venerdì 27 giugno 2014

A muso duro

Due modi distinti di conoscenza si fronteggiano, a muso duro il primo... contro la rassegnazione paziente del secondo: Il primo, perché largamente diffuso, considera la realtà come fosse una conseguenza della legge del CASO che, a dirla tutta, è la negazione di ogni legge consequenziale, mentre l'altro, essendosi accorto che ogni effetto ha una sua causa, crede che debba esserci una causa per ogni cosa, compresa la causa delle cause di tutto ciò che è.
Chi crede sia del CASO la responsabilità del costo dell'affitto di casa spera che non sia da pagare tutti i mesi, mentre chi conosce la ragione d'essere di ogni evento sa che se salti un mese poi ti chiedono gli interessi.
Chi crede al caso coltiva un sacco d'interessi perché conta che, sui grandi numeri, qualcosa in cui trovare soddisfazione prima o dopo accadrà. Chi sa che sono le cause a spadroneggiare di interessi ne ha di meno, perché meno sono e meno delusioni seguiranno.
Anche la disposizione d'animo delle due radicalmente diverse opinioni subisce delle ripercussioni allineate alle differenti credulità: chi si prostra davanti al caso non bazzica le parrocchie, ed è l'unica cosa che non fa per caso, mentre chi si immagina tutto sia ordinato dalle cause in chiesa ci va, a occhieggiare come sono vestiti quelli che credono in Dio.
I credenti in Dio credono sia in Dio che al caso: in Dio quando gli chiedono favori, e al caso quando Dio non glieli fa.

L'idea che l'umanità si è fatta del maestro spirituale


Barba bianca o grigia, la cui lunghezza indica gli anni vissuti nella dolorosa saggezza. Sguardo rivolto verso l'alto, come si comunicasse col Cielo invece di contare gli aerei che passano. Posizione jeratica degli arti, anche di quelli dolenti per la periartrite data dalla pigrizia. Mani che si muovono raramente, e solo per accennare a una benedizione con pollice, medio e anulare leggermente alzati, come quando si ordinano tre pizze a un cameriere lontano. Voce pacata, perché le baggianate dette è sempre preferibile non siano colte da qualcuno distante che potrebbe saperne di più. Leggera tristezza nello sguardo, camuffata da un sorriso sulle labbra, conseguente allo stato d'animo della propria coscienza che si è rassegnata a dover guardare un ego dalle chiappe tanto larghe... da averla scalzata dal seggiolone.


Gli esseri di fuoco chiamati demoni, e appartenenti alla realtà formale detta psichica, hanno molti volti, ma uno tra i più comuni è quello dei falsi maestri attraverso i quali camuffano la verità. Questi maestri fasulli non sono demoni, perché un diavolo non può nemmeno pronunciare il nome delle realtà spirituali che esso nega, ma sono individui che, più o meno consapevolmente, si prestano a essere strumenti del male, perché al sacrificio di sé antepongono quello della consapevolezza possibile di chi li ascolta.

domenica 22 giugno 2014

L'Ispirazione in prima linea

Mille miliardi di cellule stavano facendosi, come d'abitudine, i cazzi loro, quando il fastidioso strillare della luce rossa catturò l'attenzione di tutti, persino delle cellule intestinali, inchiodandola alle proprie, faticose, responsabilità.

— L'Ispirazione è sulla linea di partenza! Tutti si preparino alle manovre di lancio!—

La reazione fu immediata, perché quando il corpo sotto allarme è quello di uno scrittore… ogni distretto cellulare è stato allenato all'imprevisto da una moltitudine di esercitazioni. Chi scrive lancia quotidianamente allarmi fasulli che avvisano di prepararsi all'arrivo di un'ispirazione che, contrariando le aspettative di tutti, arriva quando pare a lei. Così, i mille miliardi di cellule, escluse quelle del distretto intestinale che in quei frangenti devono faticare a chiudere il boccaporto, si ritirano deluse dedicandosi alla loro principale occupazione, pulsare noia comunicandola all'intero organismo.

— Questa non è un'esercitazione! 
— Ripeto: questa non è un'esercitazione!—

A queste ultime parole persino il cervello dovette rassegnarsi ad alzarsi dal suo giaciglio, distogliendo la sua attenzione da apprensioni talmente dannose, da sembrare previsioni giustificate.

L'Ispirazione, intanto, si faceva massaggiare i muscoli dal pensiero, che sempre rispetta le idee dalle quali è messo in movimento, perché non le comprende mai del tutto.

Finalmente calda e matura l'intuizione scattò improvvisa, presentandosi in tutto il suo splendore inatteso di fronte all'attonito pensiero che, col suo esercito di neuroni solitamente dediti alla soddisfazione di sé, si trovò nella stessa condizione di un generale al comando di un plotone di boy-scout destati da un urlo alle tre del mattino.
La mente, arma impropria dell'intelligenza individuale, quando deve decodificare attraverso l'Intuire interiore i tentativi fatti dall'Intelligenza universale di trasmettere l'inconoscibile, trema d'inettitudine, e finisce con l'assegnare alle intuizioni avute gli unici significati che le maglie strappate della sua rete riescono a catturare, nell'oceano senza limiti del Mistero assoluto.

Dire che risultato di tutto quel lavorio corrispondesse alla flebile ombra dell'intuizione avuta, sarebbe equivalente al puro ottimismo capace di assegnare il massimo del punteggio a uno spettatore caduto in acqua durante una competizione olimpionica di tuffi, eseguiti dal trampolino più alto della piscina.


L'orizzonte squallido della propria delusione


Strano e magnifico è il mentire a se stessi, perché costringe a godere di una caricatura di libertà, nella quale ogni mentitore è libero di cambiare la versione che dà di sé quando crede gli convenga. La parodia dell'indecente spettacolo dato dagli individui, sguinzagliati dalle proprie intenzioni maligne, regala sorrisi di compiacenza e consigli tesi a convincere che nulla al mondo ha una ragione d'essere, e che quella è la vera libertà: la stessa che annichilisce i deboli nella convinzione che la natura favorisca i più forti. La natura, da parte sua, è una trappola ben congegnata, e come tutte le trappole attira col desiderio coloro che giurano di essere generosi. Magnifico universo quello che non ci mostra i suoi confini, che sono gli stessi di quelli che si aprono all'interno di ogni essere. Meraviglioso tranello quello che attira gli ignobili verso il successo di tutto ciò che non conta. Ogni istante della nostra vita è condensato in una parola scritta, che il dito puntato a caso sopra la pagina di qualsiasi libro ha trovato. Tutto è a nostra misura senza che la nostra tanto celebrata razionalità possa solo sognare di riuscire a comprendere. L'universo è... perché ognuno di noi è il fine dell'universo. Inutile ribellarsi alle leggi che fissano il sopra e il sotto, il dentro e il fuori, la qualità e la quantità di ogni cosa. Il movimento danza insieme a ogni danzatore, stringendogli i fianchi nella morsa mortale che questi ignora gli sia amica, in un frastuono battuto dal rinnovarsi di vite diverse, pulsanti in dimensioni differenti tra loro perché lontane l'una dall'altra, dove come asini al basto della Libertà gli esseri insegnano agli altri esseri cosa è il bene e cosa il male. Male che è l'unica realtà della quale i confini, presto e mai troppo tardi, si delineano all'orizzonte squallido della propria delusione.

venerdì 20 giugno 2014

Ancora sulla poesia


La poesia può rivelare l'intenzione di chi l'ha scritta, e molto altro ancora sul grado della sua intelligenza, ma non è quella la sua primaria finalità. Quest'ultima è la condivisione di un vissuto che dà conferme tante quante spera di riceverne in cambio. Più raramente cerca di riempire vuoti inspiegabili chiamati solitudine. Eccezionalmente essa è rivolta al Cielo, lo stesso che nel silenzio compone le strofe nelle quali la Possibilità universale luccica di lacrime.

Le parole


Si vive anche attraverso le parole, ma a correre non sono mai le scarpe

Sul regalare conoscenza


La conoscenza non può essere regalata, perché per essere una conoscenza vera deve essere vissuta veramente.

Dopo essere morti


Nessuno si aspetti, dopo morti, di avere delle indicazioni da parte della morte diverse dal sapere di non essere più in vita. La morte non ha personalità ed è solo la vita che si spegne per trasformarsi, una vita consapevole che nessun tifoso cambierebbe la sua squadra del cuore solo perché un angelo glielo ha consigliato...

Contraddizioni non evidenti


Il paradiso immaginato da chi crede di non credere sta nell'avere la Certezza assoluta che la Verità assoluta non esista. Si contraddicono in questo negare l'assolutezza della propria certezza, senza rendersi conto che quando un'affermazione nega se stessa... in questo contraddirsi nega anche l'assunto di partenza, quello che dice che la Verità assoluta non possa esistere.

Da non crederci...


Chi crede che la legge ordinatrice dell'universo sia il CASO pensa che il proprio credere non abbia ragioni di essere.

mercoledì 18 giugno 2014

Un dono che non ti appartiene


Prova solo a immaginare cosa faresti se, improvvisamente (più o meno), tu ti accorgessi di conoscere i modi che la verità usa per non essere falsa. Avendo ricevuto un dono inestimabile proveresti a donarlo ad altri, ma ti accorgeresti che il non relativo all'interno del relativo non entra, e che ogni tuo sforzo non riuscirà a spingere il più all'interno del meno. Quel più non ti appartiene, è un dono che ti è stato fatto per sempre proprio perché è al di sopra del tempo e non puoi privartene, come non puoi evitare di doverne portare il peso.

Il Palcoscenico

Non passa molto tempo, da quando si nasce, per scoprire come gira il mondo, palcoscenico di stupefacente bellezza con un solo difetto: gli attori.
Sembra proprio che tanta bellezza sia lì, a rimproverare chi bello non è e lo dovrà diventare.
L'Intelligenza che ha generato tutto questo è maledetta a ogni respiro da chi avrebbe voluto essere perfetto senza avere alcun merito, infischiandosene che è dal merito che la gioia nasce.
L'umanità, che recita sul palco sconnesso della vita, è stata impegnata per millenni nel tentativo di scovare quale fosse il difetto di questa Intelligenza universale, perché chi, come l'uomo, è il risultato di una somma di disarmonie, è certo che il tutto gli somigli e, di conseguenza, un difetto, anche piccolo, ma nell'intelletto che questo tutto ha voluto avrebbe dovuto pur esserci, una sottile fessura dalla quale l'infelicità che decora la bellezza non abbia modo di uscire, per inseguire la felicità che l'uomo è riuscito a sottrarre all'intelligenza che lo voleva sofferente, e perennemente dedito alla preghiera.
Nessuno potrebbe ricordare il momento preciso nel quale la specie umana seppe riconoscere quel difetto, perché le cose accadono in una continuità che non è facile sezionare, ma quella scoperta si sa essere stata la conseguenza dell'avvento dell'era informatica.
Nessuno prima di allora avrebbe potuto immaginare la forma della chiave che avrebbe socchiuso la porta della cassaforte del Mistero, perché quella forma è quella del comune accordo tra gli umani. Le nuove frontiere della comunicazione globale quell'accordo avevano lentamente preparato, e la diffusione capillare dei computer aveva portato in ogni cuore il canto che si sarebbe elevato, verso il Cielo dei contrasti infiniti, per spezzarne l'intento. 
Finalmente la Perfezione non sarebbe più stata una meta irraggiungibile, perché sarebbe bastato volerla tutti insieme.
Nessuno avrebbe più potuto essere infelice, all'interno del nuovo accordo mondiale, e la felicità sarebbe stata generale, occorreva solo mettersi a cantare, ognuno intonando la propria nota celestiale, guardando dritto negli occhi il Cielo pretenzioso.
Le prime cellule di questo progetto iniziarono presto a costituirsi, aggregandosi nei siti organizzati al fine di preparare gli animi all'esigenza che ha l'armonia di essere totale.
Gruppi di donne e uomini furono costituiti attorno all'unica armonia che a tutti piaceva: quella poetica.
Il segreto di questa iniziale armonia stava chiuso e protetto nel bisogno di complimentarsi l'uno con l'altro, in una tensione disposta al sacrificio di ciò che si pensava veramente dell'altro, così da intrecciare un ordito stabile, poco importava che fosse convenzionale, dentro e fuori dal quale le sensibilità poetiche individuali avrebbero ricamato la veste che il grande Canto finale avrebbe indossato per accedere al Cielo che, una volta per tutte, si sarebbe inginocchiato di fronte alla Perfezione delle perfezioni, quella intrecciata dall'amore umano.
La Verità, intanto, messa in un angolo dalla Convenzione generale, osservava attenta, cercando in quella Convenzione un difetto, una sottile fessura nella quale introdursi, per riprendersi ciò che le era stato sottratto.
Le bastava soltanto che una sola persona smettesse di fingere.

Dentro di sé qualcosa le diceva che non avrebbe dovuto attendere molto...

Ciclico spavento

È terribile questa attesa 
al di sopra del tempo 
dove la realtà delle cose possibili 
è gravida 
del desiderio che la vita 
alla quale ancora essa non partecipa 
termini il suo ciclo nell'altra realtà 
quella che è manifesta e viva 
spaventata dal dover un giorno attendere 
quando il suo ciclo vitale si sarà concluso 
che l'irruzione della nuova realtà 
abbia esaurito 
a propria volta 

il suo ciclico spavento

lunedì 16 giugno 2014

La Verità è immortale

Ogni atto di verità ha in sé la propria, sacra, efficacia, perché la verità è immortale. Infatti, anche quando è ferita a morte, essa annulla l'indecisione della morte, rendendola vera.

Accuse affondate

Forse a molti sembrerà strano, ma più uno scrivere è sofisticato e più mi sta sulle balle.  Sono in molti a credere che io scriva bizantinismi, in stile barocco con svolazzoli da psicofarmaco, ma a pensarlo sono quelli che, non intendendo il senso di uno scrivere che ha necessità di essere esposto in termini appropriati alla sfera metafisica, dunque poco inclini a essere fraintesi, non intendendo quel senso, dicevo, si attaccano alla grondaia della propria incomprensione... incolpando me della faticaccia che fanno a starci appesi.

Ginocchio


Articolazione analoga a quella del pensiero, ideata dallo stesso Architetto, e progettata per tremare ogni volta che si tenti di contare le stelle...

venerdì 13 giugno 2014

Le difficoltà del vivere

Ogni giorno i campi del mondo si riempiono d'insetti, che rischiano la loro vita a ogni passo, a ogni battito d'ali, e di animali dal futuro tanto incerto da avere, come unica certezza, la difficoltà data dal dover arrivare a un domani. Questa è l'esistenza, ed è difficile per tutti, ma in questo perenne dover lottare contro tutti e contro di sé, l'amore ricuce gli strappi aperti dal dolore e tutti, il giorno dopo, saranno contenti di avercela fatta. Quelli che dalla vita sono stati trasformati, passando attraverso la morte, avranno altre occasioni di lotta e di amore su altri piani dell'essere, perché il nulla, nell'esistenza, non trova posto.

Al Centro dell'Amore


Noi siamo sempre al centro di un amore che non ha eguali, perché è unico, ed è quello al quale dobbiamo il nostro esserci. Non importa il nome che gli diamo, né l'angolazione dalla quale consideriamo il Mistero, ma l'amore che ci è dato provare per gli altri esseri e per noi stessi da quel Mistero nasce e non ci lascia mai soli. Le persone che ti hanno amato e non sono più qui erano espressione dello stesso Mistero, esattamente come lo sono tutti. Quando si prega sarebbe meglio farlo per aiutare altri diversi da noi, ma se si prega perché si ha necessità di aiuto l'aiuto arriverà, e se pare non arrivare è perché quell'assenza ci aiuterà meglio di qualsiasi altra presenza.

giovedì 12 giugno 2014

Tutto e il contrario di tutto

La ragione non sta nel tutto e neppure nel contrario di tutto, perché è possibile dire di tutto sbagliando tutto, e dire il contrario di quel tutto sbagliato, senza che quel contrariare appartenga alla verità, perché mai la verità è il risultato della contrapposizione di due menzogne che lottano tra loro per affermarsi come assolutamente vere. Ogni menzogna è sempre una "vera" menzogna, ed è l'unico punto che essa ha in comune con la verità. In un senso generale l'opposto della menzogna è certamente la verità, ma dev'essere una totale verità che trova opposizione in un'altra totale falsità, e questo non può accadere nella contrapposizione tra bugie che contengono una parte di vero, e verità che includono un parte di falsità, come è il caso di tutte le realtà, vere o false, manifestate nella realtà relativa.
In definitiva si può dire che una verità, che si trovi a essere al suo grado maggiore di purezza, sia riconoscibile in ragione della sua prossimità al principio universale col quale essa è in una stretta relazione causale, mentre una falsità sarà tanto più falsa quanto maggiore sarà la distanza che la separa dallo stesso principio dal quale si è allontanata.
Farò un esempio: è una verità che tutto l'universo debba muoversi per continuare a esistere, ed è falsità che esso possa arrestarsi senza che la vita in esso cessi di vivere.
In questo caso verità e falsità sono contrapposte tra loro, e solo una delle due potrebbe, forse, essere assolutamente vera, e da questa assolutezza la falsità sarebbe totalmente esclusa.
Anche se quello riportato sopra è un esempio limite, non costituisce la pura e totale verità come parrebbe che sia, perché il respiro dell'universo è ciclico e la morte costituisce una trasformazione che è cambiamento di stato. Questo significa che l'universo non si fermerà finché sussisteranno le condizioni per restare attivo, ma tutto ciò che è ha avuto un inizio che include una fine. L'universo è manifestazione della Possibilità universale che si attua perché l'Assoluto è indiviso e possibilità e atto, per l'Assoluto, sono la stessa identica cosa. Allo stesso modo il respirare del Mistero è composto dall'espirazione che manifesta la realtà relativa possibile e dall'inspirazione che la riporta nel Non essere. Essere e Non essere sono la prima riflessione del Mistero assoluto, che, però, non rappresenta un'opposizione a causa del fatto che il Non essere comprende l'essere in principio e un contenitore non è mai in opposizione al proprio contenuto. La Verità totale è un contenitore identico al proprio contenuto perché, in realtà, contenitore e contenuto sono frutto di una nostra divisione arbitraria. Dunque anche il rientro ciclico della Possibilità di manifestazione nel proprio principio non è la morte del tutto, ma solo un rientro nel Non essere che " è " al di là della durata e dell'estensione. Significa che la contrapposizione fatta all'inizio del mio esempio, non può dare una risposta che sia assoluta. 

Anche in un caso così estremo come quello da me portato a esempio, la contrapposizione indica assenza di assolutezza, che non può dare un risultato che sia assoluto perché l'Assoluto non potrebbe stare nel relativo, come il più non può stare dentro al meno.

L'importanza dell'essere ricordati


Non è importante essere ricordati per il bene fatto, ma lo è per il male che si è voluto evitare.

La fiducia


Fidarsi implica non saper riconoscere, e questo non è bene. Bene è saper capire in anticipo le intenzioni altrui. Fidarsi di Dio è bene, ma è verso di sé che la fiducia dovrebbe traballare...

Lo scivolar via del tempo

Il tempo sembra scorrere, ma la realtà è che siamo fermi con lo stesso istante sotto i piedi, ed è la vita che ci scorre davanti, come fa il nastro mobile degli aeroporti sul quale la nostra valigia non compare mai...

mercoledì 11 giugno 2014

Il miracolo dell'intelligenza

Una conoscenza che ridicolizzi i miracoli, nel contempo ridicolizza se stessa, perché mostra di non essere adatta a meravigliare le altre intelligenze...

Intuito e pensiero


Il pensiero è prodotto dalla mente, la quale ha l'ardire di trasformare in parole l'intuizione che ha generato significati, e l'intuito è di gran lunga superiore alla mente, tanto quanto lo è l'amore nei confronti delle persone che amano.

martedì 10 giugno 2014

Ogni volta che ce n'è bisogno

La perfezione dell'intero universo riposa, in un relativo disagio, sulle imperfezioni che ha ogni sua singola parte le quali, tutte insieme concorrono, attraverso la loro somma, alla stabilità relativa dell'insieme. Se fosse il caso a governare il tutto… i sistemi stellari, e con loro quelli planetari, si comporterebbero come la pallina di un flipper manovrato da un ubriacone, che sta premendo i tasti, rotolandosi a terra nel suo vomito. La conseguente relativa stabilità, derivata dal vibrare dei cicli rotatori ubbidienti alla perfezione generale non è tranquillizzante, perché la perfezione generale del cosmo è sì equilibrata, ma anche perfettibile. Questa sua perfettibilità costringe le piccole imperfezioni - sono microscopiche per l'universo, ma grandi e insopportabili per noi - le costringe, dicevo, a perfezionarsi, e lo fa in tutti i modi possibili che la divina immaginazione può escogitare badando a non interferire con la libertà, anche questa relativa, che ci è concessa solo perché l'Assoluto, che è anche Libertà assoluta, non può permettersi il lusso di contraddire le sue proprie leggi universali. In questo non poter interferire con la nostra libertà l'Assoluto è costretto a doverci mettere in un'apprensione pressoché continua, per farci capire che siamo imperfetti, e usa gli esseri angelici, quelli scuri e demoniaci che si sono ribellati al suo ordine totale, preferendo scorrazzare nei disordini particolari. Questi diavoli hanno limitazioni gravose, nel loro agire contro l'ordine generale, date dal fatto di essere, pure loro, parte di questo ordine, e si può dire, senza timore di sbagliare, che sia anche la parte più disordinata tra tutte. Ciò costringe i demoni a muoversi indirettamente, attraverso il dare ragioni ad altri esseri per agire contro ogni nostro atto benefico, che ai demoni pare favorire l'ordine universale che tanto odiano. Gli esseri angelici decaduti non hanno accesso alla sfera spirituale perché è da loro negata, e sono esseri informali che, però, possono assumere le forme che vogliono, in ragione della loro consistenza che appartiene alla stessa natura del dominio riservato alle energie psichiche. L'uomo può vedere questi esseri solo quando si trova in uno stato di consapevolezza speciale, superiore perché spirituale, e li vede quando questi demoni cercano di ricondurlo alla vita che tutti quanti definiscono "normale", oppure consueta.
Ma poco importa questo, rispetto a quanto sto per scrivere e che mi preme dire…
Il minuscolo angolo di universo che noi esseri umani occupiamo è soggetto, in quanto parte analoga al tutto, alle stesse leggi universali che sono normative per l'universo intero. Ogni parte del tutto obbedisce a queste leggi fisse, come fa lo stesso tutto che segue necessariamente gli stessi moduli che ordinano ogni sua parte, perché il grande è l'insieme dei piccoli dai quali è formato. Le leggi di natura sono l'effetto dei princìpi regolatori dell'universo all'interno del dominio appartenente alla natura, e noi con essa siamo costretti a non poterci defilare, sottraendoci alla necessità di doverci migliorare. Ogni accadimento della nostra esistenza ha, per scopo, la nostra perfezione, e ce l'ha anche se noi siamo convenzionalmente e follemente soddisfatti di essere imperfetti. Le malattie, le disgrazie, la salute e le gioie… tutto questo e altro ancora concorre a guidarci verso l'obiettivo centrale che ci ha fatto nascere, e che ci vuole morti. In realtà sarebbe più appropriato scrivere "rinati alla consapevolezza interiore" che non "morti", se non fosse che la perfezione passa attraverso il decadimento di ciò che si è rivelato inadeguato a reggere la fatica di esistere.
La sintesi alla quale volevo giungere è questa: ogni cosa che ci accade ha la sua precisa ragione d'essere e quella ragione è la nostra, tanto agognata quanto rifiutata, perfezione che ci fissa importuna, e anche una martellata sul dito concorre a questo nostro bisogno di equilibrio stabile; anche un virus, e persino mia suocera - credo di aver detto tutto, mettendoci dentro anche lei -…
Tutte le nostre reazioni che sono in aperta disarmonia con la necessità di perfezione saranno sanzionate, e lo saranno in modo commisurato alla gravità delle nostre azioni. 

Sanzionate dalla necessità di perfezione che si accanisce ogni volta che ne intuisce il bisogno.

La magia della diversità


Si nasce tutti manifestando la propria diversità, e si impazzisce non capendo di essere tutti uguali solo in quell'essere diversi. Soltanto la nostra centralità è la stessa per tutti, e ognuno sa di essere unico perché lo sa nello stesso identico modo in cui lo sanno gli altri.

domenica 8 giugno 2014

Sull'amore...


L'amore è l'arcano che la vita usa per affidare, a chi è capace di sacrificarsi per amore, il compito di conoscere al fine di comprendere che il sacrificio di sé... è la chiave di volta che regge la Volta celeste.

La magia delle parole...


Assolutamente: avverbio che ingenera diverbio...

Non sempre il silenzio tace perché è silenzioso


A volte il silenzio è un modo per non dire cose talmente dolorose da non poter essere sopportate, ed è un silenzio che apre la porta alla paura di dover ascoltare.

Il valore del valore


Il valore mai dipende da quanto è costata la sua acquisizione, ma da quanto si deve faticare per mantenerlo intatto.

Conseguenze del mistero del capovolgimento dei poli


L'esistenza è ciclica, e quando una realtà raggiunge il suo punto massimo di espressione... essa subisce l'inversione data dal capovolgersi delle sue polarità. Per questo doversi capovolgere nessuna sfortuna, come nessuna fortuna, possono essere elementi decisivi nel raggiungimento della centralità nella quale riposa impaziente il destino di ognuno di noi.

La Verità non è sistematica


Ogni ideologia nasce da un sistema di pensiero che, per essere sistema, è sistematico escludere tutto ciò che a quel sistema non appartiene. La realtà, invece, tutto comprende, persino l'eccezione, ed esclude soltanto l'impossibilità data dalla contraddizione. Per questo la metafisica non è una dottrina sistematica, proprio perché la sua esigenza di universalità non lo potrebbe tollerare. Per questo ogni ideologia, ogni filosofia e ogni sistema di pensiero, è nell'errore prima ancora di essere.

sabato 7 giugno 2014

La vera morte

C'è una morte che ha effetti superiori, e ben più tragici di quelli che libera il morire del corpo, perché questa morte costringe a morire anche l'intelligenza individuale, abituata a formulare ipotesi attorno alle ragioni che motivano l'esistenza. La morte che accomuna tutti premendone il futuro contro lo stesso destino, invece, lascia viva l'intelligenza usuale, la quale non cambia se non nella consapevolezza dell'avvenuta morte del corpo fisico. Quella che tutti attende non è una morte chiacchierona, lo sa che non potrebbe convincere sulle verità che le intelligenze non hanno avuto, nemmeno in mezzo alle turbolenze della vita, la capacità di comprendere.

L'intelligenza individuale è costretta a morire per il suo aver cambiato il piano di realtà, che da individuale è divenuto universale. L'intelligenza universale non formula più ipotesi, non ha più idee che le appartengano, e non inventa la verità perché essa "vede" direttamente la verità senza la mediazione della mente e del pensiero analitico, attraverso l'identificazione e l'assimilazione in una sovrapposizione interiore che annulla la distanza che separa il conoscente dalla realtà conosciuta. Chi è morto da vivo è ancora in un corpo vivo, ma la sua esistenza, sempre che lo voglia, non sarà più la stessa di prima, perché chi vede la Verità nella Certezza assoluta ne conosce i princìpi in modo assoluto. Questa morte è chiamata "Opera al nero" dagli alchimisti, è la morte iniziatica, ed è la vera morte per la quale all'egoismo cominciano a tremare le ginocchia.

mercoledì 4 giugno 2014

Riflettendo sulla riflessione

Il termine riflessione si presenta come fosse una via breve, capace di condurre il pensiero analitico verso la comprensione del senso profondo che le diverse realtà si guardano bene dal rivelare a chi non sa riflettere a fondo. In realtà è un imbroglio legato al fatto che ogni riflessione genera un capovolgimento, e non solo dell'immagine che si riflette in uno specchio, ma anche del pensiero che, analizzando, scompone la realtà sezionandola, così come ha fatto mio nonno col suo motorino sputafuoco (mia nonna lo chiamava, sarcasticamente, sparagandulin) che è rimasto per sempre sdraiato a pezzi su un lenzuolo in cantina, ed è ancora lì, allo stesso modo della verità dissanguata stesa sul tavolo dell'obitorio che chiamiamo, invasati d'orgoglio intellettuale... la nostra "mente".

martedì 3 giugno 2014

Cosa è il destino

Cos'è il destino? Più facile a dirsi che a farsi: ci sono due destini, uno, quello individuale, è la destinazione verso la quale le nostre inclinazioni naturali tendono, l'altro, quello universale, è lo stesso per tutti, ed è la destinazione centrale che ha determinato il nostro ciclico esserci, nonostante tutto gliel'avesse dapprima sconsigliato... Dunque si deve dire che il destino è il vento che gonfia le vele del nostro libero arbitrio, e il libero arbitrio è quello che appena ha innalzato una vela gliene si accartoccia un'altra.

Il più piccolo quark impedisce che l'intero universo si inclini su un fianco

Nessun essere è inutile, ma è inutile cercar di capire dove e come potrebbe essere utile...

Sul dubbio

Più ci si allontana dal Principio, che è Causa del tutto, e più il dubbio si ingrandisce, perché la Certezza è nel Principio.

Il limite della serietà intellettuale

Il dover essere una persona seria ha un limite, che è tracciato dal volersi inoltrare nella incomunicabile profondità dove è celato il regno delle cause, perché in quel dominio si può essere seguiti solo dall'altrui sarcasmo che difende, inconsapevolmente, la libertà che ognuno deve conservare per scoprire da sé il vero senso di ogni verità. Per questo chi volesse accennare alle cause essenziali dell'essere, dovrebbe farlo con la leggerezza di chi si ride addosso.

Una ovvietà difficile da considerare vera

La Libertà non fa prigionieri, e chi si sentisse costretto da essa è libero senza saperlo...

Un altro giorno difficile

Un altro giorno difficile sembra non volermi guardare, pur riguardandomi, e io sono stanco di sopravvivere senza capire il perché. Ogni giorno cerco di aggiungere un mattoncino di deduzioni nuove a questa costruzione traballante di pensieri, per rinforzarla, per renderla stabile, per fare in modo che non mi crolli addosso con la massa della sua vanità.
Ho cominciato da piccolo a esercitarmi, per colpa di un cielo insieme nero e sfavillante.
Lo osservavo spesso la sera, incantato e con la testa piegata all'indietro, dalla staia sotto casa mentre accarezzavo Alì, il cane del cortile che mi amava senza che gli avessi mai dato un boccone e che mi si appoggiava pesante e caldo, come se volesse consolarmi, dicendomi che anche lui non capiva.
A quel tempo la mia costruzione era appoggiata solo alle domande che non trovavano risposta ed era bassa, larga e stabile, nella sua bruttezza.
Crescendo, la vita si è insinuata tra le fessure di quel chiedersi e le ha apparentemente chiuse, con l'appiccicarsi di desideri sempre nuovi e più grandi, mai soddisfatti davvero. Sembrava che tutto fosse una realtà provvisoria che attendeva qualcosa di meglio per essere vera, e che anche quel meglio aspettasse di meglio.
Poi la mia testa si è abbassata a contare le pietre che non si lasciavano contare, per decidere dove appoggiare i miei piedi senza più il timore delle distanze, perché ovunque andassi la mia costruzione mi seguiva, aumentando di peso.
Tanti sono stati i passi, tanta la frenesia nel dolore, ma quando alzo la testa al cielo, ridivento bambino.
Per questo ho deciso di abbattere tutto e di ricominciare dal primo mattone, senza pregiudizi e pronto a perderci se il risultato lo vorrà. 
Posso ricominciare solo grazie agli errori fatti, e da bambino mai avrei potuto decidere quello che è possibile oggi.
Alzo la testa, guardo il cielo come se fosse la prima volta e sento che questo sentirmi piccolo non mi fermerà più, perché il grande che vedo è l'insieme di tanti piccoli.
Per questo ogni cosa che lo compone è proporzionata a tutte le altre, perché ogni cosa si complica causandone altre che si complicheranno a loro volta, in un continuo vibrare sia crescente che decrescente.
Decido allora di tornare indietro col pensiero, per cercare la cosa più semplice che ha cominciato a complicarsi. 
Un granellino di sabbia non può essere, perché mi pare ovvio che se qualcosa si estende in una forma deve essere divisibile, anche se ancora non si possiedono gli strumenti per farlo. 
Devo cercare più in là, prima che la forma si compia.
Prima della forma c'è il punto ipotetico che, in fondo, è solo l'idea dello spazio senza estensione.
Un po’ mi viene da ridere, perché lo spazio è l’estensione.
Ma il punto senza forma ha bisogno di un altro punto per definire una forma, la quale sarà determinata dalla distanza infinitesimale che separa i due punti informali.
Per esserci e avere una forma, la distanza ha bisogno della possibilità di estendersi, occorre quindi che ci sia l'estensione.
Poiché l'estensione è una conseguenza del punto dal quale trae origine, non sarà l'estensione a spaventarmi, perché non è lei che cerco.
Io devo guardare oltre.
Fino a quando non avrò capito cos'è il punto non potrò spingere il pensiero, sempre che sia il pensiero a poter guardare la luce, e mi sembra evidente che il cielo non è un gigantesco punto. 
È solo costellato di punti.
Cosa è questo punto, allora?
Se il punto non ha forma e da lì deriva il tutto delle forme, quel tutto proviene dalla possibilità che non ha ancora forma.
Allo stesso modo del tempo che nasce dall’istante, privo di durata, che si replica continuamente, creando la durata.
Quindi ci deve essere una realtà senza forma che viene prima di quella caratterizzata da una forma, e che si mostra attraverso idee ancora prive di forma, cioè il punto e l'istante.
Ma se il punto è inconsistente, la Realtà essenziale che gli si nasconde dietro dovrebbe potersi vedere, perché è senza riparo.
Quella realtà quindi, non si vede perché, anche lei come il punto, non è nella dimensione dell'essere.
Questo significa che ci deve essere una realtà che non appartiene all’esistente e che deve "essere", con evidenza, causa dell'essere.
Una Causa che "Non è".
Un “Non essere” che è più che l’essere perché lo contiene in principio come potenzialità inespressa.
Ciò che è nasce, quindi, da ciò che Non è.
Ciò che Non è, palesemente, è superiore a ciò che è.
Ho davanti al mio pensiero due realtà: una che Non è, e l'altra che è.
Quella che Non è contiene, necessariamente per precedenza logica e successivamente anche per quella temporale, l'altra che è.
Quindi le è maggiore e deve contenere anche ciò che non è manifestato ancora, ma si manifesterà, insieme a quello che non è suscettibile di manifestarsi. Solo l'impossibile ne è escluso, perché contraddittorio, e la contraddizione non è partecipe della Verità.
Ne deriva che il “Non essere” e l’essere costituiscono, nel loro complesso, l’interezza della Possibilità universale.
Poiché quella che è sta dentro a quella che Non è... non può, a propria volta, contenerla e comprenderla.
A questo punto mi sento un po' meno imbecille, ma non lascio la presa.
Cos'è, quindi, la realtà che non è?
Più che l'essere di sicuro, altrimenti l'essere non sarebbe sua conseguenza.
Si deve ancora dire che la Possibilità universale è infinita e si esprime con l'insieme di "Non essere" e di "Essere", che rappresentano la prima divisione dell'Infinito, che in Sé non può essere relativo e diviso, ma che è causa prima del riflesso speculare, capovolto e relativo che da Essa zampilla, prima nel "Non essere" e poi nell'Essere. 
Se relativo indica l’avere dei limiti, ciò che gli è superiore e lo contiene in principio… non deve avere limiti. 
Deve essere oltre l’essere: Assoluto, Infinito ed Eterno.
Chiedersi se Dio "esiste" è, quindi, contraddittorio, perché se esistesse dovrebbe essere, in quanto Causa dell'esistenza, esteriore all'esistenza, come lo sono tutte le cause nei confronti dei loro effetti, le quali non possono, da questi effetti, essere modificate.
Ciò che non ha limiti non può essere circoscritto da definizioni, anche se è tradito dal punto e dall’istante immobile, suoi riflessi che ne denunciano l'Essenza.
Sento che stavolta i mattoncini del mio pensiero sono più stabili. 
Nella loro trasparenza, ma stabili.
Meglio che consistenti e instabili.
Poiché il "Non essere" e l' "Essere" sono due realtà conseguenti, nessuna delle due può dirsi assoluta.
Non essere ed Essere non costituiscono una opposizione, e non sono complementari tra loro, perché il Non essere contiene l'Essere in principio e nessun contenitore può opporsi al proprio contenuto.
Non c'è modo di concepire una Realtà inespressa, ed è per questa ragione che la chiamo Non essere, ma in realtà essa non è la negazione dell'Essere, ma è la sua fonte.
Ciò significa che l'idea di Dio che mi hanno rifilato da piccolo non corrisponde al vero, perché Dio, che è il primo Essere, in quanto causa dell'essere non può partecipare all'essere e, quindi, alla stessa esistenza. 
Cavolo!
Non si può nemmeno avere un'idea di Dio senza che questa si trasformi in una falsità.
È per questo che il Sacro sfugge?
È per questa ragione che ciò che è Sacro può rivelarsi solo attraverso il sacrificio di sé? 
Per questo l’amore è la forma sacra che ha il sacrificio?

Rialzo la testa al cielo, e mi tremano ancora le ginocchia.
E non c'è nemmeno Alì al quale appoggiarmi.

Resta il Mistero a guardarmi in silenzio, e capisco che il mio esserci sarà davvero prezioso solo quando sarà identico alla verità così difficile da conoscere. 

Analisi e sintesi


Il pensare è analitico, nello svolgere la funzione principale che la mente ha, e l'analisi, pur avendo in vista la sintesi, le volte che la raggiunge non è mai soddisfatta del risultato, perché quella raggiunta non è la vera sintesi, le manca sempre la ragione essenziale d'essere delle cose, che non è relativa. La vera sintesi, infatti, non è ottenibile dall'analisi, ma è consapevolezza immediata data dalla conoscenza assoluta dei princìpi universali, quelli che ordinano l'esistenza modulandone il dispiegamento e il raccoglimento. L'essere atei costituisce il non credere e ha, come correlativo, il credere, non il conoscere. La Verità sintetica, contenendo la logica, necessariamente ne supera i confini, non negandola. La consapevolezza delle persone che sono state illuminate dall'Assoluto è, per questa ragione, detta essere sovra-razionale, che non significa affatto irrazionale. Colui che conosce direttamente la Verità, perché conosce attraverso l'immediatezza dell'intuire per mezzo dell'Intelligenza universale, madre di quella individuale, non è un "credente", perché il suo essere consapevole non è frutto dell'interpretazione, ma della vista interiore, e chiunque abbia accesso alla Verità unica "vede" la stessa, perché unica, Verità.

domenica 1 giugno 2014

Sembrerebbe un paradosso, ma non lo è


Un cervello acuto penetra all'interno della verità grazie alla propria ampiezza di vedute...

Ragioni per scrivere


Io scrivo per diverse ragioni: la prima è quella di potere, attraverso la memoria di ciò che ho scritto, misurare se qualcosa di me ha subito l'onta di un miglioramento. La seconda è quella di insegnare il poco che conosco al di sopra del dubbio, e la terza è data dal divertimento che provo quando mi dicono che chi non ha dubbi è un cretino.

Simulazioni difficili


Niente più del sorriso fatica a simulare la verità, perché la verità è più vicina al pianto.

La preziosità della perla


La perla nasce dal fastidio che l'ostrica prova per l'intrusione di una incomprensibile verità nel mondo che credeva fosse tutto di sua proprietà. Nel tentativo di nascondere quella verità intrusa l'ostrica la avvolge di bellezza superficiale, il cui vero valore è nella verità che occupa il suo centro.

L'utilità del libro


Anche se si potesse scovare la saggezza nei libri, occorrerebbe essere saggi per saperla riconoscere...