Si nasce e si muore; in mezzo ci siamo noi, misteriosamente chiamati "umani", non si sa da chi, ma è forte il sospetto che siamo stati noi stessi a definirci in questo modo che trabocca di tenera auto-comprensione, nel senso del dover essere capiti, anche da noi stessi, quando non si fa il bene del prossimo.
Il dubitare non si ferma qui, perché coinvolge molte altre questioni che ci riguardano, sia nella visuale generale data dall'essere una specie ipocrita, che nel particolare dell'essere individui piuttosto stronzi. Da questo realistico quadretto dobbiamo salvare i rari individui che umani non sono più, a causa del loro aver rinunciato a esserlo. Sono, queste ultime, delle personalità santificate non dagli umani, ma dalle scelte fatte, orientate al sacrificio di sé.
Gli umani non hanno mai mostrato di apprezzare il termine "sacrificio", un po' a causa della sua radice latina - sacer - che esprime il senso del "Sacro" trascendentale che oltrepassa ogni limite, e un altro poco per la desinenza che ha questa parola, e che è sempre latina, la quale indica la necessità del darsi da fare - facere - per rendere sacro ciò che ancora non lo è: l'uomo.
L'essere umano, obbedendo a una legge che vuole siano tutte le cose uniche scomponibili in due aspetti, tra loro opposti e complementari, è considerabile nella centralità che caratterizza la sua universalità potenziale, così come nella sua superficialità, che è espressione esteriore, diversificata e molteplice, del centro unico uguale per tutti i diversi.
L'indefinibile centralità dell'essere è chiamata "sé" da tutte le tradizioni del pianeta, mentre la superficialità è definita "io" in quanto costituisce l'insieme di tutte le caratteristiche, individuali e uniche, che ognuno porta con sé, quasi sempre facendo in modo che riescano a sopprimere il proprio sé immortale.
Questa convivenza tra il sé e l'io, il primo essendo aspetto immobile e giudicante del secondo, piuttosto mobile e battagliero dà, come risultante, una o più crisi di coscienza.
Naturalmente questa centralità spirituale è, in sé, perfetta immagine dello Spirito trascendente che è Centro e causa di tutta la realtà che conosciamo, insieme all'altra Realtà, ancora misteriosa, e pure di quella che non può essere conosciuta. Purtroppo ognuno di noi è anche un io esteriore, e questo implica che non ci si possa accontentare di essere centralmente perfetti solo in potenza, ma occorrerà fare di tutto - facere - per attuare il sacro - sacer - che è in ognuno di noi.
Il principale senso che esprime il termine "umano", senso che è anche direzione delle scelte da compiere, è riferito in special modo alla debolezza caratterizzante la nostra specie, disposta a sacrificare soltanto ciò che è esteriore all' "io", mentre dovrebbe essere il contrario.
Se fosse il contrario sarebbe una forza, e la parola umanità esprimerebbe una conquista al posto di significare l'avvenuta perdita della dignità interiore.
Nessun commento:
Posta un commento