"Se parli dell'Uno diventano molti", ammoniva un maestro Sufi africano. L'unità metafisica è la sorgente della molteplicità nella quale si esprimono le unicità irripetibili. È il punto senza estensione, l'istante privo di durata è il Centro essenziale di ogni realtà. L'Infinito è uno perché non avendo inizio né fine due infiniti costituirebbero una contraddizione in termini divenendo uno il confine dell'altro. L'indefinito, invece, è un finito che ha avuto un inizio e del quale la fine, che c'è, non è raggiungibile dall'uomo, allo stesso modo nel quale non lo è ogni orizzonte. Dall'unità hanno origine la molteplicità e l'unicità dei suoi componenti, analogamente dal punto centrale deriva la circonferenza, e l'istante privo di durata genera il tempo, replicandosi indefinitamente in istanti unici e irripetibili. Dalla distanza tra due punti privi di estensione si ottiene il segmento che, scorrendo, genera il piano il quale, muovendosi per le tre dimensioni dello spazio dà origine al solido che si chiede come sia possibile che dal punto privo di estensione possano nascere tante domande prive, a loro volta, di risposte...
Ho sempre pensato che se il punto non ha estensione (lo afferma, senza essere mai stata smentita, la geometria) e l'istante non ha durata (lo sappiamo tutti: un mio amico amava definirlo un'onda con noi a cavallo) allora.........quelli che definiscono fasulla la realtà percepita dai cinque sensi......bè, non hanno tutti i torti!
RispondiEliminaNon è che la realtà sia proprio del tutto fasulla, si tratta di una differenza di gradi. Per questa differenza si deve dire che la realtà relativa è una realtà minore. È facile capirlo se ti butti sotto a un tram che ti viene incontro nel fartelo capire... ;) Si dice, per questa differenza di livelli, che la realtà sia illusoria proprio perché una realtà inferiore è minore di quella che le è superiore. È illusoria solo rispetto a quella, e il tram non farà fatica a dimostrartelo :D
RispondiEliminaMa perchè si dice che la vita sul pianeta è, sostanzialmente, una recita teatrale? Non è che esisto solo io e tutto il resto è solo il mio universo? Da me creato?
RispondiEliminaFantasie o qualcosa di più?
Il teatro, per tutte le culture dei diversi popoli del pianeta, è il simbolo dell'esistenza perché mostra la divisione dell'essere tra quello che esso è in realtà nella sua completezza spirituale (l'attore come persona) e le parti nelle quali questa persona riesce a essere nelle sue diverse esistenze, attuate sui differenti piani delle sue possibilità di essere. L'attore è simbolo della centralità immobile, il sé spirituale, e le parti che recita lo sono delle diverse manifestazioni che dovrà attraversare per realizzare la perfezione implicita al suo essere spirituale.
RispondiEliminaLa fantasia, le illusioni, i sogni e l'immaginario sono tutti aspetti della realtà, ognuno sul proprio piano di esistenza, ognuno al grado che a quell'esistenza compete.
RispondiEliminaNon hai risposto sul fatto che comincio a subdorare di esistere solo io e che tutto l'universo sembra riflettere me stesso. E' così?
RispondiEliminaPoi, se fosse davvero così, devo ancora risolvere il problema, per esempio, di chi tra me e te è reale! :-) (sembrerebbe una insanabile contraddizione)
Scusa se insisto e probabilmente è un pensiero infondato ma mi si è conficcato dentro con forza.
Grazie!
È una questione di punti di vista, perché dal tuo individuale tu sei il centro di quello che accade intorno a te, e questo ti dà il sospetto che la realtà che ti sta intorno sia una tua produzione, analogamente a quanto accade nel sognare. Questo comporterebbe, come conseguenza, che tutto ciò che non conosci non lo conosci perché non riesci a immaginartelo. In un certo senso tu saresti il tuo Dio, e saresti un Dio che non si conosce perché Dio, non avendo nulla al di fuori da sé, non avrebbe nulla da conoscere nemmeno al suo interno, perché Dio è assolutamente quell'interno. Questa ipotesi, però, si trova di fronte il dilemma dato dalla presenza delle immaginazioni altrui e del fatto che se si fosse soltanto il Dio di se stessi bisognerebbe poi fare i conti col Dio degli altri esseri. Cosa contraddittoria perché la centralità è una, e per tutti è identica a se stessa, e non si vede per quale ragione dovrebbe privilegiare te e non altri diversi da te che tu non conosci ancora. In aggiunta l'amore che dovresti provare per te stesso dovrebbe essere identico a quello che provi per tutta la tua creazione. Si potrebbe dire, in effetti, che nell'istante in cui tu amerai tutti gli esseri come sai amare te stesso... in quello stesso istante sarai il Dio di te stesso e di qualsiasi altro essere che sarà in te, come tu sarai in loro. C'è un Dio in te, che è centrale a te e ti contiene dal suo punto di vista e tu lo contieni dal tuo. È lo stesso e unico Dio che è in me e in tutti gli altri anche se, in realtà, è il nostro essere in Lui che ci dà tutta questa libertà di immaginazione. L'Assoluto non è diviso in parti, non ha relazioni in sé, ma si riflette capovolgendosi nella molteplicità che dà modo alle unicità di essere. Se tu senti di poterlo fare non è che avresti anche un euro da prestarmi? :D
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