lunedì 28 giugno 2010

Consigli sullo scrivere un capolavoro



Scrivere una storia è facilissimo, a patto di non avere la storia già tutta scritta nella mente. Quando si sa già cosa dire ci si trova nella stessa condizione in cui è un manuale d'istruzioni, che è freddo, preciso, saputello e anche stronzo. Sono queste delle qualità, a parte lo stronzo, che servono a poco. Occorre che lo scrittore inventi, quando deve fare cronaca, oppure si attenga ai fatti quando deve inventare. Non è semplice come sembra, perché la verità è sempre in agguato, pronta a svergognare chiunque, e allo scrittore avanza solo la possibilità di convincere il lettore che la verità sta raccontando palle. Per fare questo è necessario che chi scrive creda per primo alle bugie che racconta, perché se non ci crede lui non può pretendere che ci creda chi è più intelligente di lui. Uno scrittore di talento deve dare per scontato di essere più stupido del più idiota tra i suoi lettori, e questa è una manovra ardua, perché chi crede alle palle che racconta difficilmente dà credito alla verità. Una volta superate queste prime difficoltà, che scremeranno chi ha talento naturale da chi ce l'ha artificiale, si può partire con lo scrivere un capolavoro, l'opera d'arte arriverà dopo, quando i lettori del capolavoro si saranno convinti che se fosse venuta in mente a loro, una cosa così acuta e intelligente, l'avrebbero depositata in banca e non data alle masse ignoranti.
Lo scrittore deve saper rendere interessante anche una cagata che tutti conoscono per averla sentita narrare dalla nonna sclerotica, che dopo due minuti che parla viene voglia di ucciderla senza rimorsi. Già, i rimorsi, ecco un'altra caratteristica essenziale che non deve coltivare uno che scrive falsità.
Scrivere implica conoscere in anticipo le aspettative del lettore, in modo d'aggirarle rivoltando la storia tante volte quante sono necessarie per spiazzare il lettore. Poiché i lettori sono molti -almeno si spera- si renderà necessario prenderne uno a casaccio come modello, secondo le ben note leggi della statistica. La cosa si complicherà parecchio per gli scrittori single e senza amici, che abitano in villette non a schiera fuori dai centri abitati.
In pratica si inizia a raccontare accompagnando il lettore a farsi delle convinzioni che in seguito saranno demolite, dimostrandogli che la colpa è sua se non ha notato quel piccolo particolare del racconto che noi avremo opportunamente nascosto tra le righe del sottintendere.
Operando in questo modo, ogni volta che il lettore pare abbia in mano il bandolo della matassa, non si avrà più la necessità di un finale intelligente, perché il lettore accetterà qualsiasi cosa pur di chiudere il libro e regalarlo al suo peggior nemico. D'altronde l'arte dello scrivere si appoggia sulla diffusione, e a noi che cazzo ci frega se quei due sono nemici. Chi pensa che il passa parola che determina il successo di un'opera abbia solo valenze positive, non ha capito la ragione per cui la Divina Commedia è il libro più conosciuto e meno letto dopo la Bibbia.

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