Capire la realtà è difficile ed è possibile farlo solo quando le si è al di sopra. Al di sopra non sarebbe proprio l'espressione giusta, perché è riferita alla dimensione spaziale, e l'estensione che implica lo spazio costituisce solo un ristretto piano della realtà. Qui uso questo modo di dire in un senso analogico con le stesse restrizioni che avrebbe se avessi detto "al di fuori". La realtà che tutti vediamo perché viviamo è manifestata, e noi con lei. Eppure è evidente che il manifestato non è il tutto, perché ciò che deve ancora manifestarsi, così come quello che non è suscettibile di farlo, non appartengono alla manifestazione. È manifesto tutto ciò che ha forma; forma che caratterizza un limite. Il non manifesto, l'informale come è un'idea prima di essere espressa, appartiene alla Realtà che non abbiamo altro modo di chiamare diverso da "Non essere". Il "Non essere" deve necessariamente contenere in potenza l'Essere e, dunque ha, nei confronti dell'essere, un rapporto di superiorità sia logica che ontologica. Anche temporale perché il "Non essere" non è sottomesso alla durata temporale. Dal punto di vista della manifestazione si deve dire che l'essere è contenuto dal Non essere, mentre da quello della Non manifestazione è il Non essere che sta al centro dell'essere. Questo stare al centro significa che ogni essere ha in sé l'Infinito senza limiti del Quale rappresenta una delle Sue infinite possibilità di manifestazione. Questa centralità, identica per tutti gli esseri, è quella che consente all'essere di poter concepire l'Eterno, inconoscibile perché infinito. Tutti noi siamo espressione della molteplicità attraverso la quale il Mistero rivela di "Non esserci" pur essendoci accanto.
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