Il cuore, per gli antichi sapienti, era il simbolo della centralità umana che racchiude in sé, come fosse un prezioso scrigno, l'accordo armonico perché disinteressato, tra il sentimento, l'intelligenza e la volontà di una persona.
C'è una specie di impalpabile, almeno quanto è opaco e spesso, velo protettivo che difende ogni essere dal poter penetrare, attraverso il proprio intuito superiore e spirituale, le realtà che non sono alla portata di comprensione di coloro che non hanno ancora sviluppate le qualificazioni necessarie a essere pronti a guardare direttamente, la luce emanata dall'Intelligenza universale, quella che ordina l'esistenza attraverso la gerarchia dei princìpi universali da essa emanati, i quali sono norma legiferante, non soggetta a cambiamento, dell'intera manifestazione della realtà relativa.
Questo velo difende dal peso che ha la Verità, insopportabile per coloro che considerano essere la verità una materia plastica, soggetta al dover sempre mutare abito e senso. In realtà le verità relative soggette al dover mutare sono conseguenti alla Verità unica che non può cambiare, e che proprio per questa impossibilità non può esser vista da chi affida al credere, o al non credere, la propria intelligenza, insieme al sentimento e alla volontà che si adeguano a questo non poter capire. Allo stesso modo nel quale è scritto, nel destino di ogni lama, il dover perdere il proprio filo, nel futuro di ogni velo c'è il dover essere scostato, quando l'essere che dal velo è protetto si sarà messo nella condizione di poter guardare la luce perenne, emanata dai princìpi universali, senza rimanerne accecato. Quando, attraverso la propria iniziazione alle verità di ordine spirituale, un essere sarà entrato in comunicazione col centro immobile di sé, identico per tutti gli esseri, gli saranno svelati i princìpi ordinatori che modulano l'esistenza di tutto l'universo di ciò che è. Attraverso questa conoscenza, diretta e immediata perché al di sopra della durata temporale, e delle limitazioni date dal dover interpretare attraverso la mente, attraverso questa superiore consapevolezza, dicevo, l'essere può facilmente riconoscere ogni contraddizione ai princìpi universali che stanno alla fonte dell'esistenza e, di conseguenza, sapere anche, e al di fuori del dubbio, cosa appartiene alla verità e cosa alla falsità. Per questo quegli uomini, e quelle donne, sono chiamati "Illuminati", ma quella prima illuminazione è solo l'inizio di un lungo percorso che conduce, attraverso la rigorosa aderenza delle proprie azioni ai sacri princìpi conosciuti perfettamente, conduce all'identificazione con l'Assoluto, che li vuole liberi dalle costrizioni alle quali l'esistere sottomette.
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