martedì 25 ottobre 2016

Sulla predazione

La natura obbedisce a leggi universali dalle quali essa è superata, oltre che determinata. Leggi di amore, ma anche di adattamento alle condizioni particolari nelle quali ci si trova a dover vivere. La convinzione che la legge di natura che prevede l'interdivoramento tra gli esseri sia un principio universale, e sia conseguente ad alcune necessità legate alla sopravvivenza di esseri che non hanno a disposizione altre scelte e, naturalmente col passare del tempo determina anche cambiamenti nella struttura organica degli esseri, i quali uniformano le caratteristiche del loro fisico adattandole alla necessità data dalla predazione, questa convinzione, stavo per dire, è errata. Ma tutto l'esistente è soggetto a modificazioni, anche sostanziali, date dai nuovi bisogni o da nuove scelte di vita. La conformazione dentale e l'apparato digerente sembrano essere irremovibili per il lungo tempo impiegato a essere quello che sono, ma non hanno perso l'elasticità che ha consentito loro di potersi adattare modificandosi anche profondamente. Così anche animali essenzialmente carnivori possono nutrirsi, alla bisogna, di vegetali. Le volpi, per esempio, pur essendo carnivore mangiano di tutto, persino la frutta. È per questo che credo sia possibile modificare, almeno in parte, la dieta animale propria ai carnivori. Chi crede che senza sbranarsi a vicenda l’esistenza non ci sarebbe più sbaglia, perché la vita si fonda su principi creativi benefici, non malvagi, e la predazione è una legge certamente naturale, ma soggetta  a scelte individuali che possono essere diverse perché orientate al rispetto del diverso che è una necessità conseguente alla legge universale che spinge ogni essere ad amare e rispettare ogni altro essere, perché figli dello stesso Mistero che sta al centro di ognuno, unica realtà identica propria a tutti gli esseri i quali corrispondono al dispiegamento delle possibilità infinite, che diventano individuali nel loro esistere, che sono proprie al Mistero assoluto che si riflette nell'esistenza, capovolgendosi come lo sono tutte le riflessioni. La convinzione fascista che assegna al più forte il diritto di esistere è, da una visuale spirituale, errata, perché lo spirito è l’Intelligenza universale che assegna al sacrificio di sé, e non degli altri diversi da sé, la massima importanza.

domenica 16 ottobre 2016

Un'altra volta ancora, infelici

Cosa resterà di noi? Solo ciò che non abbiamo avuto il coraggio di portare a termine, o il poco che resterà nella memoria delle cose che abbiamo toccato?

Forse ciò che avrà più durata saranno i valori che hanno orientato il nostro agire, o il non aver agito. Il ricordo di noi in chi resterà vivo per poco non ci renderà più meritevoli, e forse nemmeno più colpevoli. Le lacrime versate asciugheranno gioie e dolori vissuti senza avere un obiettivo per il quale valesse la pena di vivere le conseguenze della nostra stupidità, che abbiamo sbandierato come fosse un vessillo, mentre è stato il rastrello col quale ci siamo riempiti di cose che non osiamo gettar via, nell'impasto cosmico che incessantemente si rinnova, dando forma a nuove inutilità da accumulare per essere, un'altra volta ancora, infelici.

Il solo testimone

A pensarci gira la testa, ma nell'immensità dell'universo non un solo pulviscolo è uguale a un altro. Non lo potrebbe essere anche per il solo fatto di occupare uno spazio diverso. Cos'altro se non un infinito e assoluto Mistero potrebbe esprimersi senza avere il limite di doversi contenere attraverso il replicarsi?

Chiedersi se l'Assoluto Mistero esista oppure no appare una questione leziosa per chi, come noi, è immerso nel Mistero al punto da averlo al centro del nostro essere. Appare ovvio che l'intelligenza non riesca a guardarsi allo stesso modo in cui l'occhio non può guardare se stesso... se non attraverso uno specchio che inverte l'immagine di cui vorrebbe essere il solo testimone.