venerdì 18 febbraio 2011

Questioni intricate




L'essere detestato dal mondo mi dà qualche flebile speranza di potercela fare. 
Fare cosa? 
Qualsiasi cosa si debba fare senza il bisogno di di piacere al mondo, dato che sono già stato privato della speranza di riuscire a convincerlo delle mie buone intenzioni. 
Fare per piacere a me stesso. 
Cosa ancora più difficile della prima… perché io sono un tipaccio difficile da convincere con le balle.
Certo che è un bel casino: se sei poco intelligente sei facilmente preda delle menzogne che ti racconti, ma quelle bugie risentiranno della tua scarsa intelligenza che produrrà una creatività zoppa, ridicola e poco credibile anche per uno scemo. 
Al contrario accade che la tua intelligenza, quando è sviluppata e raffinata, è anche capace di inventare, su di te, storie verosimilmente attendibili, ma se sei intelligente non ci caschi lo stesso. 
La grande Intelligenza del Creato, quella che obbliga ogni piccola intelligenza alla necessità di essere un pochino più vicina alla Verità di quanto non sia la convenienza bruta, costituisce la trappola che ci induce a scegliere per il Bene universale, ma molti non se ne sono ancora accorti. 
Sarà per la loro scarsa intelligenza o perché sono malvagi nell'anima?
Non sarà che le due cose sono la stessa cosa?

giovedì 17 febbraio 2011

So, nello scritto precedente, di aver detto cose che in pochissimi potranno capire, così ho deciso di rispondere alla difficile domanda che mi è stata posta (Ma come si fa a capire se la sensazione è illusoria o meno?) facendolo in un modo diverso, e più adatto a farsi comprendere.

Un uomo solo

Un uomo aveva vissuto la vita in modo molto intenso, non lasciandosi sfuggire nulla da cui fosse attratto, neppure le delusioni si lasciò mancare e ora, sul letto di morte, non si sentiva pronto a raccogliere l'ultimo frutto. Non era pronto perché non sapeva ancora riconoscere, con certezza, la Verità della sua esistenza. Diversamente da quanto gli era accaduto vivendo, la sua mente e il suo cuore stavano lì, abbracciati di fronte a un panorama oscuro, tremanti d'angoscia per un destino che non capivano, allo stesso modo nel quale non avevano compreso la ragione del loro vivere. Non avevano bisogno di parlarsi, né di distogliere lo sguardo dal mondo e speravano, in quegli ultimi attimi, di poter vedere le vere intenzioni che la vita aveva sempre avuto, dietro ai sorrisi e ai pianti che l'avevano sempre tenuta nascosta.


La vita, intanto, guardava attraverso i loro occhi, perché insieme a loro aveva vissuto e sperato, e atteso invano.


La mente e il cuore erano parte della vita e, come gli occhi di cui si erano serviti per nutrire la propria intelligenza, non erano riusciti a guardare sé stessi, perché erano stati aperti soltanto per riempirsi.

mercoledì 16 febbraio 2011

Sul grado di realtà che hanno le sensazioni


Un fatto illusorio significa che ha il suo proprio grado di realtà, ma che questo grado si riferisce alla realtà nella quale l'illusione si trova a esprimersi. È questa una questione di gradazioni che riguarda tutto ciò che esiste. Ogni realtà esistente è percepibile per mezzo dei sensi, ma anche dell'intelligenza che l'intelletto può esprimere. Le sensazioni devono passare attraverso i sensi per essere e determinare conseguenze, ma esse non sono mai una certezza assoluta. Questo è dovuto al fatto che pure i nostri sensi, limitati anch'essi dalla loro natura, devono, ognuno nel modo che gli è proprio, decodificare gli stimoli che li fanno funzionare. La vista riceve immagini capovolte che il cervello ribalta, l'udito trasforma le vibrazioni in suoni attraverso il timpano che è collegato a un ossicino, chiamato martello che, attraverso altri due ossicini, l'incudine e la staffa, amplifica trasformando le vibrazioni in suoni che il cervello decodifica. Non starò a ricordare quanto accade per il tatto, il gusto e l'olfatto, tutti e tre analoghi nel riconvertire i segnali ricevuti in sensazioni che arrivano dal sistema nervoso, attraverso il meccanismo sinaptico di trasmissione degli impulsi nervosi, alla corteccia cerebrale e al cervello. Tutti questi congegni fisici hanno il compito di trasmettere informazioni preservando, al più alto grado possibile di fedeltà, la realtà trasmessa, ma per fare questo devono manipolare quella stessa realtà. Poiché il processo di manipolazione, per vie e modi diversi modifica la realtà percepita, trasformandola in un adattamento alle esigenze del corpo fisico, si deve dire che è attraverso una certa degenerazione che riceviamo le sensazioni. A questa riduzione qualitativa e quantitativa naturale si associa un'ulteriore modificazione, operata dalla capacità che ha l'intelletto di ognuno di dare il corretto valore alle realtà delle percezioni. Tutto ciò che è esiste, per questo esistere anche una distorsione ha il suo grado di corrispondenza alla realtà che la riguarda: sul piano dove le allucinazioni esprimono loro stesse, e sono espresse da chi le vive, le allucinazioni sono reali. Stessa cosa dicasi per tutto ciò che è, i sogni per esempio. Anche le fantasie sono reali, nel loro proprio dominio. Dunque ne consegue che ogni individuo percepisce la realtà in misura proporzionale a ciò che questo individuo è e conosce. Non ci possono essere certezze assolute nella percezione della realtà, perché il percepire è relativo e può essere individuale e personale, oppure collettivo quando si tratterà di una percezione condivisa da più individui; inoltre la realtà percepita è essa stessa relativa, poiché è all'interno della possibilità di essere percepita. La condivisione di una percezione non darà a questo percepire carattere di assolutezza, e non lo darà perché un insieme di individui è un fatto essenzialmente quantitativo che non garantisce qualità. È necessario, all'acquisizione di una Certezza che sia assoluta e non sottomessa all'errore, che sia assoluto anche il modo attraverso cui si "Vedono" i princìpi che dall'Assoluto muovono, legiferando, la realtà delle relazioni che (si fa per dire) conosciamo.

E arriviamo, finalmente, a dover considerare le funzioni dell'intelletto: oltre ai sensi che percepiscono, al compito di dare significati all'esistenza concorre anche l'intelligenza della quale ogni essere, in diverse misure e proporzioni, è dotato. L'intelletto di ognuno è caratterizzato dall'intelligenza che è considerata la capacità di penetrare il senso della realtà, nei diversi livelli in cui la realtà si mostra o si nasconde. Ma da dove viene la facoltà che chiamiamo intelligenza?
È, questa, una caratteristica sottomessa alla possibilità di essere illusa o di trovare certezze indiscutibili?
Per saperlo sarà necessario fare ricorso alla natura implicita a ogni realtà relativa esistente, natura determinata dal principio universale che assegna a ogni cosa due aspetti, tra loro contrapposti e complementari, che corrispondono alle polarità che caratterizzano ogni unità che si è divisa nella molteplicità. È per questa legge che al sopra è correlato il sotto, al più il meno, al caldo il freddo, al dentro il fuori. Questo principio dice anche che la gamma nella quale l'intelligenza è compresa si trova tra un più e un meno, sia quando l'intelligenza è guardata dal punto di vista qualitativo che da quello quantitativo. Così se da un lato della polarità l'intelligenza è frastornata e illusa al suo massimo grado… dall'altro lato l'intelligenza può essere capace di centrare il senso preciso della realtà della quale è essa stessa una caratteristica fondante. Questo conduce a dover ammettere che c'è la possibilità che l'intelligenza sia molto lontana dalla verità o che sia a essa molto vicina. Lontana e illusa, oppure vicina alla certezza, nessuna intelligenza che sia ancora definita come "individuale" avrà mai la Certezza assoluta di ciò che conosce, e questo perché l'intelletto individuale ha bisogno di spogliarsi dell'individualità, dalla quale è racchiuso, per liberarsi ed espandersi nell'universalità dell'Intelligenza universale che è sua causa essenziale, oltre che sua ragione sufficiente d'essere. L'Intelligenza universale è sinonimo di spirito, ed è ciò che possiamo vedere della Realtà trascendente che relativa non è. La nostra intelligenza da Quella deriva, e di Quella è la figlia minore. Si potrebbe, per dare un'immagine geometrica, limitata ma simbolica di questa parentela, associare l'Intelligenza universale al Centro unico che ha generato una circonferenza che è composta da una molteplicità di punti, ognuno dei quali è il riflesso differenziato di Quello, centrale e unico, dal quale è stato generato. In questo Centro tutto è compreso in una potenzialità universale, la quale è unita alla possibilità di essere attualizzata, o di non esserlo nel caso sia un'impossibilità. Quel Centro è il "Non luogo" della Verità eterna e assolutamente certa. Ogni intelligenza individuale ha come obiettivo il ritorno alla propria fonte e radice dalla quale, ciclicamente, proviene. Ogni intelligenza individuale, puntino sulla circonferenza, è collegata al Centro nel Quale è compresa, comprendendone a sua volta la Centralità Essenziale. È attraverso questa Centralità potenziale che ogni intelligenza individuale potrà intuire il Mistero non relativo dal Quale tutta la manifestazione della realtà relativa è generata. Quando un'intelligenza individuale, attraverso il faticoso cammino di gioia e sofferenza, riuscirà a intuire il Mistero attraverso le Sue leggi universali, allora avrà compiuto il primo passo di una via che la condurrà verso il Centro che ha generato la circonferenza della vita, che è anche il Centro di sé, identico a quello di ogni altro essere esistente. È in questo Centro di sé che si trova la Verità. È in questo Centro universale che l'intelligenza potrà disfarsi dell'egoismo personale per ampliare al massimo grado le proprie potenzialità, che da individuali si trasformeranno in universali. Le sensazioni sono l'imperfetto mezzo attraverso il quale l'imperfezione che ci distingue trasmuterà se stessa nella perfezione della nostra radice, quella che ci unisce al Mistero senza nome.
La chiave che apre a questa possibilità superiore è data dalla consapevolezza dei princìpi universali che legiferano la manifestazione della realtà relativa. Questi princìpi sono le leggi, valide per l'universo intero, che organizzano e caratterizzano la natura dell'esistente, e conoscendoli nella loro perfezione si entrerà nella possibilità di riconoscere, questa volta attraverso la Certezza assoluta, quale è la via speciale che ognuno di noi deve percorrere per giungere al Centro di tutti i centri.