mercoledì 13 ottobre 2010

Sul Tutto e sul Nulla

Il tutto comprende tutto senza nulla escludere.
Il nulla esclude tutto senza nulla comprendere.

Questo significa che entrambi, sia il tutto che il nulla, sono termini che si escludono totalmente e definitivamente. Questo perché sono due termini totalizzanti ed estremi. Se così non fosse il tutto dovrebbe mantenere traccia del nulla in sé tanto quanto il nulla dovrebbe fare lo stesso. Ma se il nulla conservasse una qualsivoglia traccia del tutto, dentro di sé... non sarebbe più il nulla che dovrebbe essere.

Per questa estremizzazione non si può dire che queste apparenti polarità costituiscano, a rigore, un'opposizione.
Mi spiegherò meglio:

Il nulla in realtà non esiste, esiste solo il tutto che, in quanto tutto, comprenderebbe anche il nulla se questi fosse reale, ma non lo è.
La contrapposizione apparentemente inconciliabile in cui ogni opposizione si trova, su un certo piano di realtà, diventa complementarità su un piano più elevato di osservazione, quello sul quale i due poli dell'opposizione considerata si disegnano vicendevolmente assegnandosi ruoli, tanto necessari quanto risolvibili, nell'equilibrio che è centrale all'opposizione. Questa centralità è l'immagine del Centro dal quale ogni coppia di opposti è generata e nel quale, tramite la ciclicità degli eventi, deve ricongiungersi in quella che sarà una futura unità. In questo percorso ciclico, prima della reintegrazione nell'unità del principio generatore, una delle due polarità diviene subordinata all'altra secondo il grado di prossimità, logico, ontologico e, infine, anche temporale nel quale si trova a essere, nei riguardi del principio centrale.
Questa che ho illustrato è una legge universale, modulata dalla ciclicità a spirale che ruota attorno all'asse che si estende su quella che è una verticale nei confronti del piano orizzontale, quello dove si estende il piano di realtà relativa che si sta considerando.

Il tutto corrisponde alla totalità indefinita dei piani ai quali le spirali tridimensionali, che formano i livelli indefiniti che compongono la realtà della manifestazione, appartengono.
Essendo un tutto deve comprendere tutto, quindi anche il non manifestato ma che si manifesterà, tutto ciò che non è sottomesso alla possibilità di manifestazione e anche quello che potrebbe manifestarsi una volta che si saranno realizzate le condizioni per esserlo. In quanto tutto comprenderà, dunque, oltre all'essere il "Non essere". Il "Non essere", lungi dall'essere l'assenza dell'essere, al contrario anticipa l'essere e lo comprende in pura potenzialità che, con l'essere, diviene attuale.
Il nulla non è, quindi, il contrario del tutto, perché il tutto, tutto comprendendo, esclude soltanto la contraddizione alle sue proprie leggi, e definisce questa contraddizione un "paradosso".
Il nulla, non essendo un paradosso perché altrimenti non sarebbe un nulla, non può essere un'esclusione del tutto.

Il vuoto anche, a rigore, non potrebbe esistere perché, se esistesse, non sarebbe vuoto ma dovrebbe comprendere il germe del pieno, tanto quanto il pieno dovrebbe contenere l'embrione del vuoto, se il vuoto potesse essere, ma per essere davvero un vuoto dovrebbe avere carattere di assolutezza. Ora si capirà che per Assoluto si deve intendere il senza limiti. Questo significa che due assoluti sarebbero contraddittori perché l'uno limiterebbe l'altro. Quindi l'Assoluto deve necessariamente costituire una totalità che nulla esclude. O c'è un tutto assoluto oppure un nulla assoluto. Naturalmente l'Assoluto non potendo avere contrari che lo limiterebbero deve essere oltre il tutto e il nulla. Ma logica vuole che si debba intendere per "oltre"... un tutto relativo e un nulla relativo. Tra un nulla e una totalità appare chiaro che è la totalità a essere associabile all'Assolutezza.
In realtà il nulla e il vuoto sono tra loro sinonimi, ai quali è associato il Mistero senza nome che è più del "Non essere" e dell'essere, perché assoluto. L'essere è, con evidenza, frutto di un'affermazione la quale diviene tale in conseguenza di un'esclusione. L'esclusione è necessaria perché ciò che è affermato non può essere il tutto che, in quanto tutto deve contenere anche ciò che affermato non è. 
L'Assoluto può soltanto essere espresso da una negazione ma, poiché la manifestazione della realtà relativa è una negazione nei confronti del Mistero assoluto e senza nome... una negazione espressa da un'altra negazione sarà la migliore affermazione possibile. Quando dalla nostra dimensione zeppa di limiti, e dunque negativa rispetto al Senza limiti, si nega l'Assoluto... in definitiva lo si afferma.
In ogni coppia di opposti l'uno contiene il germe dell'altro, ma se il tutto potesse contenere il nulla come possibilità ad esso contraria, allora per "tutto" si dovrebbe indicare non più quel tutto, che sarebbe relativo perché avrebbe un contrario, ma l'intero insieme del tutto e del nulla.

mercoledì 6 ottobre 2010

La qualità dell'Ispirazione

Dove non c'è né un dove e neppure un quando ha inizio l'atto creativo.
In quel "non luogo" che sta nel "non tempo" il Mistero assoluto è la Possibilità universale di non essere e di essere.
In quel Mistero non c'è divisione e la potenza è unita all'atto come una cosa sola.
Il Mistero attua ciò che è possibile attuare.
Quando un mondo prende forma, in quel mondo coesistono le possibilità che sono sottomesse alle particolari condizioni di essere che ci sono in quel mondo.
Qualsiasi sia il mondo, in qualsiasi parte sia dell'universo, che cambiano sono le condizioni particolari e generali di quel mondo, ma non le leggi universali che ne consentono l'esistenza e che la motivano.
La matematica, la geometria e la logica sono imperfetti tentativi umani di applicare le conseguenze relative a queste leggi universali.
Imperfetti perché nulla che possa essere espresso può essere assolutamente perfetto.
Se si immagina il Mistero si deve immaginare il Vuoto, perché il Mistero non ha forma ed è al di là di ogni esistenza possibile.
Se in quel Vuoto si immagina l'atto creativo si deve immaginare un punto d'inizio e un punto finale.
Poiché l'Assoluto è unicità priva di divisioni e non costituito da parti che si relazionino tra loro, quei due punti devono essere immaginati come fossero al di fuori di quel Vuoto.
In realtà nulla può essere al di fuori del Mistero che, essendo assoluto, tutto comprende nulla escludendo se non l'impossibilità che è contraddizione alle leggi universali emanate dal Mistero assoluto.
L'atto creativo derivante dalla possibilità di essere riempie la distanza, misurata dalla ciclicità, che divide il punto iniziale da quello finale della creazione.
Il punto è, per definizione, privo di estensione e di forma. Questo significa che l'estensione non è mai riferita a un punto, ma solo alla distanza infinitesimale che divide due punti.
Lo stesso discorso si deve applicare all'istante privo di durata, essendo la durata temporale la distanza che separa due attimi diversi tra loro.
Poiché due assoluti si contraddirebbero a vicenda diventando uno il limite dell'altro, e si sa che l'Assoluto è privo di limiti, si deve dire che il Mistero assoluto non è sottomesso a nulla. Estensione e durata sono condizioni relative ed effetti di Ciò che relativo non è, essendo Causa delle relazioni.
Il Mistero assoluto non è né piccolo né grande, e quindi ogni suo effetto può stare in Esso in potenza o fuori di Esso in atto.
In realtà il Mistero non ha nemmeno un dentro e un fuori ed è più che un qualcosa ed è meno di un qualcosa.
Ogni creazione operata dal Mistero ha in sé, come conseguenza diretta, un Mistero.
Quando un uomo crea attinge dal Mistero che è in lui.
L'atto creativo di questo uomo, che segue la possibilità di essere attuato, riproduce la riflessione con la quale il Mistero assoluto crea riflettendosi nella Possibilità universale.
L'uomo che crea lo fa riflettendo le proprie possibilità particolari e generali.
L'uomo che crea ha un "non luogo" dentro le proprie possibilità che è in un "non tempo".
Egli chiama Ispirazione l'atto col quale attinge nel proprio mistero, immagine ed eredità del Mistero assoluto.
La profondità nella quale l'uomo riesce a immergere il secchio della propria possibilità creativa darà la qualità, che è senso e direzione, di ciò che uno scrittore scrive, perché questa profondità misura la distanza dalla "non distanza" in cui lo scrittore uomo si trova nel "non luogo" che ha dentro di sé.
Distanza che misura la differenza tra la consapevolezza di questo uomo e la Consapevolezza totale che qualifica il Mistero assoluto.