venerdì 31 gennaio 2014

Gradi diversi di realtà

Quando nessuna altra realtà superiore sta al di fuori della propria illusione, quella illusione deve essere chiamata, per forza di cose, realtà. Non importa che sia una realtà illusoria, alla fine dei conti, perché illusoria lo è, nei confronti della Realtà assoluta che è la sua ragione d'essere, e non è importante perché questa sua ragione d'essere è la causa prima di tutto ciò che è, e non avendo inizio né fine, a rigore non si può neppure sostenere che questa Realtà assoluta possa fare parte dell'universo manifestato, come neppure di quello non soggetto al potersi manifestare. Spesso ho la sensazione di essere parte del tessuto che veste l'illusione, dove le coincidenze sono così innumerevoli da non poter essere comprese nei loro legami simbolici con quanto sta per accadere, e il mio gioire e soffrire sono soltanto funzionali alle mie possibilità di crescere come persona, e come intelligenza che è parte attiva e passiva di quella persona. Spesso percepisco la realtà che mi avvolge come fosse poco importante, come poco importante è il peso di una pur alta montagna, nel rapporto che ha con la stabilità del pianeta di cui è parte. È sufficiente essere coinvolti in un incidente, prendere una forte botta in testa o essere preda di una vertigine... perché tutto intorno a noi si disallinei, ritornando a essere parte dell'inconsistenza illusoria che avvolge il tutto. In realtà penso che più che illusoria questa sia una realtà che si trova a un grado inferiore di verità di quanto sia Ciò che non muta mai.

Mano nella mano

Io e mia moglie siamo stati, uno per l'altra, un dono del Cielo. Un dono singolare, certo, perché tolti gli essenziali valori universali, che condividiamo senza eccezione, su quasi tutto il resto le nostre opinioni divergono, ma è da quegli importanti valori condivisi che tutto procede nel suo bisogno di complicarci la vita, ed è per questo che i nostri continui litigi hanno preso il sapore che ha il gioco dei bambini che a sera tornano, mano nella mano, sotto lo stesso tetto per riposare.

Non scambierei il mio oggi col migliore tra quelli che ho vissuto

Sono sempre stato un ribelle, e non ho mai accettato le banali convenzioni verso le quali ti piega una vita che ha in vista solo la propria sicurezza, e ora sono qui, insicuro più di quanto possa mai sognare di essere l'incertezza giovanile, con di fronte a me un universo di malanni che con tanta sollecitudine ho armato, nel mio burrascoso passato, eppure non scambierei quello presente col migliore dei giorni che ho vissuto, perché la sofferenza che provo oggi è data dall'essere consapevole, mentre quella che ha accompagnato la mia giovinezza è stata motivata dalla necessità di dover essere, oggi, consapevole.

Un errore non può essere perfetto

L'errore non raggiunge mai la perfezione a causa del fatto che, procedendo da presupposti errati, non li può modificare perché nessun effetto può cambiare la causa che l'ha generato.

Voltandosi indietro

Osservando il proprio passato sarebbe importante individuare, tra gli indefiniti rivoli del nostro aver agito, il corso principale del torrente dove quei rivoli sono confluiti, perché è quello che sfocerà nel mare del nostro destino. Un destino di acqua salata nel quale l'acqua dolce della nostra esistenza fatica a miscelarsi e a fondersi. C'è un'età, per l'uomo, nella quale è inevitabile tirare le somme della propria vita, un'età dove le giustificazioni che hanno costellato il nostro decidere contano poco, quando messe accanto al bene che avremmo potuto donare, a noi stessi e al mondo che ci ha accolto. Se c'è una relativa libertà di scegliere deve esserci, a contrastarla, un destino verso il quale questa libertà deve tendere, nell'inevitabile modo in cui il giorno cerca la notte, e a quella certa età si è tanto vicini alla notte da poterne percepire il gelo, o il tiepido calore, dell'abbraccio che sarà.

giovedì 30 gennaio 2014

Gli stadi della conoscenza universale

La conoscenza deve essere cercata costantemente, attraverso l'attenzione della propria intelligenza, in modo da essere pronti a farsi trovare dalla conoscenza e, se sarà il caso, riuscire anche a farsi accettare. La prima cosa che la conoscenza ti mostra sono i tuoi limiti intellettuali, la seconda sono le tue intenzioni spirituali, e la terza la tua debolezza interiore. Alla quarta ancora non sono arrivato...

mercoledì 29 gennaio 2014

Dentro alla Verità

La verità, poiché è aderente alla realtà essendo vera, è necessariamente più forte della menzogna, anche perché la precede. La verità è alla base di tutto ciò che è, mentre la falsità è ciò che le si oppone, ed è a essa conseguente. Ogni bugia è una "vera" bugia, dunque verità a propria volta che nega la finta verità acclamata dalla bugia, ma la nega in conseguenza della negazione operata prima dalla bugia, non perché vuole distruggere tutto ciò che è, ma perché vuole che sia attuato il fine della perfezione verso il quale tende l'esistenza. Chi conosce la verità dovrà essere molto forte per difenderla, più forte di coloro che celebrano il mentire, e dovrà imparare a sopportare tutte le grandi fatiche che sono richieste a chi ha deciso di stare dalla parte del bene comune, e di conseguenza anche dalla parte del proprio.

martedì 28 gennaio 2014

Dal peggio al meglio

La cosa peggiore che può capitare, a chi volesse avere amici, è quella di essere una persona intelligente. Poiché la vera intelligenza inclina alla generosità, quest'ultima è la seconda cosa peggiore che, sommata alla prima, genera la cosa migliore che chi non ha amici avrà: la facilità di incontrare un amore che sarà anche una splendida amicizia.

venerdì 24 gennaio 2014

Non si sfugge

Non si sfugge alla fatica del vivere nemmeno quando si è aderenti al rispetto dei princìpi sui quali la vita si svolge e avvolge. L'esistenza, e la verità che la riguarda, è compassionevole o crudele in dipendenza di ragioni che sono quasi impossibili da individuare, ma si può essere certi che queste ragioni ci sono, perché tutto ha una propria causa per essere. Imperscrutabili sono le vie seguite dalla vita per far comprendere all'uomo che esiste un senso, da ricercare e trovare, che dovrà guidare i suoi passi e le sue decisioni, senso orientato alla perfezione. Nessuno si salva dalla fatica data dal vivere, perché le difficoltà incontrate saranno sempre proporzionate a ciò che si è e a quello che si vorrebbe diventare. Nessuno soffre più di coloro che sono sull'impervia via della santità, ma nessuno soffre peggio di chi si trova a strisciare sulla strada spianata dal male.

giovedì 23 gennaio 2014

Come pulci

Come foglie che disegnano il vento
il mio viver racconta il Mistero
che è nascosto nel greve tormento
di esser ciechi alla vista del vero

Come pulci su piastra che scotta
non si ha tempo per esser sinceri
ci s'illude d'esser pronti alla lotta
contro noi stessi così uguali a ieri

Agli eroi che ce l'hanno fatta
chiedo solo quale sia il segreto
del loro aver trasformato disfatta
nel far del male un divieto

Forse però a guardar bene
già conosco cosa occorra fare
è necessario trasformare le pene
sacrificandosi per poter amare

Ottavo giorno di digiuno


Al mio ottavo giorno di digiuno tutto procede nel migliore dei modi, e si inizia a vedere un evidente beneficio: la vista è migliorata, si è più lucidi mentalmente, ci si trova all'esterno della consuetudine e si affila il carattere, resistendo al desiderio congenito di cibo che è di natura mentale, ma non più scatenato dalla fame che dopo pochi giorni è completamente assente. È una sfida con se stessi che aggiunge forza alla propria determinazione; credo sia per questa ragione che si soffra meno a ogni nuovo digiuno fatto. Inoltre, l'organismo pare aver memorizzato i passati digiuni facendone tesoro, così da essere già predisposto alle nuove condizioni in cui si viene a trovare quando il cibo è assente. Sono depositate, negli ospedali americani ed europei, più di 250.000 cartelle cliniche che attestano incredibili guarigioni dalle più diverse patologie, soprattutto quelle cancerogene, attraverso il digiuno prolungato a 42 giorni, ai quali devono essere sommati altri quindici di reintegro alimentare, fatto attraverso l'assunzione del succo di qualche arancia durante il giorno. Naturalmente non è il digiuno in sé che guarisce, ma è l'intelligenza organica che quando è lasciata libera di agire dal digiunare attiva la sua capacità di recupero degli equilibri perduti, non più ostacolata dalle tossine che accompagnano il cibarsi, né dall'impegno energetico richiesto dai processi digestivi e assimilatori, e finalmente in grado di essere al meglio delle proprie capacità di auto guarigione.

Al di sopra del dubbio

Credo che le inclinazioni individuali si mostrino, fin da bambini, in ciò che attrae di più l'attenzione della nostra intelligenza. Lo credo perché a cinque anni mi chiedevo, guardando il cielo stellato, il perché di tutto questo. Ero preso dal bisogno di indagare le ragioni dell'esistenza, e quella necessità mi ha accompagnato fino all'averle comprese, ma a quel tempo non mi sfiorava lontanamente il dubbio che, una volta capite, avrei dovuto applicare alla mia vita il risultato di quella comprensione. 

È questa la parte più difficile: vivere in aderenza alla verità che si è conosciuta al di sopra del dubbio.

martedì 21 gennaio 2014

Cambio di prospettiva


Da bambini si è immersi in una selva di perché ai quali dover dare risposte, e appena si entra nella pubertà si ha la sensazione che di risposte ce ne sia una soltanto, racchiusa nella sessualità da soddisfare. Da adulti si entra nella vita con la voglia di esaudire il proprio desiderio di vivere, ma quando le rughe avvertono della sconfitta si cambia prospettiva, nel bisogno di considerare la propria esistenza non più, com’è stato in passato, partendo dalle proprie necessità. La vita la si vede per quello che essa è stata, e per i valori che sono stati riconosciuti importanti più della vita stessa, tanto essenziali che il non averne rispettato le indicazioni ha incollato il futuro all’incertezza della falsità. Quando l’esistenza di un uomo è così considerata, i problemi avuti perdono di consistenza allo stesso modo dei ricordi dimenticati, e conta solo il modo nel quale si è riusciti a sfuggire dalla morsa della paura. Ci si guarda dentro perché fuori restano solo i segni della fatica che è già stata conosciuta, e dentro una voce sola tace, quella alla quale si è dato poco ascolto. Quella stessa voce forse parlerà con la nostra morte e forse no, ma non è lei a doverci preoccupare. A farci soffrire ancora saranno le incisioni che il nostro egoismo ha scolpito sulla lapide della nostra storia. Una storia che ha sfiorato, toccato e investito il nostro destino, ma anche quello altrui.

giovedì 16 gennaio 2014

Primo giorno di digiuno

Oggi è il primo giorno di un nuovo digiuno, fatto a scopo terapeutico e depurativo. Consiste nel non assumere cibo in nessuna forma, e bere acqua e tisane non addolcite per aiutare gli organi nel compito di liberare l'organismo dalle tossine che il cibarsi accumula, anche quando è stata un'assunzione di soli vegetali coltivati da me. Farò una breve cronaca giornaliera perché alcune persone potrebbero essere interessate all'andamento e alle difficoltà inerenti a questo particolare modo di curarsi, che ha per fine quello di lasciare liberi di agire i meccanismi di auto guarigione impliciti all'intelligenza organica dell'organismo.
Al digiuno sarà associato il succo di aloe vera, nella misura del bicchierino che copre il tappo della bottiglia che lo contiene, e per i primi giorni il succo di tre piccole arance ripartito nell'arco della giornata, che ha la funzione di ammorbidire l'impatto, piuttosto fastidioso nelle prime giornate, che ha la privazione di cibo con il vecchio equilibrio al quale era abituato l'organismo.
Per chi desiderasse saperne di più lascio il link al libro di Herbert Shelton, scaricabile gratuitamente: http://ebookbrowse.com/herbert-m-shelton-il-digiuno-puo-salvarvi-la-vita-pdf-d100973494

Il calore della consuetudine

Come una calda coltre priva di buchi protegge chi le sta sotto dai rigori dell'ambiente esterno, così la consuetudine ripara, tranquillizzando, chi vive il proprio calmo sonnecchiare senza chiedersi altro. La stessa realtà che ci dona l'abitudine al consueto ogni tanto si ricorda che l'abitudine addormenta, insieme alla paura dell'ignoto, anche la coscienza del vero scopo che ha il vivere: conoscere per capire ciò che si è conosciuto. Così, questa stessa realtà, strappa la coperta che ci ha dato, o la tira di lato, in modo da svegliarci per consentirci di guardare cosa accade attorno alla nostra pigrizia, mettendo alla prova quello che siamo e quanto valga quello che, fino a quel momento, abbiamo conosciuto, o ignorato...

mercoledì 15 gennaio 2014

Tra le mie poche certezze...

So per certo che le persone che hanno una vita troppo facile soffrono,  per la mancanza di una sofferenza che darebbe loro la certezza di quanto si vale, che manca quando tutto va bene... e nonostante quasi tutto vada loro al meglio... soffrono senza che questa unica sofferenza rimasta possa aiutarle. L'ordine naturale delle cose è veramente crudele nel suo amarci alla follia...

martedì 14 gennaio 2014

Una persona colta

La scienza espressa dall'umanità è singolarmente piena di contraddizioni: da un lato afferma che l'universo ha avuto origine da un fenomeno che chiama Big Bang, la grande esplosione cosmica che espande se stessa, dal centro alla periferia, indefinitamente, col risultato di ingigantirsi di continuo, ma non potendo dire da dove questo ingigantirsi preleva la materia necessaria all'espansione, si accontenta di affermare che all'inizio l'universo era un sfera di materia talmente concentrata e spessa da contenere in sé l'universo che conosciamo oggi e, insieme a questo, pure quello infinitamente più grande che non conosceremo domani. Dall'altro lato, al contrario, giura che nell'universo nulla si crea e nulla si distrugge, e lo definisce il "Principio di conservazione dell'energia". Quando ero uno studente - ero uno di quegli asini che si scelgono un banco che sia il più lontano possibile dalla cattedra del professore - feci notare questa grave incongruenza al prof. di fisica, che non seppe rispondere e da quel giorno mi odiò con tutto se stesso, includendo in quel se stesso persino la scrivania. Sottolineai la questione presentandola  pure al Monsignore, insegnante di religione, che era il Preside di quell'Istituto. Quest'ultimo non mi odiò, perché già mi detestava per altri motivi legati alla mia condotta, e mi disse che il Big Bang era un'ipotesi certamente contraddittoria, quando confrontata con la certezza che dà l'antico testamento contenuto nella Bibbia, condiviso dalle tre principali religioni monoteiste, quella ebraica, l'altra cristiana e, infine l'ultima, la musulmana, le quali differiscono tra loro solo nello stabilire il giorno nel quale Dio si riposò dopo aver creato l'Universo: il sabato per gli ebrei, la domenica per i cristiani e il venerdì per i musulmani.

Quando, più tardi e per altre ragioni fui espulso dalla scuola, me ne andai senza fare ricorso, e non capii l'incazzatura dei miei genitori che mi accusavano di aver perso la preziosa opportunità di poter essere, in un lontano futuro, una persona colta.

lunedì 13 gennaio 2014

La bellezza della diversità

I colori non invidiano gli altri colori perché sanno di essere tutti necessari alla bellezza della diversità.

Certezze relative e disillusioni

Chi potrebbe dire di aver imparato più dalle proprie certezze che dalle disillusioni avute? Nel primo caso la conoscenza acquisita sarebbe quella che si è sempre avuta, mentre nel secondo sarebbe migliorata, facendo capire che se la disillusione ricorre spesso nell'esistenza di ognuno... lo è per il bene di tutti. C'è solo una Certezza che non può essere migliorata, ed è la Certezza assoluta che si ha quando si conoscono in modo assoluto i princìpi che sono norma per l'esistenza, perché all'esistenza sono superiori.

Equilibrio generale e disequilibri particolari

Il fatto di avere una vita relativamente breve convince moltitudini di individui, che vivono facendo del male a sé e al prossimo, di poter tenere lontana la giustizia naturale, quella che tende a riequilibrare le armonie spezzate, perché sarebbe impossibile che l'ordine al quale le cause e i loro effetti obbediscono faccia in tempo a risolvere tutte le questioni in sospeso da sistemare. Avrebbero ragione se si fosse certi che dopo la morte tutto si esaurirà in un applauso ai furbi, ma di quanto accadrà dopo il trapasso nessuno può dire di avere certezze, e questo ignorare consola le vittime inquietando i malvagi.
Per poter avere un'idea più precisa di quanto potrebbe accadere occorrerebbe conoscere quale sia la finalità dell'esistenza. Chiunque non faticherà a notare che l'esistenza è formata da cose imperfette le quali, coesistendo, formano un equilibrio generale attraverso il quale l'esistenza può continuare a sussistere, trovando in esso le basi per poter replicare le condizioni adatte al proseguire dell'esistenza.
Il fatto che sia merito di un equilibrio generale che i disequilibri parziali possano avere un futuro, indica che l'equilibrio armonico, anche quando è formato dalla somma di disarmonie parziali, costituisce una realtà che è di un livello superiore a quello nel quale si trovano a essere i disequilibri particolari che lo compongono. Da questo si può dedurre che il fine del disequilibrio sia nel migliorare la propria condizione, così da potersi avvicinare all'equilibrio che gli serve per assicurarsi un futuro. Ne deriva che la perfezione è superiore all'imperfezione. Se le realtà imperfette devono cercare di perfezionarsi… significa che qualsiasi possa essere il modo che la possibilità concede loro, questo modo dovrà contemplare una redenzione, un aggiustamento che guarirà un difetto. Ecco perché, pur ignorando quali possano essere i futuri modi che avremo a disposizione per perfezionare il nostro stato esistenziale, dobbiamo ammettere che non potremo evitare di faticare e soffrire per essere meglio di quello che attualmente siamo. L'esistenza non è un bagno penale, rigido e gelido, che ha come obiettivo il mortificare gli esseri per ridurli a dei soprammobili, perfetti nel loro desolato cimitero interiore di lucida porcellana, ma è un dispiegarsi della Possibilità universale che agli esseri appare come crudele, allo stesso modo di quanto sembra una mamma al proprio bambino capriccioso.

domenica 12 gennaio 2014

London crazy

Gli Inglesi chiamavano Bombay "London crazy", e gli indiani, per vendicarsi, le avevano cambiato il nome in Mumbai, ma sembrava sempre la stessa Londra, solo un poco più pazza di quello che era stata prima. L'India è lo scrigno che custodisce la Tradizione più antica del pianeta, incomprensibile persino alla maggior parte degli indù, ma non ai maestri dello spirito che errano, prediletti dal Mistero, elemosinando briciole quando possono alzare al cielo monumenti d'oro, eretti col loro solo volerlo. Io lo sapevo perché ero stato iniziato ai piccoli misteri, tempo addietro, da una poverissima donna, quasi cieca, che lesse in me qualificazioni che mi rendevano adatto a sopportare il peso della Verità, quella che ti fa conoscere il mondo attraverso la somma dei suoi minuti particolari, quelli che sfuggono a tutti nel loro essere apparentemente insignificanti, e ora ero ritornato in questa terra sacra, perché mi attendeva il passaggio dai piccoli ai grandi misteri, ai quali si accede uscendo dalla propria individualità, ascendendo per la verticale che attraversa il centro dello stato di consapevolezza che aveva esaurito tutte le possibilità di essere, sul piano di realtà nel quale è imprigionato l'uomo quando è ancora un individuo.
Uthpal avrebbe dovuto portarmi a casa della mia ormai anziana maestra, con la quale comunicavo attraverso il sognare, perché voleva presentarmi un guru in grado di dare un ulteriore appoggio al mio slancio spirituale. In realtà un guru non insegna nulla, e il suo compito è solo quello di accompagnare il discepolo verso la comunicazione consapevole con la Centralità spirituale della quale ogni individuo, di questo e di altri mondi, è l'espressione formale e differenziata.
Quando un maestro ha svolto il suo compito principale, che è quello di trasmettere l'influenza spirituale che trasforma un aspirante discepolo in un iniziato virtuale, deve facilitare quella virtualità per renderla effettiva, ed essa diventa effettiva soltanto quando il discepolo, che conosce in modo assoluto i princìpi dell'esistenza e le sue ragioni essenziali d'essere, entra consapevolmente nel canale che è stato aperto dall'influenza spirituale, il quale conduce al Centro ineffabile di sé.
Arrivati alla casa della mia maestra Uthpal mi lasciò scendere dal suo riksciò, e se ne andò senza degnare di un'occhiata le rupie che gli stavo porgendo. Entrai senza bussare, sapevo che .: mi stava aspettando. Era buio all'interno, e quindi accesi la lampada a olio che sapevo essere nello stesso angolo della stanza dove l'avevo lasciata. Ero contento di sentire il respiro lieve della donna, alla quale dovevo lo scostamento del velo di sonno che aveva stretto il mio cuore nell'oscurità, quella che solo la luminosità interiore può dissipare. Lei tacque come sempre, sorridendo appena, e io le accarezzai la mano, morbida nonostante avesse una pelle che ricordava la carta crespa.
— Siediti— mi sussurrò ridacchiando
— Così ti sgranchirai le anchilosate anche europee, che ti danno quell'aria impettita adatta a un attaccapanni...— e rise di nuovo, divertita dal mio essere impacciato.
Sapevo che lei nel sogno mi vedeva come se i suoi occhi chiusi fossero aperti e vivi, ma ogni volta che lei mostrava di vedere l'esteriorità che disegnava il mio contorno... la superficie del mio essere era imbarazzata.
Mi accomodai sulla stuoia accanto alla sua, e mi parve che ridessero persino le ombre giocose che si allungavano sul viso di lei, dalla flebile luce emanata dall'olio che bruciava senza sfrigolare.
— Namastè .:— dissi forte, come se lei, oltre che cieca fosse pure sorda, e lei capì il gioco chiedendomi di urlare più forte, perché anche al buio non è facile capire gli stupidi...
La stima che .: aveva di me era di un tipo particolarmente difficile da inquadrare, inserendolo in uno schema che fosse molto distante da quello usato dagli allevatori di tori da monta, eppure… eppure in un certo modo nutriva una singolare forma di rispetto per i miei sforzi tesi a non combinar cazzate.
Io non le ero mai piaciuto, non perché fossi un occidentale, con l'aggravante di essere addirittura italiano, ma a causa dell'inclinazione a esagerare che molti anni prima mi aveva spintonato in India, alla ricerca del peggiore ostacolo alla conoscenza: la droga.
Naturalmente avevo lasciato al vento del ricordo quelle amare esperienze, ma tra quei ricordi c'era anche quello del motivo che mi aveva condotto da lei, nella speranza che potesse guarirmi da un'epatite che stava consumando il mio organismo.
Lei era la curatrice di un villaggio sui monti al nord dell'India, ma nessuno sapeva del suo essere soprattutto un guru.
L'India è piena di falsificatori che hanno in mente di catturare i numerosi occidentali che si avventurano in quelle terre alla ricerca di un maestro, così accade spesso di essere fermati per strada da mascheroni colorati sotto a capigliature da rasta, impugnanti lance intarsiate i quali, dopo averti fissato con occhi che vorrebbero simulare magici sguardi col loro luccicare di follia selvaggia e predatoria… stavo dicendo che questi falsi guru ti dicono che era da molto tempo che ti stavano aspettando e che, finalmente, il Mistero ti aveva condotto da loro, guardiani severi di segreti talmente pericolosi da poter essere rivelati solo a un eletto quale, con esagerata evidenza, tu mostravi di essere.
Alcuni di questi personaggi da incubo possiedono poteri psichici in grado di circuire le menti ingenue che consegnano loro tutti gli averi… dei quali dovranno liberarsi per avere accesso al conoscere che terrorizza i potenti.
In realtà nessun maestro può scegliersi i discepoli, come nessun aspirante allievo può decidere quale debba essere il guru dal quale ricevere l'iniziazione, questa impossibilità è data dal Mistero assoluto che decide, inviando segni al guru, perché nessun aspirante allievo sarebbe in grado di leggere un qualsiasi segno inviato dall'Intelligenza universale.

La mia maestra - chiamarla così mi pare sia inappropriato, perché in realtà lei non mi ha mai insegnato nulla - mi scrutò da dietro le palpebre saldate degli occhi e sospirò:— Ragazzo mio, il mio tacere non ti terrà più compagnia perché è arrivato il tempo, per te, di ascoltare un silenzio che non è più di questo mondo
— Tu non hai mai avuto bisogno di me
— Ma ora hai necessità di sapere che oltre a ciò che sai di essere, e dei limiti che hai scavalcato, c'è una Realtà più grande da dover considerare e vivere, una Realtà capace di amare anche i propri nemici, e l'essere che tu sei ancora è il tuo vecchio nemico che devi prima abbracciare per poterlo vincere
— Dovrai scioglierne le difese senza bisogno che si commuova per sé, né per te
— Dovrai salutarlo senza guardare giù— poi mi diede un foglietto di carta con sopra scritto, in Sanscrito, quello che doveva essere un indirizzo
— Noi continueremo a vederci in sogno
— È ancora presto per andarmene, ma troppo tardi per voler tornare—
Uscii dalla stanza in un silenzio simile a quello che si vive appena si è stati lanciati nel vuoto, sapendo, anche senza poterle vedere, che sotto di sé ci sono le braccia di una madre pronte ad accoglierti.
Fermai un riksciò e mostrai il foglietto all'uomo che gli pedalava sopra, il quale mi disse che la strada da percorrere era tanta, perché la via si trovava all'interno del Bhendi bazar, luogo di fumerie d'oppio e di prostitute, posto pieno di pericoli per le tasche di un europeo come ero io, e anche per la sua vita.
Gli mostrai il mio sorriso rassegnato, e lui intuì che non potevo andare altrove.
Non mi è mai piaciuto farmi scarrozzare dalle gambe scarne che spingono un riksciò, ma lo stomaco attaccato a quelle gambe di quella fatica sopravvive e, insieme a lui, anche i suoi bambini, così spostai l'attenzione sui lati della vita frenetica che scorrevano a fianco, costituendo l'insieme di ostacoli che chi pedala non sempre riesce a evitare.
In quell'intrico rischioso l'incidente diventa consuetudine, e in questa consuetudine l'abilità di chi ci vive in mezzo si affina, al punto da apparire quasi miracolosa. L'interpretazione che accomuna il credere degli indiani li induce ad avere grande fiducia nell'ordine cosmico naturale, quello che gli occidentali chiamano Provvidenza, e non è raro vedere delle mamme che siedono il loro bambino sopra un muro alto due metri, in attesa di andarlo a prendere più tardi, quando potranno. Sotto allo stesso bambino, in un attimo, si radunano occidentali pronti a prenderlo nel caso cada, e il bambino, che da lì non cadrebbe nemmeno se fosse preso a bersaglio da un tiro incrociato di cannoni, li guarda stupito, pensando di avere qualcosa che quelli sotto di lui vogliono portargli via.
Una volta, molti anni prima, provai a condurre un riksciò, e scoprii che è difficile farlo perché il mezzo tende, a ogni spinta sui pedali, a girare a sinistra invadendo il marciapiede. In India la guida è a sinistra, come in Inghilterra, e per gli europei del continente non è semplice attraversare la strada, a causa di un riflesso condizionato che li induce a controllare chi arriva a sinistra e poi, dalla metà strada in avanti, girarsi sulla destra, quando si è fortunosamente sopravvissuti alla prima metà dell'attraversamento. Una volta un riksciò mi infilò da dietro, e mi portò seduto sul manubrio per una decina di metri prima di riuscire a bloccarsi, facendomi ruzzolare a terra dopo aver strusciato la faccia sulla ruota davanti; da allora attraversai le strade roteando velocemente la testa a destra e a sinistra, come un invasato, per dare modo alla Provvidenza di avere il tempo di proteggere anche il resto del mondo.
Il Behndi bazar lo conoscevo bene, perché nel mio primo soggiorno a Bombay andavo a fumare l'oppio nelle fumerie che ne riempivano le strade. Immagino che a quel tempo fossero legali, ma non ne sono certo perché in quel quartiere non era necessario che lo fossero. Sui balconi delle case di legno stavano le prostitute, a volte bambine al di sotto dei dieci anni di età, che guardavano in basso, alcune alla ricerca di un momentaneo principe azzurro, altre nella speranza che quel principe morisse di infarto mentre ansimava su per le scale che portavano ai loro letti.
Ricordai la prima volta che andai in una di quelle fumerie, in compagnia di alcuni amici, per dar modo alla mia curiosità di resistere alla tentazione del vizio.
Quella notte fumai una trentina di pipe, senza pensare a quanto ammontasse il numero di palline che potevano uccidermi, perché per me l'atto del fumare, fumando io erba e fumo che non costituiscono un pericolo a breve termine, non poteva essere pericoloso.
Stetti due giorni e due notti in coma, e mi svegliai con a fianco uno degli amici che mi disse di essere stato convinto che non mi sarei più destato; mi porse un cilum di hascisc da fumare, per farmi riprendere più in fretta dal torpore, e mi riaddormentai per altre lunghe e, per i miei amici, interminabili ore.
In quegli anni campavo come un animale selvatico, che era riuscito a fuggire dalla gabbia dove viveva della violenza di chi lo aveva catturato, e l'ultima cosa alla quale davo importanza era la mia stessa vita, che ritenevo fosse il dono offerto dal sarcasmo di un cielo oscuro che mi rideva dietro.
Anche allora, però, qualcosa in me si ribellava all'idea che la realtà sofferta non avesse un senso.
Ero di certo un materialista nelle mie convinzioni, e sorvolavo sul fatto di avere un'ideologia che detestava le ideologie.
A distanza di tanto tempo devo ammettere che la vita è stata magnifica, nel suo aver mantenuto a lungo integra la tanta pazienza avuta nei miei confronti ma, si sa, anche la pazienza capace di attendere che una cometa si diverta per un intero giro sulla giostra della galassia ha un termine, e la scia lasciata dal mio nucleo di ghiaccio stava lentamente e inesorabilmente disperdendosi, senza saperlo, insieme al dover diminuire di un gelo interiore che stava morendo.

Io e il conducente di riksciò arrivammo, dopo aver percorso praterie di pensieri diversi tra loro, alla casa indicata dall'indirizzo che mi aveva dato .:
Pagai il dovuto e salutai, ringraziandolo quasi quanto lui ringraziò me, insieme al Cielo che mi aveva condotto da lui, e mi infilai nel corridoio buio che guardava la strada senza farsi vedere. Se non avessi saputo della moltitudine di abitazioni senza corrente che ci sono nelle città indiane, avrei pensato che il percorso che conduce alla sorpresa debba essere, per forza di cose, oscuro.
A quella casa ci ero arrivato, ma non sapevo a quale porta bussare; fuori non c'erano indicazioni, e se ci fossero state io ignoravo il nome della persona che stavo cercando.
A dire il vero non ero nemmeno sicuro che quella fosse la casa giusta, perché quando davanti a noi si apre il destino migliore che possiamo sperare le forze oscure se ne accorgono, e fanno di tutto per impedire di attraversare la linea invisibile che esse hanno tracciato, e che non deve essere calpestata mai.
Ero in grado di riconoscere, nell'immediatezza intuitiva della nuova e diversa intelligenza che mi possedeva, il brillare alieno degli occhi della "gente non gente", ma non sempre erano loro a disporre ostacoli sul mio cammino. A volte era il mondo stesso a farlo, perché chi ha in vista la propria uscita dal mondo deve aspettarsi che al mondo quella scelta appaia come inopportuna.

Tutto ciò che è, pietre comprese, è energia vibrante di vita che custodisce in sé aspetti diversi dell'infinità del Mistero. Il mondo intero, l'intero universo è vivo, e ogni sua parte lo è a suo modo, sul piano di realtà in cui si trova a essere.
L'universo è uno, a immagine del principio primo riflesso dal Mistero, ma ha diversi strati di realtà concomitanti che si compenetrano l'una nell'altra, perché non c'è una realtà che possa fare a meno delle altre. Ognuna è contingente, ma nello stesso tempo necessaria all'insieme che è, quando rapportato al Mistero assoluto, da considerarsi un accidente. Un accidente che non è casuale, perché ha le proprie ragioni essenziali d'essere, così come le ha ogni infimo componente dell'universo.
Di fatto, dovendo trovare una persona dal nome ignoto, che forse abitava in una casa di cui non ero certo dell'ubicazione, dava l'idea esatta di quello che ho inteso dire attorno all'esistenza.
Non riuscivo a capire il perché la mia maestra non mi aveva detto il nome della persona che stavo cercando; io avevo dato per scontato che fosse scritto sul biglietto che mi aveva dato, ma fattolo leggere a due persone, entrambe dissero che era il nome della via e il numero di una casa con molte abitazioni, senza altre indicazioni.
Avevo domandato a dei negozianti della stessa via se conoscessero un guru che viveva lì, ma tutti negarono ce ne fosse uno, consigliandomi di andare al Tempio poco distante dove avrebbero saputo senz'altro chi potesse essere il maestro che cercavo.
Ormai stavo disperando di riuscire a trovarlo, dopo che al Tempio mi dissero che non ne sapevano nulla, così presi una stanza in una Guest House del quartiere, senza riuscire a trovarne una che non confinasse con un bordello.
Speravo di mettermi in contatto con .: sognandola, ma qualcosa mi impedì di addormentarmi.
Attraversai la nottata ascoltando i rumori attorno, che parevano un concentrato del brusio fastidioso che di sicuro circonda il pianeta, e trovai ridicolo che fossero in molti a pensare che l'umanità sia la sola a produrlo, come se nell'enormità indefinita dell'universo il nostro fosse l'unico pianeta abitato, perla smagliante dell'ostrica universale nella quale era riuscito a introdursi un corpo estraneo, granello di argilla che aveva dato modo alla stessa ostrica di proteggersi dal fastidio mortale che le procurava quell'intrusione, circondandolo di una preziosità luminosa che sfavillava dal centro di ogni individuo.

È stupefacente il modo attraverso il quale la meraviglia sa travestirsi da consuetudine, e in questo suo fluire miracoloso ogni cosa assume l'aspetto che allarma di meno, tra quelli che prenderanno la forma del possibile. Intanto la mia di forma camminava, tra le luci e l'ombra che queste ultime generavano, consapevole di sé e del mondo, lasciandosi scorrere a fianco di una volontà invisibile e infinita, senza paure, senza desideri diversi dal bene comune nel quale la verità pare essere diversa da quello che è.

Ricominciai a osservare la vita guardando dietro agli occhi della gente, tra la selva delle intenzioni nascoste, dove predatori e prede si scambiavano favori; ero stato anch'io uno di loro, e avevo condiviso la loro stessa capacità data dal sentirsi una vittima colpevole soltanto di essersi difesa, e ora li misuravo con lo stesso metro che avevo usato per soffocare i miei sogni.
Non sarei più tornato indietro verso ciò che sono stato, perché per me nessuna cosa è più desiderabile della verità, e nulla è più doloroso dello stare sullo stesso lato dell'esistenza dove è in agguato chi questa verità vuole trafiggere.
Verità che non si limita a dire ciò che è, che non è, o che potrebbe essere, ma mostra quello che è meglio per tutti, lasciando morire i desideri che a tutti nuocciono.

La mia maestra mi aveva di nuovo imbrogliato, dicendomi che sarebbe stata acqua il dolce miele del sacrificio di sé.

Un mercante mi rincorse per regalarmi una rosa, che io affidai allo specchio di un lago che la accettò trascinandola nel profondo, dove nessun fiore può sperare di riuscire ad arrivare, e un breve scroscio di pioggia benedisse quel momento. Non ero ancora pronto come lo è stato quel fiore, e ancora non avevo il suo profumo, ma volevo donare me stesso con tutto me stesso al Mistero, perché da troppo tempo aspettava il mio risveglio finale.

La notte seguente rividi .: che mi sorrideva, intimandomi di tacere. Mi accarezzò amorevolmente con lo sguardo dei suoi occhi che sono ciechi al mondo, ma spalancati sul Mistero, che non può stare in nessuno sguardo diverso da quello infinito che gli appartiene.


sabato 11 gennaio 2014

La libertà è sofferenza

Se ci si vuole mantenere liberi, almeno per quanto riguarda l'essere aderenti ai propri princìpi indiscutibili, si deve essere disposti a soffrire, perché si è costretti da questa stessa libertà a interrompere amicizie e rapporti con persone che quei princìpi non condividono. Più questi princìpi sono nobili e meno amicizie si avranno.

venerdì 10 gennaio 2014

Armonia

Uno degli aspetti più fastidiosi dell'esistenza è il suo continuo mettere in discussione ogni certezza che ha l'umanità la quale, a causa di questo contraddire, è costretta a modificare le proprie credenze. Parrebbe quasi che il doverle modificare sia l'unica certezza che le sia concesso avere, ma non è così. Ci sono delle certezze assolute alle quali un umano può avere accesso, e quando ne ha preso atto si può esser sicuri che non riguardano le idee umane, ma sono riferite a princìpi a carattere universale e non morale, che sono le leggi attraverso cui l'Assoluto manifesta la propria armonia... e l'umanità la propria disarmonia.

mercoledì 8 gennaio 2014

Vivere per vivere?

Che importanza potrebbe avere l'aver vissuto allo scopo di vivere? Se ne avesse ne avrebbe anche il precipitarsi per un ripido pendio, correndo a occhi chiusi, nella speranza di farsi sorprendere dall'arrivo finale.

martedì 7 gennaio 2014

Eternità dell'onnipotente Mistero

Eternità dell'onnipotente Mistero che non può esaurire se stesso, né contraddire le proprie leggi

L'eternità contiene il tempo che è suo effetto, ma il tempo, in quanto effetto, non può contenere ciò da cui è contenuto. L'eternità non è la durata perpetua, che permane all'interno della ciclicità fino a quando la ciclicità sussiste, l'eternità è oltre il tempo ed è identica a se stessa, nello stesso modo in cui un istante sarebbe sempre lo stesso istante se non si trovasse a dover differenziarsi qualitativamente, per la costrizione data dalla molteplicità della quale è parte passiva. L'eternità, in quanto causa della durata, deve lasciare traccia di sé all'interno di quest'ultima, e questa traccia è costituita dall'unico istante che possiamo sperimentare vivendo. Il tempo fluisce all'interno di questo istante modificandone gli effetti, ma non la natura eterna che sta al suo centro, perché l'effetto non può modificare la causa che lo ha prodotto. Noi tutti, vivendo quella centralità, mostriamo di avere in noi la stessa traccia dell'eternità che c'è nel tempo. Ogni cambiamento ha il suo centro immobile, che nel tempo è l'istante fisso, e nello spazio è il punto privo di forma e dimensione. Punto che irradia l'esistenza che corre attorno all'istante immobile. In questo modo l'esistenza ci lascia liberi di scegliere se aprirsi al Mistero delle leggi universali, oppure negarlo. 
Il Mistero resta identico a se stesso, qualsiasi scelta noi si faccia, ma noi no.

domenica 5 gennaio 2014

Una logica stringente

Se non ci fosse il timore non si cercherebbe di essere felici, e la paura c'è quando si teme di perdere. Ma cosa si può perdere quando, per colpa delle paure, non si è altro che degli individui spaventati dalla propria ignoranza?

venerdì 3 gennaio 2014

Il Mistero della libertà

Ciò che chiamiamo mistero della vita è qualcosa che tende trappole a ognuno di noi, e non gli importa se gli intrappolati siano ricchi o poveri, cattive o buone persone. Al Mistero interessa solo che chi si trova all'interno di una trappola trovi il modo migliore per uscirne, perché questo Mistero è Libertà, che usa la prigione per far capire cosa la libertà sia.