martedì 7 aprile 2015

Sulle fedi e sulla Fede


La fede, come ogni altra realtà, ha le sue gradazioni che le conferiscono qualità positive o negative in relazione alle qualità dell'intelligenza e del sentimento che la motivano. Nell'impossibilità di analizzare tutti i tipi di fedi possibili mi limiterò a farlo coi suoi due estremi: in basso c'è la fede cieca, che si avvale esclusivamente delle emozioni, e può essere fede nella Trascendenza divina, o nel dittatore di turno. In alto c'è la fede che, avvalendosi della logica, armonizza il sentimento con le esigenze dell'intelletto. Questo vale per la quasi totalità delle persone, ma al di là della fede comunemente considerata e che riguarda la generalità delle persone del pianeta, è necessario considerare un fede diversa da tutte le altre perché non si affida al credere o al non credere, ma alla consapevolezza di ordine spirituale. Chi nutre una qualsiasi delle fedi delle quali ho descritto le due polarità estreme non ha alcuna certezza assoluta, e non ce l'ha perché è costretto a considerare la  realtà attraverso la propria intelligenza individuale: quando il sentimento supera la ragione si tende al credere o al non credere, e pure se è l'intelligenza a essere dominante si è costretti al credere o al non credere perché non si ha la Certezza assoluta dei princìpi normativi che modulano, secondo leggi fisse e universali, il dipanarsi ciclico della manifestazione dell'esistenza. I rari individui che "vedono" la realtà in modo diretto e non mediato dalla mente è detto che siano stati illuminati dall'Assoluto, il Quale ha concesso loro di poter comunicare col Centro di se stessi, che è assoluto e identico a se stesso in tutti gli esseri. Un illuminato (da non confondersi con quella organizzazione chiamata "degli illuminati") è colui che ha avuto accesso all'Intelligenza universale e "vede", nella Certezza assoluta, i princìpi universali perché l'apertura interiore data dall'Assoluto glielo consente. Esso "vede" al di sopra del tempo la Verità che dovrà essere da lui attuata nel proprio vivere, perché sempre la Verità è realizzativa essendo Essa totale. Colui che intuisce direttamente la Verità non formula più ipotesi e non ha più idee personali, perché la Verità vista è superiore alle invenzioni individuali. Questa che sto descrivendo è una Certezza assoluta, possibile soltanto perché il nostro Centro è assoluto legame con il Centro di tutti i centri che l'uomo chiama Dio. L'intelligenza individuale, figlia minore e troppo spesso anche vergogna di quella universale, nell'iniziato ai misteri è utilizzata soltanto per tradurre in parole ciò che è "visto" dall'Intuire spirituale, che supera anche la razionalità logica e discorsiva. La supera perché la logica è conseguenza della Verità totale, ed essendo contenuta dalla Verità non potrà contenere tutta la Verità a propria volta, perché mai un contenuto può contenere il proprio contenitore, così come il meno non può contenere il più. La Certezza di cui sto illustrando alcune caratteristiche non ha bisogno della fede, perché non ha punti di contatto col credere e neppure col non credere, ma è il puro conoscere al di sopra delle opposizioni che si risolvono nella complementarità degli opposti destinata a risolversi nel loro principio comune, dal quale l'opposizione è nata per divisione e moltiplicazione successiva. Dice un detto dei Sufi: "La Certezza iniziatica ha la stessa natura dell'infinità interna al Mistero assoluto, la quale non può esaurirlo". Per questa Certezza l'iniziato, e a maggior ragione il maestro che lo ha iniziato per volere dell'Assoluto, è visto dai profani come un presuntuoso, ed è per questo motivo che Gesù, maestro dei maestri, è stato crocifisso.

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