Chiunque appoggiasse il pensiero sull'enormità dell'universo non dovrebbe chiedersi se esista un essere che lo ha creato, perché è l'essere ad appartenere all'universo e non il contrario. L'Intelligenza universale alla quale l'esistenza deve il suo esserci è senza limiti e non può essere un qualcuno oppure un qualcosa, perché se lo fosse sarebbe parte dell'universo e nessuna causa è parte degli effetti che ha prodotto. Ciò che gli uomini chiamano "Dio" è un'intelligenza diversa da quella individuale che conosciamo, e non ha il compito che ha la nostra di dover conoscere per comprendere. Non ce l'ha perché l'Assoluto non è un qualcosa da conoscere, e non essendo un qualcuno o un qualcosa, a rigore non ha neppure l'esigenza di conoscersi, perché non ha qualcosa da dover conoscere.
Ogni essere sa di essere una individualità unica e diversa da tutte le altre, ma in pochi sanno che quel sentirsi individui è identico al sentirsi individui di tutti gli altri, perché essi sono l'espressione diversificata della stessa e unica centralità, riflessa nell'unicità che compone la molteplicità. È per questo che dovremmo amare i diversi da noi e non odiarli. Amarli significa darsi la possibilità di prenderli per mano per incamminarsi insieme verso la Perfezione, mentre odiarli comporta un allontanare da sé questa possibilità.
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