venerdì 30 ottobre 2015

Quando l'egoismo mette il piede tra lo stipite e la porta dell'essere veritieri.


La Verità non si mostra a tutti nei suoi princìpi, perché la sua perfezione è terrificante per tutti coloro che non amano la verità, ed è spaventosa anche per quei pochi che la amano.
Le persone che capiscono la necessità che le menzogne abbiano il compito di nascondere il vero credono che la vista di quel vero, chiamata dagli uomini "Illuminazione", sia una benedizione data dalla Grazia divina, e sarebbe anche la realtà se non fosse che il Cielo, quando benedice attraverso la concessione della vista interna, insieme a quel vedere assegna delle responsabilità che, pur mai negando la libertà di poterne rifiutare il peso, mettono colui che vede a dura prova, perché la Verità implica il percorrere a ritroso, per esaurirle, tutte le proprie falsità, ed esige che la centralità assoluta che sta al centro di ogni essere sia sempre davanti alla propria certezza, perché Essa è quella Certezza.
È una Certezza assoluta, la stessa che le persone dormienti chiamano boria e presunzione e che, per questo, sarà odiata.
Il mondo stesso affilerà i propri artigli, e tutto si metterà di traverso sul ripido sentiero che impone di abbandonare un egoismo troppo largo per quel sentiero.
Il "vedere" i princìpi non corrisponde alla vista di tutte le conseguenze che essi avranno, così come la vista degli occhi esterni non implica il poter conoscere cosa si nasconda dietro agli oggetti visti, ma dà la possibilità di unire sinteticamente tra loro tutti gli impercettibili elementi di un insieme, perché la vista interna è sintetica, e si serve dell'analisi esclusivamente per discendere dalla Certezza assoluta a quella relativa, al fine di spiegare le ragioni di essere delle realtà considerate, per quello che di queste si presta a essere comunicato.
Quando l'egoismo mette il piede tra lo stipite e la porta che deve tenerlo fuori dalla casa di un conoscere che non è mediato dalla mente, perché sovra temporale, la vista interna si offuscherà, perché la convenienza trasforma la verità universale in quella parziale e falsa a causa della sua relatività.

mercoledì 28 ottobre 2015

Né dove, né quando, né come

Ognuno deve individuare quale sia il vuoto nella propria personalità che gli impedisce di crescere nell'armonia data dalle proprie possibilità di essere.
Il mio vuoto è la pazienza. 
Dalla sua mancanza nasce la pigrizia, che è una difesa messa in atto contro tutto ciò che, per me, costituisce il pericolo di sprecare tempo ed energie senza riuscire a conseguire dei risultati immediati.
Per questo non potrei mai essere un commerciante in attesa che arrivino i clienti.
Il mio è un difetto grave, ma come in tutto anche in quella gravità si nasconde l'embrione di un pregio: pigrizia e impazienza sono caratteristiche della personalità in serio contrasto tra loro, e da quell'ostacolarsi vicendevole, che sostiene entrambi questi difetti, si libera il tempo necessario alla riflessione, che si sposa bene sia con l'assenza di pazienza che con la pigrizia.
Così impiego il tempo a riflettere sul perché delle cose.
Sono persino riuscito a capire che la riflessione è un'inversione orizzontale e un capovolgimento verticale, così che le verità parziali e relative considerate divengono verità vere solo se saranno invertite e capovolte.
Tutta la manifestazione della realtà che viviamo è un capovolgimento invertito della Realtà, vera perché in essenza, che dovremmo vivere, quella dove la pazienza non è necessaria, perché tutto è nell'eterno istante, e nella quale la pigrizia difensiva non serve, perché dove tutto è presente non occorre più demolire, né costruire.

Per vivere la Realtà in essenza, però, serve molta pazienza e poca pigrizia, e soprattutto l'intelligenza capace di misurare le ragioni d'essere di entrambe.

La Perfezione è Giustizia

L'intero universo si sostiene attraverso le relazioni in cui stanno le sue parti, è relativo dunque, e ogni sua componente è caratterizzata da limiti e impossibilitata a sussistere in modo indipendente dalle altre parti nelle quali ogni singola realtà è immersa.
Tutto l'esistente ha al proprio centro la Verità immobile, che si manifesta nelle doppie verità variabili, in perenne movimento, duali e relative. Vere sono tutte le verità relative a immagine della Verità centrale, ed esse sono vere in ogni loro parte perché anche la falsità è una "vera" falsità.
L'esistente è dunque verità relativa, divisa e incompleta sia quando essa è vera nel suo essere positiva, che nel suo essere negativa in rapporto all'essere che sta considerandola.
L'equilibrio generale di un insieme, sia esso microcosmico che macrocosmico, è dato dalla somma dei componenti di questo insieme, che è necessariamente retto e sostenuto dalla verità centrale e dalle parziali verità relative, quelle che si alternano nelle opposizioni delle loro polarità contrapposte le quali, da una visuale più elevata di osservazione, divengono delle complementarità stabilendo un equilibrio destinato a integrare entrambe le polarità nel principio comune, quello che esprime l'unità dalla quale è inizialmente scaturita, alla sua nascita, la dualità espressa dalle due polarità contrapposte e complementari tra loro.
Dunque l'inconoscibile Verità, centrale e assoluta, costituisce l'essenziale ragione d'essere delle superficiali verità relative, ed è corretto dire che tutto l'esistente sia sostenuto dalla verità in tutte le sue possibili forme di espressione.
Il termine "esistere" deriva dal latino "Ex-stare" e indica l'assenza, all'interno dell'esistenza, della sua ragione sufficiente d'essere.
Poiché l'intero universo è relativamente "vero", sia nel suo essere corrispondente alla verità che nel suo esserle lontano, si deve ammettere che tutti gli accadimenti siano orientati dalle verità superficiali verso la centrale Verità assoluta.
Verità che è sovrapponibile alla Giustizia voluta, per il suo essere necessaria, dalla necessità di equilibrio che è funzionale al bisogno che ogni imperfezione ha di perfezionarsi.
Per questo è necessario avere fiducia nella volontà del Cielo e nella Sua giustizia, che non ha i limiti di quella umana.
Non dobbiamo giudicare male un Cielo perché lo riteniamo ipoteticamente incapace di fare giustizia, perché il Mistero che chiamiamo "Cielo" è Giustizia perfetta data dal perfetto equilibrio.
Tutte le ingiustizie nelle quali sono inscritte le verità mobili e relative sono destinate a ricomporsi nella Verità centrale, che è al di sopra della durata temporale in quanto sua causa.
Ognuno di noi deve essere comunque un portatore di giustizia e di equilibrio, perché siamo parte della verità universale, ma nello stesso tempo deve sapere che la Giustizia del Cielo non può fallire.
Per questo è necessario perdonare che si è sinceramente pentito, perché il Giudizio del Cielo è sempre superiore al giudicare umano.

Superiore perché infallibile, a causa della Verità che non può negare se stessa.

giovedì 22 ottobre 2015

Invisibili artigli

Le poche persone che danno credito all'esistenza della vista interna, quella data dall'aver avuto accesso all'Intelligenza universale, pensano che essa sia riferita alla chiarezza teorica data da un'intelligenza che gode della vista di un panorama più esteso, ma così non è.
La chiarezza teorica, che si esprime nella capacità dialettica e nella rigorosa aderenza alla logica dei princìpi universali, modulatori e regolatori della realtà relativa, è un aspetto implicito del "vedere" la Verità al di sopra della mente e del tempo, ma di certo non il più importante né, di conseguenza, nemmeno il più doloroso.
Chi "vede" la Verità la vede in tutti i suoi aspetti, i quali sono totalmente ignorati da coloro che non hanno aperta la via di comunicazione col centro assoluto di sé, e l'apertura della capacità intuitiva superiore, quella che le scritture vediche indù chiamano del "terzo occhio" implica l'avere la Certezza assoluta sulle intenzioni che ha anche un semplice bagliore nello sguardo di una persona.
Vedere la verità dà la capacità di unire tra loro gli invisibili elementi costituenti l'ordito che sottende la realtà visibile, al fine di avere la loro sintesi denudata davanti all'Intelligenza universale che la conosce al di sopra del dubbio.
Questa è la prima illuminazione data dall'iniziazione ai misteri dello spirito.

Chi vede attraverso lo spirito è costantemente sotto l'attacco delle forze demoniache, che non tollerano possa sfuggire loro il dominio su qualcuno che tenta di sfuggire ai loro invisibili artigli.

Sulla ragione d'essere delle religioni

Le religioni hanno, come primo compito, quello di stabilire un rapporto tra gli uomini e la Realtà assoluta che chiamiamo Dio. Poiché gli uomini sono divisi in popoli, con culture e sensibilità diverse in dipendenza della loro latitudine di appartenenza, le religioni sono diverse tra loro pur nella condivisione degli stessi princìpi di amore attraverso il quale la Verità, unica nella sua essenza non relativa, si esprime. Le religioni, non duali perché concepiscono la dualità come necessità logica e analogica dell'unico principio causale, che è uno a immagine dell'unità, la quale è unicità del Mistero assoluto, le religioni, dicevo, sono rivelazioni, dunque rappresentazioni della Verità che è coperta da un nuovo e diverso velo, imposto dalle limitazioni intellettuali delle persone non qualificate alla vista diretta e accecante della Verità.
Le religioni svolgono un compito analogo a quello svolto dai diversi linguaggi che, usando parole diverse dicono della stessa, perché unica, Verità spirituale.
I concetti di paradiso e inferno, intesi come fossero luoghi di piacere o di pena conseguenti all'aver vissuto nella virtù o nel peccato, hanno la loro ragione d'essere essenzialmente di un ordine che è psicologico, perché anche quando una persona è diventata adulta scegliendo di essere atea manterrà la paura, che le è stata impressa da piccola, per un destino terribile del quale nulla è possibile sapere. Una paura che, per quel timore atavico, tenderà a limitare la portata delle sue eventuali azioni malvagie.
In realtà paradiso e inferno sono dimensioni dell'essere e simbolo delle ripercussioni che le nostre azioni avranno, sia nel vivere presente, che nel misterioso e incerto futuro.

Le religioni parlano alle popolazioni e devono essere comprensibili a tutti, mentre la Verità, unica perché universale nei suoi princìpi, non può essere colta nella sua essenza dal credere o dal non credere, ma potrà esserlo dall'intelligenza individuale quando divenuta capace di aprirsi all'Intelligenza universale, la stessa che regge l'intero universo.

Più liberi che felici

È per me importante scherzare attorno a molte cose, e lo faccio più per divertire che per divertirmi; è la mia natura che lo vuole, ma il prezzo correlato a questo scherzare è alto, perché le intelligenze poco dotate, soprattutto se sono pure convinte di essere colte, odiano questa mia attitudine. I primi a odiarla sono stati i componenti della mia famiglia, esclusa la mia adorata nonnina, poi gli amici, gli insegnanti, i datori di lavoro e chiunque abbia avuto a che fare con me, esclusa la mia adorata compagna, amica, moglie e aguzzina.
Ridere non è, come comunemente si crede, il segno inequivocabile di un'acuta intelligenza, se lo fosse i santi riderebbero, ma come si fa a ridere quando si sta in mezzo a tante persone che soffrono?

Nemmeno io sono capace di farlo, anche se, tra un singhiozzare e l'altro, riesco a scorgere il tenue sorriso di un Mistero che tutto avvolge nel suo abbraccio amorevole, quello che assegna più importanza al vederci liberi piuttosto che falsamente felici.

venerdì 16 ottobre 2015

In perenne movimento attorno a Ciò che non si muove

Perenne significa ciclico, non eterno. 
L'eternità è al di sopra della durata perché ne è la causa.
In questo doversi muovere tutto cambia, e noi siamo parte di questo tutto.
Il sangue scorre perché le fasi del battito del nostro cuore si alternano ciclicamente, come il nostro respiro, eppure... eppure in tutto questo cambiare continuiamo a sentire di essere lo stesso identico io attorno al quale cambiamo pelle, emozioni, valori, lacrime, ma non questo sentirci un " io "; che è un io identico a quello di tutti gli altri esseri.
Questo sentirsi di tutti quello stesso io dice cose che la nostra intelligenza non può ignorare: dice che il sentirsi sempre lo stesso io non cambia come fanno la nostra pelle e le nostre idee.
Perché non cambia?
Perché l'io è l'espressione della nostra centralità interiore, che non cambia perché non è sottomessa al doversi modificare. 
Non si modifica perché questa centralità è assoluta, ed è la traccia della presenza del Mistero assoluto che è in noi, tanto quanto noi siamo in esso in dipendenza della visuale dalla quale si considera l’esistenza, se dal punto di vista individuale e umano o da quello centrale perché divino.
Naturalmente il nostro io è diverso per ogni essere, ma è il nostro sapere di essere quell'io che è identico.
È identico perché espressione del sé interiore che ne è la causa.
Sé che è irradiato dal Mistero assoluto, infinito ed eterno.
È questo sé che vive di nuovo, non l'io, e vivendo si sentirà un io nuovo, senza la memoria di tutti gli io che sono morti.
Senza quella memoria non ci può essere responsabilità, e anche se il nuovo io dovrà pagare per gli errori commessi dagli io che lo hanno preceduto, contenuti nella memoria del sé, non potrà essere incolpato per quegli sbagli che non sono più i suoi.
Il sé interiore e spirituale di ogni essere conserva memoria di tutti gli stati attraversati dagli " io " nei quali si è espresso vivendo, ma ogni nuovo io è diverso da quelli che lo hanno preceduto, anche se nel suo essere diverso ha compiti da portare a termine ereditati da tutti gli " io " che il sé interiore ricorda.
Per questo quando chiesero a Gesù di chi fosse la colpa della cecità di un uomo Gesù rispose che non era dei suoi genitori, e neppure di quell'uomo, ma che la sua cecità aveva il compito di mostrare la grandezza di Dio.
Quella grandezza è anche nella pietà che cancella i ricordi, ed è la stessa che a tutti dà la possibilità di essere coraggiosi o vili, sinceri o falsi, uomini o demoni.

Chiunque disprezzi i difetti altrui, attribuendoli a ipotetiche colpe avute in esistenze passate, e di conseguenza disprezza anche chi il peso di quei difetti sopporta, nel suo disprezzare sceglie di essere vile, falso e demoniaco.