sabato 21 novembre 2015

Il "punto di vista" e i suoi limiti

Il punto di vista è la posizione dalla quale si valuta una realtà che sarà considerata per ciò che la visuale offerta da quel punto mostra di essa.
Dunque la realtà da valutare è messa al centro della propria attenzione e quest'ultima osserverà, dal punto di vista particolare che ha scelto, gli aspetti che le saranno visibili da quel punto. Essendo stata messa al centro dell'attenzione la realtà da considerare ha attorno a sé una indefinità di altri possibili punti di osservazione, ognuno diverso dagli altri e in grado di riconoscere o disconoscere le verità che riguardano la realtà parzialmente vista.
Due punti di vista in opposizione tra loro genereranno quindi due visioni che saranno all'apparenza antagoniste, perché ognuna di esse avrà, come risultato, una parzialità ignorata dal punto di vista che le è opposto.
Se la realtà al centro fosse una sfera, simmetrica in tutti i suoi punti che stanno alla stessa distanza dal centro della stessa sfera, ognuno dei punti di osservazione sulla circonferenza generata dalla sfera vedrebbe la stessa sfera, e se invece di una perfetta sfera ci fosse un cilindro due punti in opposizione tra loro vedrebbero lo stesso cerchio nelle sue facce contrapposte oppure due rettangoli o altre forme generate dalle diverse prospettive assunte come fossero univoche.
La sola possibilità di valutare correttamente una realtà è data dall'identificazione alla stessa realtà, che è possibile quando si è in grado di essere identici alla realtà considerata che non è più valutata attraverso una o più interpretazioni, ma per quello che essa è attraverso la sua sovrapposizione.
Identificazione che annulla la distanza che separa il conoscente dal conosciuto e che corrisponde, dalla visuale della realtà conosciuta, a un'assimilazione del conoscente operata dalla realtà conosciuta al di sopra del dubbio.
Un iniziato ai misteri dello spirito non conosce attraverso la superficie, dove stanno tutti i punti di vista possibili, ma dal centro essenziale della realtà, quello che essendo consapevole della sua sintesi attraverso di essa conosce intuitivamente anche la posizione dei diversi punti di vista, relativi e correlativi tra loro, alla determinazione dei quali procede per l'inversione che percorre a ritroso, procedendo dal centro conosciuto in modo sintetico e assoluto attraverso il centro di sé, assoluto anch'esso, il quale si orienta verso la molteplicità esistenziale, relativa e superficiale, già conoscendo le sue essenziali ragioni d’essere attraverso l’immediatezza conoscitiva data dalla conoscenza assoluta dei princìpi universali, quelli che sottendono la manifestazione della realtà relativa, modulandone il dispiegamento.
Mentre ogni punto di vista può solo ipotizzare attorno agli aspetti ignorati di una realtà vista solo parzialmente, in un modo analitico che non dispone di tutti gli elementi necessari a una visione d’insieme che sia completa, la conoscenza sintetica è centrale e immediata, dunque che non si avvale di interpretazioni generate dalla mente, ma è il risultato del conoscere attraverso l’Intelligenza universale, ed è da questa sintesi che il vero conoscere potrà tradursi in analisi per poterne svolgere, attraverso la logica, il percorso necessario alla comprensione della realtà vista.
Quando, però, la verità conosciuta dal centro assoluto di sé è portata nella dimensione relativa del pensiero essa perde la sua essenza che relativa non è ed è per questo motivo che il segreto iniziatico è chiamato segreto: perché non può in alcun modo essere comunicato nella sua essenza. Così la Verità si difende da sé non potendo essere toccata né modificata, e nel contempo preserva intatto il diritto dovere che ognuno ha di conoscere da sé la Verità una volta maturate le necessarie qualificazioni interiori.

giovedì 5 novembre 2015

L'ideologia e i limiti che le sono connaturati

L'ideologia è un sistema di pensiero esclusivo, perché essa esclude tutto ciò che non rientra nel proprio sistema di relazioni che devono essere assoggettate a un corpo di valori anch'essi esclusivi, perché di un ordine principalmente emotivo e sentimentale al quale l'intellettualità obbedisce.
Ogni ideologia procede da una visuale ritenuta indiscutibile e da questa, che prende il posto di un principio universale pur nel suo non essere universale, si diramano assiomi, ritenuti veri nella loro evidenza, che giustificano le azioni intraprese da coloro che credono di poter salvare l'umanità dall'oppressione del male.
Ogni ideologia, dunque, utilizza una specifica chiave interpretativa della realtà che soddisfi le aspettative, prima emozionali che intellettive, ai fini che l'ideologia si è data.
In questa esclusività l'ideologia è incapace di valutare una realtà che è totale e che cambia incessantemente, una realtà che dovrebbe essere valutata non dalle emozioni soggette alle variazioni di umore, ma dall'intelletto che deve chiedersi quali siano le leggi a carattere universale che sono normative del dispiegamento dell'esistenza.
I princìpi universali non hanno caratteristiche emotive, non perché l'emotività sia sempre detestabile, ma a causa del fatto che essa è soggetta al cambiamento. Un principio universale, invece, deve essere fisso nel suo dover modulare lo svolgimento della realtà che muta, e non deve mutare con essa.
Qualità e quantità sono due princìpi universali.
Il principio che impone al tutto di muoversi e vibrare è universale e non è soggetto al cambiamento, perché se lo fosse in questo suo mutare cesserebbe di imporre il cambiamento che tiene in vita l'esistenza.
Che ogni cosa debba avere un'interiorità e l'esteriorità che le è correlativa è un principio universale, che assicura essere la centralità interiore la ragione d'essere della sua esteriorità.
Che un contenuto non possa contenere a propria volta la realtà che lo contiene è la conseguenza della gerarchia che ordina la superiorità della causa nei confronti dei propri effetti.
È per questo che il meno non può contenere il più.
I princìpi universali sono fissi nei confronti di tutto ciò che è a essi inferiore in quanto loro conseguenza, ma non sono assoluti perché sono una molteplicità, mentre l'Assoluto è unità non divisa, e centralità universale della Quale l'universo costituisce il suo riflesso relativo.
Universo che è effetto dell'Assoluto e che non vi si può contrapporre essendo la manifestazione di ciò che è contenuto potenzialmente dalla Realtà assoluta.
Una ideologia è necessariamente sistematica nel suo essere parziale, mentre l'azione dei princìpi universali riguarda ogni aspetto della realtà relativa.

Per questo nessuna ideologia può individuare le ragioni d'essere della realtà relativa, né potrebbe sperare di eliminare il male senza offendere la libertà individuale della quale il male è un effetto.

martedì 3 novembre 2015

Un'intelligenza che non si deve accontentare mai


Arriva per tutti il momento fatidico che chiamiamo morte; arriva per i demoni e per i santi, arriva per i Profeti illuminati dal Cielo e per la sequoia vecchia di tremila anni. Nascere è un morire e il morire è un diverso nascere. 
Nulla sembra essere tanto distante da noi quanto è il morire. 
Nulla dà la sensazione che ci possa essere una giustizia altrettanto severa.
Si entra nell'esistenza senza volerlo, e se ne esce senza potersi rifiutare, perché la spira che ognuno percorre del vortice esistenziale entra sul piano dell'esistenza dall'esterno che sta al di sotto di questo piano, ed esce da quest'ultimo entrando nel piano di esistenza successivo. 
Il punto di entrata sancisce la nostra nascita, mentre quello di uscita è della nostra morte. Non appartenendo questi due fatidici punti al piano di realtà sul quale si vive essi ci sono sconosciuti, ma tutti conoscono gli effetti dati dal loro esserci.
In mezzo a questi due momenti che ci sfuggono noi viviamo e vivremo ancora, liberi dai ricordi e di nuovo pronti a danzare di fronte al Mistero, come ubriachi ebbri del nettare della vita inciampiamo e bestemmiamo sputando il sangue delle nostre sofferenze, mentre decoriamo il nostro esserci coi desideri che ci distraggono dal dover considerare la verità che ci riguarda.
Desideri che il soddisfare sostituisce con desideri più grandi, mentre il fine dell'esistenza è la soddisfazione della nostra intelligenza che non si deve accontentare mai.

Sull'orgoglio della propria appartenenza


Non sono orgoglioso di appartenere alla specie umana, né di essere di razza bianca, e neppure di essere nato in Italia, perché non si può essere orgogliosi di quello verso cui non si ha alcun merito personale. I razzisti provano un orgoglio della stessa ridicola qualità di quello che ha un uomo il quale, dopo aver trovato un sasso sporco per terra, lo mostra orgogliosamente al mondo dicendo che nessun altro uomo avrebbe avuto il diritto di trovarlo prima di lui.

Il pesante non può sperare di poter superare il Cielo in altezza.

Quando la malvagità delle persone cattive ha il sopravvento diviene necessaria la pazienza, perché il male non può risolversi attraverso un percorso diverso da quello della parabola seguita da una pietra lanciata verso il cielo.

La misericordia divina

La prima speranza che tutti hanno è quella di riuscire a eludere la Verità, mentre l'ultima speranza è quella di poter essere perdonati dalla Verità.

La misericordia divina non è l'automatismo di un perdono concesso per l'incapacità di comminare pene da far scontare ai malvagi, ma è nel dare a questi ultimi altre possibilità di redenzione attraverso un nuovo tempo da vivere.

Su cosa si regge l'esistenza?

L'esistenza si regge sulla Verità del Bene.
Che l'esistenza si regga sulla Verità e sulla benevola Volontà del Cielo lo prova il fatto che il male ha la necessità di giustificarsi anche ai propri occhi.