La liberazione è necessariamente il fine di qualsiasi esistenza, perché l'esistenza è immersione nelle costrizioni date dai limiti dai quali è circoscritta. Liberazione ottenibile centrandosi nel sé, immagine e presenza dell'Intelligenza universale in ogni essere. Il sé è assoluto e identico a se stesso per ognuno; essendo assoluto è libertà assoluta, per questo la libertà è ottenuta dalla centratura nel sé. La vita è il mezzo che consente alle intelligenze individuali di trasferirsi dalla semplice coscienza, che è il sapere di esserci, alla consapevolezza spirituale che è il conoscere perché si è. Il grande segue le leggi del piccolo perché è formato dall'insieme di piccoli e perché il piccolo è più vicino allo spirito il quale, creando ciò che è possibile, lo attua procedendo dal piccolo. Nel piccolo c'è il grande in potenza tanto quanto nel grande, per analogia inversa, c'è il piccolo attuato. Questo stato di cose è legge universale di corrispondenza analogica e deve valere per tutti gli esseri, non solo per gli umani. La storia, poi, costituisce la conseguenza implicita dell'azione delle leggi universali che, in quanto universali, valgono per tutto l'esistente. Questo non significa che su ogni pianeta abitato da esseri ci sia stato o ci sarà un Cristo messo in croce, come non significa che anche i vermi abbiano il loro cristo da crocifiggere. La creazione è un allontanamento dal principio, ma il principio non è l'Assoluto, perché principio indica affermazione. Il punto privo di estensione è il principio di ogni forma, è lo zero affermato causa di forme alle quali non partecipa, come l'istante privo di durata lo è del tempo. Non c'è un Dio da perdere perché a perdersi possono soltanto essere gli individui, e non sarà mai una vera perdita, ma solo un temporaneo allontanamento, quando visto dal punto di vista individuale, perché da quello metafisico è l'individuo a essere immerso nel Mistero assoluto e, per questo, impossibilitato a uscirne perché l'Assoluto non ha un dentro e un fuori da sé. Neppure è sbagliato e segno di arroganza considerarsi dei favoriti, perché ogni essere del creato è favorito dall'Assoluto, ma chi guarda esclusivamente a se stesso gli altri non può vederli.
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