietro a quel controllo sia celata la felicità è un'assurdità. La felicità è il modo attraverso il quale l'emozione diventa stabile ed equilibrata, perché la felicità è un'emozione. Potrebbe forse il controllo delle emozioni determinare un'emozione sempre in equilibrio sul filo teso del proprio sentire? E quel sentire, così vicino al sentire fisico che cambia incessantemente al variare del grado di salute, alle caratteristiche delle intrusioni ambientali, alle interazioni con gli altri esseri, quel sentire emotivo diverso come diverse sono le culture e le latitudini alle quali queste culture hanno preso forma e significato... questo sentire potrebbe sperare di essere capace di conoscere perfettamente solo attraverso il controllo del pensiero? Per riuscire a controllarsi allo scopo di mantenersi aderenti ai valori universali che si sono scelti come princìpi del proprio vivere… occorre prima conoscere quali debbano essere questi princìpi, i quali non dovranno essere di una natura emotiva, ma bensì intellettuale, perché i princìpi sono assi fissi in relazione ai loro effetti che attorno a essi ruotano, e nessuna emozione può vantare una fissità prima di essere il frutto dell'aver compreso le ragioni del tutto e anche i modi attraverso cui queste ragioni si attuano. La peste determinata dalle diverse morali che inducono alle guerre tra i popoli è generata dai diversi modi del sentire emotivo che distinguono, e distanziano tra loro, le qualità che hanno le diverse culture con i loro rispettivi credo religiosi. I princìpi universali, invece, non hanno in sé contaminazioni di natura emotiva. L'unica emozione che i princìpi universali hanno in sé è l'amore universale capace di sacrificare tutto tranne la verità. Ogni morale è determinata dall'intrusione del sentimentalismo nei princìpi ordinatori della manifestazione della realtà relativa che è attuata in conseguenza del sacrificio iniziale attraverso il quale l'assoluto unico Mistero si è riflesso, capovolgendosi nella molteplicità data da unicità, sempre diverse tra loro, che sono conseguenza dell'infinita creatività di ciò che è privo di limiti e che non partecipa all'esistenza se non attraverso l'irradiarsi del Centro nelle relative circonferenze che dal Centro derivano e allo stesso Centro ritorneranno.
Resta da dire che queste traduzioni degli scritti attorno al Buddhismo, così come a quelle riferentesi ad altre dottrine a carattere universale, risentono delle forzature date dal credere occidentale che si compiace di trovare riscontri orientali delle proprie errate convinzioni. Nello scritto dato come fosse originale espressione del Buddhismo c'è una evidente contraddizione, perché da una parte indica nel controllo del pensiero la via per ottenere felicità, ma poi dice che il pensiero deve essere controllato attraverso la saggezza, come se la saggezza fosse implicita all'esercizio del controllo di sé. È evidente che per riuscire a esercitare un saggio controllo occorra prima essere saggi, ma chi si sprecherebbe a magnificare il controllo prima di avere esposto cosa sia la saggezza che deve qualificare questo controllo?

Lo scritto dice che se c'è calma interiore la saggezza si manifesterà, ma questo dire capovolge la realtà, perché se non c'è saggezza non ci potrà mai essere una qualsiasi calma interiore, perché l'agitazione costituisce proprio l'effetto dato dall'assenza di saggezza.

martedì 23 luglio 2013

Le cose vere della vita

"Le cose vere della vita non si studiano né si imparano, ma si incontrano."
Oscar Wilde


Chi ha scritto questa frase non si è chiesto cosa si debba intendere per verità. Vera è anche una bugia, nel senso che è una "vera" bugia. Vero è tutto ciò che è, e ancora più vero è tutto quello che è oltre l'essere, in quanto causa e principio dell'essere. Si può incontrare il vero leggendo, anche se il leggerlo non significa comprenderlo. Comprendere significa fare proprio, a differenza dello studiare che può voler dire il semplice e poco meritevole memorizzare. La verità la si incontra vivendo, e il vivere comprende tutto quanto ci accade, oltre a quello che facciamo accadere noi. Oscar Wilde mi è molto simpatico e alcuni suoi aforismi sono acutissimi. Era uno scrittore intelligente, ma non basta essere intelligenti per comprendere il significato profondo nascosto al centro dell'esistenza. Occorre essere disposti a capire che la nostra intelligenza individuale è figlia corrotta di un'Intelligenza universale, quella che l'uomo chiama "Mistero dello Spirito"...

Libertà


La libertà è la possibilità di scegliere di essere il meglio di ciò che si riesce a essere. È la rassegnazione a dirci che non siamo liberi.

Massime minime

Non si deve aspirare al possesso stabile della felicità, perché essa è un passero che passa veloce, e quando è catturato la sua felicità subisce la stessa fine del suo volare.

È meglio allevare passeri per liberarli, piuttosto che volerli catturare per ingrassarli…

lunedì 22 luglio 2013

Su una frase attribuita al Buddha



Detta così sembra che la pace si trovi nella stessa condizione in cui si trova una zia che ti viene a trovare per regalarti una torta di compleanno. A parte gli scritti di Asvaghosa sul Buddha, poeta indiano che visse molto tempo dopo il Buddha, non ci sono testimonianze scritte su ciò che il Buddha disse. Di certo si sa che non scriveva frasi adatte alle parole crociate come è il caso della frase sopra. La pace è la condizione necessaria alla libertà perché questa possa esprimersi, ed è la libertà il sole centrale che sorge all'orizzonte del Buddha. La pace è la conseguenza della consapevolezza perfetta perché è conseguenza della fatica data dal voler vivere nel rispetto dei princìpi universali e spirituali che si conoscono nell'immediatezza della visione interiore, il terzo occhio centrale che è intelligenza non più individuale, ma universale. Chi potrebbe aspirare alla pace interiore senza prima conoscere perfettamente le sue ragioni di essere? Non la pace, ma la consapevolezza deve prima attuarsi perché la pace possa diventare il terreno sul quale l'amore fiorirà. Si può dire della pace che bussa a una porta chiusa dall'incapacità di capire le ragioni dell'esistenza? È troppo facile sparlare a casaccio di quello che non si è colto personalmente: si prende una bella frase ad effetto e la si butta in pasto alle fiere carnivore che vedono le possibilità di affermazione della propria pace nell'annientamento della pace altrui. La pace non è cosa che si può cercare emotivamente, perché l'emozione è la cosa meno stabile che c'è, e quella pace muterebbe le proprie caratteristiche al variare dei sentimenti che cambiano persino in dipendenza delle diverse latitudini geografiche e culturali. La pace non la si cerca, ma sarà la conseguenza del conoscere perfettamente, perché si conosce al di sopra del dubbio, la ragione essenziale d'essere dell'esistere che è causa stessa dell'esistere. È questa una conoscenza che non si offre a colui che la persegue, perché non la si trova come fosse un sasso pregiato e luccicante. La verità unica non la si gratta dal Cielo come non la si raccoglie da terra, né si può infilare una mano all'interno della propria anima per unghiarne l'ipotetico scrigno. La Verità è al centro di tutto ciò che è, che sarà e che non è suscettibile di poter essere manifestato. La Verità, che è Intelligenza universale, Libertà e Pace nello stesso istante eterno è viva, e consapevole anche se non è un essere e non è sottomessa all'esistenza della quale è Causa. È la Verità l'unica capace di comprendere le reali intenzioni di chi la sta cercando tenendo per mano la propria intenzione di capire, ed è la Verità che accetta di farsi trovare da colui che la cerca, ma solo quando chi la cerca mostra di avere pure e altruistiche intenzioni. Quelle intenzioni sono la chiave che la Verità userà per aprire la porta alla possibilità di conoscere attraverso la fatica del donarsi, ed è dietro a quella fatica che stanno sia la Pace che la Libertà. 

domenica 21 luglio 2013

Dubbi non amletici

Chi volesse trovarsi al centro del generale disprezzo deve soltanto dire quella che ritiene essere la verità, ma deve dirla in mezzo a coloro che non la dicono mai... Per analogia inversa ci si fa disprezzare anche dicendo una falsità in mezzo a persone che la sanno riconoscere per quello che essa è.

Le ragioni del male


Ci sono diverse ragioni per le quali il male può accanirsi contro un essere, ma due di esse sono le più importanti: la prima è in relazione al bisogno che l'essere ha di imparare cosa il male sia, e la seconda è quella data dal suo averlo appreso che ingenera una nuova necessità, che è quella di dovervi porre rimedio.

mercoledì 17 luglio 2013

L'ansia del silenzio

Il silenzio non teme ansie perché è esso stesso l'ansia, la quale ha paura delle conseguenze che il silenzio innesca in attesa dell'ignoto. Il silenzio non è assoluto, non lo può essere perché l'Assoluto non ha correlativi che gli si oppongano, mentre il silenzio ha il suono o il frastuono. Ne deriva che il silenzio, come il rumore ha due volti, uno dato dal silenzio della vita che è morta e l'altro dalla vita che deve manifestarsi. Il primo è un silenzio di pace, mentre il secondo lo è di guerra. Nulla che non sia assoluto può permettersi di non avere ansie; solo l'assoluto Mistero può non tremare di fronte al suo essere ignoto.

martedì 16 luglio 2013

La Verità non può fuggire

— Quanto può esser difficile vivere essendo identici alla verità lo si può sapere solo resistendo al dolore nel mantenersi stretti alla verità
— Diversamente dal male conosco il modo nel quale le cose accadono, perché ne conosco le intime ragioni
— Il male non conosce, perché non può avere ragioni che possano giustificare il suo dover conoscere
— Ora mi trovo al confine della vita, l'ultimo solido orizzonte che non può sfuggirmi
— Vedo lo sgomento, negli occhi di chi mi osserva, quello che nutre la loro l'incredulità
— La stessa incredulità che è figlia del diritto a difendersi che ha la propria libertà
— Non ci sono miracoli più grandi dell'intelligenza capace di vedere la verità
— Un'intelligenza che ha il diritto di essere libera di credere o di non credere
— Fino al momento in cui la fede, attraverso il conoscere, si libererà dal dubbio
— Padre mio, allontana da me questo amaro calice
— Ma se non sarà possibile... che sia fatta la Tua volontà
— Perché la Tua non deve essere diversa dalla mia—


Se ne andò così, accompagnato dal lamento di un corpo consapevole di non poter accompagnare lo spirito di luce al quale, per vivere, ha prestato la propria ombra.

giovedì 11 luglio 2013

L'altezzosità della Verità vera

Sempre, e senza eccezioni, chi difende la verità di un'evidenza è accusabile di essere altezzoso, perché la verità, quando è vera e non semplicemente una "vera" menzogna, appare essere altezzosa a coloro che la rifiutano. Se non lo fosse sarebbe umilmente tiepida nel timore di apparire interessata. La verità vera non può essere interessata che al vero, e questo la esime dal doversi mostrare per quello che non è.


domenica 7 luglio 2013

Scrivo


Quello che espongo non è frutto del mio pensato, né del mio cercar di capire il senso che ha l'esistenza. È dottrina metafisica frutto di un vedere che non ha meriti individuali. Sto dicendo che ciò che si lascia osservare e considerare da me non è stato da me scovato, ma mi si è mostrato senza chiedermi il consenso. In questo modo ha cancellato tutto il sapere conseguito dal mio desiderio di capire la vita e le sue ragioni d'essere. Per questa ragione non sono proprietario di ciò che vedo e non posso nemmeno nutrire una qualche sorta di orgoglio intellettuale e, per fortuna, neppure posso rammaricarmi se sono rare le persone che riescono a cogliere il senso di quello che scrivo. Devo dire che lo scrivere di queste cose è equivalente al tacerle, e la scelta di farlo non sta nel voler conquistare il convincimento altrui, perché questo sarebbe dello stesso esile spessore che ha qualsiasi credere o non credere. Scrivo illustrando la dottrina al di sopra del tempo perché gli individui che hanno le capacità per farlo sono davvero pochi, scrivo perché temo che questa conoscenza data dall'immediatezza della consapevolezza spirituale sia dimenticata, e lo faccio anche se sono certo che non potrà essere cancellata perché nasce al di là della manifestazione della realtà relativa. Scrivo, infine, perché la verità è generosa e io la amo, pur temendone le conseguenze.

venerdì 5 luglio 2013

Due modi del conoscere


Ci sono necessariamente tanti modi del conoscere, e l'ampiezza del loro orizzonte è determinata dal grado di profondità raggiunto verso la direzione, che è senso, che conduce al principio centrale e sintetico, origine e finalità della conoscenza. La conoscenza detta esoterica è quella che indaga sulle conseguenze dei princìpi universalmente applicabili, conosciuti nell'immediatezza dell'intuizione spirituale data dall'intelligenza quando questa è di ordine universale, e non più ristretta nei limiti propri all'individualità. La conoscenza chiamata exoterica è quella profana che si affida al credere o al non credere e occupa la superficie della realtà relativa. È un sapere riflesso, mediato dalla mente, consequenziale e che si avvale di ipotesi per deduzione o induzione rispetto alle realtà considerate. La conoscenza esoterica, anche chiamata metafisica, è la conoscenza iniziatica data dall'apertura della vista interiore, la quale conosce nella certezza assoluta e lo fa attraverso la centralità assoluta che lega l'uomo al principio che lo ha generato. È una conoscenza che deriva dall'identificazione del conoscente al conosciuto oppure, quando vista dal lato del conosciuto, è un'assimilazione del conoscente al conosciuto, dunque non è una conoscenza mediata dalla mente. Alla mente è solo concessa la decodificazione delle verità intuite con l'intelligenza universale attraverso l'intuito spirituale e sovra individuale. Si conosce attraverso la centralità spirituale che è identica per tutti ,perché è la traccia dell'assoluto che è considerabile essere al centro di ogni essere quando vista dall'essere, mentre dalla visuale centrale è l'essere che è compreso nell'Assoluto che tutto pervade. Caratteristica della vista interna è il saper riconoscere le contraddizioni attraverso la conoscenza dei princìpi universali ordinatori della realtà relativa. Conoscenza che è consapevolezza distinta dalla coscienza usuale che è il sapere di esserci, mentre la consapevolezza è costituita dal sapere perché si è. Colui che vede la realtà attraverso i princìpi è in grado di tradurre la realtà attraverso l'unione degli elementi infinitesimali che la costituiscono. Questo rende la vista capace non soltanto di elaborare i concetti fino alle loro estreme conseguenze logiche, ma capace di intuire le intenzioni altrui e di conoscere la natura degli esseri molto più in profondità di quanto gli esseri stessi si conoscano. Vedere necessita di una forza interiore non comune perché le responsabilità sono commisurate al grado della conoscenza raggiunta e maggiore sarà quest'ultima tanto sarà grande il peso delle conseguenti responsabilità che a quel conoscere sono associate. La caratteristica essenziale del sapere esoterico  consiste nel doversi applicare alla propria vita e quando ne restasse staccato non avrebbe alcun valore che superi il semplice conoscere teorico, inutile ai fini della crescita personale orientata verso la perfezione del proprio stato dell'essere.