L'esistenza non funziona attraverso visuali moralistiche, e neppure è ordinata dalla necessità di comminare sanzioni, perché i princìpi che ne ordinano la manifestazione ne regolano anche lo svolgimento attraverso una gerarchia di cause ed effetti, data dalla logica causale e dalla sequenza temporale, negli ambiti in cui la vita è sottomessa allo scorrere del tempo. La perfezione esprime se stessa nell'imperfezione in perenne ricerca, perché ne ha bisogno, di ciò che le manca per essere perfetta.
Quando un essere vive la propria libertà è costretto dalla libertà a dover scegliere, per sé e per gli altri.
In dipendenza della scelta fatta ci saranno conseguenze che costringeranno ad altre scelte, che avranno altre conseguenze in un rincorrersi verso la perfezione affamata di sé. In ogni scelta si nasconde la rinuncia di ciò che non è stato scelto in luogo della scelta fatta. Non si tratta di visuale improntata sentimentalmente alle idee individuali di bene e di male, ma di semplice consequenzialità gerarchica. Tutto ciò che a un essere manca per raggiungere la perfezione del proprio stato dovrà essere conquistato attraverso la rinuncia delle condizioni che ostacolano la perfezione di quello stato dell'essere.
In questo sta la pena o la gioia del vivere.
In questo le pene e le gioie si scambiano di posto in relazione alla qualità delle assenze che determinano.
Se il scegliere di un uomo sarà disarmonico, e non accordato alla centralità del proprio stato di perfezione potenziale, che deve essere realizzato a immagine della perfezione totale dalla quale l'essere si è allontanato nel proprio manifestarsi, il suo aver sbagliato a scegliere determinerà l'assenza delle note armoniche necessarie alla pacificazione di sé.
Assenza che dovrà essere riempita e, per esserlo, genererà la sofferenza del vivere che il vivere infligge quando le ragioni perfette che ne motivano il pulsare non sono soddisfatte.
La perfezione è perfetta nella sua totalità proprio perché capace di riempirsi di quello che le manca in ogni particolarità di cui è composta.
Paradiso e inferno sono solo simboli della ripercussione che lega tra loro le cause e gli effetti, e non costituiscono traguardi da raggiungere perché entrambi, dovendosi fronteggiare, sono relativi e imperfetti.
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