domenica 30 gennaio 2011

Sulla vita, la morte, e la liberazione da entrambe

La liberazione è l'affrancamento dalle costrizioni, perché la libertà è il non essere sottomessi ad alcun obbligo. Costituisce, dunque, il fine metafisico dell'esistenza. Esistenza che ha la sua ragion d'essere che non appartiene all'esistenza. Ogni effetto ha il proprio fine nella causa dalla quale è stato generato, e questa ricerca, implicita nell'essere, deve svolgersi secondo le leggi cicliche che ordinano l'universo. Ciclicità che non chiude mai il cerchio che si apre attraverso la nascita, perché l'incessante scorrere di ogni realtà sposterà il suo punto d'incontro con la morte, disponendo i due poli, quello della nascita e quello della morte quindi, su due piani diversi tra loro anche se contigui e uniti dalla verticale, che hanno in comune, e che attraversa il centro di entrambe. Questa sovrapposizione formerà la spirale che è modulo esistenziale di ogni processo vitale.
Immaginate un piano compreso tra le spire di questa spirale: la direttrice della spirale è l'asse centrale attorno al quale il movimento della vita ruota, mai chiudendo il cerchio che definisce ognuno dei piani che compongono la spirale. Piani che corrispondono alla sezione piana di ogni spira. La spira entra dal basso in questo piano ipotetico che stiamo immaginando, lo delimita e ne esce dall'alto. Il punto di entrata è costituito dalla nascita, quello di uscita dalla morte. Entrambi questi punti non appartengono ancora al piano immaginato sul quale si svolge la nostra esistenza individuale. È per questo che la nascita e la morte non possiamo deciderle, in quanto sfuggono al nostro controllo che è esercitato solo all'interno del piano in cui ci troviamo a essere. Se, in quanto individui che nascono, non possiamo decidere di nascere e nemmeno se morire oppure no, possiamo notare che i due poli, nascita e morte, sono uno il riflesso dell'altro e, come ogni riflesso, ognuno è l'immagine capovolta dell'altro. Se è vero che non possiamo decidere di nascere è altrettanto vero, al suo opposto capovolto, che è possibile decidere come morire, perché quel come è ancora compreso nel piano di esistenza che abbiamo appena considerato. Ogni nascita su un piano di realtà corrisponde a una morte sul piano che l'ha preceduto, e ogni morte sarà una nuova nascita sul piano successivo di esistenza. Non è una reincarnazione, ma l'esprimersi di un susseguirsi di stati dell'essere che sono molteplici e si svolgono su piani dell'esserci diversi tra loro. La reincarnazione è, invece, il continuare a rinascere e dunque a esserci sullo stesso piano di esistenza, cosa in sé che contraddirebbe le infinite possibilità attraverso le quali l'Infinito si mostra non essendo, in quanto privo di limiti, costretto dalla necessità di replicare uno stato dell'essere già vissuto. La liberazione corrisponde all'uscita da tutte le costrizioni che impongono al vortice della vita di ruotare entro limiti e recinti, siano essi dolorosi o piacevoli. La liberazione non è una estinzione dell'essere, ma una sua espansione nelle infinite possibilità che l'aver lasciato i propri limiti concede. Come una goccia d'acqua su una pietra che scotta non è da questa annientata, ma è trasformata espandendosi al di là di tutti i confini, l'individualità costretta dalla propria forma si libererà identificandosi alle proprie, infinite, possibilità.

mercoledì 26 gennaio 2011

Il coraggio di non avere coraggio


Oggi è richiesto coraggio per esprimere delle opinioni politiche circostanziate, perché è un attimo che ti ritrovi a ripeterle in un luogo circondariale.
È il coraggio che consente di giurare il falso, quello che di fronte alla verità te la fa chiamare apparenza.
Il coraggio non è uno stato d'animo e neppure un'inclinazione dello spirito, dato che quando si raccontano palle bisogna evitare di far ridere e, soprattutto, di ridere anche te insieme a quelli che, non avendo coraggio, cercano di irridere il tuo.
Il coraggio lo si coltiva dai dieci anni in poi, dopo aver detto alla mamma che ti ha beccato al cesso, che la privacy consente a ognuno di scrollarselo come gli pare.
Coraggiosi non si nasce, perché bisogna avere la tessera di un partito, possibilmente di destra, ma va bene anche uno di sinistra per cominciare, tanto il passaggio a destra il coraggio te lo assicura.
La prima inclinazione che ti dà il coraggio è sempre in salita, altrimenti non sarebbe coraggio.
La seconda è il riuscire a trasformarla in una discesa, possibilmente in campo.
Il coraggio è quella dimensione dell'essere nella quale non è importante essere da una parte o dall'altra, ciò che conta è essere sempre nel giusto anche quando trenta milioni di persone ti disprezzano e le altre trenta pure, anche se non hanno il coraggio di darlo a vedere…
Il coraggio di tutti quelli che si sono fatti ammazzare per garantire la dignità di essere deboli e indifesi non è vero coraggio, e infatti nessuno di loro se la sente di venire qui a dire che non ho ragione io...


sabato 15 gennaio 2011

Caratteristica peculiare alla specie umana


Ciò che caratterizza, con qualche piccola esitazione, la specie umana, è la facoltà del pensiero, unita alla deprecabile conseguenza del poterlo esprimere a parole, nei gesti, con la scrittura e addirittura attraverso il comportamento.
Ma la cosa che più attrae di questa specie sta nel fatto che le più alte dottrine che è riuscita a produrre, sono unite nell'affermare che l'uomo, per essere universale, deve essere capace di sostituire il pensiero individuale con la consapevolezza immediata che anticipa, precedendolo, il pensiero. Ci sarebbe da ridere se questa non fosse la Verità delle sue possibilità superiori e spirituali.
La Vista interiore degli umani è qualcosa che evoca il vasto orizzonte che entra, in un istante e attraverso un solo punto di fuoco, nella consapevolezza silenziosa che unisce, nella sintesi univoca dei princìpi, tutto ciò che è equivoco della movimentata realtà. La vista esteriore dovrà dunque accordare, insieme al pensiero che ne parla, ma sarebbe meglio se riuscisse a tacere, indiscutibile superiorità alla visione diretta del Vero. La Verità è, per tutti coloro che ne hanno coscienza, la stessa e unica Realtà.
Quando due individui che Vedono la Verità non concordano sulle sue conseguenze… significa che uno dei due mente, oppure che uno oppure entrambi sbagliano a tradurre il Vero nel processo che necessariamente lo degrada quando lo si sposta attraverso la comunicazione.

venerdì 7 gennaio 2011

eccheccazzo!



Sbattuto
senza alcuna premura
su un pianeta del cazzo
mi rigiro nel livore 
di non averlo deciso io 
Almeno spero. 
Quale mente perversa 
è stata capace 
di convincermi 
che essere gettati 
in un gelido calderone 
riscaldato dall'odio 
dove i confini del privato 
sono tracciati dalla violenza
sia meglio di niente 
quale orribile sarcasmo 
è riuscito a nascondere 
il suo ghigno benevolo
mentre mi allettava l'egoismo 
quale volontà insaziabile 
ha fatto tutto questo 
ho bisogno di scoprire 
Per ora lotto contro me stesso 
nel vano tentativo 
di riuscire a tacere il mio sconforto 
per non prendere le parti del male 
che ho imparato a riconoscere 
soprattutto 
quando mi ruggisce dentro.