Credo tutti abbiano pensato, almeno una volta, che la situazione postuma di un essere umano debba essere molto noiosa, anche se la noia è senz'altro preferibile alle torture. Se poi fosse protratta in eterno ci sarebbe da spararsi un colpo in testa, se ci fosse una testa per farlo. Quello che è prospettato come Paradiso è una dimensione dell'essere e certamente non un luogo, perché se fosse un luogo risentirebbe di tutte le limitazioni tipiche delle posizioni geografiche: di qui non si passa, ma di là potete andare, gira di qua, spostati di là, non disturbare, vai a pregare da un altra parte etc. etc. L'incongruenza di tutto questo è fin troppo evidente ed esclude l'idea paradisiaca o infernale che, per ragioni di ordine sociale, le chiese di tutte le fedi diffondono. Così ci si immagina di andare a riposare, in un sonno lungo un'eternità, senza sogni che diverrebbero presto incubi, stesi in una rilassatezza priva di crampi, immersi nel buio di qualcosa che ricorda il sonno profondo quando si è senza una possibilità di risveglio. Neppure il "buon senso" comune mette in discussione queste assurdità, e tutti si accontentano di vivere il più a lungo possibile, anche strisciando nel dolore, così da rimandare la noia eterna - quando andasse bene - o la dannazione eterna - nella maggior parte dei casi che andranno così-così. I preti, di fronte a queste problematiche tacciono, oppure dicono che, forse, nemmeno Giuda stia all'inferno e che se anche un inferno ci fosse... esso sarebbe senz'altro vuoto, in virtù della misericordia divina. Come dire che Cristo, quando descriveva lo stridore di denti dei dannati, era un inguaribile pessimista, tanto buono e amorevole da voler spaventare a morte i cattivoni raccontando un sacco di balle.
Ma come staranno le cose che la vita si guarda bene dal voler rivelare?
Saremo inseguiti dalla nostra crudele coscienza, o dormiremo il sonno dei giusti?
Non mi pare che il sonno sia così associabile alla consapevolezza di chi è un giusto...
Perché le sacre scritture sono tanto restie a dirci che accadrà dopo la morte?
Le scritture più antiche, i Veda indù, descrivono i passaggi essenziali degli stati postumi dell'essere, ma lo fanno stando sul piano dell'analogia che questi stati hanno con l'esistenza manifestata, diversi tra loro in dipendenza della maturazione interiore di ognuno. Stati molteplici che escludono la ripetizione, perché nulla nell'universo si ripete, e nemmeno le nuove esistenze ripercorreranno stati già vissuti, come è per noi umani lo stato umano.
Dovremo attendere la fermata del Bus per poter scendere e ammirare il panorama, nel frattempo sarà meglio riflettere sul fatto che nell'esistenza nulla sparisce nel nulla, così come nulla si crea dal nulla.
Significa che saremo obbligati a essere fintantoché non saremo così perfetti da non essere più dei semplici esseri individuali.
Questo lascia immaginare che gli stati postumi di un essere dipenderanno da quello che un essere è, e non da come si sente il suo vicino di casa.
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