L'impossibilità che ha ogni sistema di potersi considerare chiuso, e quindi protetto dalla possibile intrusione di altri e troppo diversi sistemi, è la ragione che ha condannato questo nostro mondo.
L'immensità di un universo del quale non si riesce a immaginare i confini è tale da comprendere, in sé, nature estremamente lontane tra loro, che consentono l'esistenza di specie così diverse da non essere compatibili.
Il nostro è un pianeta magnifico, culla della creatività con la quale il mistero della vita ha superato il buio gelido dell'avversione alla luce.
Luce non abbastanza veloce da riuscire ad arrivare prima che la sua fonte sia stata spenta dal tempo.
Luce che sopravvive come simulacro di stelle morte che non brilleranno più, e che continua la sua inutile corsa, portatrice di illusione.
Da una di queste stelle morte sono arrivati loro.
Quando la nostra specie fu contattata da questi alieni, si chiese soltanto quanto avrebbe potuto perdere o guadagnare dall'incontrarli.
È possibile che una tigre cacci sulla stessa terra che nasconde un topo, perché l'istinto di sopravvivenza non ha colpe; allo stesso modo è normale che un'eccezione conviva col suo contrario per contrastare una regola della quale nega la perfezione, ma in un inferno il paradiso non può entrare nemmeno come estrema possibilità.
La specie aliena, decimata prima ancora che posasse il suo cuore sul nostro pianeta era pura generosità, incarnatasi in esseri di luce, di una luce che le nostre armi hanno spento prima che ci potesse abbagliare del suo amore, e adesso sappiamo riconoscere, nello sguardo di ogni nuovo nato nel nostro inferno, lo stesso bagliore che spegneremo di nuovo, prima che riesca a infettare i nostri cuori.
Nessun commento:
Posta un commento