martedì 31 maggio 2011

Imbarazzi della logica


L'esistenza è, almeno da quello che se ne capisce, limitata, e ogni elemento compreso nell'esistente nasce e muore, inizia e finisce.
Se la realtà stesse tutta nell'esistenza si dovrebbe affrontare una questione che la logica non risolve: se ogni cosa nasce da un'altra cosa ci dev'essere una cosa che ha fatto inizialmente nascere le altre senza essere nata a propria volta. E qui le "cose" cominciano ad assumere un contorno imbarazzante, sia che si voglia interpretare l'esistenza come espressione di movimento rettilineo, sia che la si intenda essere ciclicamente ordinata. La retta escluderebbe la ciclicità, mentre se essa fosse parte dell'andamento ciclico, costituirebbe il segmento di una curvatura. 
Chiunque potesse guardare fuori da una finestra propenderebbe per questa seconda opinione.
Che tipo di realtà potrebbe aver generato l'esistenza senza essere stata generata a sua volta?
Necessariamente una realtà che non obbedisce alle leggi dell'esistenza.
Che tipo di realtà potrebbe aver generato il movimento al quale l'esistere è sottomesso?
Necessariamente dev'essere una realtà che non è soggetta al doversi muovere.
Ma se una realtà non ha obblighi diversi dal dover rappresentare le proprie leggi, non ha un inizio né una fine, non ha forma e non appartiene né al tempo e neppure allo spazio che sono da lei determinati… che realtà è?
E se questa illimitata Realtà fosse la vera realtà che è assolutamente vera, l'altra alla quale apparteniamo tutti cos'è?
Dev'essere una realtà meno vera di quella dalla quale trae le sue ragioni sufficienti d'essere, dunque negativa rispetto a quella che l'ha determinata.
Pur nella sua positività, vista e considerata stando al suo interno, la realtà relativa che conosciamo è da ritenersi inferiore a quella dalla quale ha avuto le ragioni del suo avvio, quindi negativa rispetto a Quella. 
Se da questa nostra realtà, da considerarsi inferiore e negativa, si affermasse che l'altra Realtà, quella superiore, fosse inesistente… questa opinione sarebbe da considerare la negazione espressa da un'altra negazione e assumerebbe una valenza di affermazione, perché la negazione di una negazione è un'affermazione.
Definendo la realtà dell'esistenza come realtà dell'essere, come si riuscirà a definire l'altra Realtà, quella che le è superiore in quanto causa dell'essere?
L'unico modo è chiamarla "Non esistenza" e di conseguenza si avranno due ordini diversi tra loro: "Non Essere" e "Essere".
Il "Non Essere" precederà e determinerà la realtà limitata che chiamiamo "Essere".
Il "Non Essere" contiene in Sé l'"Essere" in potenza.
Ma se la Realtà che non è relativa, in quanto è causa del relativo, non ha relazioni in sé perché è assoluta, occorre dire che in lei la potenza e l'atto sono una realtà unica e, di conseguenza, per il solo fatto di potere attuare… attua, e lo fa senza alcuna necessità o voglia di fare. Lo fa e basta o, se non può farlo… non lo fa e basta.
Ogni elemento, limitato incompleto e relativo, dell'esistenza, deve essere la conseguenza di questa "possibilità di fare" che appartiene alla Realtà assoluta.
Ogni elemento esistente deve obbedire alle leggi che dall'Assoluto emanano, e deve necessariamente avere in sé un legame con l'Assoluto dal quale ha avuto avvio.
Se l'Assoluto non ha forma né è sottomesso a spazio e tempo… allora in ogni cosa esistente ci dev'essere la traccia di questa assenza di forma che è presenza di un significato superiore all'esistenza e unico, dunque lo stesso per tutti i diversi.
Significato unico e misterioso.
Mistero che è Intelligenza senza limiti.
Mistero che è amore senza limiti.
Mistero al quale ogni nome starebbe stretto.
Mistero che non può contraddire Se Stesso.

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