Una delle cose più assurde dell'umanità è l'attribuzione di un'immagine mentale a ciò che immagine non può avere. Il Mistero assoluto, dal quale la realtà relativa che chiamiamo universo trae il proprio esserci, è chiamato dagli uomini in molti modi diversi tra loro, ma che hanno in comune il fatto di definire questo Mistero attraverso la negazione:
Assoluto = non diviso in parti
Infinito = non sottomesso all'estensione
Eterno = non soggetto alla durata
Questo perché ogni tentativo di definirlo implicherebbe attribuzioni costituenti limiti che il Mistero non potrebbe avere, essendo la causa dei limiti impliciti all'esistenza.
Ogni causa, anche nelle realtà relativa, è necessariamente superiore ai propri effetti e da questi non può essere modificata.
Ciò che in questa impossibilità di determinare l'Assoluto più si avvicina all'Assoluto è l'Intelligenza universale, causa delle intelligenze individuali.
L'Intelligenza universale è un punto centrale, privo di dimensione e forma, che illumina tutto l'esistente. In questo suo illuminare determina ombre, e l'ombra che si allunga dietro a un grano di polvere è assimilabile all'intelligenza individuale dell'uomo, la stessa che s'immagina di essere, per merito del caso, la cosa più elevata dell'universo, quella che crede a tutto, o non crede a niente, oppure crede un po' qua e non crede un po' là, confondendo il credere o il non credere col conoscere.
Ogni elemento del tutto è legato al tutto, e ne segue le stesse leggi universali perché il tutto è dato dalla somma delle sue parti, e l'equilibrio generale è il risultato in divenire della somma dei disequilibri particolari.
L'uomo, esclusi i pochi esseri che sono stati illuminati dall'Assoluto e, per questo, sono consapevoli delle leggi universali normative dell'esistenza, l'uomo, dicevo, si accontenta di poco, e in questa pochezza la sua intelligenza occupa il posto centrale.
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