L'invecchiare è l'evento che giustifica la gioventù attraverso il cattivo gusto, ma avendo il vantaggio di non risparmiare nessuno si fa accettare, anche se malvolentieri, dando a tutti la possibilità di sperare nell'imparzialità di una Giustizia cosmica, la cui azione riequilibratrice è difficile da riconoscere nelle cose di tutti i giorni.
È nell'invecchiamento che i pregiudizi lasciano la presa che li tiene aggrappati al falso, e in esso l'esteriorità diventa trasparente lasciando intravedere cosa si nasconde al suo interno, perché la centralità di ognuno non è sottomessa alla durata, e il tempo non la scalfisce.
Il centro identico per tutti tranne che per la sua memoria è eterno, ed è il legame che ci unisce al Mistero assoluto che esprime le sue infinite possibilità di essere attraverso di noi.
Alla fine della vita è solo il nostro centro a sopravvivere, con sulle spalle il peso dei ricordi di ciò che siamo riusciti a essere e a non essere, che sarà il motivo per il quale l'esistenza avrà le sue ragioni per esistere future.
Null'altro di noi resterà vivo, né i ricordi insisteranno a tormentarci, perché al loro posto un nuovo essere diverso da noi esisterà, sentendosi lo stesso io che ci sentiamo oggi, pur essendo un io diverso dal nostro.
A quel nuovo essere sarà consegnata la nostra possibilità di perfezione, che abbiamo ignorato vivendo, per questo è giusto dire che quell'essere saremo sempre noi, anche se sarà diverso da noi.
È a lui che dobbiamo passare le nostre speranze, e il suo primo vagito sarà l'ultimo ricordo che avremo di noi.
Ogni nuovo giorno non sa della notte che è stato e che l'ha preceduto.
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