martedì 29 settembre 2015

Il momento fatidico

È il tempo in cui il perenne istante nel quale il tempo finge di scorrere pare accorgersi che è giunta la fine dello scorrere. È l'attimo della cristallizzazione di ciò che si è, quello dove la paura e il coraggio danno la misura delle proprie possibilità di essere.
Quando l'attaccamento alle proprie emozioni deve lasciare il trono ai valori che sono stati riconosciuti importanti.
In quel momento tutto ciò che era uscito dalla potenzialità dell'essere si prepara a rientrare nella stessa potenzialità, aumentata nella sua qualità dall'aver vissuto anche quando si è vissuti nell'errore, perché è per gli sbagli commessi che si riconosce la necessità di dover migliorare.
Siamo parte del tutto che non può perdere di sé nemmeno un pulviscolo, e se quello che fu il nostro corpo tornerà alla terra, il nostro spirito tornerà allo Spirito del quale è una minuscola scintilla, che però ha in sé la stessa qualità della Fiamma che l'ha soffiata nell'avventura del vivere.

domenica 20 settembre 2015

Sul segreto iniziatico

Ognuno di noi ha le proprie certezze, conseguite in parte da percezioni sensoriali a dir poco imprecise, e dal grado della propria intelligenza individuale, che il più delle volte si trova a livelli che definire penosi sarebbe ottimistico.
Ma cos'è, in definitiva, una "certezza"?
È una conoscenza al di sopra del dubbio, che non si presta a essere messa in discussione.
Farò degli esempi: io sono certo che il mio spazzolino da denti ha il manico in plastica, che la mia casa è stata costruita sulla roccia impilando grosse pietre una sull'altra, e che la mia intelligenza non è adeguata ai compiti che la sua natura le assegna.
Sono pure certo che ogni cosa ha un sopra e un sotto, e che se la si capovolge quel sotto diventa un sopra, ma se prendo una sfera e la capovolgo... la sua perfezione resterà inalterata, perché una centralità non può essere capovolta, e la sfera è l'espressione perfetta di una centralità, perché ogni punto sulla sua superficie si trova alla stessa distanza dal centro comune a tutti i punti superficiali.
Sono certo che come c'è un sopra e un sotto c'è un dentro e un fuori, e che il fuori è l'espressione manifesta della propria interiorità nascosta, la quale genera la superficie di sé, irraggiando le proprie possibilità di essere.
Sembrano essere certezze che non hanno influenza sull'andazzo pericoloso di ogni nostra giornata, ma così non è, perché se una persona non ha riferimenti certi sull'ordine nel quale ogni realtà è, e dovrà esprimersi se sarà in grado di farlo, non potrà neppure capire le ragioni per cui essa si è manifestata in un modo invece di un altro, oppure i perché non si è manifestata.
Realtà relativa significa che ogni cosa che la compone ha necessità di relazionarsi con le realtà a lei prossime, in uno scambio che garantirà la sopravvivenza o l'estinzione di sé, il miglioramento o il peggioramento delle realtà che le sono vicine e a volte anche lontane.
Realtà relativa indica, dunque, divisioni e limiti, consequenzialità causali di effetti, che daranno seguito a loro volta ad altri effetti, diventando di questi ultimi le cause. 
Certezza indica il conoscere i modi di attuazione di questi passaggi consequenziali, le loro modalità espressive quindi, le quali escludono il caso che è assenza di princìpi e, dunque, di leggi ordinatrici.
Ci sono certezze relative che dimostrano l'esistenza della Certezza assoluta, e quest'ultima si manifesta all'interno della realtà relativa non entrando in essa, ma facendo uscire dalla dimensione relativa l'intelligenza di chi è qualificato al conoscere sovra individuale. L'uscita dalla sfera relativa nella quale si trova a essere la realtà delle relazioni sostituisce l'intelligenza individuale con quella a carattere universale, che lascia all'intelligenza individuale solo il compito, quando essa lo ritenesse utile, di tradurre in pensiero e parola la vista interiore data dall'Intelligenza universale, ma poiché la vista interna dell'Intelligenza universale deve il suo essere alla sua assolutezza, la traduzione della Verità è costretta a lasciare indietro l'essenza di ciò che essa è, e questo rende il risultato della traduzione relativo, e non più assoluto come assoluta è la vista interiore. In questo modo la Verità si difende da sé, restando inaccessibile per coloro che possono sentirne soltanto gli echi lontani.
Questa incomunicabilità della Verità è ciò che è chiamato il segreto iniziatico, che non è propriamente un segreto, o almeno non lo è per gli iniziati ai misteri dello Spirito assoluto.
La Certezza assoluta non è, in tutti i suoi possibili stadi, un sapere tutto di tutto, ma è il modo che ha l'Intelligenza universale di conoscere senza utilizzare la mente. Si "vede" al di sopra della durata temporale, nell'immediatezza data dal poter comunicare consapevolmente col centro di sé che è assoluto ed è la traccia impressa dal Mistero assoluto nel centro di ogni elemento che è parte del tutto. È l'Assoluto che svela la natura della Verità assoluta e i suoi princìpi, attraverso la prima illuminazione che apre l'accesso alla sfera della conoscenza assoluta attraverso la Certezza priva del dubbio. 

Un detto Sufi così descrive la Certezza: la Certezza è come l'infinità interna del Mistero, la quale non può esaurirLo.

mercoledì 16 settembre 2015

Precisazioni su quella che è stata arbitrariamente definita "teoria del gender"

Precisazioni necessarie su quella che è stata arbitrariamente definita essere la "Teoria del gender", incolpando addirittura le scuole dell'infanzia di inculcare l'omosessualità ai bambini, quando in realtà non è così, perché essa si riferisce ai ruoli di genere. Oggi una donna guida il pullman e la ruspa, e questo implica la necessità di una non differenziazione dei ruoli sociali tra maschile e femminile.


La sessualità non può essere inculcata né insegnata, perché essa è un elemento naturale che si manifesta naturalmente da sé, in stretta e indissolubile relazione con la propria condizione corporea, intellettiva ed emotiva. Qualsiasi tentativo di orientare questa naturale condizione dell'essere sarà destinato a fallire, equivalendo al voler aprire un buco nell'acqua lanciandole un sasso dentro. Questo, però, non esclude eventuali tentativi volti a riempire lo stagno per riuscire a ottenere quel buco tanto desiderato (qualsiasi associazione immaginativa non è stata voluta). La questione che tanto allarma in questo succedersi di dichiarazioni, a volte motivate e altre no, potrà essere considerata con maggiore chiarezza attraverso la costituzione di una gerarchia di valori che sia in grado di ordinare, secondo appropriati gradi di importanza, le diverse validità delle differenti visuali dalle quali il problema può essere considerato. Questa ipotetica gerarchia deve avere, come ogni impianto gerarchico che si rispetti, la libertà considerata come aspetto superiore e la costrizione in quello inferiore. Naturalmente questi due aspetti, considerabili essere i due poli opposti del valore, che è verità e virtù, si fronteggeranno sul piano di realtà sul quale non sia possibile un'immediata conciliazione. Libertà che non include alcuna garanzia di giustizia, perché essa implica la libertà di sbagliare, e allo stesso modo nemmeno la costrizione ha un valore assolutamente negativo, perché c'è l'auspicabile possibilità di costringere il male ad andarsene. In questa ipotetica gerarchia la libertà sarà intesa come positivamente armonica, quando essa sarà garante delle libertà di tutti, mentre la costrizione deve essere vista come la restrizione di ogni possibile libertà positiva. Considerando la questione iniziale riferita al genere sessuale occorre dire che nella individuale percezione del genere sessuale di appartenenza possono concorrere diversi fattori di ordine morale, educativo, religioso, emotivo, intellettivo e volontaristico che possono influenzare questa percezione. Dunque il proprio sentire di appartenere a un genere specifico, o a un altro genere tra gli indefiniti che sono possibili, sarà anche influenzato dal credere o dal non credere individuali, ma questi ultimi avranno sempre un peso inferiore a quello dato dalle pulsioni naturalmente espresse dall'intelligenza organica che intride ogni singolo essere, nello stesso modo in cui permea le stelle. È necessario aggiungere che la definizione di naturalità, essendo necessariamente relativa come lo è la natura, implica gradi e sfumature la cui perfezione dovrà essere valutata in funzione del grado di approssimazione al principio dal quale un evento è scaturito. Significa che il petrolio è naturale se sta negli alvei di roccia che lo contengono, e sarà considerabile essere innaturale quando qualcuno arbitrariamente lo avrà versato sul prato di un pascolo. Dal centrale punto di vista della libertà la cosa più importante sarà data dal non limitare la libertà di nessuno, imponendo una visuale che costituirà l'impronta nella quale la propria sessualità dovrà camminare per manifestare la propria ipotetica naturalità, mentre dalla visuale opposta, quella data dalla costrizione, la cosa essenziale per chi ama costringere sarà il voler obbligare qualcuno a essere ciò che quel qualcuno non sente di essere. Le due polarità, una riferita alla libertà e l'altra opposta alla costrizione, disegnano i due modi estremi nei quali è possibile porsi nel voler definire i confini dell'essere liberi di vivere ciò che si sa di essere. Il valore più importante da dover rispettare sarà sempre quello della libertà di scegliere di non fare del male ad alcun essere, compreso il proprio. Chi volesse educare all'uno o all'altro dei modi di essere contravverrebbe la libertà che l'Assoluto ci ha concesso, al fine dato dal nostro bisogno di perfezione che ha i due volti di Giano bifronte su un'unica testa, quella dell'essere universale che non è maschio e non è femmina, essendo identificato all'assenza di genere dell'Assoluto.

domenica 13 settembre 2015

Siamo tutti peccatori?

Nelle Chiese spesso il prete ricorda che siamo tutti peccatori.
Questo voler attribuire a tutti l'atto del peccare sminuisce il grado di responsabilità conseguente al peccare. 
Così dicendo al prete non resta altro che affidarsi alla misericordia divina.

Ma essere fedeli non può significare essere degli accattoni.

Chiesero a Madre Teresa come si sentisse a essere santa, e Lei rispose che la santità è un dovere di tutti, e la domanda giusta avrebbe dovuto essere:— Come ci si sente a non essere santi—.


venerdì 11 settembre 2015

Il mattone pesante di un meraviglioso palazzo

La consapevolezza delle ragioni d'essere dell'esistenza pone la persona che è consapevole in una situazione difficile, perché questa è una conoscenza assoluta che non si presta a essere discussa, né a poter essere comunicata ad altri nella sua essenzialità che non è relativa. È come il conoscere le leggi del calcolo matematico vivendo in un mondo che estrae di continuo risultati insensati, da ipotesi insensate, a causa dell'ignoranza di quelle stesse leggi universali, le uniche che conducono alla sintesi univoca e logica della Verità.
Con quel conoscere la voglia di vivere tende a diminuire, come diminuirebbe la bellezza di un bel dipinto quando sia accostato a una magnifica opera d'arte.
Eppure l'esistenza è anch'essa una magnifica opera d'arte, ma accanto al Mistero che mostra il valore dell'Intelligenza universale anche l'esistenza sfiorisce, mostrando di essere il mezzo che essa è: il mattone pesante di un meraviglioso palazzo che scompare nella magnificenza del Mistero infinito.


Polarità contrapposte e la loro via di mezzo

Prendiamo un asse (cartesiano), bilanciamolo su un punto di appoggio centrale che sarà il suo fulcro, e mettiamoci sopra a una sua estremità l'egoismo, mentre all'estremità opposta ci metteremo l'altruismo.
Il punto centrale dove le due contrapposte polarità si incontreranno, neutralizzando le rispettive spinte nella complementarità in cui le opposizioni si equilibrano, vedrà come risultato di questo incontro l'immobilità di chi non pretende per sé e non concede ad altri.
Si può dire che il punto di equilibrio stabile tra due polarità in opposizione tra loro sia la risoluzione delle tensioni caratterizzanti entrambe le polarità considerate.
Ma a cosa conduce questa risoluzione?
È forse la “Via di mezzo” preferibile alle estremità che l’hanno determinata?
È l’inazione superiore all’agire?
Potrebbe essere considerata una retta l’asse sulla quale due polarità in opposizione tra loro si fronteggiano?

La risoluzione delle polarità contrapposte, che hanno trovato equilibrio nella loro complementarità, la si ha attraverso il reintegro di entrambe le polarità nell’unità del principio dal quale le polarità considerate si sono formate. Nessuno dei due poli riduce l’altro annullandolo, perché sarebbe una riduzione che contraddirebbe le leggi che regolano ogni dualità a partire dalla centralità del loro principio comune.

Non sono le due estremità a determinare la loro via di mezzo, ma è la via di mezzo in quanto centralità, ad aver dato modo alle estremità di essere attraverso la propria divisione. Ogni superiorità è misurata attraverso la valutazione data dalla sua qualità e dalla sua quantità. La prima secondo una chiave interpretativa qualificante, e la seconda attraverso quella quantificante. Qualità che è misurata dal senso che è direzione spaziale e intenzione spirituale. Quantità che è valutata attraverso le sue misure matematiche e geometriche. Sempre una centralità è superiore agli effetti prodotti, e le polarità sono la conseguenza data dal suo essersi irradiata. La via di mezzo, anche detta “Invariabile mezzo” dai popoli estremo orientali, non è costituita dalla mediazione di due poli antagonisti, perché se questi poli fossero la verità e la falsità significherebbe che la Verità superiore a entrambe debba essere formata dalla somma di verità diminuite: la verità vera da un lato e la vera falsità dall’altro. Questo implicherebbe che la verità migliore sia quella che accetti parte della falsità insieme a parte della verità, e così non potrebbe essere, perché mai una verità migliorerebbe attraverso il suo avvicinarsi a una falsità. La centralità, che è via di mezzo, si trova al centro di un piano determinato dalla circonferenza di una specifica realtà, centro attraverso il quale passa la verticale che, attraversando quel piano verticalmente, conduce al livello superiore e a quello inferiore di quella realtà.

L’inazione e l’azione sono poli di una stessa realtà, e la loro dominanza è data dal contesto nel quale esse si esprimono. In generale si deve dire che l’inazione associata alla contemplazione sia superiore all’agire il quale, senza l’orientamento dato dalla contemplazione, diverrebbe una vana agitazione.

È possibile considerare la linea sulla quale due poli si fronteggiano come fosse una linea retta, anche se in realtà in un universo in continuo movimento ogni retta è il segmento di una curvatura più grande.

La spirale disegnata dal movimento è espressione della danza mossa dalle polarità che si inseguono, ognuna di esse invertendo la propria polarità al termine di ogni ciclo che conduce a un superiore ciclo successivo.

giovedì 3 settembre 2015

Sull'integralismo religioso


Chi aderisce a una fede vi aderisce avendone fiducia; se non ha fiducia in quella fede non vi aderisce. Aderire a una fede, che sia essa religiosa o politica, quando avviene in una percentuale variabile non è un aderire, ma è un mettere in discussione, e se questo è comprensibile per quanto si riferisce alla politica non lo è più rispetto alla trascendenza divina che si esprime in un credo religioso rivelato da un Profeta. A una religione si aderisce integralmente, perché essa non è una squadra di calcio che ha al suo interno un giocatore o un allenatore che non piace. Per integralismo religioso non si deve intendere la totale aderenza ai princìpi fondamentali di una fede religiosa, ma occorre vedere la distorsione di questi princìpi attuata a causa di morali errate che assegnano misure diverse in dipendenza di interessi diversi, siano essi individuali o di intere collettività, o di interessi che sono molto distanti da quelli religiosi come a esempio la sete di dominio politico ed economico. Gli integralisti pretendono di interpretare le religioni secondo i valori personali dati dal loro sentire emotivo o dal loro dover guadagnarci sopra, mentre per princìpi si devono intendere i valori indiscutibili e fissi i quali sono di natura essenzialmente intellettiva, perché le morali cambiano al variare delle culture e del sentire emotivo soggetto al variare delle emozioni, mentre un principio deve essere immutabile. L'integralista esclude l'intelligenza che assegna significati a lui estranei, concentrandosi solo su quelli che gli convengono. Così dà alla religione la rigidità anche emotiva che esclude il sacrificio di sé, sacrificando il prossimo che non è in accordo con la sua visione della vita. Se non si è nemmeno capaci di capire cosa l'integralismo sia, non si deve usare questo termine a casaccio, perché così facendo si spingono le altre intelligenze poco dotate ad avere comportamenti deviati simili a quelli che hanno i fondamentalisti detti anche integralisti.

Sulla normalità

La normalità ha la sua gamma di possibilità, che occupa lo spazio tra il più e il meno. Dunque una normalità massima in uno dei due poli di questa gamma, diviene normalità minima, che è detta anormalità, sull'altro polo che gli si oppone. Per normalità deve essere intesa l'aderenza alla norma che è definita dai princìpi, universalmente applicabili all'intera esistenza, i quali modulano il dispiegarsi degli eventi che si manifestano, e che ostacola la possibilità di potersi manifestare delle cose che non si manifestano. Cosa dà la possibilità di misurare il grado di normalità di una realtà?
Lo dà il grado di approssimazione che questa realtà mostra di avere al principio che costituisce la sua norma.
Così si può dire che sia normale che il petrolio sia all'interno degli alveoli di roccia che lo contengono, e sia da considerarsi anormale quando lo stesso petrolio è stato estratto e versato su un prato.

La realtà, complessivamente considerata, è un dono fatto a tutti i componenti di questa realtà, dunque è normale donarle in cambio il sacrificio di sé, ed è anormale pretendere che sia la natura a doversi sacrificare.

Allo stesso modo della consapevolezza spirituale

Dietro a ogni effetto c'è una causa che l'ha prodotto, e procedendo a ritroso si giunge al dover considerare la Causa prima di tutte le altre cause.
C'è chi dice sia il caso a causare il tutto, ma il caso è assenza di ordine, dunque attribuire al caso l'ordine universale è contraddittorio.
C'è chi afferma essere Dio la causa delle cause, il Dio assoluto e unico che crea dal nulla.
Ma assoluto significa che tutto comprende e nulla esclude, e questo significa che non ci può essere un nulla al di fuori dell'Assoluto, quindi l'Assoluto genera l'esistenza che è già presente in potenza, e poiché assoluto significa non duale... ciò che è possibile diviene attuale.
L'Assoluto non crea, ma esprime le proprie infinite potenzialità attuandole in dipendenza della loro possibilità di essere.
Il tempo è una delle condizioni che consentono il dipanarsi dell'esistenza, e lo spazio è un'altra, eppure non tutto l'esistente è sottomesso a queste due condizioni.
L'intelligenza è capace di viaggiare senza dover attendere e senza dover solcare spazi, e così è per l'immaginazione e la fantasia che le appartengono.

Allo stesso modo della consapevolezza spirituale, quella che sta al centro di tutto e non ha bisogno di muoversi, l'Intelligenza universale che tutto pervade è oltre le limitazioni date dall'essere, e le supera perché essa è la loro causa.