giovedì 28 febbraio 2013

La verità non è mai gratuita


La verità non è gratuita e non lo è nemmeno la vita, perché la vita deve il suo esserci alla verità. Quando si deve dire ciò che si pensa di lui, a qualcuno di cui non si è nemici, si tende sempre ad addolcire la verità, a volte per non offendere, ma il più delle volte per vigliaccheria, perché la nostra forza interiore non può pagare il prezzo che la verità chiede. Un prezzo che, quando è pagato, dona una briciola di felicità che diverrebbe una torta se la verità fosse sempre preferita alla viltà. Certamente non sempre si può dire il vero, perché la verità prima di essere vera è compassionevole, ed è questa la ragione per la quale la vita mente sulle sue essenziali ragioni d'essere.

La felicità considerata dal punto di vista della Perfezione


L'esistenza è la conseguenza della Perfezione universale, la quale è anche possibilità di essere e, dunque, si esprime attraverso la vita. Così ogni essere ha, come obbiettivo, la ricerca della propria perfezione. La vita è il mezzo attraverso il quale questa ricerca diventa possibile, e per non essere un cercare illusorio la vita sottrae la felicità ai suoi figli. La sottrae dopo aver fatto loro sperimentare cosa significa essere felici, anche solo per poco. È l'unico modo che ha la Perfezione per attirare a sé le imperfezioni di cui è fatto il mondo.

martedì 26 febbraio 2013

Bene e male


Mi è venuta l'insana esigenza di definire cosa sia la bontà. Dovrò per forza dire anche cos'è la cattiveria, ma so in anticipo che sarà un tentativo fallimentare, a causa del fatto che, in realtà, bene e male sono concetti convenzionali, volubili quanto traditori, disegnati da un uomo quando vuol dividere in due una torta allo scopo di tenere la metà più grande per sé. È a tutti noto che un bene per uno può essere un male per l'altro che gli sta di fronte, com'è il caso della torta divisa in due parti diseguali tra loro. Questa consapevolezza impedirà alla mia analisi di utilizzare un punto di vista esclusivo. In generale si può dire che è bene tutto ciò che agevola il raggiungimento della propria perfezione, mentre sarà un male quello che la ostacola, perché per definire qualcosa occorre farlo avendo in vista un obbiettivo da raggiungere che sia da considerarsi il bene supremo, oppure il male massimo raggiungibile. Le cose dette così assumono un aspetto inquietante, perché non sono rari i casi nei quali una disgrazia, o addirittura una malattia, finisce col migliorare l'esistenza di qualcuno. D'altronde non possiamo certo definire un bene una scorpacciata di deliziosi cioccolatini artigianali fatti con amore in Belgio, pur riconoscendo che il cioccolato è un bene a prescindere. Ed ecco che sfacciatamente si presenta a noi il concetto di misura, perché se una piuma rappresenta la leggerezza… una tonnellata di piume non la rappresenta più, non avendo senso parlare di una tonnellata di leggerezze. Dunque la misura è quella cosa attraverso la quale un bene faciliterà il raggiungimento della nostra perfezione senza darci spintoni pericolosi. Così si deve ammettere, per fare un esempio a casaccio, che se la pratica dello Yoga aiuta un individuo a perfezionarsi, potrà anche spezzargli una vertebra se quell'individuo tenterà di inarcare la schiena oltre i limiti consentiti dal suo organismo. Dall'altra parte della barricata il male se la ghignerebbe, nel suo non doversi porre problemi di misura. E qui si presenta un'altra importante questione da risolvere, perché l'alto si capovolge nel basso come il più nel meno. 
Si dirà:— Ma che cazzo c'entra?— 
C'entra eccome, perché la legge dell'analogia inversa vuole che sia sempre possibile verificare se un'opposizione è da considerarsi una vera opposizione in un determinato contesto. Un bene si trasformerebbe in un male se si invertisse nel proprio contrario, allo stesso modo di quanto avviene per il più rispetto al meno. È per questo che il bene deve avere misura mentre il male, al contrario, può evitare di costringersi ad averla. In definitiva si può ragionevolmente affermare che il bene ha per fine la perfezione di uno o più esseri, mentre il male lotta per mantenere ferma la loro imperfezione, o peggiorarla. Ma ora si apre un nuovo scenario, perché quando la perfezione di uno stato dell'essere è relativa è destinata al poter degenerare, allo stesso modo in cui un'imperfezione può perfezionare se stessa. La realtà relativa non si causa da sé, perché nulla è effetto e causa contemporaneamente, quindi deve avere una causa che relativa non può essere. Ciò che non è relativo è assoluto e, dunque, privo di limiti, di durata e di estensione, unico perché due assoluti costituirebbero uno il limite dell'altro negandosi a vicenda. Una Realtà assoluta è necessariamente caratterizzata dalla perfezione assoluta, la quale riflette se stessa nel suo manifestare le proprie potenzialità nelle perfezioni e imperfezioni relative della molteplicità. È a questa Perfezione che il bene tende, ma la Perfezione assoluta, essendo assoluta non ha correlativi che le si oppongano, ed è per questo che il male non può essere perfetto. Il bene è dato dal riflesso della Perfezione assoluta, mentre il male è costituito dal dividersi della Perfezione assoluta all'interno della realtà relativa. Male che non sa di essere lo strumento inconsapevole del Bene, e sarà un male relativo destinato a trasformarsi nel Bene assoluto.

Bene o male, felici o infelici, c'è sempre da farsi forti


Arriva sempre un momento nel quale ci poniamo questioni delicate, alle quali quasi nessuno sa dare delle risposte definitive, perché la relatività della realtà non lo consente. Così è per salute e malattia, perché non si può definire l'una senza coinvolgere l'altra. Perché la salute perfetta dovrebbe escludere ogni malattia, ed è impossibile farlo in questo mondo imperfetto. La stessa cosa vale per la felicità, tanto da essere costretti a dire che la felicità non è data dall'assenza dell'infelicità, ma dalla comprensione delle ragioni per le quali l'infelicità c'è. Da quella comprensione nasce la forza interiore che consente di poter sopportare sia le malattie che le infelicità, perché la serenità non la si ottiene evitando le disgrazie, ma affrontandole allo scopo di essere più forti e consapevoli. Non è raro che attraverso una infelicità si impari a essere più felici, allo stesso modo in cui, dopo una malattia, l'organismo impara a difendersi. La vita contiene il male proprio per questo, e il dovere di ognuno è quello di trasformare quel male in un bene, per sé e per gli altri.

sabato 23 febbraio 2013

La felicità ci osserva in silenzio


Il mondo intero crede che la felicità sia l'obbiettivo dell'esistenza, e poiché essere felici corrisponde a una pienezza che respinge il vuoto dato dalla solitudine, sono una moltitudine quelli che associano a uno stato d'animo la totalità delle loro speranze e dei loro atti. Tutto è compiuto per arraffare la felicità. Quasi nessuno riflette sulle cause della vita e il dolore che a queste cause è procurato dal sacrificio di sé, che sta alle origini dell'esistere e anche alla sua fine. Parrebbe essere un paradosso, ma non lo è, perché è proprio il sacrificio di sé a rendere sacra la vita, e la felicità sta nel saper attendere, con la forza della ragione, che le leggi ordinatrici della realtà trovino il momento giusto per completare la loro azione, nella necessità di armonia che deve attendere il tempo sia maturo per essere riempito di giustizia e di amore. L'armonia generale è necessariamente il frutto della somma delle disarmonie particolari, e non può attuarsi prima che queste ultime, una per una, migliorino il proprio stato. Ognuno di noi è una di queste disarmonie, e tutti noi siamo il risultato di un sacrificarsi della perfezione, primigenia perché centrale, che si è riflessa capovolgendosi nella molteplicità attraverso l'unicità di ognuno. Anche a me piacerebbe essere felice, ma se guardo dentro di me quella felicità la posso intuire, è lì che mi osserva, e non la vivo perché ancora non sono diventato lei.

venerdì 22 febbraio 2013

I princìpi universali non sono i princìpi matematici


I princìpi universalmente validi non sono quelli matematici i quali, se si esclude il valore analogico e simbolico che hanno, sono di un ordine quantitativo. Il principio universale del movimento, per portare un esempio, è una legge non sottomessa al cambiamento perché se lo fosse la vita cesserebbe di essere. Qualità e quantità sono, alloro volta, da considerarsi princìpi applicabili universalmente, allo stesso modo della legge che vuole ogni realtà relativa essere attiva nel suo essere scomposta in poli opposti che, attraverso una ritrovata complementarità, si uniscono di nuovo nel principio del quale quelle polarità sono state la rappresentazione, relativa perché manifestata. Questa che sto esponendo brevemente è metafisica e non filosofia. Per quanto si riferisce alla logica si deve dire che essa è conseguenza della Verità totale che si esprime nelle verità parziali e relative e, dunque, essendo dalla Verità totale compresa, non potrà interamente comprenderla a propria volta. Nonostante questa logica limitazione la logica è solo l’insieme dei procedimenti attraverso i quali il pensiero razionale scova le contraddizioni ai presupposti dai quali è partita nel suo analizzare in cerca di una sintesi. È evidente che quando quei presupposti, o assunti di partenza, sono errati perché assurdi, la logica darà risposte altrettanto assurde. Quando, invece, la stessa capacità logica procede da princìpi universalmente validi potrà sperare, se non si perderà per strada, di trovare la sua anelata sintesi. La fede, a propria volta ha, come ogni altra realtà esistente, i suoi gradi e sfumature ma, sempre, è lontana dal conoscere a meno che… sia una fede che è conseguenza della consapevolezza, universale e immediata, totale e non relativa, dovuta alla capacità di comunicare direttamente col Centro di Sé. Eventualità più rara di un pianista monco.

La verità esiste?

La menzogna è una verità, nel senso che è una vera menzogna. È vero ciò che è ma, naturalmente, lo è di una verità relativa e sempre opinabile, a meno che non si intenda discutere della consistenza di un masso che ci ha schiacciato un piede. Affermare che la verità non esista equivale ad ammettere che neppure la falsità esiste, e questa sarebbe un'evidente assurdità. Così come l'equilibrio totale è dato dalla somma dei disequilibri parziali di cui è composto, le piccole perché relative verità parziali devono il loro essere al fatto di costituire il riflesso capovolto della Verità totale e assoluta. Verità che è anche Libertà assoluta, quella alla quale dobbiamo la nostra striminzita libertà di non credere, di credere, o di sforzarci a conoscere.

La meraviglia di un mondo nel meraviglioso universo


È stupefacente la bellezza di questo mondo, sul quale la diversità celebra la fantasia. Le leggi cicliche rinnovano ogni attimo che le compone come fosse un battito d'ali che asseconda un cuore sconosciuto, del quale ammiriamo il volo leggero e pesante che disegna la possibilità di essere felici. Ogni organismo palpita nel desiderio dato dalla perfezione che deve essere raggiunta, e persino l'uomo non è immune a questa chiamata. Persino l'uomo che crede di essere il re incontrastato dell'universo mentre piange dentro di sé, per non darlo a vedere a se stesso.

martedì 19 febbraio 2013

Sulla lettura


Leggere molto aiuta meno che il riflettere su poco, ma in profondità.
Che significa in profondità? Vuol dire portare la propria logica a sviluppare le estreme conseguenze che saranno successive all'assunto iniziale. La logica è quell'insieme di metodi volti a scovare ciò che contraddice i princìpi essenziali applicati all'interno delle possibili analisi. Cosa sono i princìpi essenziali? Sono gli assi fissi attorno ai quali un'analisi deve ruotare, dunque costituiscono certezze indiscutibili perché non appartenenti alla sfera delle opinioni personali. Per questo i princìpi non devono essere morali, essendo quest'ultima il risultato dell'indebita intrusione del sentimentalismo negli stessi princìpi. Per fare un esempio che sia facilmente comprensibile, il principio che regola l'imposizione del movimento a tutta l'esistenza non può muoversi a propria volta, pena la morte di tutto per arresto delle condizioni che consentono la vita. Ogni principio che non sia discutibile è legge universalmente applicabile senza alcuna eccezione, altrimenti non sarebbe universale. Qualità e quantità sono i primi princìpi universali.

mercoledì 13 febbraio 2013

Sull'ignoranza e la cattiveria a essa associata

Mi sono più volte espresso sull'indebita associazione stabilita tra l'ignoranza e la cattiveria, ma non sarà inutile precisarne le ragioni. È comunemente accettato il dire che se qualcuno è cattivo quella cattiveria sia dovuta alla sua ignoranza. Ignoranza di cosa non è mai dato saperlo con precisione, perché per cultura tutti, o quasi, intendono l'accumulo nozionistico, non la qualità di quelle nozioni e, soprattutto, quali siano i legami che uniscono tra loro, o distanziano, i significati che da quelle nozioni sono sintetizzati. Perché c'è una cultura nella quale tutti i componenti si incastrano tra loro, come tessere di un puzzle, che mostra l'ordine totale dell'intero universo, il quale è dato dai disordini particolari dei quali è composto e, al contrario, c'è un altro tipo di cultura, senza dubbio la più grandemente diffusa, analoga a un puzzle dove tutte le tessere sono accatastate a casaccio, e il risultato di questo accumulo mostra soltanto l'immagine della confusione che lo ha motivato. Va da sé che l'ignoranza di quest'ultima cultura è auspicabile, e non dà alcuna cattiva conseguenza. Il primo tipo di cultura, invece, è ignorato dalla quasi totalità delle persone, indipendentemente da quanto colte o ignoranti esse siano, perché costituisce l'immagine della verità che contiene le ragioni d'essere della manifestazione della realtà relativa che chiamiamo universo. Quello che mi preme dire, e che dà senso a questo mio breve scritto, è che non sono l'ignoranza e la sapienza a determinare il grado di cattiveria o di bontà delle persone, ma è la misura della loro bontà o cattiveria a determinare quanto le persone possono capire o ignorare dell'esistenza che le riguarda. La Verità cerca le persone buone, non le cattive, alle quali mostrarsi, perché la Verità totale sa che la cattiveria è malvagia proprio perché non vuole vedere la Verità. Naturalmente bontà e cattiveria convivono in ognuno in proporzioni diverse, e nelle stesse proporzioni saranno distribuite le conoscenze rese possibili dalla qualità del terreno nel quale i semi della conoscenza potranno germogliare e dare i loro frutti.

La vita


La vita è la vita, e a essa appartiene anche la morte, ma i valori della vita non sono attribuibili al fatto di vivere e morire. Stanno nei modi per farlo e questi modi, a loro volta, sono qualificati dalle intenzioni che una persona ha. L'intenzione è la direzione verso la quale un individuo orienta la propria esistenza attraverso le proprie azioni, e questa direzione attribuisce il senso della vita di ognuno. Il senso stabilisce la qualità di questo vivere. Nelle caratteristiche di quella qualità sono i valori della vita. La foto è bella ed esprime, nel silenzio di un'immagine, l'arco temporale associabile all'arcobaleno dopo una tempesta, ma non dice in che modi quella tempesta è stata superata. Quei modi danno valore alla vita ed è un valore racchiuso dagli obbiettivi raggiunti, che non sono nelle ricchezze accumulate, ma nella felicità distribuita e nella caratura, interiore e spirituale, che quel donare ha reso luminosa.

martedì 12 febbraio 2013

Verità e logica


La Verità di tutto ciò che è sta davanti ai tuoi occhi e ha abiti che tu le inventi. Essa riflette se stessa nella miriadi di piccole e imperfette verità relative per le quali litighiamo o ci amiamo. La Verità totale necessariamente precede le sue conseguenze, e la logica è una di queste conseguenze. La logica in sé è vera come è vera una menzogna, nel senso che è una vera menzogna. Quando la logica procede da princìpi certi è in grado di evitare la caduta nella contraddizione irrisolvibile che chiamiamo "assurdità".

lunedì 11 febbraio 2013

Una legge misteriosa


Una legge misteriosa muove l'universo, il mondo e le cose del mondo. È la stessa legge che a ogni pensiero oppone un altro pensiero che lo contraddice. Legge che deve la propria oscurità e la propria luminosità al fatto di essere stata generata dall'unità verso la quale le polarità, avversarie tra loro, tendono, perché sono il riflesso capovolto di una unità che è matrice di ogni opposizione che è in lotta per ritrovare un equilibrio nel quale ricomporre l'unità d'origine. Le opposizioni si mostrano, al loro nascere, come fossero inconciliabili, ma col respingersi si attirano, pacificandosi nella complementarità data dall'equilibrio ritrovato, il quale ha il volto dell'unità primigenia dove tutto ha origine, ruota, e muore in un nuovo nascere. La via che conduce alla perfezione è una lotta interiore, prima che esteriore, a causa dell'imperfezione dei mezzi relativi usati per maturare la Perfezione assoluta.

venerdì 8 febbraio 2013

Metafisica e politica


Ritengo essere, le possibilità del miglioramento di una collettività, nella capacità di migliorare che ha ogni individuo, perché collettivo significa moltiplicazione di individui, e ogni moltiplicazione è di natura quantitativa, non qualitativa. Questo implica che a migliorare sarà prima la qualità della quantità che potrà essere migliore solo come somma di qualità migliori. Per questa ragione di principio la politica costituisce l'applicazione più lontana dai princìpi universali che vedono l'uno precedere i molti, contenendoli in principio come possibilità di essere.

giovedì 7 febbraio 2013

Dove la Verità dimora

L'attuale Parlamento italiano è un luogo che schiaccerei sotto ai miei piedi volentieri, se fossi certissimo che al suo interno non si possa trovare una sola persona onesta, magari la signora o il signore addetti alla pulizia dei cessi. Non so se le cose potranno cambiare in questa Italia della vergogna, ma devo poterlo sperare e credere perché so, con assoluta certezza, che il male favorisce le persone malvagie solo fino a un punto nel quale le lascia sole ad affrontare il proprio meritato destino, perché il male quel punto non può superarlo, essendo esso il confine con la spiritualità dove la Verità dimora e il male non può entrare.

La serenità


La serenità è data dall'onestà d'intenti, e l'intento è onesto quando l'amore che si nutre per la verità conosciuta è superiore all'amore che ogni essere prova per se stesso.

La paura delle conseguenze


Tutti, anche quelli che immaginano l'esistenza come fosse un sasso lanciato in un abisso senza eco, temono le conseguenze degli errori fatti vivendo, quando questi sono stati commessi con intenzione e per convenienza personale. Quel timore è suggerito dalla centralità spirituale che, in ognuno di noi, è immortale.

L'ispirazione intellettuale sovra individuale e sovra razionale


Socrate era un metafisico, come lo sono stati i suoi allievi Aristotele e Platone, e come lo fu, qualche anno più tardi, Eraclito. È metafisico colui al quale un maestro ha trasmesso l'influenza spirituale chiamata iniziazione, satori in giapponese, che apre l'occhio interno sulle realtà sovra sensibili che sono norma universale. È questa una conoscenza non mediata dalla mente, immediata quindi e diretta, dei princìpi universali legiferanti la manifestazione della realtà relativa, che ne costituiscono gli assi fissi, ogni principio nella sua propria sfera d'azione. Poiché è in questa consapevolezza assoluta il segreto iniziatico che si difende da sé, proprio a causa della sua incomunicabilità dovuta alla sua non relatività, è detto che il maestro "ispira" l'allievo, perché attraverso l'iniziazione, quando questa è effettiva, il discepolo vede i princìpi direttamente attraverso l'ispirazione intellettuale di ordine universale e, dunque, sovra individuale e sovra razionale. Sovra individuale perché la consapevolezza iniziatica non appartiene all'iniziato che semplicemente ne vede i princìpi dei quali dovrà attuare le conseguenze, e sovra razionale perché è una razionalità che si potrà avvalere della ragione solo in un secondo tempo. Essa non è una conseguenza della razionalità discorsiva chiamata raziocinio, ma la supera potendo poi certamente essere ridotta ed esposta, ma privata della sua essenza incomunicabile, essenza che è Certezza assoluta. Come un detto Sufi chiarisce: "La Certezza è come l'infinità interna del Mistero, la quale non può esaurirlo". Mi si perdoni la lunga disquisizione, ma è necessaria perché chi non vive personalmente l'ispirazione, che è l'attività dell'intellettualità universale, non può avere nemmeno una pallida idea di cosa essa sia. Non l'avrà nemmeno dopo la mia pappardella, è sicuro, ma quest'ultima potrà chiarire cosa questa ispirazione non è, perché non può essere cosa di cui si può dire esaurientemente.

lunedì 4 febbraio 2013

Il male non può donare


Uno spicchio di cielo basta a ricordarci l'importanza del vivere, col suo azzurro che non sarà più lo stesso con l'ombra della morte stesa sopra. Quante volte abbiamo desiderato morire per drammi che, dopo qualche tempo, nemmeno sapremmo scovare nella memoria? Persino la cattiveria scivola via, senza potersi aggrappare ad appigli che le ragioni del vivere non offrono. La vita è lunga più del dolore dato dal vivere, perché dietro al Mistero dell'esistenza è impossibile pensare si possa nascondere il male, perché ogni elemento dell'universo cerca la propria perfezione attraverso la liberazione dai difetti, e vuole la libertà che il male non può donare.

San Rocco


Lo spirito che pervade e motiva l'universo non è definibile, perché non essendo relativo non può entrare in una definizione che, in quanto definizione, lo costringerebbe alla relatività. Il suo non essere definibile non ha escluso che il termine "spirito" sia utilizzato per indicare l'intenzione che è direzione spirituale, così che, per esempio, se una manifestazione di piazza è pacifista si dice che lo spirito di quella manifestazione è pacifista. La direzione, l'orientamento che è anche il senso che determina la qualità di ogni azione, è chiamato spirito in omaggio alle ragioni che vogliono sia viva la manifestazione dell'esistenza. Cercando di dare un valore che sia il più chiaro possibile allo spirito non ho un esempio migliore da dare di quello fornito dalla vita di un santo che amo, San Rocco, il santo laico protettore dal flagello che fu la peste tra la fine dell'anno 1300 e l'inizio del 1400 in Europa. San Rocco protegge dalle catastrofi e dalle malattie gravissime ed è protettore anche del popolo contadino.
Aiutò i malati di peste e fu infettato a propria volta dal curare quegli stessi malati che lo cacciarono, quando il bubbone della terribile infezione si mostrò nel suo pur forte organismo. La forza interiore e le intenzioni di quell'uomo santo lo fecero sopravvivere, e lui tornò a curare i malati che lo avevano cacciato dal lazzaretto, dimentico di quello che questi gli avevano fatto, costringendolo alle intemperie e alla fame. Ecco, per me il modo nel quale San Rocco visse è un perfetto esempio di cosa è lo spirito che muove l'universo e, insieme a quello, anche il nostro mondo, e che dovrebbe guidare anche i nostri cuori.

sabato 2 febbraio 2013

Il guardaroba della felicità


Se si chiedesse alla prima persona fermata per strada di dire quale sia il fine della propria esistenza… ci si sentirebbe rispondere, a meno che quell'individuo sia io, che quel fine è la felicità, intesa nella sua accezione il più coinvolgente possibile. Che cosa misteriosa la felicità… è capace di passare da un abito a rigoni bianchi e neri, da indossare per l'intera vita dietro a delle sbarre di una prigione di massima sicurezza, nel caso di un condannato a morte la cui pena sia stata commutata, per grazia ricevuta, in ergastolo, al vestire le ali d'angelo con le quali i santi ascendono al Cielo, a onor del quale sono stati capaci di sacrificare tutti i loro desideri tranne quello di poter ricambiare, con un abbraccio d'amore, il mondo che li aveva rifiutati e perseguitati in vita. Tra questi due abbigliamenti estremi c'è tutta la gamma delle vesti con le quali la nostra idea di felicità sfila nel mondo dell'illusione che ci dice essere, la possibilità di godere di un appagante orizzonte, al di là di vetrine che espongono macchine sportive, vestiti firmati, yacht d'altura, conigliette lascive oppure di cioccolato. Con queste immagini che riempiono gli occhi noi viviamo in un universo di desideri da soddisfare, nel vuoto che riempiamo di pensieri che si agitano, perlopiù, in dialoghi interiori. La felicità si nasconde dietro alla disputa nella quale la parte peggiore di noi e quella migliore si accapigliano, in un chiacchiericcio monotono che non si arresta nemmeno durante il sonno. La felicità non è il risultato della vittoria del bene sul male, né consiste in un dominio nel quale uno dei due contendenti è stato sottomesso, perché la felicità totale è libertà totale, e la libertà non ha palle legate al piede, ma neppure desidera essere il secondino che protegge chiavi che tengono rinchiuse altre libertà cattive. La felicità conosce le ragioni dell'esistenza perché essa è quelle stesse ragioni, ed è anche felice che l'esistenza non sia il regno della felicità, ma soltanto il mezzo attraverso il quale, ogni piccola felicità passeggera, può sperare di riuscire a essere identica alla Perfezione assoluta, quella che dona le piccole libertà a tutte le piccole imperfezioni di cui siamo vittime. Una persona felice non ha più bisogno di pensare alla propria felicità, perché è essa stessa felicità che si dona rischiando se stessa.