Il tutto comprende tutto senza nulla escludere.
Il nulla esclude tutto senza nulla comprendere.
Questo significa che entrambi, sia il tutto che il nulla, sono termini che si escludono totalmente e definitivamente. Questo perché sono due termini totalizzanti ed estremi. Se così non fosse il tutto dovrebbe mantenere traccia del nulla in sé tanto quanto il nulla dovrebbe fare lo stesso. Ma se il nulla conservasse una qualsivoglia traccia del tutto, dentro di sé... non sarebbe più il nulla che dovrebbe essere.
Per questa estremizzazione non si può dire che queste apparenti polarità costituiscano, a rigore, un'opposizione.
Mi spiegherò meglio:
Il nulla in realtà non esiste, esiste solo il tutto che, in quanto tutto, comprenderebbe anche il nulla se questi fosse reale, ma non lo è.
La contrapposizione apparentemente inconciliabile in cui ogni opposizione si trova, su un certo piano di realtà, diventa complementarità su un piano più elevato di osservazione, quello sul quale i due poli dell'opposizione considerata si disegnano vicendevolmente assegnandosi ruoli, tanto necessari quanto risolvibili, nell'equilibrio che è centrale all'opposizione. Questa centralità è l'immagine del Centro dal quale ogni coppia di opposti è generata e nel quale, tramite la ciclicità degli eventi, deve ricongiungersi in quella che sarà una futura unità. In questo percorso ciclico, prima della reintegrazione nell'unità del principio generatore, una delle due polarità diviene subordinata all'altra secondo il grado di prossimità, logico, ontologico e, infine, anche temporale nel quale si trova a essere, nei riguardi del principio centrale.
Questa che ho illustrato è una legge universale, modulata dalla ciclicità a spirale che ruota attorno all'asse che si estende su quella che è una verticale nei confronti del piano orizzontale, quello dove si estende il piano di realtà relativa che si sta considerando.
Il tutto corrisponde alla totalità indefinita dei piani ai quali le spirali tridimensionali, che formano i livelli indefiniti che compongono la realtà della manifestazione, appartengono.
Essendo un tutto deve comprendere tutto, quindi anche il non manifestato ma che si manifesterà, tutto ciò che non è sottomesso alla possibilità di manifestazione e anche quello che potrebbe manifestarsi una volta che si saranno realizzate le condizioni per esserlo. In quanto tutto comprenderà, dunque, oltre all'essere il "Non essere". Il "Non essere", lungi dall'essere l'assenza dell'essere, al contrario anticipa l'essere e lo comprende in pura potenzialità che, con l'essere, diviene attuale.
Il nulla non è, quindi, il contrario del tutto, perché il tutto, tutto comprendendo, esclude soltanto la contraddizione alle sue proprie leggi, e definisce questa contraddizione un "paradosso".
Il nulla, non essendo un paradosso perché altrimenti non sarebbe un nulla, non può essere un'esclusione del tutto.
Il vuoto anche, a rigore, non potrebbe esistere perché, se esistesse, non sarebbe vuoto ma dovrebbe comprendere il germe del pieno, tanto quanto il pieno dovrebbe contenere l'embrione del vuoto, se il vuoto potesse essere, ma per essere davvero un vuoto dovrebbe avere carattere di assolutezza. Ora si capirà che per Assoluto si deve intendere il senza limiti. Questo significa che due assoluti sarebbero contraddittori perché l'uno limiterebbe l'altro. Quindi l'Assoluto deve necessariamente costituire una totalità che nulla esclude. O c'è un tutto assoluto oppure un nulla assoluto. Naturalmente l'Assoluto non potendo avere contrari che lo limiterebbero deve essere oltre il tutto e il nulla. Ma logica vuole che si debba intendere per "oltre"... un tutto relativo e un nulla relativo. Tra un nulla e una totalità appare chiaro che è la totalità a essere associabile all'Assolutezza.
In realtà il nulla e il vuoto sono tra loro sinonimi, ai quali è associato il Mistero senza nome che è più del "Non essere" e dell'essere, perché assoluto. L'essere è, con evidenza, frutto di un'affermazione la quale diviene tale in conseguenza di un'esclusione. L'esclusione è necessaria perché ciò che è affermato non può essere il tutto che, in quanto tutto deve contenere anche ciò che affermato non è.
L'Assoluto può soltanto essere espresso da una negazione ma, poiché la manifestazione della realtà relativa è una negazione nei confronti del Mistero assoluto e senza nome... una negazione espressa da un'altra negazione sarà la migliore affermazione possibile. Quando dalla nostra dimensione zeppa di limiti, e dunque negativa rispetto al Senza limiti, si nega l'Assoluto... in definitiva lo si afferma.
In ogni coppia di opposti l'uno contiene il germe dell'altro, ma se il tutto potesse contenere il nulla come possibilità ad esso contraria, allora per "tutto" si dovrebbe indicare non più quel tutto, che sarebbe relativo perché avrebbe un contrario, ma l'intero insieme del tutto e del nulla.
Per definizione, quando si investiga l'ignoto (il Mistero...) non si sa cosa si trova
RispondiEliminaIl Mistero è infinito, come la Certezza che ne indaga le possibilità, e la Certezza, che è dono del Mistero, non può esaurire l'Infinito ma sa quello che infinito non può essere a causa della sua relatività. Il modo che la Certezza assoluta, donata all'uomo dal Mistero assoluto, ha per indagare, è anch'esso un dono dell'Assoluto che mostra la via per trovare la centralità del tutto che è anche sua ragione d'essere.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaIn ogni caso se non si sa cosa si cerca quando si indaga il Mistero... di seguito, se l'indagine è sensata, qualcosa si trova e riconosce nelle sue analogie con la realtà relativa. Non tutti gli individui sono sulla stessa linea di partenza nella propria ricerca...
RispondiEliminaInnanzitutto complimenti per il blog. Sono entrato qui per caso qualche giorno fa e sono stato piacevolmente colpito dai tuoi interventi.
RispondiEliminaTi scrivo da profano che indaga in punta di piedi le zone adiacenti alla mia incerta linea di partenza...
In merito alla tue osservazioni mi chiedevo:
Come opera questo Mistero? Per mezzo di quali Certezze ci dona la sua Assolutezza?
La mia ricerca "relativa" mi ha portato a concludere che le metafore linguistiche cui mi aggrappo per esprimere l'indefinito Arcano scivolano via di fronte al primo colpo di spugna esperienziale.
Va da sé che i miei tentativi di comprendere l'inafferrabile segreto metafisico si sono spesso mostrati vani, infruttuosi e inconsistenti...
Mistero è uno dei tanti nomi dato alla Realtà che nome non può avere perché, non essendo relativa, non può nemmeno essere affermata. L'Assoluto di cui qui si tratta non è né esistente e neppure Non esistente, perché oltre a ogni contrapposizione e dualità, benché in questo caso ciò che è detto "Non esistente" non è in opposizione all'esistente, ma lo comprende in principio in quanto potenzialità. La metafisica è difficile da esporre perché non è una conoscenza di ordine individuale, essendo universale. Per questo si deve dire che non è una conoscenza "umana" e neppure è sottomessa alla durata temporale. Non è un'invenzione e nemmeno frutto di idee. È il modo nel quale l'essere umano intuisce i princìpi universali nell'immediatezza dell'ispirazione intellettuale che alla mente lascia solo ordinare consequenzialmente ciò che è visto senza alcuna mediazione. La mente, operando questa decodificazione, deve necessariamente tralasciare l'Essenza di questo Vedere che relativa non è, e nel relativo non entra. Lo so che pare un discorso folle, ma non è merito o colpa di alcuno che le cose stiano così. Il Non relativo, l'Assoluto quindi, è anche Libertà assoluta e dunque non può contraddire Se stessa, e lascia a ogni essere la libertà di scegliere per l'impossibilità di contraddirsi. Ogni essere potrà cercare, essere trovato, comprendere e attuare ciò che nessun altro potrebbe fare al suo posto. Per questo l'Essenza è incomunicabile, per rispettare la Libertà della quale è Essenza. La consapevolezza metafisica non la si studia e non la si cerca, non è una vocazione e non è assimilabile all'intelligenza individuale. Ci sono individui molto intelligenti che non vedono, e altri con un intelletto individuale nella normalità che vedono i princìpi universali che legiferano l'esistente. È il Mistero che decide a chi e quando e persino il come questa apertura interiore che dona la vista spirituale avverrà. Lo decide attraverso qualificazioni individuali. Questa è una realtà che accade, anche se molto raramente, ovunque in tutto il pianeta, ed è conosciuta da tutti i popoli. È anche, per la sua indeterminatezza e incomunicabilità, la cosa più falsificata che c'è. È detto che rare sono le persone alle quali è concessa l'apertura che non è fede, ma vista diretta e non relativa dei princìpi, ancora meno coloro che muovono un passo verso la realizzazione di sé, quasi nessuno mette il piede sull'altra sponda dell'esistenza, quella che apre alla Realtà sovra-individuale e universale.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaOk... Grazie del tempo che stai dedicando a queste stimolanti riflessioni
RispondiEliminaP.s.
dev'essere davvero preziosa e suggestiva l'altra sponda dell'esistenza ^_^
Io so come è questa, e anche che "l'altra" non è veramente una sponda se non in un senso metaforico, né è qualcosa che mi posso immaginare. Questo perché la consapevolezza non confina con l'immaginazione e ti mostra solo ciò che ti meriti... e io mi merito poco... per ora e forse per i prossimi cinquanta anni a venire.. :*) facciamo sessanta, va là...
RispondiElimina