Chi esiste dà per scontata la propria esistenza perché la vive, e l'unico modo per contraddirla sarebbe quello di porle termine.
Ovviamente è facile capire, solo guardando il cielo stellato, di essere immersi in un mistero di non agevole soluzione, eppure questa consapevolezza non impedisce di annoiarsi e, anzi, ci fa sentire tanto piccini di fronte all'immensità dell'universo da convincerci di essere poca cosa, nell'economia universale.
Poca cosa sul piano della realtà quantitativa, ma non su quello della qualità, perché l'intelligenza umana è capace di concepire la trascendenza che supera i limiti impliciti all'esistere.
Non la si concepisce solamente, ma la si può raggiungere attraverso la maturazione delle possibilità implicite all'essere umani.
In ogni parte del tutto c'è il tutto, e il grande segue le stesse leggi che governano il piccolo perché il grande è composto dai piccoli.
La stessa noia ci dà la misura della necessità di perfezione, una perfezione che ci condurrà al centro del nostro stato dell'essere, che è attraversato dalla verticale che ci congiunge agli stati sovra individuali che elevano l'essere avvicinandolo alla Causa delle cause, al Mistero assoluto che acceca la mente solo al pensarlo.
Il legame che ci unisce al Mistero dà la possibilità di concepire e conoscere le ragioni dell'esistenza, che non stanno nel raggiungimento della soddisfazione emotiva chiamata felicità, ma nella conoscenza priva del dubbio attraverso la quale l'essere piccini cessa di essere importante.
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