giovedì 23 giugno 2011

Il pizzino degli scrittori


A me piace scrivere. So da me, contrariamente a un'opinione diffusissima, che il farlo nulla aggiunge, come nulla toglie, al vivere. 
Semplicemente aiuta a trascorrere del tempo che, altrimenti, sarebbe tedioso quando non pericoloso. 
A causa di un incidente, accadutomi meno di quattro anni addietro sono stato costretto, per quattro lunghi mesi, in una posizione che sarebbe stata più adatta al sesso estremo; sarà stato per questo che ho cominciato a scrivere, nel vano tentativo di deprimere questa orribile idea. 
Certo è che lo scrivere mi diverte, dando modo al lato peculiare del mio carattere - la presa per il culo - di distinguersi nella bolgia degli altri miei difetti gravi.
È stata proprio questa caratteristica che mi ha indotto a frequentare siti e forum dedicati alla scrittura e, più in generale, alla pubblicazione di racconti e poesie.
In questi luoghi, che definire virtuali sarebbe una sciocchezza, si incontra gente di tutti i generi, un vero bestiario, spesso variegato da inclinazioni caratteriali da puro incubo tamarro.
Se ci si volesse fare un'idea di questa coltre nera dell'anima occorrerebbe immaginarsi cosa potrebbe accadere, in una congrega di mafiosi se, di colpo, a tutti venisse in mente di prendere carta e penna per mettersi a scrivere pizzini.
Nei siti di scrittura il "pizzino" è lo stile a cupola che accomuna tutti coloro che si sono fermati ai modi d'espressione scritta insegnati nella seconda classe delle scuole elementari, nel migliore dei casi si arriva al primo trimestre della terza.
Naturalmente appena questi "scrittori" si trovano davanti agli occhi un periodo scritto che non si rifaccia alla lista della spesa, e che ecceda le sei parole consecutive, senza un prezzo riportato subito a lato, stralunano gli occhi al cielo come quando sospettano di essere stati intercettati dalla finanza che, per loro, corrisponde a un'aggregazione mafiosa, antagonista alla loro anche se meno organizzata.
Apriti cielo se in questa fila, interminabile per loro, di parole, si nascondesse pure un concetto compiuto e intelligente, da essere confinato subito tra le realtà indefinibili. 
Quando a degli "scrittori", come questi appena descritti, non è chiara una situazione… nel salotto da loro occupato si scatena l'inferno, e tutti si lanciano contro l'intelligenza intrusa, sentendosi dei leoni che inseguono una gazzella zoppa. 
Prende così avvio la sommossa degli appartenenti a un popolo, virtualmente privo di virtù ma che si crede favorito da doti celesti, che ha come obiettivo la distruzione di quello che, ai loro occhi, appare essere il pericolo maggiore per una sopravvivenza letteraria comune, e fors'anche per un attualmente ancora lontano, ma comunque immaginifico destino editoriale, magari pressato in un'antologia dal titolo: "La mafia non esiste, e se esistesse noi non sapremmo riconoscerla".
La prima cosa che questi "scrittori" mettono in atto è un aggregarsi comune sotto la stessa identica opinione, così riassumibile: l'estraneo è un infiltrato venuto qui per mostrare a tutti che lo scrivere libero ha, come indispensabile radice, il rigore a dei princìpi di correttezza intellettuale. Princìpi che sono il prolungamento di altri princìpi, ancora più importanti ed elevati, ai quali tutto l'esistente deve la sua ragione essenziale d'essere.
Nessuno tra gli scrittori mafiosi che scrivono di sé, descrivendo in terza persona le proprie eccezionali qualità intellettuali, si domanda cosa siano dei princìpi, tanto più se questi sono di un ordine universale, dunque applicabili, nel loro legiferare, a tutto ciò che esiste. 
Non hanno bisogno di farlo, perché loro danno al termine "principio" esclusivamente il significato opposto che questa parola dovrebbe avere: non la legge d'amore attraverso la quale l'esistenza è stata donata, ma quella dell'odio per cui sarà tolta.

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