martedì 30 aprile 2013

Non è il caso di fidarsi del caso...


Il caso è orfano, diversamente dall'accidente che ha due genitori che litigano senza tregua. Se il caso avesse parentele al massimo sarebbe un figlio illegittimo, perché conseguenza di un incidente di percorso, e la cosa gli toglierebbe ogni casualità. Dunque il caso deve necessariamente nascere alla cazzo dal caso, che è nato a propria volta dal caso, in una catena casuale interrotta a caso dal caso che oggi c'è, ma domani non è detto ci sarà, perché non è il caso di fidarsi del caso...

Il potere


Il potere è la possibilità che diventa attuazione e, in sé, è ciò che consente la vita. Bisogna diffidare del potere solo quando è gestito da persone malvagie, ed è qui che comincia a danzare il male; è un balletto sgraziato, perché mosso sugli inciampi che ha il terreno della possibilità che la verità offre a tutti i suoi figli, e a differenza della danza silenziosa con la quale il bene intesse il disegno d'amore che chiamiamo cosmo, il male costruisce l'odio che gli consente di dominare attraverso i limiti odiosi che dividono gli esseri, imponendo il vicendevole divoramento che lascia vivere solo i più forti. Ma anche il più forte incontrerà qualcuno ancora più forte che lo considererà debole e, alla fine, al posto dell'amore che dona se stesso avremo solo odio che ruba a se stesso. Questa è la differenza che allontana il bene dal male, ed è anche la ragione per cui l'intero universo utilizza il suo lato tenebroso per far risaltare quello luminoso. A ognuno la libertà di scegliere quale dovrà essere il proprio lato, a ognuno la libertà di gestire il potere per ottenebrare le intelligenze o per illuminarle.

Il conoscere


Quando il conoscere si limita al far dubitare senza poter dare certezze non è un vero conoscere, perché come si potrebbe definire "conoscenza" l'avere continuamente dei dubbi su tutto? Non è un vero conoscere nemmeno quello che cancella il dubbio, a causa del fatto che non lo cancella attraverso la Certezza. Il vero conoscere non è dato dai libri e neppure dalle parole. Questo conoscere la Verità non si chiama conoscere, ma è la consapevolezza che dà il vivere nell'aderenza alla Verità che ha rigettato i due volti che obbligatoriamente ha quando è all'interno dell'esistenza, per darsi l'unico che c'è quando si è al di sopra del tempo. Sono definiti illuminati proprio quegli uomini che conoscono, al di sopra dal tempo, le ragioni d'essere del tempo e i princìpi che sono la norma di tutto l'esistente. Solo quello è il vero conoscere nella Certezza assoluta, ed è un conoscere che non può esaurirsi perché il Mistero è Infinito.

Regola ed eccezione


Ogni componente della realtà relativa, microscopico o macroscopico che sia, è divisibile in parti nel suo essere esteso, e non gli frega un accidente che l'uomo non disponga degli strumenti appropriati che consentano di sezionare la realtà infinitesimale fino all'ultimo puntino privo di estensione, perché quando la realtà è stata sezionata... trapassa su un altro piano di esistenza dove la tristezza impera. L'umanità, trasgredendo alla regola che la vorrebbe sempre impegnata a riprodursi, nei suoi momenti di relax, mentre si fumava una sigaretta, ha gettato lo sguardo della sua controversa intelligenza anche fuori dalla camera da letto, notando che l'intero universo funziona attraverso leggi che sono costanti, al punto da poter essere definite quasi regolari. Il quasi è d'obbligo per via di uno scatto d'ira che rompe la monotonia, dandole la piega inaspettata che l'uomo ha ritenuto di poter chiamare eccezione. L'eccezione è, nella sfera del movimento, l'elemento che impone alla regola di virare. È questo un obbligo che la regola ha per non essere una retta, perché la forma dell'universo sarebbe sferica se non subisse l'imposizione data dal doversi muovere che trasforma quella sfericità, privandola della perfezione, perfetta perché sferica, assegnandole in cambio la forma a spirale nella quale il grande si muove verso il piccolo il quale, una volta raggiunto, si muove verso il grande. Persino la regola musicale che ordina tra loro le note, distanziandole di due semitoni ciascuna, subisce quella deviazione perché la regolarità degli spazi, che sono costanti tra una nota e l'altra, s'interrompe tra il mi e il fa e tra il si e il do, per i quali la differenza è di un semitono invece che di due. Questa differenza genera una contrazione che impone la curvatura. Si deve dire che anche l'eccezione è parte della regola imposta dal movimento a spirale che caratterizza ogni elemento dell'esistenza e, almeno per quanto riguarda la visuale data dal movimento, la cosa risulta essere abbastanza comprensibile. Il discorso si fa già più difficile quando l'eccezione è imprevedibile, a causa del suo non essere inscritta nella forma geometrica della spirale spaziale. Questo perché non tutto l'esistente è sottomesso all'estensione. L'idea è informale e il pensiero, che le conferisce forma, subisce la necessità di dover considerare l'eccezione senza avere dei punti geometrici di riferimento che siano geometricamente determinabili. Dunque il pensiero logico e raziocinante ha sempre (si fa per dire) davanti a sé la necessità del dover considerare la possibilità data dall'eccezionalità, la quale costituisce una delle possibili variabili che caratterizza lo svolgersi di ogni regola e quando, a causa della propria inadeguatezza a poterne considerare l'eventualità, il pensiero attribuisce l'eccezione alla casualità, in questa attribuzione trascina anche l'intera regola nel considerare la casualità essere la regola che governa l'intero universo. D'altronde, la stessa musica subisce le sue peggiori storpiature proprio quando è suonata da musicisti la cui inclinazione musicale è riassumibile nella sola nota stonata nella quale il caso scopre di non saper suonare.

lunedì 29 aprile 2013

Princìpi

È norma che le opinioni siano la conseguenza dei princìpi che un individuo si è dato, e maggiore sarà il grado di emotività inoculato in quei princìpi... tanto sarà grande la sfasatura morale che se ne trarrà. Da quella sfasatura nascono le opinioni. È per questo che le morali cambiano al variare delle latitudini, pur procedendo da princìpi analoghi tra loro. Un principio è una legge che si esprime nella vita regolandone la manifestazione, e non è affatto sentimentale, dovendo essere universale al massimo grado possibile, ed è cosa concessa, nella sfera del sentire emotivo, soltanto all'amore. La morale, invece, nasce dall'intrusione del sentimentalismo, in genere di facciata, all'interno dei princìpi, snaturandoli. È un principio la qualità e lo è anche la quantità, è un principio che a ogni dentro corrisponda il fuori che a un sopra il sotto, che il più abbia il meno di fronte così come il bene abbia il male a sputargli in faccia. Che all'altruismo si opponga l'egoismo, eppure se non ci fosse l'egoismo l'altruismo non potrebbe esserci, perché se non hai nulla non puoi donare nulla e se non vinci un male... come puoi dire di stare dalla parte del bene? Cos'è un bene? Cos'è un male? Lascio alla sensibilità e all'intelligenza di ognuno il doverlo scoprire.

sabato 27 aprile 2013

Son dolori...


In questo mondo ogni cosa deve essere a misura delle sue essenziali ragioni d'essere, e quando non lo è il dolore fa la sua comparsa per avvertire della disarmonia. Se è un dolore del corpo ci si imbottisce di antidolorifici precipitandosi al pronto soccorso, quando è un dolore dell'anima si pregano i santi e nel caso fosse un dolore dello spirito, che significa essere distanti dall'aver compreso le ragioni del proprio essere al mondo, non si sa che fare perché è una sofferenza di una parte di noi che non sappiamo di avere.

Lo strumento inconsapevole del bene


Questo mondo lo si può amare per una moltitudine di ragioni diverse, ma è attraverso il comprendere il senso superiore che ha il suo esserci che lo si può amare nonostante tutto il male che contiene, perché è in quel capire le sue ragioni spirituali che si vede il male per ciò che esso è: lo strumento inconsapevole del bene.

venerdì 26 aprile 2013

Solitudini


Sia l'amare tutti che l'odiare tutti inducono alla solitudine. L'amare alla solitudine della meditazione, l'odiare a quella della disperazione.

Sfiancati, ma al traguardo

Il proprio egoismo che fugge può essere infine raggiunto dalla propria generosità, ma solo quando quest'ultima ha regalato le sue belle scarpe da corsa...

Verità abbagliante


Si può dire la verità senza conoscerla veramente perché non la si sa vivere, e si può mentire conoscendo la verità, sapendola vivere nella consapevolezza che la verità è compassionevole prima ancora di essere vera, perché la verità vuole che gli occhi della coscienza siano aperti alla luce, ma senza restarne accecati.

La trappola invisibile

Ognuno intuisce di trovarsi in una trappola, ed è per questo che la felicità pare essere irraggiungibile. Si ha paura dell'altro perché se ne ha bisogno, si teme la vita perché non se ne può fare a meno e si desidera la conoscenza solo perché non si conosce. Ma appena si diventa gli altri si comincia ad amare la vita e si conosce senza bisogno di sapere conoscere.

Il senso del sacrificio di sé


È un mondo nel quale una sola cosa importa: saper vivere sacrificando tutto di sé, perché il vero essere se stessi è nel saper essere gli altri.

mercoledì 24 aprile 2013

Matematica e geometria dell'ineffabile


L'uomo utilizza la matematica e la geometria per misurare la realtà. Entrambe sono scienze convenzionali studiate in modo che siano il più possibile aderenti alla realtà che devono misurare. La matematica procede dall'unità la quale, moltiplicando se stessa, genera la molteplicità dei numeri determinata dalla somma o sottrazione, moltiplicazione o divisione, ottenuta attraverso la unicità di ognuno di essi. La geometria procede dal centro privo di estensione il quale genera la circonferenza estesa. Nonostante gli uomini dispongano del simbolismo dato da queste due scienze esatte, continuano a mettere in dubbio che ci sia un'unità centrale dalla quale derivi, per riflessione capovolta, la unicità che distingue ognuno di essi, e la molteplicità dei modi in cui l'intelligenza di ognuno non riesce a cogliere il senso univoco della realtà che le sta davanti... ridendole dietro.

martedì 23 aprile 2013

L'Intuizione spirituale


C'è qualcosa in noi che supera il pensiero, e persino la ragione che ne guida il passo deve abbassare gli occhi in sua presenza. È l'Intuizione spirituale che alimenta un pensiero il quale, di norma, crede di guadagnarsi il cibo rubandolo al Cielo.

sabato 20 aprile 2013

Chi scrive


Chi scrive insegue una folata di intuizioni, sulla superficie delle quali il pensiero si aggancia, nella presunzione di riuscire a tradurne l'interno con parole che riescano a catturare il vento. Il pensiero non sa in quale punto del buio l'ispirazione consegna alla mente i suoi fantasmi da scolpire, ancora privi di forma, come idee appena abbozzate rigettate dal niente. Dev'esserci una fenditura, al centro del nostro essere, attraversata da un flusso ininterrotto di immagini sfuocate che cercano la realtà. La mente non può descriverne la fonte, perché è impegnata a cacciare la propria preda, per ingozzarsi di significati che ignora. Per poterla vedere occorre andare a ritroso dell'atto creativo, nel silenzio che inizia a vibrare. Chi scrive disegna contorni che descrivono limiti, nel tentativo di dare una sola direzione a mille versi che la logica non riesce a contenere.

Triste felicità


Chi vivesse un'esistenza serena, perché priva di tristezze, assocerebbe alla tristezza il senso di una felicità mancata.

Gli angeli non s'inventano nulla...


Gli angeli non s'inventano nulla per evitare il rischio di fare errori, copiano tutto il loro sapere dalla posizione in cui si mettono le nuvole che agli umani pare essere frutto del caso mentre è conseguenza dell'accidentalità. Non sono la stessa cosa come sembra agli umani, perché il caso non ha genitori, mentre l'accidente ne ha due che litigano sempre.

Il miracolo della normalità


La consuetudine imbarazza la voglia di conoscere, e il voler sapere rincorre ciò che appare essere la normalità. A tutti è concesso di valutare, ma a nessuno è dato il poter fissare il costo del sapere. Non intendo il sapere concesso dallo studio del pensiero altrui, che non può superare le limitazioni dell'intelligenza individuale. Se le superasse non sarebbe più una conoscenza ideata da un individuo, ma sarebbe quella della verità, dominio dell'Intelletto universale. Ma cos'è l'intelligenza che non appartiene all'individuo? Attraverso cosa conosce e come conosce? Com'è possibile che una persona possa avere accesso a questo modo del conoscere che non è di tutti? C'è una centralità in ogni uomo che non è relativa, la sua natura è infinita e costituisce il sapere che è superiore al tempo, e l'uomo può conoscere attraverso di lei. L'intelligenza universale non appartiene al pensiero e non è la ragione, né può essere rinchiusa nella razionalità. È conoscenza diretta che supera la razionalità logica del pensiero, nell'immediatezza al di sopra della durata temporale, per questo è descritta come fosse un vedere. Si vedono i modi attraverso i quali l'ossatura della realtà tiene in piedi l'inganno. Si conoscono, nella perfezione assoluta che sta fuori da ogni dubbio, i princìpi universali che ordinano e modulano l'esistenza e, insieme a questi, si ha il dono di unire tra loro gli elementi infinitesimali dai quali la realtà prende forma, e si leggono le ragioni e le emozioni negli sguardi persi delle persone impegnate a travestire il vero che è in loro. Il poter vedere la realtà per ciò che essa è non è rilassante, e richiede un distacco emotivo che, per essere, deve saper rinunciare a tutto ciò che non appartiene all'intelligenza universale, la quale ha tutto proprio perché non possiede nulla. Questo conoscere ha bisogno di essere nascosto al mondo che non può tollerare la presenza di una realtà che lo superi. Lo stesso mondo che non lascia facilmente la sua presa, e le sue forze sanno riconoscere la presenza di una realtà che non appartiene loro e la combattono attraverso il desiderio e l'inganno. Chi vede paga un prezzo alto quanto la profondità del proprio vedere, per questa ragione la vista interiore vive attraverso la rinuncia di tutto quello che è concesso dal sogno.

Un morire diverso


Per sapere cosa si nasconde dietro al quadro della vita bisogna morire, e per conoscere cosa c'è davanti occorre vivere, eppure c'è un'altra possibilità, che è quella data dal morire mentre si è ancora in vita. È un morire a quello che siamo diventati vivendo nella sofferenza del non essersi chiesti chi siamo, e se i nostri pensieri e comportamenti rispettino le verità che conosciamo essere vere. È un morire del nostro egoismo, delle ideologie che ne giustificano l'opportunità. È un gettar via tutta la spazzatura accumulata dal pensiero che non si cura del luogo dove nasce l'ispirazione. È un cancellare chi siamo stati per dare alla verità di ciò che siamo l'opportunità di svilupparsi senza pregiudizi né preconcetti ideologici. È un morire del sonno che apre gli occhi dell'intelligenza che ha dormito per troppo tempo, per lasciarsi risvegliare dal Mistero che è in noi tutti, tanto quanto noi siamo in lui.

giovedì 18 aprile 2013

La Chiesa cattolica oggi


La religione cattolica è talmente orientata al sentimentalismo da aver dovuto abdicare a ogni sua aspirazione di essere anche versata all'intellettualità necessaria per fare alcune considerazioni sensate, invece che buttarla lì a rane. Così è accaduto che, per citare a casaccio, i concetti simbolici del paradiso e dell'inferno sono stati ridotti a spaventapasseri ridicoli, diventati casa per gli uccelli che non sapevano dove posarsi. La Chiesa cattolica asserisce che paradiso e inferno siano entrambi eterni, e già qui mostra di avere una preparazione teologica analoga a quella calcistica dell'album di figurine della Panini, che insiste a pubblicare le foto dei calciatori deceduti come fossero ancora in campo a palleggiare. I teologi cattolici, tra i quali spicca il penultimo pontefice Ratzingher, ché l'ultimo, quello che ha usurpato il nome del santo di Assisi, poraccio, si deve essere letto solo gli albi giganti a colori di Tex, quei teologi cattolici da una parte dicono che Assoluto Eterno e Infinito sono nomi che indicano assenza di relazioni interne, di durata e di estensione dell'unico Dio di tutti certamente, ma solo di quelli che ci credono, e agli altri è distribuita solo misericordiosa misericordia pietosa e compassionevole; stavo dicendo che Eterno indica al di sopra della durata temporale e, di conseguenza, non possono esserci due eterni come non potrebbero esserci due assoluti e due infiniti perché ognuno negherebbe il non avere limiti dell'altro. Dire che paradiso e inferno siano entrambi eterni è, quindi, una contraddizione in termini che è irriducibile. Senza contare che, secondo la Chiesa cattolica, basterebbero una manciata di anni di sofferenza per meritarsi di stare comodi e spaparanzati nell'eternità, non si capisce a fare cosa, perché l'arpa mica la sanno suonare tutti. I teologi sbroccano pure sulla fine dei tempi, perché se è vero che il tempo ha avuto il suo inizio, così come l'ha avuto l'estensione spaziale, è altrettanto vero che ci sarà una sua fine che dovrà essere il suo doversi ritirare nell'istante unico, embrione privo di durata perché eterno, in attesa (si dice per dire) di ricominciare un nuovo ciclo di manifestazione. In questo esaurirsi del tempo la realtà sarà inspirata dall'Assoluto e anche il diavolo, col male che rappresenta, dovrà redimersi perché il demonio non è assoluto. Alla Chiesa tutto questo contraddirsi poco interessa, perché per la Chiesa il demonio non si può pentire per ciò che esso è, come dire che anche il diavolo sarebbe assoluto e la cosa appare in tutto il suo essere ridicola dal momento che l'Assoluto è unico. Tutto questo contraddirsi dei cattolici, i quali certamente amano incondizionatamente, ma si capisce bene che non è l'intelligenza a essere adorata, è ben rappresentato dalle grasse pance dei cardinali e da quelle di una moltitudine di vescovi, monsignori e preti, anche se è necessario escludere da costoro i pochi individui amorevoli e intelligenti, come è Don Luigi Ciotti ed è stata Madre Teresa, che nella Chiesa ci stanno e ci sono state solo per tenerla a galla nella speranza che qualcosa possa, un giorno improbabile, cambiare.

mercoledì 17 aprile 2013

Quante complicazioni...


Quante complicazioni sono state necessarie per darci un corpo attraverso il quale il nostro spirito, dopo aver pescato col proprio intuire un magnifico pesce dentro al Mistero dal quale lo stesso spirito proviene, cuoce quel pesce nel fuoco della nostra mente, per consegnarlo al tavolo dell'agire dove ci si abbufferà con la lisca bruciacchiata uscita da quella malandata cottura, che infine si incastrerà nella nostra gola golosa.

Così semplice, così difficile

La vita impone a tutti il dover scegliere, e dalla scelta fatta ognuno sa chi è e conosce anche chi sarebbe potuto essere.

Che meraviglia!


Quanta meraviglia suscita la realtà nel suo incessante mutare e noi, che le corriamo appresso credendo di essere speciali, siamo speciali solo per noi stessi, e lo siamo perché siamo qui, in questa dimensione dell'essere che condividiamo con altri esseri che, come noi, si credono speciali. Quanto meraviglia una realtà dove tutto è speciale solo per se stesso, e lo è per l'unicità di ogni cosa, ma non lo è di fronte al Mistero che ama tutto l'esistente allo stesso modo, stronzo più, stronzo meno.

Santi e demoni

Chi è un santo, se non un essere che ha capito sia preferibile non essere, perché il Non essere è il ventre che partorisce gli esseri? Chi è un dannato, se non un essere che crede sia meglio, per un essere, essere servito da tutti gli altri esseri per un fine che solo lui vede?

martedì 16 aprile 2013

Sacrificio


L'intero universo è l'effetto di un sacrificio, attraverso il quale il Mistero assoluto ha donato se stesso. È un dono che nasconde le reali intenzioni della donazione fatta, d'altronde non dovrebbe stupire che il finito non riesca e non possa rivelare l'Infinito al quale deve il suo esserci. Si conosce per certo soltanto una cosa: se si vuole diventare Infinito occorre sapergli sacrificare tutto di sé.

Mai dire fortuna


C'era una volta un tizio che godeva del favore del Cielo. Aveva una famiglia così perfetta da potersi considerare quasi sacra, e non aveva fratelli e sorelle. Un culo mica da poco in tempi di carestie continue. Crescendo libero e felice, sempre in giro per il mondo, gli riuscì di evitare anche il dover andare a scuola, un colpo di culo anche quello, in un mondo dove a scuola menavano per ogni cazzatina. Non fece neppure il militare, che non è roba da sottovalutare considerando che a quell'epoca i soldati erano mandati allo sbaraglio, armati di una spada corta e ridicola che favoriva il litigare a morsi, gomitate sui denti e ditate negli occhi. Il Cielo, nessuno sa il perché, lo sommerse di doni e il tizio in questione cominciò a fare miracoli a destra e a manca, ma poiché non voleva rogne... oltre a non farsi pagare diceva a tutti che non era lui a farli, ma era la fede dei miracolati la responsabile di tutto. Insomma, a un certo punto e non sapendo più cosa inventarsi si diede persino a miracolare cose senza alcuna importanza, come moltiplicare il cibo e le droghe. Qualche inciampo lo fanno tutti, si disse il Cielo, che non smise di favorirlo per colpa di qualche sciocchezzuola. La Palestina mai aveva visto qualcuno così sfacciatamente fortunato, tanto che cominciò a diffondersi la certezza che quella fosse la regione più fortunata del pianeta...


La Religione dell'Amore (di Ibn Arabi)


Il mio cuore può adottare tutte le forme.
È pascolo per le gazzelle.
È monastero per i monaci cristiani,
È tempio per gli idoli,
È la Kaaba per il pellegrino,
È le tavole della Torà, e il libro del Corano.
Io seguo la Religione dell'Amore
Qualunque siano le strade che percorrono i suoi cammelli,
questa è la mia Religione e la mia Fede.

domenica 14 aprile 2013

Definizioni: La razionalità


La razionalità è la propensione ad attribuire validità assoluta alla consequenzialità relativa del pensiero che si vanta di aver compreso la totalità della Realtà dalla quale la stessa razionalità è compresa, come se un contenuto potesse comprendere l'interezza del proprio contenitore.

sabato 13 aprile 2013

Cos'è l'essenza in poche parole

La prima dualità, sprigionata dal riflettersi dell'Unità, è composta dalla qualità e dalla quantità che costituiscono i due poli di ogni realtà manifestata e, dunque, sono due principi universali. L'essenza è la qualità pura mentre la sostanza è la quantità pura. Nel loro stato di totale purezza sono necessariamente all'esterno dello stato che può essere manifestato, la qualità al di sopra della manifestazione e la quantità al di sotto. La prima attiva e la seconda passiva. All'interno della realtà relativa ognuna di esse contiene il germe dell'altra in potenza. L'essenza è centrale e la sostanza è esteriore. Dalla fecondazione attuata dall'essenza sulla sostanza si determina la realtà nei suoi indefiniti aspetti. L'Essenza della realtà intesa nella sua totalità è indefinibile come è indeterminabile la sostanza della stessa realtà totale, perché la qualità pura è assoluta e la quantità pura è uniforme nel suo essere priva di forma.

venerdì 12 aprile 2013

Siamo Spirito


Alla fine di tutto, quando ci si ferma a considerare il proprio essere stati al mondo, le cose che contano sono in quel che si è, e si è per ciò che si conosce, e si conosce secondo il modo di vivere nel rispetto delle verità conosciute. Quando si vuole essere certi del valore di quelle verità, le si deve valutare secondo la propria disponibilità alla perdita data dal viverne le conseguenze, nel rifiuto di ogni possibile guadagno, perché la perdita materiale corrisponde al guadagno spirituale e noi tutti, prima di essere persone, siamo espressione dello spirito misterioso che tutto pervade.

Paragoni impropri


Quando, migliorando se stessi, si vedono gli altri peggiorare, significa che non si sta migliorando affatto, perché le persone non devono essere misurate in funzione di ciò che si è, ma secondo i valori che hanno e come li rispettano.