sabato 23 febbraio 2013

La felicità ci osserva in silenzio


Il mondo intero crede che la felicità sia l'obbiettivo dell'esistenza, e poiché essere felici corrisponde a una pienezza che respinge il vuoto dato dalla solitudine, sono una moltitudine quelli che associano a uno stato d'animo la totalità delle loro speranze e dei loro atti. Tutto è compiuto per arraffare la felicità. Quasi nessuno riflette sulle cause della vita e il dolore che a queste cause è procurato dal sacrificio di sé, che sta alle origini dell'esistere e anche alla sua fine. Parrebbe essere un paradosso, ma non lo è, perché è proprio il sacrificio di sé a rendere sacra la vita, e la felicità sta nel saper attendere, con la forza della ragione, che le leggi ordinatrici della realtà trovino il momento giusto per completare la loro azione, nella necessità di armonia che deve attendere il tempo sia maturo per essere riempito di giustizia e di amore. L'armonia generale è necessariamente il frutto della somma delle disarmonie particolari, e non può attuarsi prima che queste ultime, una per una, migliorino il proprio stato. Ognuno di noi è una di queste disarmonie, e tutti noi siamo il risultato di un sacrificarsi della perfezione, primigenia perché centrale, che si è riflessa capovolgendosi nella molteplicità attraverso l'unicità di ognuno. Anche a me piacerebbe essere felice, ma se guardo dentro di me quella felicità la posso intuire, è lì che mi osserva, e non la vivo perché ancora non sono diventato lei.

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