venerdì 25 dicembre 2015

Definizioni: Umanità...

Dalla mia wikipedia personale: Umanità: termine dalle innumerevoli valenze negative al punto che nessun umano ha mai creduto fosse opportuno dichiarare di esserlo sul proprio curriculum vitae...

Simile alle frane

L'uomo ha un'idea della bontà che è simile alle frane: accadono raramente, ma si fanno sentire... 

lunedì 21 dicembre 2015

L'esiguità della propria intelligenza

Chi crede al caso pensa che tutto abbia avuto origine casualmente, e in seguito abbia poi trovato casualmente un ordine nel quale eventi casuali si sono trasformati in cause, che hanno generato effetti i quali sono diventati cause di altri effetti. In mezzo a tutto questo, però, secondo costoro il caso ha continuato a rappresentare la ragione sufficiente d'essere di tutti gli avvenimenti dell'universo.
Dunque, sempre secondo costoro, una conseguenza del caso avrebbe superato la sua stessa causa e si sarebbe imposta a essa, dominando il caso che, però, insiste a disordinare il tutto il quale, a volte, si riordina da sé attraverso delle leggi.
Eppure è facile accorgersi come ogni causa sia necessariamente superiore agli effetti che genera, effetti che non sono in grado di modificare in alcun modo la propria causa, la quale è ragione d'essere dei propri effetti in una catena ininterrotta di cause e di effetti.
Nell'intero universo il caso esclude ogni possibile legge, così come anche una sola legge escluderebbe il caso.

Così è lecito dire che non sia un caso che chi individui nel caso le ragioni della propria intelligenza... si guadagni l'esiguità della propria intelligenza.

Non essere intelligenti

Chi crede sia il caso a essere la legge che governa il tutto non sa che il caso è la negazione di qualsiasi legge, e la sua ridottissima intelligenza non si accorge che, se si è posta il problema di quali leggi possano ordinare o disordinare la realtà, lo ha fatto in conseguenza della necessità di chiedersi quale sia la causa... in un universo di cause e di loro effetti. Il caso è l'assenza di princìpi, e dunque di cause e dei loro effetti, e il non arrivare a capirlo equivale a non essere intelligenti.

venerdì 18 dicembre 2015

Come mai?

Chiunque sa che per usare la logica è necessario conoscere e rispettare il principio di "non contraddizione".
Per risolvere un calcolo occorre conoscere i princìpi della matematica.
Come mai nessuno si chiede quali siano i princìpi applicabili universalmente all'esistenza, e tutti o quasi si accontentano di formulare ipotesi in sostituzione?

domenica 13 dicembre 2015

La prima volta che son morto mi ha quasi ucciso

Se io potessi parlare di me mi chiederei come cazzo fa, uno che da ragazzino spacciava marijuana a Quarto Oggiaro, la Scampia del nord, sia finito con lo scrivere di metafisica. Uno cacciato dalle poche scuole frequentate saltuariamente, privo di cultura, sempre stonato di fumo che viaggiava in camion-stop prestando attenzione soltanto alle eventuali piante d'erba, incontrate raramente in paesi dall'altra parte del pianeta, come possa uno così, stavo arrivando a dire, trattare della conoscenza universale metafisica che è chiamata, dai saggi antichi, scienza sacra.
Se io potessi difendermi direi che ne scrivo come uno che, vedendo con chiarezza un panorama, ne descriva i contorni senza esserselo inventato.
Io non ipotizzo più, e ho perso la libertà di farmi delle idee sul panorama che, vedendolo direttamente attraverso l'intuire di ordine universale, non posso sostituire con un altro inventato da me. 
Sarebbe ridicolo il farlo.

La tegola che mi è caduta in testa dal Cielo ha messo ordine nel mio disordine, e mi guarda aspettandosi che io diventi come il conoscere che vedo e so che, per farlo come il Cielo si aspetta da me, dovrei morire una seconda volta, e la prima mi ha quasi ucciso...

venerdì 11 dicembre 2015

Incomunicabile

Scrivo da otto o nove anni, raccontini, butto giù pensieri, considerazioni su aspetti della realtà da chiarire, e frammenti della conoscenza metafisica alla quale ho immeritato accesso, ma lo faccio senza l'illusione che serva a qualcuno, perché so che comunicare le verità che si conoscono è, il più delle volte, inutile. Lo so dal tempo che ho iniziato a scrivere, dando seguito a un'inclinazione personale che mi ha accompagnato fin da bambino, e alla quale smisi di prestare attenzione appena abbandonata la scuola. Molti pensano io sia colto, ma non è così, perché la conoscenza della lingua è analoga alla musicalità interiore che fa cantare bene oppure male. È un dono innato, una sorta di vocazione che, prima o dopo, si presenta quasi fosse, ma non lo è, una necessità.
Si possono comunicare pensieri e valori, ma solo per dire che li si ha, non per trasmetterli ad altri i quali hanno tutto il diritto di essere autonomi nelle loro scelte di conoscenza e di vita.
È il Mistero che si riflette al centro di ogni essere che lo esige, perché esso è un Mistero senza limiti e inconoscibile; senza limiti significa libertà infinita che non può contraddirsi e che per questo ci lascia liberi, impedendoci di convincere altri che il nostro diritto alla libertà di conoscere sia superiore al loro.
Per questo è possibile trasmettere solo le falsità che saranno scoperte, ma non le verità certe la cui essenza è stata, è e resterà incomunicabile.

giovedì 10 dicembre 2015

Legge di natura

La natura stabilisce leggi adatte alla sopravvivenza dell'insieme, leggi che non sono discutibili sul piano morale e sentimentale che la natura non ha. Eppure l'uomo, con la sua possibilità di migliorare le cose, è parte della stessa natura, dunque essendone parte io scelgo di agire per eliminare, se posso, il pericolo di un male imminente.
La natura dispiega se stessa in un ventaglio di possibilità che stanno tra il meno naturale e il più naturale, e vicino al più c'è il petrolio quando sta negli alveoli che lo contengono sottoterra, ma vicino al meno sta lo stesso petrolio quando dalla stessa natura, o dall'uomo, è riversato in un prato.

Quando si è parte della natura, come l'essere umano è, si rende necessario il dover scegliere se stare vicino al suo meno o al suo più.

mercoledì 9 dicembre 2015

Lo stesso Amore che vi ha legati ai vostri cari amati

È un universo che affida la propria sopravvivenza al fine che si è dato, che è quello della conquista della Libertà attraverso lo sperimentare quali sono i pericoli nascosti nell'aver usato male il proprio essere liberi di scegliere anche di stare dalla parte del male. A questo fine l'universo si mantiene in equilibrio attraverso il movimento ciclico generato dalle opposizioni nate dall'unità, che rispecchia l'Unità del Mistero assoluto. In questo muoversi del tutto nessun cerchio potrebbe chiudersi, e prosegue la sua corsa seguendo la spirale data dalla ciclicità imposta dal movimento continuo che concede di vivere. Così è anche per la nostra esistenza, nella quale ogni componente del nostro essere con la morte cambia stato secondo la propria natura: il corpo ritorna polvere e la mente si scorda la vita vissuta, mentre la nostra centralità spirituale che ha animato l'intelligenza, la mente, le emozioni la volontà e pure l'organismo... questa centralità eterna ritorna nell'embrione di potenzialità che è prima di ritornare alla vita in un altro essere, che non sarà più umano perché l'Infinito non ha nessuna necessità di ripetere gli stati già vissuti. Indefiniti saranno i cicli vitali che attraverseremo ancora non essendo più quello che siamo stati, e li vivremo senza avere memoria delle esistenze passate. Saremo sempre persone che sanno di essere un "io" come è quello che sentiamo di essere ora, ma non saremo più noi stessi. Saremo l'espressione della stessa centralità, identica per tutti i diversi, che dà a ognuno la possibilità di conoscere e perfezionarsi attraverso il vivere e la libertà di scegliere chi essere. Il legame di amore che ci ha unito con le persone care sarà il filo che ci congiungerà a coloro che abbiamo amato e che ci hanno amati, ed è per questo che dico alle persone che hanno perso un loro caro:— Non disperate, lo ritroverete anche se sarete esseri diversi e senza la memoria di ciò che è stato, sarà in una dimensione diversa da questa, chissà quando e chissà dove, ma sapendo il perché, a causa del fatto che l'intero universo è intessuto dello stesso Amore che vi ha legati ai vostri cari amati—

E la nostra libertà sarà sacra

L'universo è necessariamente indefinito, il che significa che ha avuto un inizio e ha il suo estremo limite irraggiungibile come un orizzonte che fugge.
Universo che è la manifestazione tangibile dell'Infinito privo di limiti perché senza origine.
L'Infinito non ha direzione e il suo orientamento è la centralità di ogni realtà che determina. Non ha necessità di ripetersi, ed è per questo che anche in natura ogni cosa è diversa da ogni altra.
Anche il nostro esistere così come siamo non si ripeterà, e la nostra esistenza resterà unica, ma la centralità dell'Infinito che è in noi... quella rivivrà in un altro essere diverso da noi che, però, si sentirà lo stesso io che sappiamo di essere noi.
Lo stesso io che si sentono tutti gli esseri, perché esso è la manifestazione del sé centrale, interiore e spirituale, che si esprime nella nostra unicità.
Rinascerà in altre forme diverse dal composto umano che siamo attualmente, perché l'Infinito non si ripete mai, e lo farà fino a quando non riusciremo a essere identici e sovrapponibili al Mistero infinito ed eterno di cui siamo la limitata espressione.
Solo così saremo liberi da ogni costrizione, e la nostra libertà sarà sacra.

I volti diversi dell'umiltà

L'intelligenza è spesso accusata di essere boriosa, mentre la falsità ipocrita è sovente vista come espressione di umiltà. C'è un'unica umiltà di pregio, ed è quella dei santi che nascondono la propria elevazione spirituale per mostrare difetti inesistenti, ed è attuata da chi non vuole mortificare chi dalla santità è lontano. Le altre diverse umiltà sono perlopiù delle falsificazioni tese a rendersi simpatici, o credibili.
Se Gesù, che era Verità, fosse stato umile avrebbe corrotto la Verità che doveva rappresentare e non l'ha fatto. Per questo è stato inchiodato a una croce, con una corona di spine in testa e una scritta che lo irrideva dicendo che fosse il Re dei giudei.

mercoledì 2 dicembre 2015

Una pietra sporca di cattiveria

La sfera di realtà sottile detta psichica è regno della mente e delle emozioni, ed è quella che viene chiamata anima, da non confondersi con lo spirito che nel suo essere assoluto e inconoscibile si riflette nel relativo con la presenza dell'intelligenza universale, che è causa di quelle individuali. La volontà è il modo che l'intelligenza insieme al sentimento ha per attuare il proprio agire, che procede dalle intenzioni che l'individuo si dà per raggiungere i fini che si è prefissato di dover maturare. Ognuno ha in sé, in differenti proporzioni, sia il grado della propria intelligenza che l'intensità dei sentimenti e la forza di volontà, e in dipendenza della qualità di ognuna di queste dimensioni dell'essere una persona sarà più incline all'una o all'altra di queste qualità. L'ideale sarebbe che intelligenza sentimento e volontà siano tra loro in un rapporto armonico senza che una di esse prevalga in modo esagerato sulle altre, perché l'intelligenza da sola genera crimini, quando è supportata dalla volontà ma è priva del sentimento, mentre quest'ultimo senza l'intelligenza è incline alla commozione che cambia di continuo, senza avere alcun punto fisso di riferimento che sia intellettivo, e se la volontà sostenesse una sentimentalità fuori controllo perché priva di princìpi fissi, si avrebbero i campi di sterminio, il razzismo e l'odio per il diverso.
Gli antichi maestri chiamavano "cuore" la centralità dell'essere nella quale intelligenza sentimento e volontà trovano armonia e comune accordo. 
Il detto "vai dove ti porta il cuore" è piaciuto ai nazisti che fuori dai loro campi di sterminio avevano appesa la scritta: "Il lavoro rende liberi" e facevano lavorare gratis i loro prigionieri prima di sterminarli.
È piaciuta ai comunisti dei gulag, dove erano internati i religiosi e i dissidenti politici, è piaciuta ai mafiosi che nei loro covi hanno una cappelletta riservata alla Madonna che immaginano sia santa come la loro mamma e sorella, e ai politici che rubano e ingrassano nutrendosi del sangue cavato al popolo del quale hanno estorto il voto, oppure l'hanno comprato per disperazione o imbroglio. Piace ai preti che si arricchiscono sul sacrificio dei pochi tra loro che sono veri preti. Infine piace a tutti coloro che al posto del cuore hanno una pietra sporca di cattiveria.

Più antica del tempo

Ci sono leggi normative di tutta la realtà relativa manifestata chiamate "princìpi universali", perché applicabili a tutte le realtà, grandi o piccole, che compongono l'universo. Sono leggi fisse nei confronti della realtà che ruota loro attorno, e modulano questo ruotare attraverso una ciclicità spiraleggiante e non ripetitiva. I pianeti ruotano attorno alle stelle che sembrano fisse nei confronti dei pianeti, ma in realtà esse si muovono a loro volta attorno al centro della galassia di riferimento, così che il ruotare planetario rivela di essere una spirale. Nessun cerchio potrebbe chiudersi in un universo nel quale tutto è in perenne movimento e vibrazione. La conoscenza di questi princìpi universali pone le basi stabili per un corretto utilizzo della logica. Quella dei princìpi è una conoscenza sintetica e immediata, non di carattere culturale, e chi non la possiede è costretto a vagare nel buio delle ipotesi.
Qualità e quantità sono due di questi princìpi, e la legge che impone al tutto di muoversi è un altro di questi princìpi che non possono mutare a propria volta. Conoscere i princìpi e la loro disposizione gerarchica nei confronti del principio primo, in funzione del loro grado di prossimità allo stesso, equivale a conoscere le leggi del calcolo della matematica, senza la cui conoscenza non sarebbe possibile risolvere i problemi dati dal vivere. Le rare persone che hanno la consapevolezza assoluta dei princìpi universali sono detti iniziati ai misteri dello spirito e raccolgono i frutti della loro vista interiore nella dottrina universale e unica chiamata metafisica.
Eraclito, Pitagora, Socrate, Platone, Aristotele, Lao Tze, Maister Eckart, Adi Shankara, Ib'n Arabi, Rumi, Dante Alighieri, Matgioi, René Guénon, Ananda Coomaraswamy, Frithjof Shuon sono stati maestri dello spirito, ma nessuno di essi ha mai inventato nulla delle Verità viste direttamente e senza la mediazione della mente, perché la Verità è più antica del tempo ed è sua causa. L'accesso che essi hanno avuto alla verità dei princìpi era lo stesso per tutti, e ognuno ha visto le conseguenze della stessa, perché unica, Verità.

Sul destino e sulla libertà

Sono in molti a credere che il destino di ognuno sia già stato scritto e che, di conseguenza, tutti vivano come l'orso meccanico delle giostre, al quale si spara per farlo impennare dal dolore mentre lui va e viene per un percorso obbligato dalla catena che lo trascina per le caviglie, senza avere speranze diverse da quella di chi si affida alla scarsa mira di chi gli spara esultando per il dolore provocato.
Questo credere annulla la libertà che abbiamo di scegliere, e solleva dalla responsabilità di capire chi si è e perché si è così e non in un altro modo. È un credere che azzera le responsabilità individuali e collettive, e che assegna ogni falso merito e ogni falsa colpa al Dio che ci illude di essere vivi e reali.
Ovviamente il destino è l'altra faccia della libertà, ma che destino sarebbe se la libertà fosse illusoria?
Non sarebbe più possibile chiamarlo destino, e il termine meccanismo parrebbe più logico e aderente alle esigenze di questa fantasiosa ipotesi; un meccanismo analogo a quello di un orologio i cui ingranaggi ruotassero intorno alla gelida e ferma ruota centrale che l'orologio chiama Dio.
La Realtà assoluta alla quale si è dato il nome di Dio è causa anche del tempo, dunque essendone causa le è anche esterna e superiore, nel suo dimorare nell'istante privo di durata dove il tutto è contemporaneamente presente, ma questo non significa che il conoscere divino che è al di là del tempo obblighi il futuro, ma indica solo che il divino conosca tutte le possibilità implicite al nostro essere liberi. Possibilità che tocca a noi scegliere di mettere in atto.
Il destino è come il vento per un marinaio, e il libero arbitrio sono le vele che il marinaio manovra. Dio conosce vento e vele, nave e marinaio ed esso è il porto di approdo, e conosce tutte le possibili posizioni che le vele possono avere, ma chi muove quelle vele è la nostra intelligenza libera da ogni costrizione.
Dio può tutto, ma non contraddirsi, ed esso è Libertà assoluta che non può negare le libertà individuali e collettive di poter sbagliare facendo del male.
Chi pensa che l'universo sia il perfido gioco di un Dio annoiato, che spara all'orso per farlo urlare di dolore, pensando in questo modo non può fare altro che urlare di dolore.

sabato 21 novembre 2015

Il "punto di vista" e i suoi limiti

Il punto di vista è la posizione dalla quale si valuta una realtà che sarà considerata per ciò che la visuale offerta da quel punto mostra di essa.
Dunque la realtà da valutare è messa al centro della propria attenzione e quest'ultima osserverà, dal punto di vista particolare che ha scelto, gli aspetti che le saranno visibili da quel punto. Essendo stata messa al centro dell'attenzione la realtà da considerare ha attorno a sé una indefinità di altri possibili punti di osservazione, ognuno diverso dagli altri e in grado di riconoscere o disconoscere le verità che riguardano la realtà parzialmente vista.
Due punti di vista in opposizione tra loro genereranno quindi due visioni che saranno all'apparenza antagoniste, perché ognuna di esse avrà, come risultato, una parzialità ignorata dal punto di vista che le è opposto.
Se la realtà al centro fosse una sfera, simmetrica in tutti i suoi punti che stanno alla stessa distanza dal centro della stessa sfera, ognuno dei punti di osservazione sulla circonferenza generata dalla sfera vedrebbe la stessa sfera, e se invece di una perfetta sfera ci fosse un cilindro due punti in opposizione tra loro vedrebbero lo stesso cerchio nelle sue facce contrapposte oppure due rettangoli o altre forme generate dalle diverse prospettive assunte come fossero univoche.
La sola possibilità di valutare correttamente una realtà è data dall'identificazione alla stessa realtà, che è possibile quando si è in grado di essere identici alla realtà considerata che non è più valutata attraverso una o più interpretazioni, ma per quello che essa è attraverso la sua sovrapposizione.
Identificazione che annulla la distanza che separa il conoscente dal conosciuto e che corrisponde, dalla visuale della realtà conosciuta, a un'assimilazione del conoscente operata dalla realtà conosciuta al di sopra del dubbio.
Un iniziato ai misteri dello spirito non conosce attraverso la superficie, dove stanno tutti i punti di vista possibili, ma dal centro essenziale della realtà, quello che essendo consapevole della sua sintesi attraverso di essa conosce intuitivamente anche la posizione dei diversi punti di vista, relativi e correlativi tra loro, alla determinazione dei quali procede per l'inversione che percorre a ritroso, procedendo dal centro conosciuto in modo sintetico e assoluto attraverso il centro di sé, assoluto anch'esso, il quale si orienta verso la molteplicità esistenziale, relativa e superficiale, già conoscendo le sue essenziali ragioni d’essere attraverso l’immediatezza conoscitiva data dalla conoscenza assoluta dei princìpi universali, quelli che sottendono la manifestazione della realtà relativa, modulandone il dispiegamento.
Mentre ogni punto di vista può solo ipotizzare attorno agli aspetti ignorati di una realtà vista solo parzialmente, in un modo analitico che non dispone di tutti gli elementi necessari a una visione d’insieme che sia completa, la conoscenza sintetica è centrale e immediata, dunque che non si avvale di interpretazioni generate dalla mente, ma è il risultato del conoscere attraverso l’Intelligenza universale, ed è da questa sintesi che il vero conoscere potrà tradursi in analisi per poterne svolgere, attraverso la logica, il percorso necessario alla comprensione della realtà vista.
Quando, però, la verità conosciuta dal centro assoluto di sé è portata nella dimensione relativa del pensiero essa perde la sua essenza che relativa non è ed è per questo motivo che il segreto iniziatico è chiamato segreto: perché non può in alcun modo essere comunicato nella sua essenza. Così la Verità si difende da sé non potendo essere toccata né modificata, e nel contempo preserva intatto il diritto dovere che ognuno ha di conoscere da sé la Verità una volta maturate le necessarie qualificazioni interiori.

giovedì 5 novembre 2015

L'ideologia e i limiti che le sono connaturati

L'ideologia è un sistema di pensiero esclusivo, perché essa esclude tutto ciò che non rientra nel proprio sistema di relazioni che devono essere assoggettate a un corpo di valori anch'essi esclusivi, perché di un ordine principalmente emotivo e sentimentale al quale l'intellettualità obbedisce.
Ogni ideologia procede da una visuale ritenuta indiscutibile e da questa, che prende il posto di un principio universale pur nel suo non essere universale, si diramano assiomi, ritenuti veri nella loro evidenza, che giustificano le azioni intraprese da coloro che credono di poter salvare l'umanità dall'oppressione del male.
Ogni ideologia, dunque, utilizza una specifica chiave interpretativa della realtà che soddisfi le aspettative, prima emozionali che intellettive, ai fini che l'ideologia si è data.
In questa esclusività l'ideologia è incapace di valutare una realtà che è totale e che cambia incessantemente, una realtà che dovrebbe essere valutata non dalle emozioni soggette alle variazioni di umore, ma dall'intelletto che deve chiedersi quali siano le leggi a carattere universale che sono normative del dispiegamento dell'esistenza.
I princìpi universali non hanno caratteristiche emotive, non perché l'emotività sia sempre detestabile, ma a causa del fatto che essa è soggetta al cambiamento. Un principio universale, invece, deve essere fisso nel suo dover modulare lo svolgimento della realtà che muta, e non deve mutare con essa.
Qualità e quantità sono due princìpi universali.
Il principio che impone al tutto di muoversi e vibrare è universale e non è soggetto al cambiamento, perché se lo fosse in questo suo mutare cesserebbe di imporre il cambiamento che tiene in vita l'esistenza.
Che ogni cosa debba avere un'interiorità e l'esteriorità che le è correlativa è un principio universale, che assicura essere la centralità interiore la ragione d'essere della sua esteriorità.
Che un contenuto non possa contenere a propria volta la realtà che lo contiene è la conseguenza della gerarchia che ordina la superiorità della causa nei confronti dei propri effetti.
È per questo che il meno non può contenere il più.
I princìpi universali sono fissi nei confronti di tutto ciò che è a essi inferiore in quanto loro conseguenza, ma non sono assoluti perché sono una molteplicità, mentre l'Assoluto è unità non divisa, e centralità universale della Quale l'universo costituisce il suo riflesso relativo.
Universo che è effetto dell'Assoluto e che non vi si può contrapporre essendo la manifestazione di ciò che è contenuto potenzialmente dalla Realtà assoluta.
Una ideologia è necessariamente sistematica nel suo essere parziale, mentre l'azione dei princìpi universali riguarda ogni aspetto della realtà relativa.

Per questo nessuna ideologia può individuare le ragioni d'essere della realtà relativa, né potrebbe sperare di eliminare il male senza offendere la libertà individuale della quale il male è un effetto.

martedì 3 novembre 2015

Un'intelligenza che non si deve accontentare mai


Arriva per tutti il momento fatidico che chiamiamo morte; arriva per i demoni e per i santi, arriva per i Profeti illuminati dal Cielo e per la sequoia vecchia di tremila anni. Nascere è un morire e il morire è un diverso nascere. 
Nulla sembra essere tanto distante da noi quanto è il morire. 
Nulla dà la sensazione che ci possa essere una giustizia altrettanto severa.
Si entra nell'esistenza senza volerlo, e se ne esce senza potersi rifiutare, perché la spira che ognuno percorre del vortice esistenziale entra sul piano dell'esistenza dall'esterno che sta al di sotto di questo piano, ed esce da quest'ultimo entrando nel piano di esistenza successivo. 
Il punto di entrata sancisce la nostra nascita, mentre quello di uscita è della nostra morte. Non appartenendo questi due fatidici punti al piano di realtà sul quale si vive essi ci sono sconosciuti, ma tutti conoscono gli effetti dati dal loro esserci.
In mezzo a questi due momenti che ci sfuggono noi viviamo e vivremo ancora, liberi dai ricordi e di nuovo pronti a danzare di fronte al Mistero, come ubriachi ebbri del nettare della vita inciampiamo e bestemmiamo sputando il sangue delle nostre sofferenze, mentre decoriamo il nostro esserci coi desideri che ci distraggono dal dover considerare la verità che ci riguarda.
Desideri che il soddisfare sostituisce con desideri più grandi, mentre il fine dell'esistenza è la soddisfazione della nostra intelligenza che non si deve accontentare mai.

Sull'orgoglio della propria appartenenza


Non sono orgoglioso di appartenere alla specie umana, né di essere di razza bianca, e neppure di essere nato in Italia, perché non si può essere orgogliosi di quello verso cui non si ha alcun merito personale. I razzisti provano un orgoglio della stessa ridicola qualità di quello che ha un uomo il quale, dopo aver trovato un sasso sporco per terra, lo mostra orgogliosamente al mondo dicendo che nessun altro uomo avrebbe avuto il diritto di trovarlo prima di lui.

Il pesante non può sperare di poter superare il Cielo in altezza.

Quando la malvagità delle persone cattive ha il sopravvento diviene necessaria la pazienza, perché il male non può risolversi attraverso un percorso diverso da quello della parabola seguita da una pietra lanciata verso il cielo.

La misericordia divina

La prima speranza che tutti hanno è quella di riuscire a eludere la Verità, mentre l'ultima speranza è quella di poter essere perdonati dalla Verità.

La misericordia divina non è l'automatismo di un perdono concesso per l'incapacità di comminare pene da far scontare ai malvagi, ma è nel dare a questi ultimi altre possibilità di redenzione attraverso un nuovo tempo da vivere.

Su cosa si regge l'esistenza?

L'esistenza si regge sulla Verità del Bene.
Che l'esistenza si regga sulla Verità e sulla benevola Volontà del Cielo lo prova il fatto che il male ha la necessità di giustificarsi anche ai propri occhi.


venerdì 30 ottobre 2015

Quando l'egoismo mette il piede tra lo stipite e la porta dell'essere veritieri.


La Verità non si mostra a tutti nei suoi princìpi, perché la sua perfezione è terrificante per tutti coloro che non amano la verità, ed è spaventosa anche per quei pochi che la amano.
Le persone che capiscono la necessità che le menzogne abbiano il compito di nascondere il vero credono che la vista di quel vero, chiamata dagli uomini "Illuminazione", sia una benedizione data dalla Grazia divina, e sarebbe anche la realtà se non fosse che il Cielo, quando benedice attraverso la concessione della vista interna, insieme a quel vedere assegna delle responsabilità che, pur mai negando la libertà di poterne rifiutare il peso, mettono colui che vede a dura prova, perché la Verità implica il percorrere a ritroso, per esaurirle, tutte le proprie falsità, ed esige che la centralità assoluta che sta al centro di ogni essere sia sempre davanti alla propria certezza, perché Essa è quella Certezza.
È una Certezza assoluta, la stessa che le persone dormienti chiamano boria e presunzione e che, per questo, sarà odiata.
Il mondo stesso affilerà i propri artigli, e tutto si metterà di traverso sul ripido sentiero che impone di abbandonare un egoismo troppo largo per quel sentiero.
Il "vedere" i princìpi non corrisponde alla vista di tutte le conseguenze che essi avranno, così come la vista degli occhi esterni non implica il poter conoscere cosa si nasconda dietro agli oggetti visti, ma dà la possibilità di unire sinteticamente tra loro tutti gli impercettibili elementi di un insieme, perché la vista interna è sintetica, e si serve dell'analisi esclusivamente per discendere dalla Certezza assoluta a quella relativa, al fine di spiegare le ragioni di essere delle realtà considerate, per quello che di queste si presta a essere comunicato.
Quando l'egoismo mette il piede tra lo stipite e la porta che deve tenerlo fuori dalla casa di un conoscere che non è mediato dalla mente, perché sovra temporale, la vista interna si offuscherà, perché la convenienza trasforma la verità universale in quella parziale e falsa a causa della sua relatività.

mercoledì 28 ottobre 2015

Né dove, né quando, né come

Ognuno deve individuare quale sia il vuoto nella propria personalità che gli impedisce di crescere nell'armonia data dalle proprie possibilità di essere.
Il mio vuoto è la pazienza. 
Dalla sua mancanza nasce la pigrizia, che è una difesa messa in atto contro tutto ciò che, per me, costituisce il pericolo di sprecare tempo ed energie senza riuscire a conseguire dei risultati immediati.
Per questo non potrei mai essere un commerciante in attesa che arrivino i clienti.
Il mio è un difetto grave, ma come in tutto anche in quella gravità si nasconde l'embrione di un pregio: pigrizia e impazienza sono caratteristiche della personalità in serio contrasto tra loro, e da quell'ostacolarsi vicendevole, che sostiene entrambi questi difetti, si libera il tempo necessario alla riflessione, che si sposa bene sia con l'assenza di pazienza che con la pigrizia.
Così impiego il tempo a riflettere sul perché delle cose.
Sono persino riuscito a capire che la riflessione è un'inversione orizzontale e un capovolgimento verticale, così che le verità parziali e relative considerate divengono verità vere solo se saranno invertite e capovolte.
Tutta la manifestazione della realtà che viviamo è un capovolgimento invertito della Realtà, vera perché in essenza, che dovremmo vivere, quella dove la pazienza non è necessaria, perché tutto è nell'eterno istante, e nella quale la pigrizia difensiva non serve, perché dove tutto è presente non occorre più demolire, né costruire.

Per vivere la Realtà in essenza, però, serve molta pazienza e poca pigrizia, e soprattutto l'intelligenza capace di misurare le ragioni d'essere di entrambe.

La Perfezione è Giustizia

L'intero universo si sostiene attraverso le relazioni in cui stanno le sue parti, è relativo dunque, e ogni sua componente è caratterizzata da limiti e impossibilitata a sussistere in modo indipendente dalle altre parti nelle quali ogni singola realtà è immersa.
Tutto l'esistente ha al proprio centro la Verità immobile, che si manifesta nelle doppie verità variabili, in perenne movimento, duali e relative. Vere sono tutte le verità relative a immagine della Verità centrale, ed esse sono vere in ogni loro parte perché anche la falsità è una "vera" falsità.
L'esistente è dunque verità relativa, divisa e incompleta sia quando essa è vera nel suo essere positiva, che nel suo essere negativa in rapporto all'essere che sta considerandola.
L'equilibrio generale di un insieme, sia esso microcosmico che macrocosmico, è dato dalla somma dei componenti di questo insieme, che è necessariamente retto e sostenuto dalla verità centrale e dalle parziali verità relative, quelle che si alternano nelle opposizioni delle loro polarità contrapposte le quali, da una visuale più elevata di osservazione, divengono delle complementarità stabilendo un equilibrio destinato a integrare entrambe le polarità nel principio comune, quello che esprime l'unità dalla quale è inizialmente scaturita, alla sua nascita, la dualità espressa dalle due polarità contrapposte e complementari tra loro.
Dunque l'inconoscibile Verità, centrale e assoluta, costituisce l'essenziale ragione d'essere delle superficiali verità relative, ed è corretto dire che tutto l'esistente sia sostenuto dalla verità in tutte le sue possibili forme di espressione.
Il termine "esistere" deriva dal latino "Ex-stare" e indica l'assenza, all'interno dell'esistenza, della sua ragione sufficiente d'essere.
Poiché l'intero universo è relativamente "vero", sia nel suo essere corrispondente alla verità che nel suo esserle lontano, si deve ammettere che tutti gli accadimenti siano orientati dalle verità superficiali verso la centrale Verità assoluta.
Verità che è sovrapponibile alla Giustizia voluta, per il suo essere necessaria, dalla necessità di equilibrio che è funzionale al bisogno che ogni imperfezione ha di perfezionarsi.
Per questo è necessario avere fiducia nella volontà del Cielo e nella Sua giustizia, che non ha i limiti di quella umana.
Non dobbiamo giudicare male un Cielo perché lo riteniamo ipoteticamente incapace di fare giustizia, perché il Mistero che chiamiamo "Cielo" è Giustizia perfetta data dal perfetto equilibrio.
Tutte le ingiustizie nelle quali sono inscritte le verità mobili e relative sono destinate a ricomporsi nella Verità centrale, che è al di sopra della durata temporale in quanto sua causa.
Ognuno di noi deve essere comunque un portatore di giustizia e di equilibrio, perché siamo parte della verità universale, ma nello stesso tempo deve sapere che la Giustizia del Cielo non può fallire.
Per questo è necessario perdonare che si è sinceramente pentito, perché il Giudizio del Cielo è sempre superiore al giudicare umano.

Superiore perché infallibile, a causa della Verità che non può negare se stessa.

giovedì 22 ottobre 2015

Invisibili artigli

Le poche persone che danno credito all'esistenza della vista interna, quella data dall'aver avuto accesso all'Intelligenza universale, pensano che essa sia riferita alla chiarezza teorica data da un'intelligenza che gode della vista di un panorama più esteso, ma così non è.
La chiarezza teorica, che si esprime nella capacità dialettica e nella rigorosa aderenza alla logica dei princìpi universali, modulatori e regolatori della realtà relativa, è un aspetto implicito del "vedere" la Verità al di sopra della mente e del tempo, ma di certo non il più importante né, di conseguenza, nemmeno il più doloroso.
Chi "vede" la Verità la vede in tutti i suoi aspetti, i quali sono totalmente ignorati da coloro che non hanno aperta la via di comunicazione col centro assoluto di sé, e l'apertura della capacità intuitiva superiore, quella che le scritture vediche indù chiamano del "terzo occhio" implica l'avere la Certezza assoluta sulle intenzioni che ha anche un semplice bagliore nello sguardo di una persona.
Vedere la verità dà la capacità di unire tra loro gli invisibili elementi costituenti l'ordito che sottende la realtà visibile, al fine di avere la loro sintesi denudata davanti all'Intelligenza universale che la conosce al di sopra del dubbio.
Questa è la prima illuminazione data dall'iniziazione ai misteri dello spirito.

Chi vede attraverso lo spirito è costantemente sotto l'attacco delle forze demoniache, che non tollerano possa sfuggire loro il dominio su qualcuno che tenta di sfuggire ai loro invisibili artigli.

Sulla ragione d'essere delle religioni

Le religioni hanno, come primo compito, quello di stabilire un rapporto tra gli uomini e la Realtà assoluta che chiamiamo Dio. Poiché gli uomini sono divisi in popoli, con culture e sensibilità diverse in dipendenza della loro latitudine di appartenenza, le religioni sono diverse tra loro pur nella condivisione degli stessi princìpi di amore attraverso il quale la Verità, unica nella sua essenza non relativa, si esprime. Le religioni, non duali perché concepiscono la dualità come necessità logica e analogica dell'unico principio causale, che è uno a immagine dell'unità, la quale è unicità del Mistero assoluto, le religioni, dicevo, sono rivelazioni, dunque rappresentazioni della Verità che è coperta da un nuovo e diverso velo, imposto dalle limitazioni intellettuali delle persone non qualificate alla vista diretta e accecante della Verità.
Le religioni svolgono un compito analogo a quello svolto dai diversi linguaggi che, usando parole diverse dicono della stessa, perché unica, Verità spirituale.
I concetti di paradiso e inferno, intesi come fossero luoghi di piacere o di pena conseguenti all'aver vissuto nella virtù o nel peccato, hanno la loro ragione d'essere essenzialmente di un ordine che è psicologico, perché anche quando una persona è diventata adulta scegliendo di essere atea manterrà la paura, che le è stata impressa da piccola, per un destino terribile del quale nulla è possibile sapere. Una paura che, per quel timore atavico, tenderà a limitare la portata delle sue eventuali azioni malvagie.
In realtà paradiso e inferno sono dimensioni dell'essere e simbolo delle ripercussioni che le nostre azioni avranno, sia nel vivere presente, che nel misterioso e incerto futuro.

Le religioni parlano alle popolazioni e devono essere comprensibili a tutti, mentre la Verità, unica perché universale nei suoi princìpi, non può essere colta nella sua essenza dal credere o dal non credere, ma potrà esserlo dall'intelligenza individuale quando divenuta capace di aprirsi all'Intelligenza universale, la stessa che regge l'intero universo.

Più liberi che felici

È per me importante scherzare attorno a molte cose, e lo faccio più per divertire che per divertirmi; è la mia natura che lo vuole, ma il prezzo correlato a questo scherzare è alto, perché le intelligenze poco dotate, soprattutto se sono pure convinte di essere colte, odiano questa mia attitudine. I primi a odiarla sono stati i componenti della mia famiglia, esclusa la mia adorata nonnina, poi gli amici, gli insegnanti, i datori di lavoro e chiunque abbia avuto a che fare con me, esclusa la mia adorata compagna, amica, moglie e aguzzina.
Ridere non è, come comunemente si crede, il segno inequivocabile di un'acuta intelligenza, se lo fosse i santi riderebbero, ma come si fa a ridere quando si sta in mezzo a tante persone che soffrono?

Nemmeno io sono capace di farlo, anche se, tra un singhiozzare e l'altro, riesco a scorgere il tenue sorriso di un Mistero che tutto avvolge nel suo abbraccio amorevole, quello che assegna più importanza al vederci liberi piuttosto che falsamente felici.

venerdì 16 ottobre 2015

In perenne movimento attorno a Ciò che non si muove

Perenne significa ciclico, non eterno. 
L'eternità è al di sopra della durata perché ne è la causa.
In questo doversi muovere tutto cambia, e noi siamo parte di questo tutto.
Il sangue scorre perché le fasi del battito del nostro cuore si alternano ciclicamente, come il nostro respiro, eppure... eppure in tutto questo cambiare continuiamo a sentire di essere lo stesso identico io attorno al quale cambiamo pelle, emozioni, valori, lacrime, ma non questo sentirci un " io "; che è un io identico a quello di tutti gli altri esseri.
Questo sentirsi di tutti quello stesso io dice cose che la nostra intelligenza non può ignorare: dice che il sentirsi sempre lo stesso io non cambia come fanno la nostra pelle e le nostre idee.
Perché non cambia?
Perché l'io è l'espressione della nostra centralità interiore, che non cambia perché non è sottomessa al doversi modificare. 
Non si modifica perché questa centralità è assoluta, ed è la traccia della presenza del Mistero assoluto che è in noi, tanto quanto noi siamo in esso in dipendenza della visuale dalla quale si considera l’esistenza, se dal punto di vista individuale e umano o da quello centrale perché divino.
Naturalmente il nostro io è diverso per ogni essere, ma è il nostro sapere di essere quell'io che è identico.
È identico perché espressione del sé interiore che ne è la causa.
Sé che è irradiato dal Mistero assoluto, infinito ed eterno.
È questo sé che vive di nuovo, non l'io, e vivendo si sentirà un io nuovo, senza la memoria di tutti gli io che sono morti.
Senza quella memoria non ci può essere responsabilità, e anche se il nuovo io dovrà pagare per gli errori commessi dagli io che lo hanno preceduto, contenuti nella memoria del sé, non potrà essere incolpato per quegli sbagli che non sono più i suoi.
Il sé interiore e spirituale di ogni essere conserva memoria di tutti gli stati attraversati dagli " io " nei quali si è espresso vivendo, ma ogni nuovo io è diverso da quelli che lo hanno preceduto, anche se nel suo essere diverso ha compiti da portare a termine ereditati da tutti gli " io " che il sé interiore ricorda.
Per questo quando chiesero a Gesù di chi fosse la colpa della cecità di un uomo Gesù rispose che non era dei suoi genitori, e neppure di quell'uomo, ma che la sua cecità aveva il compito di mostrare la grandezza di Dio.
Quella grandezza è anche nella pietà che cancella i ricordi, ed è la stessa che a tutti dà la possibilità di essere coraggiosi o vili, sinceri o falsi, uomini o demoni.

Chiunque disprezzi i difetti altrui, attribuendoli a ipotetiche colpe avute in esistenze passate, e di conseguenza disprezza anche chi il peso di quei difetti sopporta, nel suo disprezzare sceglie di essere vile, falso e demoniaco.

martedì 29 settembre 2015

Il momento fatidico

È il tempo in cui il perenne istante nel quale il tempo finge di scorrere pare accorgersi che è giunta la fine dello scorrere. È l'attimo della cristallizzazione di ciò che si è, quello dove la paura e il coraggio danno la misura delle proprie possibilità di essere.
Quando l'attaccamento alle proprie emozioni deve lasciare il trono ai valori che sono stati riconosciuti importanti.
In quel momento tutto ciò che era uscito dalla potenzialità dell'essere si prepara a rientrare nella stessa potenzialità, aumentata nella sua qualità dall'aver vissuto anche quando si è vissuti nell'errore, perché è per gli sbagli commessi che si riconosce la necessità di dover migliorare.
Siamo parte del tutto che non può perdere di sé nemmeno un pulviscolo, e se quello che fu il nostro corpo tornerà alla terra, il nostro spirito tornerà allo Spirito del quale è una minuscola scintilla, che però ha in sé la stessa qualità della Fiamma che l'ha soffiata nell'avventura del vivere.

domenica 20 settembre 2015

Sul segreto iniziatico

Ognuno di noi ha le proprie certezze, conseguite in parte da percezioni sensoriali a dir poco imprecise, e dal grado della propria intelligenza individuale, che il più delle volte si trova a livelli che definire penosi sarebbe ottimistico.
Ma cos'è, in definitiva, una "certezza"?
È una conoscenza al di sopra del dubbio, che non si presta a essere messa in discussione.
Farò degli esempi: io sono certo che il mio spazzolino da denti ha il manico in plastica, che la mia casa è stata costruita sulla roccia impilando grosse pietre una sull'altra, e che la mia intelligenza non è adeguata ai compiti che la sua natura le assegna.
Sono pure certo che ogni cosa ha un sopra e un sotto, e che se la si capovolge quel sotto diventa un sopra, ma se prendo una sfera e la capovolgo... la sua perfezione resterà inalterata, perché una centralità non può essere capovolta, e la sfera è l'espressione perfetta di una centralità, perché ogni punto sulla sua superficie si trova alla stessa distanza dal centro comune a tutti i punti superficiali.
Sono certo che come c'è un sopra e un sotto c'è un dentro e un fuori, e che il fuori è l'espressione manifesta della propria interiorità nascosta, la quale genera la superficie di sé, irraggiando le proprie possibilità di essere.
Sembrano essere certezze che non hanno influenza sull'andazzo pericoloso di ogni nostra giornata, ma così non è, perché se una persona non ha riferimenti certi sull'ordine nel quale ogni realtà è, e dovrà esprimersi se sarà in grado di farlo, non potrà neppure capire le ragioni per cui essa si è manifestata in un modo invece di un altro, oppure i perché non si è manifestata.
Realtà relativa significa che ogni cosa che la compone ha necessità di relazionarsi con le realtà a lei prossime, in uno scambio che garantirà la sopravvivenza o l'estinzione di sé, il miglioramento o il peggioramento delle realtà che le sono vicine e a volte anche lontane.
Realtà relativa indica, dunque, divisioni e limiti, consequenzialità causali di effetti, che daranno seguito a loro volta ad altri effetti, diventando di questi ultimi le cause. 
Certezza indica il conoscere i modi di attuazione di questi passaggi consequenziali, le loro modalità espressive quindi, le quali escludono il caso che è assenza di princìpi e, dunque, di leggi ordinatrici.
Ci sono certezze relative che dimostrano l'esistenza della Certezza assoluta, e quest'ultima si manifesta all'interno della realtà relativa non entrando in essa, ma facendo uscire dalla dimensione relativa l'intelligenza di chi è qualificato al conoscere sovra individuale. L'uscita dalla sfera relativa nella quale si trova a essere la realtà delle relazioni sostituisce l'intelligenza individuale con quella a carattere universale, che lascia all'intelligenza individuale solo il compito, quando essa lo ritenesse utile, di tradurre in pensiero e parola la vista interiore data dall'Intelligenza universale, ma poiché la vista interna dell'Intelligenza universale deve il suo essere alla sua assolutezza, la traduzione della Verità è costretta a lasciare indietro l'essenza di ciò che essa è, e questo rende il risultato della traduzione relativo, e non più assoluto come assoluta è la vista interiore. In questo modo la Verità si difende da sé, restando inaccessibile per coloro che possono sentirne soltanto gli echi lontani.
Questa incomunicabilità della Verità è ciò che è chiamato il segreto iniziatico, che non è propriamente un segreto, o almeno non lo è per gli iniziati ai misteri dello Spirito assoluto.
La Certezza assoluta non è, in tutti i suoi possibili stadi, un sapere tutto di tutto, ma è il modo che ha l'Intelligenza universale di conoscere senza utilizzare la mente. Si "vede" al di sopra della durata temporale, nell'immediatezza data dal poter comunicare consapevolmente col centro di sé che è assoluto ed è la traccia impressa dal Mistero assoluto nel centro di ogni elemento che è parte del tutto. È l'Assoluto che svela la natura della Verità assoluta e i suoi princìpi, attraverso la prima illuminazione che apre l'accesso alla sfera della conoscenza assoluta attraverso la Certezza priva del dubbio. 

Un detto Sufi così descrive la Certezza: la Certezza è come l'infinità interna del Mistero, la quale non può esaurirLo.

mercoledì 16 settembre 2015

Precisazioni su quella che è stata arbitrariamente definita "teoria del gender"

Precisazioni necessarie su quella che è stata arbitrariamente definita essere la "Teoria del gender", incolpando addirittura le scuole dell'infanzia di inculcare l'omosessualità ai bambini, quando in realtà non è così, perché essa si riferisce ai ruoli di genere. Oggi una donna guida il pullman e la ruspa, e questo implica la necessità di una non differenziazione dei ruoli sociali tra maschile e femminile.


La sessualità non può essere inculcata né insegnata, perché essa è un elemento naturale che si manifesta naturalmente da sé, in stretta e indissolubile relazione con la propria condizione corporea, intellettiva ed emotiva. Qualsiasi tentativo di orientare questa naturale condizione dell'essere sarà destinato a fallire, equivalendo al voler aprire un buco nell'acqua lanciandole un sasso dentro. Questo, però, non esclude eventuali tentativi volti a riempire lo stagno per riuscire a ottenere quel buco tanto desiderato (qualsiasi associazione immaginativa non è stata voluta). La questione che tanto allarma in questo succedersi di dichiarazioni, a volte motivate e altre no, potrà essere considerata con maggiore chiarezza attraverso la costituzione di una gerarchia di valori che sia in grado di ordinare, secondo appropriati gradi di importanza, le diverse validità delle differenti visuali dalle quali il problema può essere considerato. Questa ipotetica gerarchia deve avere, come ogni impianto gerarchico che si rispetti, la libertà considerata come aspetto superiore e la costrizione in quello inferiore. Naturalmente questi due aspetti, considerabili essere i due poli opposti del valore, che è verità e virtù, si fronteggeranno sul piano di realtà sul quale non sia possibile un'immediata conciliazione. Libertà che non include alcuna garanzia di giustizia, perché essa implica la libertà di sbagliare, e allo stesso modo nemmeno la costrizione ha un valore assolutamente negativo, perché c'è l'auspicabile possibilità di costringere il male ad andarsene. In questa ipotetica gerarchia la libertà sarà intesa come positivamente armonica, quando essa sarà garante delle libertà di tutti, mentre la costrizione deve essere vista come la restrizione di ogni possibile libertà positiva. Considerando la questione iniziale riferita al genere sessuale occorre dire che nella individuale percezione del genere sessuale di appartenenza possono concorrere diversi fattori di ordine morale, educativo, religioso, emotivo, intellettivo e volontaristico che possono influenzare questa percezione. Dunque il proprio sentire di appartenere a un genere specifico, o a un altro genere tra gli indefiniti che sono possibili, sarà anche influenzato dal credere o dal non credere individuali, ma questi ultimi avranno sempre un peso inferiore a quello dato dalle pulsioni naturalmente espresse dall'intelligenza organica che intride ogni singolo essere, nello stesso modo in cui permea le stelle. È necessario aggiungere che la definizione di naturalità, essendo necessariamente relativa come lo è la natura, implica gradi e sfumature la cui perfezione dovrà essere valutata in funzione del grado di approssimazione al principio dal quale un evento è scaturito. Significa che il petrolio è naturale se sta negli alvei di roccia che lo contengono, e sarà considerabile essere innaturale quando qualcuno arbitrariamente lo avrà versato sul prato di un pascolo. Dal centrale punto di vista della libertà la cosa più importante sarà data dal non limitare la libertà di nessuno, imponendo una visuale che costituirà l'impronta nella quale la propria sessualità dovrà camminare per manifestare la propria ipotetica naturalità, mentre dalla visuale opposta, quella data dalla costrizione, la cosa essenziale per chi ama costringere sarà il voler obbligare qualcuno a essere ciò che quel qualcuno non sente di essere. Le due polarità, una riferita alla libertà e l'altra opposta alla costrizione, disegnano i due modi estremi nei quali è possibile porsi nel voler definire i confini dell'essere liberi di vivere ciò che si sa di essere. Il valore più importante da dover rispettare sarà sempre quello della libertà di scegliere di non fare del male ad alcun essere, compreso il proprio. Chi volesse educare all'uno o all'altro dei modi di essere contravverrebbe la libertà che l'Assoluto ci ha concesso, al fine dato dal nostro bisogno di perfezione che ha i due volti di Giano bifronte su un'unica testa, quella dell'essere universale che non è maschio e non è femmina, essendo identificato all'assenza di genere dell'Assoluto.

domenica 13 settembre 2015

Siamo tutti peccatori?

Nelle Chiese spesso il prete ricorda che siamo tutti peccatori.
Questo voler attribuire a tutti l'atto del peccare sminuisce il grado di responsabilità conseguente al peccare. 
Così dicendo al prete non resta altro che affidarsi alla misericordia divina.

Ma essere fedeli non può significare essere degli accattoni.

Chiesero a Madre Teresa come si sentisse a essere santa, e Lei rispose che la santità è un dovere di tutti, e la domanda giusta avrebbe dovuto essere:— Come ci si sente a non essere santi—.


venerdì 11 settembre 2015

Il mattone pesante di un meraviglioso palazzo

La consapevolezza delle ragioni d'essere dell'esistenza pone la persona che è consapevole in una situazione difficile, perché questa è una conoscenza assoluta che non si presta a essere discussa, né a poter essere comunicata ad altri nella sua essenzialità che non è relativa. È come il conoscere le leggi del calcolo matematico vivendo in un mondo che estrae di continuo risultati insensati, da ipotesi insensate, a causa dell'ignoranza di quelle stesse leggi universali, le uniche che conducono alla sintesi univoca e logica della Verità.
Con quel conoscere la voglia di vivere tende a diminuire, come diminuirebbe la bellezza di un bel dipinto quando sia accostato a una magnifica opera d'arte.
Eppure l'esistenza è anch'essa una magnifica opera d'arte, ma accanto al Mistero che mostra il valore dell'Intelligenza universale anche l'esistenza sfiorisce, mostrando di essere il mezzo che essa è: il mattone pesante di un meraviglioso palazzo che scompare nella magnificenza del Mistero infinito.


Polarità contrapposte e la loro via di mezzo

Prendiamo un asse (cartesiano), bilanciamolo su un punto di appoggio centrale che sarà il suo fulcro, e mettiamoci sopra a una sua estremità l'egoismo, mentre all'estremità opposta ci metteremo l'altruismo.
Il punto centrale dove le due contrapposte polarità si incontreranno, neutralizzando le rispettive spinte nella complementarità in cui le opposizioni si equilibrano, vedrà come risultato di questo incontro l'immobilità di chi non pretende per sé e non concede ad altri.
Si può dire che il punto di equilibrio stabile tra due polarità in opposizione tra loro sia la risoluzione delle tensioni caratterizzanti entrambe le polarità considerate.
Ma a cosa conduce questa risoluzione?
È forse la “Via di mezzo” preferibile alle estremità che l’hanno determinata?
È l’inazione superiore all’agire?
Potrebbe essere considerata una retta l’asse sulla quale due polarità in opposizione tra loro si fronteggiano?

La risoluzione delle polarità contrapposte, che hanno trovato equilibrio nella loro complementarità, la si ha attraverso il reintegro di entrambe le polarità nell’unità del principio dal quale le polarità considerate si sono formate. Nessuno dei due poli riduce l’altro annullandolo, perché sarebbe una riduzione che contraddirebbe le leggi che regolano ogni dualità a partire dalla centralità del loro principio comune.

Non sono le due estremità a determinare la loro via di mezzo, ma è la via di mezzo in quanto centralità, ad aver dato modo alle estremità di essere attraverso la propria divisione. Ogni superiorità è misurata attraverso la valutazione data dalla sua qualità e dalla sua quantità. La prima secondo una chiave interpretativa qualificante, e la seconda attraverso quella quantificante. Qualità che è misurata dal senso che è direzione spaziale e intenzione spirituale. Quantità che è valutata attraverso le sue misure matematiche e geometriche. Sempre una centralità è superiore agli effetti prodotti, e le polarità sono la conseguenza data dal suo essersi irradiata. La via di mezzo, anche detta “Invariabile mezzo” dai popoli estremo orientali, non è costituita dalla mediazione di due poli antagonisti, perché se questi poli fossero la verità e la falsità significherebbe che la Verità superiore a entrambe debba essere formata dalla somma di verità diminuite: la verità vera da un lato e la vera falsità dall’altro. Questo implicherebbe che la verità migliore sia quella che accetti parte della falsità insieme a parte della verità, e così non potrebbe essere, perché mai una verità migliorerebbe attraverso il suo avvicinarsi a una falsità. La centralità, che è via di mezzo, si trova al centro di un piano determinato dalla circonferenza di una specifica realtà, centro attraverso il quale passa la verticale che, attraversando quel piano verticalmente, conduce al livello superiore e a quello inferiore di quella realtà.

L’inazione e l’azione sono poli di una stessa realtà, e la loro dominanza è data dal contesto nel quale esse si esprimono. In generale si deve dire che l’inazione associata alla contemplazione sia superiore all’agire il quale, senza l’orientamento dato dalla contemplazione, diverrebbe una vana agitazione.

È possibile considerare la linea sulla quale due poli si fronteggiano come fosse una linea retta, anche se in realtà in un universo in continuo movimento ogni retta è il segmento di una curvatura più grande.

La spirale disegnata dal movimento è espressione della danza mossa dalle polarità che si inseguono, ognuna di esse invertendo la propria polarità al termine di ogni ciclo che conduce a un superiore ciclo successivo.

giovedì 3 settembre 2015

Sull'integralismo religioso


Chi aderisce a una fede vi aderisce avendone fiducia; se non ha fiducia in quella fede non vi aderisce. Aderire a una fede, che sia essa religiosa o politica, quando avviene in una percentuale variabile non è un aderire, ma è un mettere in discussione, e se questo è comprensibile per quanto si riferisce alla politica non lo è più rispetto alla trascendenza divina che si esprime in un credo religioso rivelato da un Profeta. A una religione si aderisce integralmente, perché essa non è una squadra di calcio che ha al suo interno un giocatore o un allenatore che non piace. Per integralismo religioso non si deve intendere la totale aderenza ai princìpi fondamentali di una fede religiosa, ma occorre vedere la distorsione di questi princìpi attuata a causa di morali errate che assegnano misure diverse in dipendenza di interessi diversi, siano essi individuali o di intere collettività, o di interessi che sono molto distanti da quelli religiosi come a esempio la sete di dominio politico ed economico. Gli integralisti pretendono di interpretare le religioni secondo i valori personali dati dal loro sentire emotivo o dal loro dover guadagnarci sopra, mentre per princìpi si devono intendere i valori indiscutibili e fissi i quali sono di natura essenzialmente intellettiva, perché le morali cambiano al variare delle culture e del sentire emotivo soggetto al variare delle emozioni, mentre un principio deve essere immutabile. L'integralista esclude l'intelligenza che assegna significati a lui estranei, concentrandosi solo su quelli che gli convengono. Così dà alla religione la rigidità anche emotiva che esclude il sacrificio di sé, sacrificando il prossimo che non è in accordo con la sua visione della vita. Se non si è nemmeno capaci di capire cosa l'integralismo sia, non si deve usare questo termine a casaccio, perché così facendo si spingono le altre intelligenze poco dotate ad avere comportamenti deviati simili a quelli che hanno i fondamentalisti detti anche integralisti.

Sulla normalità

La normalità ha la sua gamma di possibilità, che occupa lo spazio tra il più e il meno. Dunque una normalità massima in uno dei due poli di questa gamma, diviene normalità minima, che è detta anormalità, sull'altro polo che gli si oppone. Per normalità deve essere intesa l'aderenza alla norma che è definita dai princìpi, universalmente applicabili all'intera esistenza, i quali modulano il dispiegarsi degli eventi che si manifestano, e che ostacola la possibilità di potersi manifestare delle cose che non si manifestano. Cosa dà la possibilità di misurare il grado di normalità di una realtà?
Lo dà il grado di approssimazione che questa realtà mostra di avere al principio che costituisce la sua norma.
Così si può dire che sia normale che il petrolio sia all'interno degli alveoli di roccia che lo contengono, e sia da considerarsi anormale quando lo stesso petrolio è stato estratto e versato su un prato.

La realtà, complessivamente considerata, è un dono fatto a tutti i componenti di questa realtà, dunque è normale donarle in cambio il sacrificio di sé, ed è anormale pretendere che sia la natura a doversi sacrificare.

Allo stesso modo della consapevolezza spirituale

Dietro a ogni effetto c'è una causa che l'ha prodotto, e procedendo a ritroso si giunge al dover considerare la Causa prima di tutte le altre cause.
C'è chi dice sia il caso a causare il tutto, ma il caso è assenza di ordine, dunque attribuire al caso l'ordine universale è contraddittorio.
C'è chi afferma essere Dio la causa delle cause, il Dio assoluto e unico che crea dal nulla.
Ma assoluto significa che tutto comprende e nulla esclude, e questo significa che non ci può essere un nulla al di fuori dell'Assoluto, quindi l'Assoluto genera l'esistenza che è già presente in potenza, e poiché assoluto significa non duale... ciò che è possibile diviene attuale.
L'Assoluto non crea, ma esprime le proprie infinite potenzialità attuandole in dipendenza della loro possibilità di essere.
Il tempo è una delle condizioni che consentono il dipanarsi dell'esistenza, e lo spazio è un'altra, eppure non tutto l'esistente è sottomesso a queste due condizioni.
L'intelligenza è capace di viaggiare senza dover attendere e senza dover solcare spazi, e così è per l'immaginazione e la fantasia che le appartengono.

Allo stesso modo della consapevolezza spirituale, quella che sta al centro di tutto e non ha bisogno di muoversi, l'Intelligenza universale che tutto pervade è oltre le limitazioni date dall'essere, e le supera perché essa è la loro causa.

sabato 11 luglio 2015

Il tradimento

È difficile che in una storia non sia presente il tradimento, perché esso è il lievito che prepara la rivalsa finale. In metafisica il tradimento rappresenta l'inizio dell'egoismo, che dà modo all'esistenza di proseguire il proprio vorticare alla ricerca del riscatto di ciò che, attraverso il tradimento, si è diventati. La riflessione della Verità assoluta del Mistero è un capovolgimento che genera realtà in opposizione ad altre realtà altrettanto vere, ma contrarie a quelle, che cercano equilibri perduti attraverso l'equilibrio dato dalla loro complementarità, che sarà superata dalla reintegrazione nel principio che è causa sufficiente d'essere di ogni polarità.
Il tradimento non è la prima divisione operata da questo riflettersi del Mistero nelle proprie infinite potenzialità, che si attuano nella realtà relativa, ma è la necessità che ha l’egoismo di tradire l’altruismo.
Da questa visuale la stessa Realtà assoluta è considerabile altruistica nelle sue ragioni d’essere, anche se il Mistero di questa Realtà non è altruista né egoista, perché non è composto da parti, e il suo esprimersi in una unità unica esclude ogni genere di polarità, ma il Mistero assoluto, riflettendo la propria unità nelle unicità che compongono la molteplicità, esercita il primo sacrificio, almeno dal punto di vista della realtà relativa e nostro che in quella esistiamo, sacrificio che si manifesta come dono di sé, anche se in realtà l’Assoluto non sacrifica nulla di sé, specchiandosi in se stesso, perché nulla è esterno all’Assoluto.
La sacralità, che è attribuibile alla vita e all’esistenza che la contiene, da quel sacrificio primigenio deriva, sacrificio sacro che la trascendenza del Mistero assoluto ha generato attraverso le proprie leggi universali, assi fissi attorno ai quali la realtà delle opposizioni e dei limiti ruota.
La Libertà assoluta si dona, attraverso la libertà relativa, in quanto possibilità di essere realizzata dalle realtà relative che da essa si formano, attraverso l’allontanamento dal Principio che la Libertà esprime irradiando la propria infinità nella libertà relativa dei frammenti indefiniti, tutti diversi tra loro, perché hanno in sé la stessa unicità del Mistero; allo stesso modo delle scintille che si allontanano dalla fiamma che le ha generate, portando in sé la stessa qualità della fiamma, gli esseri esistono grazie alle scintille del Mistero, le quali sono al centro di ogni essere dal punto di vista dell’essere, allo stesso modo in cui ognuno è al centro di ogni scintilla che lo contiene, inteso dalla visuale centrale che è propria al Mistero.

Il tradimento è, metafisicamente inteso, l’inutile tentativo messo in atto da un essere che tenti di spegnere quella scintilla.

martedì 16 giugno 2015

In Mistero inconoscibile, perché privo di limiti

Il nostro (si fa per dire) pianeta mostra una stupefacente ricchezza creativa, data da un'indefinita moltitudine di possibilità che si attuano, rendendosi disponibili alla realizzazione di altre realtà a queste compossibili, ma la totalità universale è molto più di questo, perché in ogni galassia ci sono condizioni diverse dalla nostra che generano altre possibilità, in magnificenze di forme e colori tutte esprimenti aspetti di un Mistero inconoscibile che è privo di limiti, come ne è privo l'Amore quando non ha interessi diversi da quello di amare.

venerdì 12 giugno 2015

Il coraggio di vivere


Nel coraggio di vivere sono incastonate tutte le altre virtù possibili che, senza quel coraggio, non potrebbero essere raccolte e vissute. La crudeltà dell'esistenza lo sa, perché in questo dover stimolare il coraggio c'è la sua ragione d'essere.

Le verità che stanno sopra

Il dover conoscere è stato, per me, un imperativo esistenziale per il quale mi sono ammalato e mi sono giocato, senza barare, le simpatie degli amici e l'affetto della mia famiglia di nascita. Arrivato al termine del vicolo cieco, nel quale ci si infila quando si crede di poter capire tutto, ho avuto la più cocente delusione che un essere umano possa avere: ho capito di essere interessato al conoscere esclusivamente per compiacermi di esserci riuscito. Chiunque abbia provato a essere contento della propria intelligenza sa che appena se ne è compiaciuti accadono cose che sbriciolano, senza eccezione, tutte le convinzioni tanto pazientemente annodate ai pali piantati in terra dal proprio ego. È a quel punto che il Cielo ha voluto indicarmi la via, e a quel punto mi ha fatto conoscere la realtà e le sue ragioni d'essere, spostando il fuoco della mia limitata intelligenza individuale verso il centro di me, che è casa dei princìpi universali costituenti gli assi fissi attorno ai quali ogni accadimento vortica. Non mi è stata svelata la Verità, ma solo il modo attraverso cui la Verità unica e assoluta si riflette capovolgendosi, lasciando modo alla falsità di essere una vera falsità. Da quell'inizio spettava a me il dover decidere di ricominciare a vivere utilizzando l'aiuto inestimabile datomi dal Cielo.
Conoscere in modo assolutamente perfetto il principio, che è causa di ogni ulteriore effetto non è molto, ed il suo utilizzo è analogo a quello delle tabelline per un matematico che ha da risolvere la funzione di partizione del numero intero: occorre conoscere l'uno per riuscire a concepire tutte le sue possibili variazioni. Così è per coloro che dal Cielo hanno avuto il dono di conoscere l'Uno. 
L'Uno non è il Mistero inconoscibile, ma è la sua prima espressione che obbedisce alle leggi eterne emesse dal Cielo. 
È il centro dei centri. 
Senza conoscere queste leggi, che sono universalmente applicabili sia al microcosmo che al macrocosmo, ci si dovrà rivolgere alle possibilità contraddittorie date dall'essere costretti a ipotizzare. Chi conosce i princìpi non ipotizza più, perché la verità precede qualsiasi invenzione. Il difficile è applicare le verità conosciute alla propria vita, perché è la verità l'unica chiave che apre alla vista interiore immediata, quella che diviene capace di considerare, e forse anche vivere, le verità successive che le stanno sopra.

mercoledì 10 giugno 2015

Emozioni

L'emotività può essere una brutta bestia, anche se, senza di essa, gli atti eroici li farebbero solo i santi. 
Come si potrebbe dividere l'emozione buona da quella cattiva? 

Non si può, perché l'emozione non è buona né cattiva, ma lo sono le decisioni che prenderemo in conseguenza all'essere stati emozionati e, più ancora, gli atti che seguiranno.

martedì 9 giugno 2015

Convinzioni comuni

È ormai convinzione comune che sia necessario accontentarsi di ciò che si è, che è poi quello che fa ogni merda sul marciapiede prima di essere schiacciata dagli eventi.

Saggezza


La saggezza è quella cosa che non ti fa mai essere contento di ciò che sei, perché deriva da un'intelligenza che è consapevole di essere stupida.

Amare


Colui che ama si rifiuta di possedere anche solo un'unghia della persona amata. Il Mistero in cui siamo immersi ci ha donato l'esistenza e ci ama, ma pur amandoci ci lascia liberi, perché il vero amore non è mai nel possedere. Quale amore sarebbe pregiato se fosse conseguenza del non essere lasciato libero di scegliere? Chi è posseduto, anche soltanto un poco... amerà poco e cercherà la propria libertà.

Liberi?


La libertà è quella cosa per raggiungere la quale si è disposti a rinunciare all'essere liberi.

Verità e falsità


Chi mente sempre teme di dire anche solo una volta la verità, perché la verità attira altre verità e, allo stesso modo della menzogna, ha bisogno di rinforzarsi per poter sopravvivere.

Egoismo e altruismo

Che il possedere sia cosa poco pregiata ce lo dice la morte.

Che il donare sia la conseguenza logica del possedere ce lo dice la vita.

lunedì 8 giugno 2015

Vita

La vita è la Possibilità universale che accarezza l'impossibile per renderlo invidioso.

domenica 7 giugno 2015

Il brillio del Mistero

Si vive sapendo di essere nel mirino del Mistero, e ci si convince che è troppo distante da noi per essere preoccupati. Invecchiando si comincia a notare il brillio del cannocchiale montato sull'arma del destino, e si capisce di non avere scampo. Siamo necessari al tutto, altrimenti non ci saremmo, e non mi pare il momento giusto per criticare i suoi gusti, perché io, quel brillio, è da un po' che lo vedo...

sabato 6 giugno 2015

Il peggio e il meglio


Nulla è peggio dello scoprire di essere stati gabbati dalla propria faciloneria, ma nulla è meglio dell'essere riusciti a capirlo.

venerdì 5 giugno 2015

Il caso e l'accidente

Quello che è chiamato caso ha motivi di essere che sono sconosciuti, ma li ha, dunque non è un caso che eventi senza apparenti ragioni d'essere accadano. La realtà è totale, e nella sua totalità c'è l'accidente dato dallo scontro, o dall'incontro, di eventi diretti altrove che si sono scontrati o incontrati. L'accidente non è il caso, ma ha motivi che prima di giungere al loro obiettivo picchiano a destra e a sinistra rimbalzando in modo da provocare situazioni che rientreranno nella normalità data da occasioni, desiderabili o odiose, entrambe utili a comprendere che del mondo capiamo poco, e quel poco spesso è sbagliato. :D

mercoledì 27 maggio 2015

Differenza tra l'essere al di sopra del dubbio e il non avere dubbi...

La vera Intelligenza, quella che non è una stupidità a bassa o elevata concentrazione, non è mai individuale, a causa della sua capacità di conoscere attraverso l'assoluta consapevolezza dei princìpi appartenenti a un ordine che è universale perché applicabile, senza alcuna contraddizione, all'intero universo. Per questo la vera Intelligenza è detta dover essere universale. All'intelligenza individuale è concesso esclusivamente il poter tradurre le verità viste attraverso l'Intelligenza universale, e il prezzo che l'individuo dovrà pagare sarà la rinuncia a ogni tentativo di sostituire la Verità, vista al di sopra del dubbio, con le ipotesi fasulle, caratteristiche di tutte le intelligenze individuali.
Anche qui, inevitabilmente i due estremi sono tra loro speculari, perché l'essere al di sopra del dubbio, per l'Intelligenza universale che è consapevole dei princìpi universali, corrisponde all'immagine invertita data dal non avere dubbi della stupidità individuale che ne ignora l'esistenza.

Incredibile!

È incredibile come la stupidità sia favorita dal "tutto sta andando da dio" e l'intelligenza dal "peggio di così non poteva andare"...

La vittoria della Libertà

A nessuno piacciono i vincenti, perché l'ordine generale del cosmo è stabilito da leggi che non contemplano la vittoria o la sconfitta come dovessero essere definitive. Non lo prevedono perché vittoria e sconfitta sono funzionali a un fine che è superiore al loro contrasto, dovendo quel fine ricomporre la lotta per l'esistenza mediando le opposizioni, al fine di ridurle alla stessa unità primigenia dalla quale quelle stesse opposizioni sono state generate. La Libertà successiva alla Consapevolezza spirituale è frutto certamente di una vittoria, ma è una vittoria contro i propri limiti, mai contro quelli altrui.

Mai paragonarsi


Non bisognerebbe mai paragonarsi agli altri, perché se fossero peggiori li si detesterebbe per la loro inferiorità, mentre se fossero migliori... li si odierebbe per la loro superiorità.

martedì 26 maggio 2015

Saper rinunciare

Possiamo scegliere perché ci è stata consegnata, insieme alla vita, la libertà di farlo. Dalla qualità di quella scelta il bene e il male nascono, ma l'Intelligenza universale che governa l'universo rifiutando il trono è Libertà assoluta che tutto può tranne che contraddirsi, ed è per questo che ci lascia liberi di decidere chi essere. Le leggi emanate dal Mistero assoluto non possono mai contraddirsi tra loro, perché tutte nascono dalla stessa unità. È la libertà di cui tutti gli esseri godono che crea contraddizioni, e le crea perché è attraverso di queste che si impara a conoscere le differenze che separano l'intelligenza dalla stupidità. Intelligenza che sa di essere stupida, e stupidità che crede di essere intelligente.
La libertà ci è stata regalata per darci modo di riuscire a guadagnarcela, mantenendola intatta attraverso il sapervi rinunciare.

domenica 24 maggio 2015

L'esigenza dell'universo


L'esigenza imprescindibile di equilibrio è un mezzo e non il fine dell'universo. È un mezzo finalizzato all'acquisizione di conoscenza e consapevolezza, entrambe superiori all'equilibrio che ogni atto ricerca per poter essere in armonia con l'esistenza che dagli equilibri trae modo di mantenersi viva. Vita che è un mezzo per conoscere, e non il proprio fine dato dal solo sopravvivere. Inoltre un equilibrio perfetto non è realizzabile senza che la vita si fermi, perché essa procede nel suo costante modificarsi proprio grazie agli equilibri realizzati che migliorano il loro stato, oppure lo peggiorano. Tutto questo significa che, essendo il fine dell'esistenza la perfetta consapevolezza di sé, quella che darà modo all'essere di soddisfare la propria possibilità di essere libero, la realizzazione di equilibri, pur nella sua importanza, non supera la conoscenza di sé, e ne consegue che è questa conoscenza che può annullare i debiti contratti con le azioni compiute, incenerendo il karma accumulato vivendo. Se il dover soddisfare il karma fosse una necessità imprescindibile, il mondo sarebbe del tutto orientato alla riparazione dei danni fatti attraverso il fare nuovi e diversi altri danni. Solo la conoscenza perfetta può dare modo di non sbagliare più, ed è per questo che la vita le è sottomessa.

martedì 19 maggio 2015

L'obiettivo della propria esistenza.

L'Intelligenza che sta alla radice dell'universo ha causato questo casino perché la Perfezione assoluta determina necessariamente effetti che le sono inferiori, e poiché quella Intelligenza assoluta è perfetta... lo è anche nel causare sofferenze che convincano valga la pena di avere la perfezione come obiettivo della propria esistenza.

lunedì 18 maggio 2015

La sacralità della Libertà

Sono in molti a credere che il Fato sia scritto già, e lo pensano per un terribile equivoco: l'Assoluto Mistero è al di sopra della durata temporale essendone la causa, dunque per l'Assoluto tutto è nello stesso eterno istante, senza che questo comporti una successione logica o temporale. È ovvio che in quell'istante senza estensione né tempo tutto sia nell'eterno presente, ma essendo senza successione non può essere scritto. Nella realtà relativa, invece, tutto è in movimento perché la legge è quella che, insieme al muoversi del tutto, dà modo alla libertà di ognuno di modificare il divenire. Chi crede che il Fato sia già stato scritto confonde l'Assoluto col relativo e, così facendo, dà scarso valore alla cosa che ha più valore di ogni altra: la propria libertà di scegliere.

domenica 17 maggio 2015

Minacce cosmiche

"Tutto ciò che è non può cessare di essere, nel suo cambiare stato", e questo mi pare somigli molto a una minaccia. 
"L'Infinito, non avendo limiti, non ha alcuna necessità di ripetersi", e qui i dubbi svaniscono: era una minaccia a largo spettro... :D

venerdì 15 maggio 2015

Legami


C'è un legame che unisce tutte le realtà individuali esistenti all'interno dell'universo, dove ogni cosa che è non può cessare d'essere, nel suo trasmigrare in altre forme su piani diversi di espressione. Noi siamo molto più di quanto attualmente ci è concesso conoscere, e persino i prolungamenti delle nostre facoltà si estendono ben oltre la nostra capacità immaginativa. I legami che uniscono le persone appartengono alla memoria del mondo, e sono destinati a complicarsi o a risolversi in dipendenza della qualità delle ragioni che hanno stretto i loro nodi, o li hanno sciolti. A scioglierli è l'indifferenza, a stringerli è l'amore e l'amicizia e, purtroppo, anche l'odio.

giovedì 14 maggio 2015

Gli stronzi che si sa di essere

I miei brevi scritti sono rivolti alle intelligenze, perché non vogliono convincere ed è solo la stupidità che si lascia convincere. Essi sono rivolti all'intelligenza perché sono generati dalla consapevolezza dei princìpi di ordine universale, che non sono morali a causa dell'assenza in essi di sentimentalismi, o di ipotesi generate dalle diverse culture. I princìpi universali sono leggi fisse in rapporto al mutamento che ruota loro attorno. Il principio universale al quale tutto ciò che vibra e si muove è soggetto, nel suo obbligo di mutamento, non è sottomesso al cambiamento, perché se la legge che impone al tutto di cambiare cambiasse a propria volta la vita si fermerebbe. I princìpi universali non sono assoluti, perché l'Assoluto è unico mentre i princìpi sono molteplici, ma stanno, in rapporto alla centralità universale, al minor grado di relatività possibile, e cesseranno di essere quando il respiro del Mistero assoluto si troverà nella sua fase inspiratoria, nella quale la ciclicità esistenziale ritornerà, esaurito il suo ciclo temporale, nell'embrione di possibilità di essere contenuto dal Mistero assoluto. Mistero che è Perfezione assoluta, Libertà assoluta e Verità assoluta. Assolutezza che sta anche al centro di ognuno di noi, e alla quale si deve tendere nella ricerca attiva delle proprie possibilità di perfezione. Accettare se stessi per ciò che si è significa rifiutare la propria possibile perfezione, e insieme a questa decidere di restare gli stronzi che si sa di essere.

Il Mistero assoluto

L'accidia, che è pigrizia, è considerata essere un peccato capitale, ma quando essa è utile a non commettere atti egoistici, disonorevoli perché malvagi... è da considerarsi un dono del Cielo. Non c'è una sola cosa in questo universo, regno della relatività, che è a senso unico, perché ogni realtà ha un'altra realtà che le si oppone e le è, su un più alto livello di considerazione, anche complementare. Troppo affetto può soffocare, l'amore può diventare possessivo e negare se stesso, l'odio può trasformarsi in desiderio d'amore. Una cosa, però c'è, che non ha opponenti, essa sta al centro di ogni essere e non ha altre realtà che le si possano opporre, perché quella cosa è la causa di tutto e nessun effetto potrà mai contraddire la propria causa. Quella cosa è il Mistero assoluto, al quale dobbiamo la nostra esistenza. Quella cosa siamo noi stessi in Essenza. Quella cosa è unica e identica a se stessa in tutti. È Intelligenza silenziosa. È Verità assoluta che ci sorride e tace paziente; nulla la può toccare, nulla la può ferire perché non c'è nulla che sia al di fuori di essa. Il Mistero assoluto non ha un fuori da sé, se l'avesse... non sarebbe assoluto.

mercoledì 13 maggio 2015

Il posto centrale

Una delle cose più assurde dell'umanità è l'attribuzione di un'immagine mentale a ciò che immagine non può avere. Il Mistero assoluto, dal quale la realtà relativa che chiamiamo universo trae il proprio esserci, è chiamato dagli uomini in molti modi diversi tra loro, ma che hanno in comune il fatto di definire questo Mistero attraverso la negazione: 
Assoluto = non diviso in parti
Infinito = non sottomesso all'estensione
Eterno = non soggetto alla durata
Questo perché ogni tentativo di definirlo implicherebbe attribuzioni costituenti limiti che il Mistero non potrebbe avere, essendo la causa dei limiti impliciti all'esistenza.
Ogni causa, anche nelle realtà relativa, è necessariamente superiore ai propri effetti e da questi non può essere modificata. 
Ciò che in questa impossibilità di determinare l'Assoluto più si avvicina all'Assoluto è l'Intelligenza universale, causa delle intelligenze individuali.
L'Intelligenza universale è un punto centrale, privo di dimensione e forma, che illumina tutto l'esistente. In questo suo illuminare determina ombre, e l'ombra che si allunga dietro a un grano di polvere è assimilabile all'intelligenza individuale dell'uomo, la stessa che s'immagina di essere, per merito del caso, la cosa più elevata dell'universo, quella che crede a tutto, o non crede a niente, oppure crede un po' qua e non crede un po' là, confondendo il credere o il non credere col conoscere.
Ogni elemento del tutto è legato al tutto, e ne segue le stesse leggi universali perché il tutto è dato dalla somma delle sue parti, e l'equilibrio generale è il risultato in divenire della somma dei disequilibri particolari.
L'uomo, esclusi i pochi esseri che sono stati illuminati dall'Assoluto e, per questo, sono consapevoli delle leggi universali normative dell'esistenza, l'uomo, dicevo, si accontenta di poco, e in questa pochezza la sua intelligenza occupa il posto centrale.

martedì 12 maggio 2015

Guardando indietro ci si immagina il futuro

I ricordi ci allietano e ci perseguitano, e costituiscono la prova inconfutabile del nostro aver vissuto nello stesso implacabile istante, quello che si vive ogni secondo della nostra esistenza, e siamo sempre noi stessi, piazzati lì dal Fato, al centro delle cose che cambiano come cambiamo noi, pur restando sempre noi stessi. Un mistero difficile da sbrogliare, per chi si è lasciato convincere dalla scienza che l'intelligenza di ognuno sia nata casualmente dall'aggregarsi di materia, il cui inizio resta misterioso anche per la tanto celebrata scienza. Il poter salire sulla propria automobile per inquinare il pianeta ci pare essere ragione sufficiente per credere alle farneticazioni di chi, riuscendo a dar forma metallica ai propri sogni, si è arrogato il diritto di insegnare che tutto accada per caso, non importa se ogni cosa mostra di avere una causa. Ripercorrendo a ritroso gli effetti e le loro cause si finisce inevitabilmente col risalire alla prima delle cause, quella che non ha altre cause prima di essa, e non può averne perché la realtà non è un cerchio chiuso. Non ci sono cerchi che possano chiudersi realmente dove il movimento è legge universale. Ogni realtà manca la chiusura su di sé per sovrapporsi al proprio inizio spostata un po' più in là, generando così una spirale. Le orbite dei pianeti sembrano essere chiuse, ma poiché l'intero sistema solare si muove verso la costellazione di Orione, anche quelle orbite ellittiche sono delle spirali e nessun pianeta ripercorrerà la strada già fatta, come nessuna goccia d'acqua passerà dove è già passata.
Allo stesso modo delle vite che si succederanno per ognuno di noi, che avranno occasione d’essere in una dimensione diversa da quella umana già vissuta.
È una legge universale che riguarda anche ogni essere, eppure... eppure c'è qualche cosa in noi che ci dà la certezza di essere sempre noi stessi, in mezzo a tutte le nostre cellule che muoiono e rinascono, e che ci fa sentire quell'io che sappiamo di essere, unico e insostituibile, pregiata realtà che ospita la nostra un po’ meno pregevole intelligenza.
Ognuno si sente un "io", lo stesso "io" sentito da tutti, immerso nello stesso istante vissuto da tutti. 
Sarebbe una realtà contraddittoria se questo sentirsi lo stesso "io", diverso per ognuno ma identico in essenza, non fosse il riflesso dello stesso Sé, centrale e trascendente, che si esprime capovolgendo la propria unità nelle unicità che siamo, le quali danno modo alla molteplicità di essere. Ci sentiamo lo stesso e unico "io”… perché siamo tutti lo stesso e unico Sé assoluto che al centro di noi stessi testimonia la presenza del Mistero assoluto il Quale conosce ogni moto della nostra anima, dei nostri pensieri e delle nostre azioni. La coscienza individuale nasce dall'intelligenza che ci appartiene, ed è il riflesso microcosmico dell'Intelligenza universale e macrocosmica che gli uomini negano possa esserci… perché essa non è di nessuno. La negano perché non sanno concepire un'Intelligenza che sia la causa delle loro minuscole intelligenze, le stesse che stanno conducendo l’umanità all'estinzione della propria specie.

Amore disinteressato

Vivere in un paesino montano di centocinquanta anime, perlopiù fasciste o leghiste, è un'esperienza drammaticamente crudele che il Padreterno mi ha riservato, come fosse la ciliegina sulla torta della mia esistenza. Assisto, ogni volta stupefatto, alla capacità di sopravvivenza alla quale la vigliaccheria dà tanta importanza. Sopravvivere a spese della propria dignità su questi monti appare essere l'unica legge accettabile, e anche la caratura "morale" che spadroneggia senza i freni inibitori che risparmiano dalla vergogna. 
Una lunga fila di fiori di plastica, a ornamento del ricordo con cui i vivi premiano il suicidio di chi all'egoismo ha preferito il volo nel vuoto, dà mostra di sé sulla ringhiera del Ponte del Saltone. 
Fiori finti, come finta è la commozione di chi considera essere una debolezza il farsi assalire dall'amore disinteressato per le persone che soffrono. 

sabato 9 maggio 2015

Dedicato ai razzisti...


Questi razzisti, spesso anche fascisti o nazisti, stanno sulle pagine di Cécile tutto il giorno a calunniare, pubblicando articoli di cronaca nera che riguardano gli immigrati che compiono reati, e lo fanno allo scopo di denigrare culture diverse da quella italiana che di criminali ha riempito il pianeta. Sono esseri ignobili i razzisti, che diffondono di continuo informazioni false al fine di nuocere ai disperati che lavorano regolarmente, per spedire a casa i pochi soldi avanzati che là consentono di sopravvivere ai vecchi che piangono la loro lontananza. Ai razzisti del saluto romano, e pure a quelli che salutano col pugno non importa che ci siano disperati morenti, nelle nazioni dissanguate dal profitto occidentale che dà benessere, anche se relativo, a molti e ricchezze infinite ai ricchi porci, non importa nulla dei bambini annegati, delle donne violentate e torturate che cercano di sottrarsi alle guerre pompate dai bisogni del primo mondo, perché una fetta di torta da dare ai loro figlioletti puliti, che insultano il compagno di colore alla scuola materna, è più importante di qualsiasi altra considerazione, perché i razzisti educano i loro figli allo stesso disonore che accumulerà grasso sulle loro pance e cattiveria nei loro cuori.