giovedì 21 marzo 2013

Sulle ragione del mio scrivere


Sono ormai sei anni che scrivo, prima di allora avevo altro da fare e se un banale salto da un muro, troppo alto per le mie ali, non mi avesse costretto a stare più di quattro mesi coi talloni blu all'aria, ora continuerei a fare quello che faccio, ma non scriverei di certo. Non mi è mai passato per la testa che lo scrivere sia un qualcosa di particolarmente pregevole, perché so di sicuro che nessuna conoscenza importante può essere trasmessa a parole. Naturalmente non mi riferisco al tipo di conoscenza che illustra come spelare un filo elettrico senza morire fulminati. La principale ragione per la quale scrivo nei primi tempi era rappresentata dal mio dover stare sdraiato e a gambe all'aria, con davanti il ventaglio di possibilità che la vita mi proponeva per quella posizione, e che andava dal non riuscire a grattarmi la schiena, alla rivista dei pensieri autocommiseranti, fino allo scrivere qualcosa che riuscisse a migliorarmi l'umore. In quei momenti di sconforto, con la moto da enduro che scalpitava desolata in giardino, non mi sfiorava nemmeno il pensiero di poter scrivere qualcosa di serio che fissasse su carta riflessioni e conoscenze che avrebbero avuto una qualche utilità solo in un futuro bisogno di sapere con esattezza quale fosse la qualità dei miei passati pensieri. Io scrivo essenzialmente per me stesso, perché le storielle che mi racconto, non essendo immaginate in anticipo, ma buttate sul foglio improvvisando, mi divertono, mentre le considerazioni dell'esistenza e le sue ragioni d'essere mi inducono, trattandosi di pensieri in qualche misura complessi e difficili da esporre con chiarezza, mi inducono, dicevo, ad affinare le mie capacità espositive che sono piuttosto rozze, per via degli studi alle mie spalle quasi esclusivamente rivolti agli effetti stupefacenti degli allucinogeni. Ho avuto il colpo di culo di non dover perder tempo per liberarmi da condizionamenti culturali ai quali mi sono sempre sottratto, anche se non posso dire di essere partito proprio da zero dopo essermi perso e ritrovato, per una ventina di anni, in oltre un migliaio di viaggi psichedelici, che non mi hanno dato orizzonti certi né insegnato alcuna verità stabile nel tempo, ma hanno messo davanti alla mia intelligenza il risultato dell'azione di leggi fisse delle quali ancora mi sfuggivano le modalità di funzionamento, perché il mio intuire superiore ancora non era stato vivificato dal Mistero assoluto. Non scrivo nella speranza di riuscire a dire di questo Mistero, anche se nessuno dei miei scritti contraddice le Sue leggi fisse, e spesso descrivo le conseguenze di questi princìpi, che sono detti universali perché valgono per tutto l'esistente, ma l'Essenza di questo conoscere, identica per tutti coloro in grado di vedere nell'immediatezza della vista interiore, non essendo relativa non è in alcun modo descrivibile. Non so per quanto tempo ancora scriverò di metafisica, ma certamente i raccontini continueranno a voler riempire le pause che punteggiano il lato serio del mio esserci.

2 commenti:

  1. Ah, pure la moto........

    Quindi ricapitolando: condividiamo lo stesso amore per la verità (anche se io mi occupo solo di quelle relative); la stessa prospettiva anarchica, abbiamo vissuto l'esperienza psichedelica (io con minore, estremamente minore intensità); amiamo la moto. Non è che suoni anche uno strumento? :-)

    Se credessi al caso penserei: "che coincidenze!"

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  2. Sì, lo strumento che suono da quando ero bambino sono le percussioni, ma strimpello anche la chitarra.

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