giovedì 30 aprile 2015

L'Intenzione trascendente


La natura dell'intenzione del Mistero assoluto la si può dedurre dal fatto che ai santi è negato il diritto, e pure il dovere, di dichiararsi santi. Se si è generosi non lo si può dire, se si è onesti non è lecito ammetterlo. È soltanto possibile confessare di essere degli egoisti, bugiardi, disonesti, ipocriti e peccatori. Tutto questo a immagine del Mistero assoluto che nasconde la propria trascendenza.

L'armonia con se stessi

L'umanità è quella che è perché ogni essere umano pensa di dover cambiare chi gli sta vicino per poter stare in armonia con se stesso, ma il vero nemico è proprio quel "se stesso" che gli ha dato quel consiglio.

mercoledì 29 aprile 2015

Difetti

Non si può dare per scontato che i nostri difetti siano anche quelli altrui, perché quando lo si facesse non faremmo altro che aggiungere alla nostra persona un difetto in più.

La maieutica socratica

È difficile che una persona intelligente sia anche simpatica; per esserlo dovrebbe tacere, ma se tacesse gli altri penserebbero di essere disprezzati e non degni di considerazione. Così la persona intelligente, non potendo dare ragione agli stupidi, cerca di accompagnarli alla comprensione della verità facendolo attraverso la maieutica di Socrate, consistente nel dare all'interlocutore, facendolo attraverso il porre domande, la possibilità di arrivare da sé a concepire una risposta logica e sensata. Se non fosse che Socrate è stato accoppato proprio per la sua raffinata dialettica, la persona intelligente avrebbe qualche speranza di non essere odiata. 

Una conseguenza logica

È impossibile dare torto a chi crede che la propria intelligenza derivi dall'agglomerarsi del pattume...

Una persona banale

Una persona banale ammirerà la personalità di chi vive in modo da rigettare ogni banalità, ma la detesterà anche, perché rifiutare di cambiare è una banalità da conservare come fosse un valore prezioso... al quale nessuna persona banale potrebbe rinunciare.

Obbligo all'onestà

La persona che desiderasse essere rigorosamente aderente, nel proprio vivere, alle verità conosciute al di sopra del dubbio, tra queste verità dovrebbe avere anche quella dell'obbligo all'onestà.

Causa ed effetti causati

Così come il centro, punto privo di forma e di estensione, contiene in principio la circonferenza che di esso è l'inversione capovolta, la centralità del principio primo comprende tutte le possibilità di non manifestazione e di manifestazione della realtà relativa. È dalla perfezione del centro che si ha l'equilibrio generale dato dalla somma delle imperfezioni particolari dell'universo. La moderna concezione evolutiva, al contrario, ipotizza che le imperfezioni si siano manifestate dal nulla per dirigersi verso la perfezione, con questo negando il necessario legame che unisce il principio alle proprie conseguenze, quando la superiorità di ogni causa nei confronti dei propri effetti non può mai essere negata.

martedì 28 aprile 2015

Disquisizione semi seria sugli stati postumi dell'essere umano

Credo tutti abbiano pensato, almeno una volta, che la situazione postuma di un essere umano debba essere molto noiosa, anche se la noia è senz'altro preferibile alle torture. Se poi fosse protratta in eterno ci sarebbe da spararsi un colpo in testa, se ci fosse una testa per farlo. Quello che è prospettato come Paradiso è una dimensione dell'essere e certamente non un luogo, perché se fosse un luogo risentirebbe di tutte le limitazioni tipiche delle posizioni geografiche: di qui non si passa, ma di là potete andare, gira di qua, spostati di là, non disturbare, vai a pregare da un altra parte etc. etc. L'incongruenza di tutto questo è fin troppo evidente ed esclude l'idea paradisiaca o infernale che, per ragioni di ordine sociale, le chiese di tutte le fedi diffondono. Così ci si immagina di andare a riposare, in un sonno lungo un'eternità, senza sogni che diverrebbero presto incubi, stesi in una rilassatezza priva di crampi, immersi nel buio di qualcosa che ricorda il sonno profondo quando si è senza una possibilità di risveglio. Neppure il "buon senso" comune mette in discussione queste assurdità, e tutti si accontentano di vivere il più a lungo possibile, anche strisciando nel dolore, così da rimandare la noia eterna - quando andasse bene - o la dannazione eterna - nella maggior parte dei casi che andranno così-così. I preti, di fronte a queste problematiche tacciono, oppure dicono che, forse, nemmeno Giuda stia all'inferno e che se anche un inferno ci fosse... esso sarebbe senz'altro vuoto, in virtù della misericordia divina. Come dire che Cristo, quando descriveva lo stridore di denti dei dannati, era un inguaribile pessimista, tanto buono e amorevole da voler spaventare a morte i cattivoni raccontando un sacco di balle.
Ma come staranno le cose che la vita si guarda bene dal voler rivelare?
Saremo inseguiti dalla nostra crudele coscienza, o dormiremo il sonno dei giusti? 
Non mi pare che il sonno sia così associabile alla consapevolezza di chi è un giusto...
Perché le sacre scritture sono tanto restie a dirci che accadrà dopo la morte?
Le scritture più antiche, i Veda indù, descrivono i passaggi essenziali degli stati postumi dell'essere, ma lo fanno stando sul piano dell'analogia che questi stati hanno con l'esistenza manifestata, diversi tra loro in dipendenza della maturazione interiore di ognuno. Stati molteplici che escludono la ripetizione, perché nulla nell'universo si ripete, e nemmeno le nuove esistenze ripercorreranno stati già vissuti, come è per noi umani lo stato umano.
Dovremo attendere la fermata del Bus per poter scendere e ammirare il panorama, nel frattempo sarà meglio riflettere sul fatto che nell'esistenza nulla sparisce nel nulla, così come nulla si crea dal nulla. 
Significa che saremo obbligati a essere fintantoché non saremo così perfetti da non essere più dei semplici esseri individuali.
Questo lascia immaginare che gli stati postumi di un essere dipenderanno da quello che un essere è, e non da come si sente il suo vicino di casa.

Sofferenza priva di voce per chiedere pietà.

Ciò che è non può cessare d'essere. Siamo tutti condannati a dover vivere fino a quando la perfezione raggiunta non ci farà superare le limitazioni date dall'essere all'interno della manifestazione della realtà. C'è una sola uscita dalla valle delle lacrime, della falsità e della paura: quella data dalla perfezione implicita nelle nostre potenzialità. 
Altro che accontentarsi di ciò che si è, perché sarebbe un gioire del male.
Ognuno deve scegliere, siamo lasciati liberi di farlo per questa ragione, e la scelta è sempre tra il bene e il male, tra il nostro egoismo e l'aiutare chi ha bisogno, aiutando non per avere in cambio aiuto o soddisfare altri interessi. 
Aiutare perché è l'universo intero che ci aiuta, mettendoci nelle condizioni di poter aiutare a nostra volta.

Chi ruggisce di cattiveria, chi ruba, chi uccide, chi violenta e odia si cuce addosso la camicia di forza ordita dal male, lo stesso che lascerà la sua stretta solo per far precipitare i malvagi nel baratro senza fondo della sofferenza priva di voce per chiedere pietà.

lunedì 27 aprile 2015

Sono in molti a credere che il destino di ognuno sia già stato scritto...

In molti lo pensano perché questo li alleggerirebbe delle responsabilità che accompagnano qualsiasi decisione presa e atto compiuto. In realtà se il destino fosse già scritto nessuno sarebbe libero di scegliere e il vivere sarebbe analogo all'ingranaggio di un orologio che nessuno potrebbe aggiustare. La realtà relativa è necessariamente conseguenza di una causa che l'ha determinata, perché nulla nasce dal nulla, e sempre la causa è superiore agli effetti che essa determina. Questo indica che se la realtà è relativa la sua causa non appartenendo a quella relatività... relativa non sarà. Anche all'interno della relatività la causa non partecipa ai suoi effetti e questi ultimi non possono intaccarla. Ovviamente essendo la causa prima non relativa essa non sarà soggetta al tempo né all'estensione spaziale, dunque nella Realtà assoluta tutto è nello stesso eterno istante privo di durata. Questo significa che la Realtà assoluta conosce tutto al di sopra dello scorrere temporale, ma questo conoscere tutto non significa a propria volta che questo tutto atemporale sia cristallizzato e solido. Significa, invece, che l'Assoluto conosce le ragioni del cambiamento operato da chi vive momento per momento. In questo senso, e soltanto in questo sta la consapevolezza assoluta che ha l'Assoluto. 

sabato 25 aprile 2015

Temibili ripartenze

Qui, con l'avanzare del tempo le cose stanno prendendo una brutta piega: insieme agli anni si consumano anche le speranze di cavarsela a buon mercato, e il tempo pare non provare rimorsi nel suo pretendere di consumare  il superfluo. Con l'età, che scava le rughe dando al viso la smorfia della disillusione, si acuisce il timore di aver sprecato tempo ad accumulare idiozie che non hanno saputo lenire il dolore del vivere, e come sabbia scivolano via dal pugno chiuso dell'ego, lasciando intatta la rabbia che si prova per ciò che non si è realizzato di quanto era possibile fare per essere persone migliori. È questa la ragione dell'incattivirsi di molti anziani, che se la prendono col Cielo che non li ha favoriti, non volendo commettere ingiustizie. La morte, in mezzo a tutte queste mancanze, pare essere più vicina a un dover ripartire, che non all'essere arrivati.

giovedì 23 aprile 2015

Di che dovrei lamentarmi?

Dentro di me le lamentele regnano. Riguardano la mia famiglia che mi ha cresciuto nella paura e nella violenza, i pochi amici che detestavano la mia intelligenza e mi hanno lasciato appena è loro convenuto, la scuola che ha tentato di appiattire le caratteristiche peculiari alla mia personalità, il lavoro che mi ha costretto ad assistere alla vigliaccheria di troppe persone e al Cielo, che in questa vita del cazzo mi ci ha calato. Nei rari momenti di lucidità, però, sono costretto ad ammettere che tutto questo è servito a darmi la possibilità di scegliere tra l'essere come le persone che detesto, oppure come i pochi che mi hanno commosso per la loro capacità di sacrificarsi per il bene comune. Per questo, quando sento di aver l'obbligo di ringraziare per la vita che ho, prima alzo gli occhi al Cielo, e poi sorrido di felicità ricordando che c'è mia moglie accanto a me.


mercoledì 22 aprile 2015

Uguali nell'essere diversi

Il Mistero nel quale è immersa l'esistenza è come un fuoco del quale gli esseri sono scintille, ognuna diversa dalle altre, ma tutte con lo stesso fuoco dentro.

Un fuoco che tutto incendia, ma che non può bruciare se stesso. Per questo il Fuoco non può decidere di estinguersi e le scintille non possono spegnersi, perché il Fuoco del Mistero è eterno e infinito, e le scintille che vagano alla ricerca di comprendere la propria natura è al Fuoco che dovranno guardare, senza sperare di poter placare la propria ansia, spegnendosi nelle proprie lacrime.

martedì 21 aprile 2015

Adesso scrivo una storiella Zen così come mi viene, senza ragionarci sopra...

Due tizi camminavano appaiati nel bosco. Avevano lo stesso passo, ma poiché il sentiero era stretto uno dei due era costretto a calpestare rami e foglie e a inciampare contro i cespugli. Ben presto l'uomo sul sentiero distanziò l'altro il quale riprese a camminare sullo stesso sentiero.

— Perché mi stai seguendo?— gli disse scocciato quello che stava davanti

— Se non ti va che io ti segua lasciami il passo, condurrò io— rispose quello dietro

I due si scambiarono di posto, gelosi l'uno dell'altro, e continuarono a scambiarselo molte altre volte, perché nessuno era soddisfatto del posto che gli era stato assegnato dal Cielo.

Nessuno dei due si ricordò più dove stava andando, perché entrambi avevano creduto fosse più importante arrivare per primo.

L'unico a non perdersi fu il sentiero.

Nulla supera l'amore

Nulla supera l'Amore. L'Amore non è cieco, ma è la massima espressione dell'Intelligenza universale. È cieco chi scambia per amore il proprio bisogno di essere amato.

A che serve?

A che serve prendersela per la stupidità altrui, quando è tanto più comodo guardare alla nostra, così vicina?

Ciclicità

Non c'è una sola persona, a questo mondo, attorno alla quale non scorra la fatica del vivere. Essa passa accanto al povero e al ricco, al disperato e a chi è felice, perché ogni condizione dell'essere muta alla fine della propria parabola esistenziale. Come una pietra lanciata contro lo spazio, giunta a sfiorare il Cielo inizia a scendere verso la terra per gravità, così la speranza di ognuno sfiora il successo, destinato a subire la gravità di un vivere spento dall'essere orientato esclusivamente al vivere. Nulla che esista è privo del principio che è sua causa, e la ciclicità della vita a quella stessa causa conduce.

lunedì 20 aprile 2015

I perché della cattiveria

Il mondo è affollato da persone malvagie, perché la relativa libertà di cui tutti godono, o soffrono, è crudele con chi è poco intelligente. Naturalmente non si può dire che l'individuo intellettivamente poco dotato sospetti di trovarsi nel mirino della Verità, e neppure potrebbe immaginare che l'universo intero esista grazie alla Verità. Il cattivo pensa che la realtà sia come la gomma da masticare, e basti avere fauci adatte e canini appuntiti per poterle dare forme e significati di proprio gusto. Gli stupidi sono certi che tutto sia soggettivo, masticabile, e che la Verità non esista in ragione del fatto che nella necessaria relatività, alla quale tutto l'esistente è sottomesso, ogni verità non è totale e assoluta. Così il cattivo crede di potersi approfittare dell'incompletezza delle verità particolari, sempre soggette al poter essere ribaltate, e di rivoltarle a suo piacimento. Per questa incompletezza di tutte le verità relative in moltissimi pensano che non possa esistere una Verità che sia assoluta. Tutti coloro che affermano non esista la Verità assoluta neppure si accorgono che, stando a quello che essi affermano, neppure la verità da loro detta potrebbe essere assoluta e, di conseguenza, essa non potrebbe essere esatta, perché ci sarebbe una verità che le è contraria. Questo significa che l'assunto di partenza - che la Verità assoluta non esista - era errato perché generatore di una sintesi contraddittoria.
La realtà è ancora più complessa, perché la Verità assoluta è l'Assoluto stesso, il Quale non appartiene all'esistenza perché Esso è la Causa dell'esistenza e, in quanto causa, non partecipa ai suoi effetti né da questi potrà essere modificato. È così anche per le cause relative all'interno della realtà relativa, ed è così perché il relativo è conseguenza dell'Assoluto ed è quindi regolato dalle leggi universali emanate dall'Assoluto.
Il Mistero assoluto, essendo indiviso infinito ed eterno è insondabile dagli effetti che determina attraverso il dispiegamento delle Sue potenzialità, le quali divengono attuali poiché L'Assoluto è unico e indiviso, dunque potenzialità e attualità sono un'unica realtà: ciò che è possibile diviene e ciò che non lo è rientra nella "Non esistenza" che contiene in principio l'esistenza prima che possa manifestarsi. Il Mistero assoluto si riflette nella "Non esistenza", la quale implica tutte le possibilità di non manifestazione, e successivamente nell'esistenza. Il linguaggio consequenziale e relativo non ha modi migliori per chiamare la realtà che precede l'esistenza, per questo essa è definita come fosse una "Non esistenza", ma essa è maggiore dell'esistenza perché la contiene prima che essa sia. La Verità assoluta contiene in sé la verità totale, che si divide in verità generale e verità particolari. Quella generale è data dall'equilibrio formato dalla somma di tutte le verità particolari e incomplete, ma né la verità generale e neppure quelle particolari sono assolute, e non possono esserlo perché sono immerse nell'esistenza. Le persone stupide pensano che ci sia solo l'esistenza, e che essa sia priva di princìpi universalmente applicabili. Per questo la stupidità si trasforma nelle ingiustizie giustificate dalle emozioni, ma non sostenute dall'intelligenza che conosce i princìpi universali che governano il tutto, modulando il dispiegamento di tutto ciò che è. La cattiveria affonda le sue radici nell'incomprensione delle ragioni ultime del male, perché esso è il volto oscuro della realtà relativa, quello in opposizione al bene. Bene e male sono indivisibili, perché ognuno disegna i confini dell'altro e sono confini in perenne movimento, così che il bene può trasformarsi in male e quest'ultimo a propria volta in bene. L'Assoluto è Libertà assoluta, per questo non potersi contraddire ci lascia liberi di scegliere e di commettere anche il male; ci lascia liberi di essere malvagi, ingiusti e stupidi, perché è solo attraverso la lotta delle verità contrastanti tra loro che la conoscenza può maturare le proprie possibilità di perfezione. A ognuno è concessa la scelta tra bene e male, e solo l'intelligenza in accordo armonico col sentimento e la volontà potrà riconoscere le differenze che separano l'equilibrio dal disequilibrio, le armonie dalle disarmonie. Il fine dell'esistenza è la conoscenza perfetta necessaria per poter agire, o non agire, perfettamente. La cattiveria deriva dalla non comprensione della Verità prima e ultima, e la non comprensione consente all'egoismo di credersi un diritto inalienabile. L'egoismo, invece, è funzionale all'altruismo come il male lo è al bene, e tutte queste possibilità sono orientate alla maturazione della consapevolezza spirituale, la quale è diretta alla realizzazione della Libertà assoluta, che è anche Verità assoluta, perché l'Assoluto è uno.

giovedì 16 aprile 2015

Sul nomadismo

Abele era allevatore, nomade dunque, mentre Caino era agricoltore, stanziale di conseguenza. Ora Caino sta di nuovo uccidendo Abele violando il suo diritto di rappresentare l'altro volto del poter essere stanziali, a dimostrazione che ci troviamo alla fine di un ciclo dell'umanità, che si trova nelle stesse condizioni di un moribondo al suo ultimo, goloso, pasto... Allo stanziale è associata l'arte delle immagini, al nomade quella della musica, ma entrambi sono i volti in apparente antagonismo, che è complementarità, nei quali la realtà relativa si mostra. I cittadini, nelle loro grasse e soffocanti città, detestano la libertà nella quale il nomade danza la propria musica di vita, e ostacola con tutti i mezzi e il cemento che ha chi si oppone alla orrenda costrizione data dal dover vivere ammassati. Ora in nomadi sono risucchiati da coloro che ritengono di essere "civili" nel loro inquinare di veleni il pianeta, e hanno ridotto alla miseria le tribù che un tempo sono state nobili, così i bimbi dei nomadi sono odiati e odiano chi li odia, in un circolo vizioso dove a danzare è solo il demonio del profitto a qualunque costo.

La libertà di non sbagliare

Che cosa strana che sia possibile avere in dono dall'Assoluto la conoscenza perfetta dei princìpi normativi dell'esistenza, quando non si è fatto altro che sbagliare nella propria vita. Ci sono moltitudini di monaci che hanno vissuto egregiamente nella fatica del sacrificio di sé, vero o presunto non potrei dire, che si lamentano al termine della loro vita per essersi trovati a stringere solo un pugno di sfuggente sabbia. Ma cosa cazzo gli è venuto in mente al Padreterno di farmi uno scherzo di così cattivo gusto? Non poteva lasciarmi dov'ero, certamente scomodo, ma senza l'intero mondo che mi detesta, quando non odia, perché stupidamente convinto che io, orgogliosamente, esponga una conoscenza che mi appartiene perché l'ho rubata ad altri, oppure inventata. Nulla di quel poco che so è di mia proprietà, perché quello che vedo sta lì, di fronte allo sguardo di tutti che, per assenza di qualificazioni che li dispongano al vedere la verità, si ostinano a guardare da altre parti. Luoghi dell'anima che ritengono essere più soddisfacenti per sé. Ma la Verità è oltre la convenienza, perché essa è l'obbligo dato dalla Libertà assoluta... Quella che consente di essere liberi di non sbagliare.

Quella che non ha mai bisogno di ripetersi

L'esistenza non è quello che sembra essere, quando considerata attraverso la sola modalità corporea che è solo uno degli indefiniti modi dai quali l'essere umano è condizionato. Non tutto il nostro essere è soggetto all'estensione e alla durata, e ci sono altri indefiniti prolungamenti del nostro essere che si estendono ben oltre lo spazio e il tempo. La sfera psichica che riguarda le emozioni e la mente non è sottomessa alle condizioni spaziali e temporali, ed essa costituisce l'ordito sottile e verticale attraverso il quale si intesse la trama orizzontale che dà forma alla realtà che chiamiamo "fisica". Ordito e trama corrispondono a qualità e quantità, che sono due princìpi universali, perché applicabili all'intera manifestazione dell'universo relativo. Ciò che l'uomo crede sia una dimensione dell'essere fine a se stessa, che si regge sul nulla di obiettivi casuali in realtà, quando osservata dal punto centrale dal quale tutta la molteplicità procede, si rivela il magnifico arabesco nel quale la libertà di scegliere esprime la propria, infinita, creatività, quella che non ha mai bisogno di ripetersi.

martedì 14 aprile 2015

Chi o cosa torna a una nuova esistenza?


Chi o cosa torna a vivere una nuova esistenza?


È un argomento estremamente complesso e di ardua soluzione, a causa del dover ragionare attraverso le analogie che legano tra loro il superiore e l'inferiore dato dal capovolgimento del primo che si riflette invertendosi nel secondo. Ci si immagini una spirale a simbolo dell'esistenza, tagliata orizzontalmente da piani che sono l'immagine di quelli sui quali l'esistenza si svolge. La spira che percorre i diversi piani entra in un piano uscendo dal precedente, e esce dal piano sul quale si è vissuti entrando in quello successivo, facendolo senza soluzione di continuità. L'essere nasce senza poterlo decidere, perché la porzione della spira entrante nel piano di realtà che coinvolgerà la sua esistenza si trova ancora al di fuori da questo piano. Per inversione analogica anche la parte di spira che con la sua morte uscirà dallo stesso piano sarà esterna al piano considerato. Significa che l'essere non potrà decidere di nascere, ma sempre per la stessa inversione potrà decidere quando e se morire, ma non potrà evitare di morire. Tra queste due porzioni della stessa spirale c'è il piano di esistenza da considerare, che è il mezzo attraverso cui l'essere vive e conosce. Se questo essere porterà a maturazione tutte le possibilità implicite alla sua individualità, in questo caso quella umana, si troverà al centro di questo piano esistenziale, sulla direttrice verticale che lo condurrà dai piccoli misteri ai grandi misteri che si differenziano dai primi perché di ordine sovra individuale. Ma cosa si trasforma nell'essere che muore? Muore per primo il corpo che è stato l'ultimo a prendere forma con la nascita che è l'inversione della morte e, di seguito, col tempo morirà anche la mente. Resterà la centralità spirituale, il sé dal quale prende forma la personalità. Ma cosa differenzia le diverse personalità degli esseri tutti diversi tra loro perché espressione della diversità che è legge universale? Le sacre scritture vediche chiamano "apurva" la memoria che il sé custodisce all'interno dell'embrione che attende, dopo la morte dell'essere al quale il sé era associato, una nuova esistenza, che sarà diversa da quella umana perché Il Mistero assoluto non si ripete mai. Che rivivrà sarà sempre lo stesso sé unico e identico in tutti gli esseri, che esprimerà differenziandosi nell'esistenza attraverso nuovi esseri che si sentiranno sempre lo stesso io perché è dal Sè identico per tutti che traggono coscienza, ma la memoria del sé contiene l'apurva che è diversa per ognuno. Così, quando il sé rivivrà, lo farà partendo dalla memoria individuale e l'essere nuovo che nascerà all'esistenza sarà lo stesso io che è stato in altre esistenze, ma sarà anche un nuovo essere, diverso da quelli da cui è stato preceduto. Capisco che non sia facile comprendere quello che ho appena illustrato e che, ricordo, non è farina del mio ipotizzare, ma quanto riportato dai Veda.

domenica 12 aprile 2015

Urla di vittorie che saranno presto dimenticate

Un mondo affollato di esseri, ognuno con la propria coscienza che si arricchisce vivendo.
Un pianeta meraviglioso, casa di diversità che sembrano senza fine fanno da scenario a un vivere difficoltoso, dove intelligenze vorrebbero poter dare risposta agli interrogativi sollevati dall'esistenza.
Moltitudini di scienziati ipotizzano teorie, senza chiedersi quali siano i princìpi normativi, perché fissi, rispetto al tutto in perenne movimento attorno al proprio asse.
E intanto lucidano il tostapane cromato che hanno messo sul piedistallo delle proprie incertezze.
Preti che non credono e fedeli che fingono di credere, si riuniscono nelle chiese a stringersi la mano, mentre lo sguardo sfuggente della loro coscienza vorrebbe raggiungere l'uscita e arrendersi al sole.
Un inferno vuoto che fa da contraltare a un Paradiso affollato è la nuova religione, che al cancello della sua entrata ha la boccia di vetro che contiene le verità da masticare, acquistabili da monete pesanti come i rimorsi.
Quanto potrà durare ancora la meraviglia di questo pianeta non è dato sapere, ma tutti sentono un fiato raggelante sul collo, che è respiro di una natura stanca, ma in agguato dietro alle nostre orecchie sorde, e pronta a coprire di radici nuove i nostri misfatti.
Altre umanità verranno dopo questa, e i vortici di altre distruzioni ruoteranno attorno ai princìpi fissi che sono norma per l'intero universo.
Altri cuori pulseranno, umani e animali, spingendo sangue che sarà ancora versato davanti alle urla di vittorie che saranno presto dimenticate.

venerdì 10 aprile 2015

La vista del "Terzo occhio"

La conoscenza di ordine culturale, quella che è mediata dalla mente, non può colmare la distanza che separa chi conosce dalla realtà che cerca di conoscere, ed è una distanza che, impedendo l'identificazione del conoscente col conosciuto, impone la necessità di una interpretazione che degraderà la qualità della sintesi ricercata. Diversamente la vera conoscenza princìpiale (di principio) annulla questa distanza, corrispondendo al risultato dato dall'identificazione tra conoscente e conosciuto - dalla visuale di chi conosce - che è assimilazione quando considerata dal punto di vista della realtà conosciuta. La consapevolezza spirituale degli uomini di conoscenza non è mediata dalla loro mente, è dunque immediata, perché avviene sul piano informale dell'Intuito sovra individuale, diretto e immediato perché al di sopra del tempo. Quest'ultimo modo di dire - che l'Intuizione intellettuale sia al di sopra o al di là della durata temporale - in realtà non sarebbe corretto, perché dicendo "al di sopra", oppure "al di là", si coinvolge l'estensione, mentre l'Intelligenza universale, alla quale l'essere che è stato illuminato dall'assoluto attraverso un maestro ha accesso, non è sottomessa ad altro che alla Verità unica perché assoluta, centro di ogni altra realtà. La comunicazione immediata col centro di sé, concessa dall'iniziazione, dà accesso all'Intelligenza universale, della quale l'intelligenza individuale costituisce un effetto, e più spesso anche la sua vergogna.
Colui che conosce direttamente i princìpi di ordine universale, quindi applicabili a ogni aspetto dell'esistenza, sia esso microcosmico che macrocosmico, non  ipotizza più né inventa o formula idee personali; ed è questo il prezzo pagato da chi "vede" senza dover interpretare per conoscere il senso delle realtà viste attraverso i loro princìpi.
La vista spirituale è possibile perché la centralità dell'uomo è assoluta e uguale al Mistero. Se così non fosse non sarebbe possibile, per l'essere umano, conoscere in modo assoluto e privo del dubbio.
Cita un detto Sufi: la Certezza iniziatica è come l'infinità interna del Mistero assoluto, la quale non può esaurirLo.

Esseri appartenenti a tutte le diverse popolazioni hanno condiviso questo sapere universale, ma nessuno ne è mai stato e mai ne sarà il proprietario, perché non è una conoscenza umana e neppure di altre specie dell'universo. All'essere che conosce in questo modo che supera, non negandola, la logica propria a una corretta razionalità, è dato "vedere" gli stessi princìpi visti da altri che, come lui, hanno accesso alla stessa vista interna, ma ognuno di questi illuminati vede le verità di principio secondo il grado del proprio avanzamento spirituale e personale, secondo gli aspetti che ognuno di essi vuole evidenziare. Nessuna delle visuali adottate potrà contraddire quelle degli altri illuminati, perché tutte queste visuali procedono dalla stessa centralità che è loro inizio e loro sintesi.

mercoledì 8 aprile 2015

Una specie di magia negativa...

Appare strano che, nonostante tutti sappiano che senza la conoscenza dei princìpi del calcolo matematico sia impossibile procedere oltre nel risolvere problemi matematici, ugualmente tutti si ostinino a formulare ipotesi strampalate sull'esistenza... senza conoscere i princìpi normativi della ciclicità esistenziale. Quando accenno all'esistenza di questi princìpi universali... non ce n'è uno che sia tentato dal chiedermi di cosa si tratti. 
È una specie di magia negativa, quella che tiene lontane le persone dal porsi questioni tanto essenziali alla comprensione della vita, e delle sue ragioni d'essere...

martedì 7 aprile 2015

L'aura


L'aura la vediamo tutti, quando siamo di fronte a qualsiasi pulsazione vitale, e la conseguente intuizione che ne deriva è chiamata, impropriamente quanto ingenuamente "sensazione a pelle", come fosse un'emozione di natura istintiva. L'istinto è anch'esso frutto dell'intuizione, ma rappresenta il suo aspetto inferiore volto alla sopravvivenza della specie, mentre l'intuito di ordine intellettuale - che non è la celebrata "ragione" perché la precede - è la capacità di cogliere, nell'immediatezza della propria portata intellettiva, prima che essa sia mediata dalla mente che le darà forme diverse e sovente degradate, capacità intellettiva chiamata "intuizione spirituale", di cogliere, stavo dicendo, aspetti del vegetale, dell'animale o della persona che ci sta davanti, cogliere in un modo diretto qualità che appartengono ai prolungamenti energetici sottili, non percepibili dai sensi ma visibili all'intelletto, quando esso è sufficientemente sviluppato da essere intuitivamente ricettivo. L'aura la vedono tutti, ma ognuno secondo le qualità intrinseche alla propria intelligenza. Gli unici esseri incapaci di cogliere il senso profondo di ciò che è chiamata aura sono gli individui che credono essa sia un alone colorato, analogo a quello mostrato dalla foto Kirlian, che mostra i campi elettromagnetici che attorniano ogni realtà vivente. Paradossalmente chi asserisce di vedere con gli occhi l'aura è proprio colui che, illudendosi sulla sua natura, non può vederla.

Cause e loro effetti

I princìpi che sono norma universale che regola il dispiegamento dell'esistenza, nelle sue implicite possibilità di essere sono molteplici, e ordinati gerarchicamente tra loro in dipendenza della prossimità di ognuno al centro unico dal quale prendono avvio nel loro essere al grado minimo di relatività. Ovviamente i princìpi applicabili all'intero universo non sono assoluti, perché assoluto indica unicità nell'essere unico, e mai correlazione. La qualità e la quantità sono, ad esempio, i primi due principi applicabili a tutto l'universo, che ha nel centro la sua correlativa circonferenza, nel sopra l'inversione del sotto, così come ogni interno ha il proprio esterno. Da questi princìpi discendono, consequenzialmente in una successione di cause e loro effetti tutte le implicazioni, che sono complicazioni, della semplicità primordiale che dall'unità diviene unicità nella molteplicità. Un conseguenza dei princìpi è, per semplificare il complesso discorso, che nessun contenuto potrà comprendere il proprio contenitore. Questo significa che essendo la logica uno degli effetti della Verità essenziale, quindi un suo contenuto, essa non potrà comprendere nella sua interezza la Verità essenziale. Questa è metafisica tradizionale che si occupa, attraverso la vista interiore e immediata (non mentale dunque), di considerare l'esistenza attraverso la consapevolezza spirituale dei princìpi, al fine di comprenderne il senso primo e ultimo. Chi pensasse che questo senso non esista in sé, ma fosse dato dall'interpretazione individuale di ordine emotivo, oppure razionale, commetterebbe un grave errore, perché priverebbe l'esistenza del valore che in quel modo sarebbe assegnato soltanto all'individuo singolo, il quale non è causa dell'esistenza, ma solo uno dei suoi indefiniti effetti, e mai un effetto può essere legiferante nei confronti della propria causa. 


Il puntino sulla circonferenza, che simbolicamente rappresenta l'esistenza, è solo un'esemplificazione analogica, è ovvio che tu non sia un puntino, come è altrettanto evidente che ogni essere è al centro dell'universo dal proprio punto di vista. La tua centralità, in effetti, è identica a tutte le altre centralità delle quali ognuno è l'espressione differenziata della Centralità unica e universale della quale l'universo è, macrocosmicamente, la realizzazione, come tu sei l'espressione individuale e microcosmica della stessa e unica centralità spirituale. Ogni centralità individuale, allo stesso modo di quella universale, si esprime in una unicità perché nulla nella realtà si ripete in modo identico a qualcos'altro, perché l'Assoluto chiamato Dio, essendo infinito, rifiuta la replicazione identica, e il solo fatto che ogni realtà occupi spazi differenti rende queste realtà differenti tra loro. Noi siamo al centro di tutto, perché è il nostro centro a esserlo. Tu ti senti un "io" come si sente chiunque altro, e questo è dato dal fatto che l'io è la superficie della centralità interiore, se così non fosse sarebbe contraddittorio che tutti si sentano lo stesso io. Il Centro è amore, la circonferenza invece è la sua esteriorità capovolta, dunque aperta anche all'odio. Compito e destino di tutti gli esseri è quello di identificarsi alla propria centralità abbandonando l'ego. Lo so che non è facile capirlo, ma l'affermazione che ha motivato questi commenti dice l'esatto contrario, ovvero che l'egoismo ha il diritto dovere di inventarsi obiettivi propri al posto di riconoscere la infinita vastità creativa dell'amore universale del quale siamo il frutto, e al quale dobbiamo rendere onore e dignità. 

Cosa misura l'intelligenza?


La frase di Einstein dice esattamente che la misura dell'intelligenza sia data dalla capacità di cambiare quando fosse necessario. La misura significa quantificazione e insieme qualificazione determinativa, e il fatto di riuscire a riconoscere quando un cambiamento si sia reso necessario non misura affatto l'intelligenza di qualcuno, nemmeno quando il cambiamento porterà a un relativo miglioramento. Qualcuno di voi pensa forse che se un nazista decidesse di cambiare migliorando di poco col suo limitarsi a essere soltanto fascista... la sua intelligenza per questo sarebbe misurabile in uno dei qualsiasi modi nei quali essa potrebbe essere misurata? L'intelligenza sarebbe misurata in relazione a che cosa? Quando si misura occorre avere un riferimento che sia preciso: se misuro una stanza uso il metro, ma se volessi misurare la mia intelligenza con cosa potrei farlo? Esiste forse uno strumento che la misuri? Secondo alcuni di voi quello strumento sarebbe nella semplice decisione, o accettazione di un cambiamento? A complicare le cose c'è il fatto che l'intelligenza non ha solo un suo preciso aspetto, ma ne ha molti e diversi tra loro. Cosa sarebbe per voi l'intelligenza, se non la capacità di riconoscere le cause profonde degli aspetti delle realtà considerate? Decidere di cambiare semmai riguarderà uno solo di questi aspetti, quello dell'onestà intellettuale che riconosciuta l'esigenza le si uniforma. È, forse, l'onestà intellettuale definibile come tutta l'intelligenza? No di certo, perché si può essere intellettualmente onesti anche se la propria intelligenza fosse scarsa, e per inversione analogica è possibile essere molto intelligenti, ma disonesti. Se confrontiamo tra loro questi due individui si vedrà che quello onesto è superiore al disonesto nella qualità delle proprie pregiate intenzioni, ma resterà a quello inferiore nel grado di intelligenza di cui può disporre. È dura discutere con me, lo riconosco, anche se la mia è un'intelligenza normale, ma per vedere chiaro la verità delle cose la propria intelligenza personale non basta, occorre sapere scansare il proprio orgoglio per non correre il rischio di parlare per interesse personale. Questa ultima qualità sì che misura l'intelligenza, e di conseguenza pure la profondità alla quale essa riesce ad addentrarsi. A me Einstein piace e mi è molto simpatico, sicuramente aveva una notevole intelligenza rivolta al calcolo numerico e ai problemi di soluzione scientifica, ma la sua capacità di penetrare la sfera causale dei princìpi che sono norma della realtà manifestata era decisamente approssimativa.

Destino individuale e destino universale

Ci si immagini un centro e la sua circonferenza come fossero la rappresentazione simbolica dell'esistenza. Il centro è un unico punto privo di estensione e di forma, ideale dunque e unico, mentre la circonferenza è costituita da una moltitudine di punti, ognuno di essi unico, costituenti le unicità nella molteplicità che è data dal capovolgimento dell'unità del principio centrale dal quale essa deriva, e del quale è l'inversione conseguente al riflettersi dell'unità centrale nelle unicità dei diversi punti periferici. 
Unità che precede la molteplicità, perché quest'ultima, senza di essa, non potrebbe esistere come non potrebbe il due se non ci fosse il numero uno a determinarlo.
L'esistenza è un dono frutto del sacrificio primordiale che l'Assoluto compie a causa della sua assolutezza indivisa, nella quale potenza e atto sono un'unica realtà: ciò che rientra nelle possibilità di essere inizia a essere, e lo fa seguendo la natura implicita alle proprie possibilità. Il centro è uno a immagine dell'Assoluto, mentre la circonferenza è molteplice a immagine della relatività che è conseguenza del riflesso capovolto della centralità.
Nel centro c'è l'amore l'armonia e la pace, sulla circonferenza c'è amore e odio, armonia e disarmonia, pace e guerra.
Lo sdoppiamento delle polarità in opposizione tra loro perché imperfette è funzionale alla ricerca della perfezione unica e centrale, ed è verso il centro generatore che ogni punto imperfetto sulla circonferenza ciclicamente tende.
Ogni punto ha la sua via da percorrere, unica perché adatta alla diversità di ognuno, ma nel percorso vitale di avvicinamento alla centralità la distanza che separa le diverse vie, rappresentate dai raggi che portano al centro, diminuisce fino ad annullarsi nello stesso centro.

Le vie individuali costituiscono i diversi destini individuali che hanno gli esseri, mentre il centro rappresenta il destino universale che è di tutti.

Prove per l'intelligenza e per la fede


Darò un paio di prove, riservate all'intelligenza logica: quando qualcuno afferma che la Verità assoluta non esiste cade in una contraddizione irriducibile, perché così dicendo nega la verità che ha affermato... non essendo quest'ultima assoluta. Quando un'affermazione ha una contraddizione al suo interno significa che l'assunto di partenza dal quale la sua illogicità procede è errato, e il punto dal quale questa affermazione è proceduta dice che la Verità assoluta non esista. Significa quindi che, necessariamente, la Verità assoluta esiste ed esiste senza bisogno di fede, ma solo di una intelligenza capace di accorgersene. L'altro esempio è il seguente: nell'universo tutto è in movimento e nessuna realtà può fermarsi, pena la morte conseguente all'arrestarsi della vibrazione vitale. Ma cosa impone al tutto l'incessante movimento? La legge che è principio universale del movimento, la quale impone al tutto la ciclicità è fissa, e non potrebbe muoversi a propria volta, perché se lo facesse tutto si fermerebbe e la vita cesserebbe. Dunque il principio universale che è norma del movimento è anche sua causa, asse fisso attorno al quale la rotazione cosmica vortica. La causa non è soggetta alle imposizioni che dà ai propri effetti, né da questi può essere modificata. Come si vede facile... non occorre avere fede quando si conoscono, in modo assoluto, i princìpi universali che ordinano la realtà manifestata. La fede, per un iniziato ai misteri è ancora necessaria, e lo è perché un iniziato è agli inizi della conoscenza assoluta, agli inizi o in qualche grado successivo al conoscere iniziale nella Certezza assoluta, che esaurisce il suo compito solo quando colui che è stato iniziato riuscirà a identificarsi all'Assoluto attraverso gli atti del proprio vivere. Solo a quel punto centrale l'essere sarà oltre le limitazioni imposte dall'essere, come è stato per Gesù.

Scienza sperimentale e princìpi universali


La conoscenza iniziatica si avvale della consapevolezza dei princìpi universali e non ha punti di contatto con la scienza profana. Sono due domini diversi, anche se contigui sulla verticale che dai princìpi metafisici scende ai princìpi della natura, che dei primi sono una conseguenza. Per questo la metafisica - quella universale, che nulla ha a che fare con quella supposta da Kant - per questo, dicevo, le scienze sperimentali sono indipendenti da quella dello spirito. L'esistenza, e la natura che costituisce il suo appoggio, sono conseguenza delle leggi universalmente applicabili, e non ha necessità, per continuare la sua ciclica corsa, della consapevolezza universale. Quando questa è presente, però, si sanno vedere anche le essenze delle verità che si conoscono nell'immediatezza intuitiva che non è emotiva, dunque non è neppure morale. Quello che posso dire, perché è davanti alla mia comprensione principiale (dei princìpi quindi) è che l'interdivoramento che sostiene l'esistenza sarà interrotto dalla conoscenza della dottrina eterna che conduce al di là dell'esistenza manifestata che conosciamo (si fa per dire). La perfezione assoluta è l'inizio e il fine della vita ed è al di là del movimento. Se l'universo potesse raggiungere questa Perfezione cesserebbe di essere insieme alle ragioni per le quali esso è il mezzo e non il fine. Per l'essere che matura, attraverso il sacrificio di sé, l'identificazione con la Realtà assoluta, non c'è l'estinzione assoluta, che non avrebbe senso ci fosse, ma un ampliamento totale della centralità della quale esso è l'espressione individualizzata. Fusi, ma non confusi, diceva Maestro Eckart, e lo stesso concetto è così espresso dalle scritture vediche: Come goccia d'acqua su pietra che scotta si espande al massimo delle sue possibilità senza estinguersi, così l'essere realizzato si fonde nell'Assoluto non perdendo ciò che esso in realtà è sempre stato anche nella dimenticanza di Sé.

Sui punti di vista


Per capire la natura dei punti di vista occorre immaginarsi una circonferenza sulla quale coesistono indefiniti punti, ognuno di essi occupante una posizione diversa da ogni altra. La visuale di ognuno di questi punti ne ha una in opposizione che le si oppone, altrettanto vera quando considerata dalla visuale opposta. Tutte queste diverse visuali corrispondono a una molteplicità di punti di vista, ognuno incompleto e insufficiente a causa della presenza, altrettanto valida, del suo correlativo opposto. Ma c'è un punto che non avendo un correlativo che gli si possa opporre non è, propriamente, considerabile come fosse un punto di vista: esso è quello centrale alla circonferenza e del quale quest'ultima è l'espressione capovolta della sua unità, che sulla circonferenza dal centro generata diviene unicità nella molteplicità. Normalmente la quasi totalità delle persone interpreta la realtà dalla propria visuale, attraverso la loro intelligenza individuale, ma ci sono rarissimi individui che hanno avuto in dono dal Mistero assoluto l'accesso alla visuale centrale data dall'Intelligenza universale, propria all'unità, che è causa di quelle individuali. Queste persone sono dette essere state illuminate a causa del loro comunicare direttamente col centro di sé. Centro identico per tutti gli esseri, riflessione dell'Assoluto. Costoro "vedono" nell'immediatezza sovra temporale, non relativa, esente dunque dal dubbio, e lo fanno grazie alla consapevolezza interiore e spirituale, dei princìpi normativi della manifestazione dell'esistenza. Questi illuminati (termine abusato in modo impressionante) non possono più formulare ipotesi personali né avere idee proprie, perché questo è il prezzo che deve pagare chi vede la verità dei princìpi. La prima illuminazione corrisponde all'entrata nella sfera delle cause. Il difficile arriva quando essi devono applicare su di sé la Verità conosciuta nella sua essenza. Perdonami la pappardella   Ho scordato di scrivere che il centro non ha la circonferenza in opposizione, perché la circonferenza è un suo effetto e mai un effetto può opporsi alla causa dalla quale è stato generato. P.S: la verità detta oggettiva ha il suo correlativo in quella soggettiva, per questo occorre dire che anch'essa corrisponda al più generale dei punti di vista, mentre quella soggettive è il più particolare tra questi. La Verità centrale è oltre l'oggettività e la soggettività.

Sull'ipotetica equivalenza di vita e di morte


Vita e morte non possono essere equivalenti, come non lo sono tutte le realtà in opposizione tra loro che, però, divengono una complementarità quando osservate da una visuale più elevata. Complementarità che è destinata a risolversi nell'unità dalla quale i poli in opposizione apparente sono stati generati. Affermare la loro equivalenza, e un loro presunto isomorfismo, significa credere che tutte le opposizioni siano equivalenti nella forma e nella sostanza, mentre vita e morte costituiscono due realtà che si specchiano una di fronte all'altra, ognuna di esse capovolta nel confronto con l'altra. Quello che si deve dire, invece, è che ogni nascita corrisponde a una morte avvenuta su un diverso e contiguo piano di realtà, e a ogni morte corrisponderà una successiva nascita su un altro e diverso piano, anch'esso contiguo, di realtà. L'esistenza può essere simboleggiata da una spirale tridimensionale e ogni sua sezione orizzontale determina un piano di realtà. La spira che entra nel piano considerato corrisponde alla nascita, e anticipando il piano non può essere decisa da chi nasce su quel piano. La porzione di spira che uscirà dallo stesso piano, essendo all'interno di quello potrà essere decisa da chi muore, ma non potrà essere arrestata. Infatti si può decidere di morire, ma non di evitare la morte. Le due condizioni opposte mostrano che nascita e morte non sono realtà tra loro isomorfe, perché il non poter decidere di nascere ha in opposizione il poter decidere di morire. Spero di aver chiarito sufficientemente le ragioni di principio per le quali vita e morte non siano da considerarsi equivalenti, perché per esserlo dovrebbero condividere le stesse caratteristiche sullo stesso piano di realtà, e come ho appena illustrato... così non è.

Sulle fedi e sulla Fede


La fede, come ogni altra realtà, ha le sue gradazioni che le conferiscono qualità positive o negative in relazione alle qualità dell'intelligenza e del sentimento che la motivano. Nell'impossibilità di analizzare tutti i tipi di fedi possibili mi limiterò a farlo coi suoi due estremi: in basso c'è la fede cieca, che si avvale esclusivamente delle emozioni, e può essere fede nella Trascendenza divina, o nel dittatore di turno. In alto c'è la fede che, avvalendosi della logica, armonizza il sentimento con le esigenze dell'intelletto. Questo vale per la quasi totalità delle persone, ma al di là della fede comunemente considerata e che riguarda la generalità delle persone del pianeta, è necessario considerare un fede diversa da tutte le altre perché non si affida al credere o al non credere, ma alla consapevolezza di ordine spirituale. Chi nutre una qualsiasi delle fedi delle quali ho descritto le due polarità estreme non ha alcuna certezza assoluta, e non ce l'ha perché è costretto a considerare la  realtà attraverso la propria intelligenza individuale: quando il sentimento supera la ragione si tende al credere o al non credere, e pure se è l'intelligenza a essere dominante si è costretti al credere o al non credere perché non si ha la Certezza assoluta dei princìpi normativi che modulano, secondo leggi fisse e universali, il dipanarsi ciclico della manifestazione dell'esistenza. I rari individui che "vedono" la realtà in modo diretto e non mediato dalla mente è detto che siano stati illuminati dall'Assoluto, il Quale ha concesso loro di poter comunicare col Centro di se stessi, che è assoluto e identico a se stesso in tutti gli esseri. Un illuminato (da non confondersi con quella organizzazione chiamata "degli illuminati") è colui che ha avuto accesso all'Intelligenza universale e "vede", nella Certezza assoluta, i princìpi universali perché l'apertura interiore data dall'Assoluto glielo consente. Esso "vede" al di sopra del tempo la Verità che dovrà essere da lui attuata nel proprio vivere, perché sempre la Verità è realizzativa essendo Essa totale. Colui che intuisce direttamente la Verità non formula più ipotesi e non ha più idee personali, perché la Verità vista è superiore alle invenzioni individuali. Questa che sto descrivendo è una Certezza assoluta, possibile soltanto perché il nostro Centro è assoluto legame con il Centro di tutti i centri che l'uomo chiama Dio. L'intelligenza individuale, figlia minore e troppo spesso anche vergogna di quella universale, nell'iniziato ai misteri è utilizzata soltanto per tradurre in parole ciò che è "visto" dall'Intuire spirituale, che supera anche la razionalità logica e discorsiva. La supera perché la logica è conseguenza della Verità totale, ed essendo contenuta dalla Verità non potrà contenere tutta la Verità a propria volta, perché mai un contenuto può contenere il proprio contenitore, così come il meno non può contenere il più. La Certezza di cui sto illustrando alcune caratteristiche non ha bisogno della fede, perché non ha punti di contatto col credere e neppure col non credere, ma è il puro conoscere al di sopra delle opposizioni che si risolvono nella complementarità degli opposti destinata a risolversi nel loro principio comune, dal quale l'opposizione è nata per divisione e moltiplicazione successiva. Dice un detto dei Sufi: "La Certezza iniziatica ha la stessa natura dell'infinità interna al Mistero assoluto, la quale non può esaurirlo". Per questa Certezza l'iniziato, e a maggior ragione il maestro che lo ha iniziato per volere dell'Assoluto, è visto dai profani come un presuntuoso, ed è per questo motivo che Gesù, maestro dei maestri, è stato crocifisso.

domenica 5 aprile 2015

Un po' di chiarezza su cosa sia in realtà la "guerra santa" dell'Islam...

Ho deciso di pubblicare queste mie considerazioni, frutto di trentacinque anni di studi attorno a tutte le religioni non duali del pianeta, e della dottrina metafisica universale che comprende l'induismo, il taoismo e il buddhismo, dopo quanto è accaduto in Kenia con l'uccisione di 148 cristiani da parte di fondamentalisti criminali che si spacciano per essere dei musulmani, ma non lo sono, e ne spiegherò brevemente le indiscutibili ragioni di principio.

Ci sono due tipi di guerre, una di occupazione e un'altra di liberazione. La prima porta disordine e la seconda ricompone gli equilibri spezzati dalla prima. Così è anche per la guerra che ognuno combatte contro il proprio egoismo, che l'Islam chiama "Grande guerra" (el-jihadul-akbar) e la "piccola guerra" contro chi adora gli idoli (el-jihadul-acghar). Il sacro Corano parla di Gesù definendolo un Profeta inviato da Dio e i veri cristiani, per il Corano, non sono da considerarsi degli infedeli, così come non lo sono i veri ebrei. Chi lo pensasse non è da considerarsi musulmano e fedele all'Islam, perché contraddirebbe il sacro libro del Corano.


There are two types of wars, a war of occupation and the other of liberation. The first war open the door of disorder, and the second one reassembles balances broken by the first. So it is also for the war in which everyone is fighting against his own selfishness, that Islam called "Great War" (el-jihadul-akbar), and the war against those who worship idols, called the little war (el-jihadul-acghar). The Holy Koran speaks of Jesus and calling him Prophet sent by God, and the Christians, for the Koran, are not considered infidels, as well as also the Jews, for the same reasons, are not infidels. For these reasons, those who think that Christians and Jews are infidels, is not a Muslim... faithful to the principles of the Koran and the Islam.