L'esame era di quelli che non lasciano scampo, e lei lo sapeva perché tutti lo sapevano, per questo l'avevano chiamato l'esame del "Navigare nel vuoto".
Erano strana gente i navigatori, perché dovevano esserlo per nascita.
C'era un solo modo per determinare le misteriose qualificazioni che si sarebbero trasformate nella visione del niente, ed era l'esame dell'intelletto che sapeva scansarsi dalle convenzioni dell'intelligenza discorsiva. Così l'esame del "Navigare nel vuoto" scandagliava l'intellettualità di ognuno, misurandone la capacità attraverso il silenzio. Questo era l'unico esame che tutti erano costretti a sostenere. Costretti dalla necessità che hanno le Astronavi di non perdersi nello spazio siderale. I sistemi elettronici che stabilivano le rotte erano estremamente sofisticati nell'anno duecento trenta dopo Ares, l'ultimo Profeta che aveva illuminato la vita interiore dei terrestri, ma le interferenze elettromagnetiche dei soli incontrati nei nuovi viaggi siderali, consentiti dall'avanzato sistema a contrazione temporale, davano scarti nei calcoli di rotta che innescavano pericolose deviazioni, misurabili solo attraverso l'immediatezza intuitiva di alcuni esseri umani che percepivano l'ampiezza di quello scarto in assenza di pensieri. Per questa ragione l'esame era imposto, da una legge planetaria, a tutti gli abitanti della Terra, anche a coloro che erano svantaggiati nella sfera psichica, e persino ai pazzi e ai delinquenti. Erano così rari i navigatori che nella storia della ricerca spaziale terrestre, incaricata di trovare nuove stelle simili al sole, se ne erano contati solo tre, tutti in viaggio da tempo, su Astronavi lanciate in direzioni che occupavano tre dei quattro angoli della croce cosmica. Restava da indagare il quarto, e la gigantesca Nave che ruotava insieme alla Terra, con una precisione che la rendeva immobile nel cielo, era lì, ad aspettare il suo navigatore.
Elsa era un puntino che aveva appena compiuto il suo sedicesimo anno di vita, e si stava chiedendo che stesse lì a fare, isolata, come tutti, in attesa di subire la confusione dalla quale avrebbe dovuto uscire.
Essere scelti significava dover lasciare la famiglia, gli amici e ogni altro affetto, che sarebbero stati sostituiti dall'amore per l'intera umanità.
Significava anche dover amare gli individui malvagi, come Ares, il figlio di Dio, aveva profetizzato.
Come un velo l'oscurità chimica l'avvolse, cancellandole ogni percezione spazio-temporale, e si trovò persa nell'oscurità della sua anima.
Come acqua, che cancella la scia lasciata da ogni memoria, lo spazio oscuro si chiuse attorno a lei, lasciandole solo il pulsare dell'angoscia nelle tempie.
Un pensiero prese forma in quell'oscurità, silenziosamente, e lei seppe che lo spazio aveva confini propri.
L'Infinito, che è assenza di limiti, le stava dicendo che le distanze siderali erano il battito di ciglia di un universo che non riusciva a immaginare di essere frutto della necessità di sbagliare.
E quell'errare poteva essere cancellato da chi sapesse di essere al centro del Tutto.
L'Astronave s'illuminò di avventura all'entrata di Elsa sul ponte di comando, e si preparò a lasciarsi guidare verso un confine che non avrebbe mai raggiunto.
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